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A prima vista potrebbe apparire singolare accostare il caso dei sindaci a quello degli amministratori, visto che l’esistenza stessa del collegio è disegnata dalla normativa come un contrappeso all’azione di questi ultimi. Eppure, sembrano delinearsi problematiche simili a quelle degli amministratori non delegati.

Sorprende rilevare che fin dall’inizio del Novecento, la dottrina ha discusso sull’efficacia del ruolo dei sindaci all’interno dell’impresa, avanzando obiezioni in relazione alla loro effettiva indipendenza, dato il procedimento di nomina a cura degli stessi controllati e lo stretto rapporto che li legava a loro188. La riforma del 2003 si è preoccupata di introdurre vari requisiti che garantiscano l’indipendenza della posizione dei sindaci (2399 c.c.), ha disposto la loro nomina da parte dell’assemblea (o dell’atto costitutivo per i primi sindaci), ed ha modificato alcuni loro poteri189 anche se alcuni autori restano critici nei confronti di queste figure190, in particolare perché la medesima assemblea o – rectius – il medesimo gruppo di controllo all’interno di questa, esprime sia gli amministratori, sia i sindaci191.

Tuttavia, la loro presenza è costante e, fin dagli anni Ottanta, sono considerati compartecipi della responsabilità civile e penale degli amministratori, e come tali, si aggiungono ai soggetti aggredibili da coloro che hanno subito un danno192.

La legge disciplina il dovere primario del collegio all’art. 2403 c.c.., definendolo essenzialmente come un alto controllo dell’osservanza della legge e dello statuto, del rispetto dei principi di corretta amministrazione ed in particolare della correttezza dell’assetto della società e del suo concreto funzionamento; per le società quotate, l’art. 149 T.U.F. precisa la necessità di verificare che i sistemi organizzativi adottati per le varie attività siano adeguati. Inoltre, per il collegio è delineato anche un controllo circa l’operato degli amministratori, a partire dal regime della responsabilità (art. 2407 c.c.): richiamando la diligenza e la professionalità richieste dalla natura dell’incarico, viene affermato che i sindaci

188 U.PIPIA, 1903-1906, p. 224. Più recentemente, A.SCIUMÈ, 1990, p. 725. 189 G.CAVALLI, 2005, p. 268.

190 F.F.MANZILLO, 2012, p. 191.

191 Lo nota G.F.CAMPOBASSO, 2013, p. 408. 192 F.CENTONZE,2009, P.232.

sono responsabili anche penalmente della verità delle attestazioni, della conservazione del segreto, e in solido con gli amministratori se il danno da questi prodotto avrebbe potuto essere evitato con una più accurata vigilanza.

Quali i reali poteri dei sindaci? L’art. 2403-bis dà la possibilità, anche individualmente, di compiere atti di ispezione e controllo. Il controllo può quindi, all’occorrenza, farsi piuttosto specifico, concentrandosi sugli aspetti via via più problematici. Inoltre, il collegio come organo può richiedere agli amministratori di essere destinatario di relazioni su alcune operazioni o affari. Può alimentare il flusso informativo con altri organi delle controllate. Lo scambio assume particolare rilevanza nel caso di società quotate, ove il collegio può interagire anche con la Consob (art. 150 T.U.F.). A partire dalla riforma del 2003, i poteri di controllo contabile sono affidati invece ai revisori legali o alle società di revisione, salvo che lo statuto si pronunci in senso contrario (per le sole società non tenute alla redazione del bilancio consolidato).

I sindaci possono impugnare le delibere dell’assemblea o del C.d.A., se non prese in conformità con gli obblighi legali o statutari (art. 2388 c.c.): non si tratta di un vero e proprio potere impeditivo perché agisce successivamente all’illecito (almeno quando questo si sostanzia anche nell’attività deliberativa irregolare), anche se la minaccia di ricorrere a tale mezzo potrebbe costituire una pressione sufficiente a dissuadere gli amministratori. Possono convocare l’assemblea in tipizzati casi di inerzia degli amministratori o di urgenza (art. 2406 c.c. e 15 T.U.F.). Hanno inoltre il potere di convocare il Consiglio di amministrazione laddove ravvisino irregolarità, e, in tipizzati casi di ingiustificata inattività di questo, di agire in sostituzione degli amministratori. In molti casi, la rilevanza causale delle singole condotte tende a sfumare, dal momento che i poteri di concreto impedimento risiedono in organi, come l’assemblea, che i sindaci possono soltanto attivare, ma non guidare. Più significativa sarebbe invece l’omissione del collegio a fronte della richiesta proveniente dai soci di convocare l’assemblea. Dopo la riforma, i poteri sono aumentati in particolare in relazione all’art. 2409 (potere-dovere di denuncia all’autorità giudiziaria o alla Banca d’Italia). Apparentemente, questa possibilità sembra risolutiva, ma in realtà, oltre a dover essere utilizzata come extrema ratio (in quanto altera gli equilibri

societari), riguarda un comportamento successivo alla commissione del reato, che dunque non può essere valutato come contributo causale dello stesso193. Anche ipotizzando che intervenga quando l’illecito non è ancora compiuto, sarebbe problematico considerare l’omissione della denuncia come condicio sine qua non per la realizzazione dello stesso194.

Una consolidata tradizione giurisprudenziale tende ad individuare una posizione di garanzia in capo ai sindaci, e ad attribuire la responsabilità per omesso impedimento del reato, spesso qualificando come “evento” (ex art. 40, comma 2 c.p.) l’intero “reato” previsto dall’art. 110 c.p.195

“Proprio per la responsabilità penale dei sindaci è emersa una tendenza alla ‘normativizzazione’ del dolo attraverso sempre più sclerotizzati paradigmi di accertamento”196, essenzialmente sulla falsariga per cui, di fronte a segnali allarmanti, i sindaci “non potevano non prevedere” l’esistenza di un illecito o la sua molto probabile realizzazione197. Paradossalmente, proprio l’adempimento di

quei doveri di informazione consentirebbero al sindaco di rappresentarsi l’illecito in fieri e, quindi, gli fornirebbero un elemento necessario, anche se non bastevole, per la costruzione dell’imputazione dolosa, richiesta in molti dei reati propri degli amministratori, spesso in forma di dolo specifico.

Tuttavia, sulla valutazione dei poteri, alcuni studiosi, pur riconoscendoli come piuttosto estesi, sottolineano che non possono concretamente impedire la realizzazione dell’evento, soprattutto perché comportano esclusivamente l’attivazione di altri organi che hanno concrete possibilità di agire198, e che

sarebbe dunque improprio derivarne una posizione di garanzia ed una

193 T.PADOVANI,1985, P.390. 194 V.TORRE, 2012, p. 573.

195 Cass. pen. Sez. II, 12 febbraio 2009; Cass. pen. Sez. V, 13 dicembre 2006, n. 17393; Cass. pen. Sez. V, 12 novembre 2001, n. 45237; Cass. pen. Sez. V, 18 dicembre 2001; Cass. pen. Sez. V, 22 aprile 1998, n. 8327; Cass. pen. Sez. fer. 31 agosto 1993; Cass. pen. Sez. V, 28 febbraio 1991; Cass. n. sez. V, 29 novembre 1990¸cass. pen. Sez. V, 26 giugno 1990.

196 V.TORRE, 2012, p. 570.

197 Si vedano, per esempio, Cass. pen. Sez. V, 4 maggio 2007, n. 23838; Cass. sez. V, 5 novembre 2008; Cass. sez. V, 28 aprile 2009, n. 21581; Cass. pen. Sez. V, 16 aprile 2009, n. 36595. 198 F.CENTONZE, 2009, p. 273.

responsabilità penale199. Sono più in dubbio altri autori, che tuttavia affermano un mero potere di vigilanza e non quello di impedire il reato200. Gli studiosi che criticano la prassi di una troppo generosa individuazione della responsabilità per omissione, osservano come questa abbia coinvolto anche beni giuridici assolutamente estranei all’ambito economico-patrimoniale e societario, ove primariamente è diretta l’azione del sindaco201; anche volendo accogliere una posizione di garanzia, questa dovrebbe concentrarsi sui reati proprio degli amministratori e sull’interesse sociale202.

C’è chi ha avanzato la proposta di ritenere i poteri dei sindaci esclusivamente preventivi: ogni altra attività dovrebbe, in sintesi, portare alla convocazione degli altri organi sociali o all’avviso all’autorità giudiziaria203.

Tuttavia, in questo caso vi sarebbero particolari difficoltà nella prova del rapporto causale: nel modello penalistico non potrebbe essere infatti ritenuta sufficiente una causalità generale, su cui si fonda invece la responsabilità civilistica204. Viene

poi sottolineato da alcuni autori come una delimitazione del potere dei sindaci nella sfera del controllo sia assolutamente opportuna: attribuire loro la possibilità di un più deciso intervento rischierebbe di tradursi in ingerenze nell’attività imprenditoriale, che finirebbero per deresponsabilizzare gli amministratori205. Si potrebbe obiettare che, al contrario, migliori probabilità di avere successo nell’ostacolare gli illeciti si tradurrebbero in un incentivo ad un’azione attenta e professionale che, almeno a giudizio di alcuni studiosi, i sindaci raramente hanno svolto nelle complesse dinamiche tra organi societari206.

La Cassazione ha delineato tre momenti fondamentali dell’azione dei sindaci: quello ricognitivo, ovvero la raccolta di informazioni sull’impresa; quello

199 Cfr. I.LEONCINI,1999,p. 174. Assolutamente deciso sul punto è il giudizio di V.TORRE, 2012, p. 566.

200 N.PISANI, 2003, p. 241, 444.

201 V.TORRE,2012,p. 568, e gli autori ivi citati. 202 G.CAVALLI, 1998, p. p. 883.

203 F.CENTONZE, 2009, p. 301. 204 S.DOMENICHINI, 1985, p. 580. 205 V.TORRE, 2012, p. 567 206 F.F.MANZILLO, 2012, p. 191.

valutativo, che elabora i dati, spesso analizzandoli solo formalmente; quello dinamico-comminatorio, ovvero la relazione all’assemblea, la convocazione di questa e del consiglio di amministrazione, le impugnazioni delle delibere assembleari207. Per quanto riguarda la sussistenza della responsabilità, nel precisare che l’apporto causale deve essere valutato ex post208, ha escluso –

almeno con riguardo ai sindaci supplenti – la responsabilità per obbligo di posizione209.

Volendo chiudere con una considerazione de jure condendo, se si vuole coinvolgere i sindaci in una più rilevante attribuzione di responsabilità, come incentivo ad una più efficace opera di prevenzione, sarebbe opportuno immaginare una figura generale di agevolazione colposa210, oppure alcune fattispecie omissive proprie211.