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2.3 – (segue) qualche considerazione generale sulla responsabilità per omesso impedimento dell’altrui reato

Ovviamente, la responsabilità cui si è accennato è di natura civilistica. Quid della rilevanza penale? La giurisprudenza e la dottrina commercialistica, già a partire dagli anni ’70, hanno in vario modo tentato di trarre dalle indicazioni del Codice civile una sorta di posizione di garanzia che, utilizzando la clausola di equivalenza di cui all’art. 40, comma 2 c.p., determinerebbe un reato omissivo improprio, con l’imputazione concorsuale di chi è preposto alla sorveglianza con chi, materialmente, tiene la condotta illecita. “L’obbligo di vigilanza e di controllo, tratto da una norma civilistica, è, quindi, trasformato in un obbligo di garanzia che graverebbe su chi gestisce la società”163. Tale posizione di garanzia avrebbe come suo asse portante l’impedimento di possibili reati da parte degli amministratori delegati, in virtù dei loro poteri di vigilanza, prevenzione e

161 Si veda ad esempio la disciplina per le perdite di capitale (art. 2446-2447), l’accertamento della causa di scioglimento (art. 2845), il bilancio, la creazione di fondi neri e le altre violazioni contabili.

162 F.F.MANZILLO, 2012, p. 114-116. 163 F.F.MANZILLO, 2012, p. 133.

controllo, che, declinandosi nelle varie tecniche operative, sono in grado di concretizzare quel più generico dovere di sorveglianza.164

Notevoli sono i problemi: la responsabilità deriva da una fonte pattizia (il contratto di società) e dall’assunzione della carica in conformità allo statuto ed ai regolamenti concordati tra i soci, dunque “perché mai la previsione della responsabilità patrimoniale degli amministratori, finalizzata dal diritto privato esclusivamente alla tutela degli interessi della società e dei creditori sociali, dovrebbe tradursi anche in responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento?”165. In proposito, si tenga inoltre presente che la natura contrattuale e

solidale della responsabilità è, di per sé, indice contrario ed incompatibile ad una trasposizione nel sistema penalistico166. L’art. 2392 c.c. è costruito sul modello della responsabilità per colpa167, ma l’origine di quella colpa civilistica non è la medesima che si ha nel diritto penale, dove, fatto salvo l’apporto delle regole obiettive di diligenza, vanno considerati anche il “comportamento costituito nella sua struttura obiettiva”168, o la “azione causalmente collegata ad un evento”169.

Un altro notevole ostacolo è il vincolo di tipicità penalistica, garanzia di legalità che è inteso in senso certamente meno rigido nella responsabilità civile e contrattuale. Non si può quindi presumere una assoluta sovrapposizione tra la responsabilità penale e quella civile, benché il fatto materiale possa in alcuni casi coincidere. Infine, va considerato che l’art. 2392 presuppone un danno alla società. Ipotizzando una responsabilità per omissione impropria concretizzata nel mancato impedimento dell’illecito, occorre inoltre provare – oltre all’obbligo giuridico di garanzia – anche gli altri elementi del reato: conoscenza del fatto pregiudizievole, condotta inerziale, rilevanza causale di questa nella realizzazione

164 Cfr. A.ROSSI VANNINI, 1994, p. 325. 165 I.LEONCINI, 1999, p. 167.

166 Lo sottolinea A.ALESSANDRI, 1989, p. 215.

167 Benché l’atteggiamento non diligente possa anche essere conseguenza di un agire doloso, come notato da G.MARINUCCI, 1991, pp. 33 ss.

168 G.GRASSO, 1983, p. 226. 169 Ibidem.

dell’illecito, sussistenza dell’elemento psicologico, parametrato secondo le varie ipotesi concorsuali.170

Altri problemi sorgono in ordine alla natura dei beni che sarebbero protetti in modo così intenso (beni patrimoniali o rappresentativi di interessi diffusi, dai titolari indeterminati: la salute pubblica, l’ambiente, ecc): distaccandosi da una tradizione in cui il reato omissivo improprio era utilizzato per preservare i beni della vita e dell’integrità fisica, un diritto penale di natura più esplicitamente propulsiva intende coinvolgere i consociati in un’opera di corresponsabilizzazione, al fine non solo di scoraggiare le condotte negative, ma anche di promuovere quelle lecite171. Segno inequivocabile di tale tendenza è l’esplicita definizione in termini di posizioni di garanzia del ruolo degli amministratori e di chi detiene poteri direttivi all’interno dell’impresa nella lettera del Progetto Grosso (1998) e del Progetto Nordio (2001) di riforma al codice penale, nessuno dei quali è diventato legge172. I beni in pericolo sono però spesso

indeterminati (l’amministratore non può sapere quali reati potrebbero essere messi in atto dai colleghi), suscettibili di essere ridisegnati in relazione ai mutevoli interessi delle imprese; infine alla loro tutela può avere interesse un numero vastissimo, potenzialmente indeterminato di consociati.

In relazione all’ampiezza della posizione di garanzia, come riconosciuta dalla giurisprudenza e dalla dottrina, si possono definire, essenzialmente, tre posizioni degli studiosi173. La prima, in senso garantista, esclude una troppo ampia applicabilità dell’art. 40, comma 2 c.p., sottolineando, oltre alla necessità di precisi poteri impeditivi, anche il rischio di una sostituzione del concetto di evento che deve essere impedito con il più generico “reato” ex art. 110 c.p., per addivenire a posizioni che ricordano molto l’in re illicita versari.174

170 Lo afferma, con un esempio rispetto al falso in bilancio, A.CALAMANTI, 2000, p. 581. 171 Di questa evoluzione parla G.GRASSO,1983, p.340.

172 In entrambi i casi, si riservava ampio spazio alla tipizzazione di una serie di posizioni di garanzia. Si vedano, per quanto interessa qui, gli artt. 24, 25, 26 del Progetto Grosso e 12 del Progetto Nordio.

173 Accenniamo qui soltanto le linee essenziali, funzionali al proseguo della ricostruzione delle posizioni dottrinali sui vari organi societari; sia consentito rimandare al capitolo quarto per qualche cenno ulteriore.

Un’alternativa175 ammette la possibilità di configurare posizioni di

responsabilità che diano origine ad incriminazioni in base al combinato degli artt. 40, comma 2 e 110 c.p, ma differenzia tre tipi di obblighi, distinti concettualmente ma spesso confusi nella pratica176. L’obbligo di garanzia determina una posizione di forza del soggetto garante, in uno specifico rapporto con un altro soggetto debole, in relazione ad un bene giuridico determinato, ed è tradotta in una specifica serie di poteri a lui conferiti per proteggerlo; egli è penalmente responsabile se non adempie a questo compito, sulla base del combinato disposto dell’art. 40, comma 2 c.p. e di un’altra fattispecie. L’obbligo di attivarsi è invece fondato dalla previsione esplicita di un reato omissivo proprio (esempio paradigmatico è l’omissione di soccorso)177. L’obbligo di sorveglianza, infine,

non comporta alcun potere di impedire l’evento, e pertanto nemmeno il dovere di impedirlo, ma soltanto quello di conoscere del suo accadimento e di reagire, per esempio informando un’autorità178.

Il terzo orientamento è favorevole ad una posizione di garanzia anche laddove non ci siano poteri direttamente impeditivi.179 Una variante di questa

posizione distingue poteri impeditivi di natura potenziale e mediata180. Per motivarla, si afferma che il bene giuridico tutelato dalle norme sul corretto funzionamento dell’impresa sarebbe il risparmio, conferendogli un’accezione dinamica: il profilo patrimoniale del singolo si inserisce all’interno di un flusso di scambi la cui correttezza giova a tutti gli attori; logico corollario è che il rischio di una deviazione dal modello ideale, non potendo essere affrontato da tutti i singoli, deve essere sorvegliato attraverso la creazione di posizioni di garanzia “di controllo”; l’organizzazione diventa quindi “un’entità che si interpone tra taluni

175 I.LEONCINI, 1999, p. 14. Cfr anche F.MANTOVANI, 2004, pp. 997 ss.

176 Scrive V.M.PELISSERO, 2010, p. 978 ss.: “il dato più significativo che sembra emergere dalla

giurisprudenza è costituito dalla trasformazione degli obblighi di controllo in altri obblighi di impedimento del reato, trascurando che il riconoscimento di obblighi di vigilanza è prodromico alla costituzione di posizioni di garanzia, ma i primi non si traducono necessariamente nei secondi”.

177 Spiega la differenza N.PISANI, 2003, pp. 53 ss. 178 F.F.MANZILLO, 2012, p.178.

179 Ad esempio, G.GRASSO, 1983, pp. 140 ss.; F.CENTONZE, 2009, p. 169 ss. 180 È la singolare opinione di A.NISCO, 2009, p. 17.

soggetti ed un evento da imputare; […] fonte, dunque, di un dovere organizzativo al cui inadempimento è dato ricondurre […] un evento lesivo che un diverso impianto organizzativo avrebbe evitato”181. In questa ricostruzione, il potere si riferisce alla posizione di garanzia in astratto, indissolubilmente collegata al ruolo ricoperto all’interno dell’organizzazione, mentre la concreta capacità impeditiva (dunque una verifica di tipo causale) riguarda un momento successivo. Ne consegue una definizione più elastica di “potere” che, lungi dal dover in ogni caso impedire l’illecito, può anche limitarsi ad informare altri soggetti che potranno agire. L’autore è consapevole delle problematiche in sede giudiziale: nell’estrema difficoltà di valutare il contributo causale di ogni singolo soggetto gravato da posizione di garanzia, il concreto rischio è quello di individuare una responsabilità laddove, semplicemente, aumenta o non diminuisce il rischio che un illecito venga compiuto; sul piano del coefficiente psicologico, l’omessa adozione di un’organizzazione adeguata agli obblighi normativi e alla struttura dell’impresa potrebbe essere letta come colpa di organizzazione ma anche come un presupposto per l’imputazione dolosa (soprattutto eventuale)182.

La dottrina è quindi tendenzialmente concorde nell’affermare che ad una responsabilità per omesso impedimento debbano corrispondere reali poteri “per controllare la situazione di pericolo e per inibirne lo sviluppo verso la produzione dell’evento”183; ciò al duplice fine di escludere una responsabilità per fatto altrui, e

di avere elementi su cui poter fondare il giudizio controfattuale circa la rilevanza causale della condotta del singolo. Nondimeno, sono state avanzate diverse definizioni dei poteri impeditivi. Secondo una visione più rigida, si può definire tale “un’azione di contrasto che esprime la signoria del garante sull’attività aggressiva, se non addirittura sul suo autore”184; il garante avrebbe, inoltre, un ruolo centrale ed insostituibile nella tutela del bene protetto185. Altri autori affermano invece che detiene il potere impeditivo chi può contribuire, in una o più

181 A.NISCO,2009, p. 228.

182 Seguo le linee essenziali dell’analisi di A.INGRASSIA, 2012, pp. 1183 ss. 183 Per tutti F.PALAZZO, 2008, p. 280.

184 F.GIUNTA, 2006 p. 608. 185 N.PISANI, 2003, p. 277.

fasi della progressione criminosa, ad impedire il suo dispiegarsi. La definizione di tale potere, tuttavia, è separata dal successivo accertamento della rilevanza causale, che deve avvenire ex post186.

Alla luce delle considerazioni sopra esposte, quale la responsabilità degli amministratori non delegati? Riprendendo l’art. 2392, si possono isolare alcuni casi in cui essi potrebbero astrattamente essere chiamati a rispondere: inosservanza dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo (che può declinarsi in alcuni reati omissivi propri, ove previsti); mancato impedimento di atti pregiudizievoli; mancato intervento per l’eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze di tali atti (quest’ultima – come già rilevato – non è ascrivibile a nessuna delle precedenti categorie, i quanto si tratta di azioni che devono essere tenute post factum). Parlando di ogni posizione di garanzia – ed il caso di specie non fa eccezione – sorge il dubbio in ordine ai limiti oggettivi della stessa, in particolare quando non è esattamente descritta normativamente. Ecco allora che la dottrina si è chiesta, in particolare, se la delega ad alcuni amministratori non sollevi gli altri dalla gran parte degli obblighi, lasciando solo un generico dovere di sorveglianza; se viene in questo modo limitata la responsabilità civilistica, non sembra possa disegnarsi in senso più ampio quella penalistica. Proprio in virtù del sistema di delega, i deleganti si spogliano di alcuni concreti poteri che possono essere utilizzati in senso ostativo all’altrui tentativo di agire illecitamente. È pur vero che mantengono compiti generali di indirizzo e di vigilanza, ma non si può parlare di poteri impeditivi187. Limitati sembrano anche i poteri consequenziali all’attività di vigilanza, in quanto il singolo deve spesso coinvolgere soggetti terzi; ciò, inoltre, sembra influire negativamente sulla possibilità di ritenere causalmente determinante l’intervento degli amministratori non delegati.

Ovviamente queste valutazioni possono cambiare se lette da un diverso angolo visuale, ma ci sembra di poter affermare che gli indici normativi portino ad escludere una responsabilità per omesso impedimento degli amministratori non delegati, almeno nel senso più forte sopra descritto ed almeno in ogni caso, dando, per così dire, per presupposta una certa tendenza alla responsabilità penale.

186 A.NISCO,2009,pp. 294 ss. 187 F.F.MANZILLO, 2012, p. 184.