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IL RUOLO DELLA COMUNITÀ EUROPEA NEGLI ANNI NOVANTA

2.1 La Comunità Europea e la ex-Jugoslavia all’inizio degli anni ’

Le vicende interne della ex-Jugoslavia e la situazione internazionale

Nel 1990 si manifestarono gravi problemi nella gestione dell‟ormai indebolita federazione jugoslava. Il 20 gennaio venne convocato straordinariamente il quattordicesimo e ultimo congresso della Lega dei Comunisti jugoslavi dove emersero con grande forza le questioni che dividevano in particolar modo i delegati serbi e quelli sloveni e croati, come la situazione in Kosovo, la politica economica e le riforme istituzionali. I delegati delle altre repubbliche, eccetto quella serba, premevano per una nuova federazione che doveva andare verso una confederazione degli stati e le contraddizioni all‟interno del Congresso fecero il modo che sloveni e croati decidessero di ritirare i loro delegati da tale Congresso. Durante tutto il 1990, la Slovenia e la Croazia saranno disposte a negoziare un‟ampia confederazione, trovandosi sempre a confrontarsi con l‟idea di Milošević di una federazione più centralizzata110

. La crisi del sistema federale non si era ancora rispecchiata nella presidenza collettiva che governava la federazione, poiché, come si è detto in precedenza, il sistema governativo si bloccherà nel maggio 1991 per opera di Milosević il quale farà tutto il possibile per avere le leve del governo federale nelle proprie mani111.

Alla fine degli anni „80, nei circoli europei regnava un‟atmosfera ottimista. Da una parte, il mercato comune stava dando i propri risultati positivi sull‟economia dei

110Mojmir Mrak, Matija Rojec, Carlos Silva-Jáuregui (eds) , Slovenia From Yugoslavia to the European

Union, Washington, The International Bank for Reconstruction and Development / The World Bank,

2004, p.9.

111Stefano Bianchini, La questione jugoslava, Firenze: Giunti, 1999, Stefano Bianchini (a cura

42 paesi membri. L‟unione economica e monetaria che fino a poco tempo prima sembrava un obiettivo lontano, ora si stava mettendo sul tavolo dei negoziati112. D‟altro canto, la Comunità Europea si trovava di fronte ai mutamenti internazionali che riguardavano la guerra del Kuwait, la dissoluzione dell‟impero sovietico e quella della federazione jugoslava113. Per quanto riguarda la prima, la CE aveva dimostrato una forte dipendenza in politica estera agli Stati Uniti e per questo motivo, il presidente Mitterrand sembrava molto propenso a dare un nuovo impulso al ruolo della CE nella transizione che stavano attraversando i PECO114. Per quanto riguarda la crisi nella ex-Jugoslavia, la CE si presentava senza una strategia ben chiara e precisa, pur non facendo mancare le proprie iniziative avendo da tempo svolto un ruolo importante nell‟area. In effetti erano ben altre le questioni sulle quali i membri della Comunità Europea si trovavano presi. Un‟attenzione particolare veniva data alla riunificazione tedesca, per la quale la Comunità si esprimeva soddisfatta del fatto che stesse succedendo sotto “il suo tetto”115

. Allo stesso tempo, la Comunità si stava occupando della questione di Cipro nel campo delle relazioni internazionali116 e, nel campo delle relazioni interne, dell‟idea sull‟unione politica espressa dal presidente Mitterrand e dal cancelliere Kohl che sarà ripresa successivamente dal trattato di Maastricht117.

Durante le prime sedute del 1990 si nota un ruolo sempre più attivo del parlamento europeo nei confronti dei mutamenti politici che caratterizzavano il continente europeo, mettendo l‟accenno sull‟importanza di un rafforzamento sostanziale e rapido della dimensione politica della costruzione europea per apportare una risposta comune e solidale della Comunità alle profonde trasformazioni in corso nei paesi dell‟Europa Centrale e Orientale. Il parlamento europeo approvò la costituzione di una

112 Philippe de Schoutheete de Tervarent, “The Creation of the Common Foreign and Security Policy” in

Elfriede Regelsberger, Philippe de Schoutheete de Tervarent, Wolfgang Wessels (eds), Foreign Policy of

the European Union. From EPC to CFSP and Beyond, London, Lynne Rienner, 1997, pp. 41-62.

113 Riguardo a questo momento storico si può cfr Ariane Landuyt, Daniele Pasquinucci (a cura di), Gli

allargamenti della CEE/UE 1961-2004, Bologna: Il Mulino, 2004, vol 2, Christopher Hill (ed), The Actors in Europe‘s Foreign Policy, London and New York, Routledge, 1996, Elfriede Regelsberger,

Philippe de Schoutheete de Tervarent, Wolfgang Wessels (eds), Foreign Policy of the European Union.

From EPC to CFSP and Beyond, London, Lynne Rienner, 1997.

114 Geoffrey Edwards, “The Potential and Limits of the CFSP: The Yugoslav Example” in Elfriede

Regelsberger, Philippe de Schoutheete de Tervarent, Wolfgang Wessels (eds), Foreign Policy of the

European Union. From EPC to CFSP and Beyond, London, Lynne Rienner, 1997, pp 173-194.

115 Special Meeting of the European Council Dublin, 28 April 1990, Presidency Conclusions. Annex II,

Cyprus, Fondo AV 158/1, Archivi dell‟Unione Europea di Firenze.

116

Nel 1990, le trattative per la riconciliazione greco-turca si erano naufragate completamente per via dell‟opposizione greca a qualsiasi misura di collaborazione.

117 Special Meeting of the European Council Dublin, 28 April 1990, Presidency Conclusions. Annex II,

43 commissione ad hoc per lo studio dell‟impatto del processo di unificazione della Germania sulla CE e si pronunciò sulla situazione in Polonia, Romania e URSS118. Si nota una mancanza d‟interesse nel riallacciare delle relazioni politiche ed economiche fra i paesi comunitari e la Russia negli anni immediati la dissoluzione dell‟impero sovietico, ma tale interesse verrà recuperato con dei passi pragmatici subito dopo.119 Inoltre, la Comunità era impegnata in un'altra faccenda di carattere economico per tutto il 1990 quale l‟Uruguay Round e per quanto riguarda le altre faccende politiche, erano ancora all‟ordine del giorno la riunificazione tedesca, la guerra del Golfo, la situazione in Medio Oriente, la situazione in Libano e le conseguenze in pratica della fine della Guerra fredda.120 Si nota che la Repubblica Federale Socialista Jugoslava non veniva considerata né come un paese in via di democratizzazione, né come un paese in via di disgregazione, in quanto non si riferisce ad essa in nessuno dei documenti ufficiali dei primi mesi del 1990. Essa continuava ad essere collocata nei paesi mediterranei, non- allineati, e ad essa si riferisce maggiormente soltanto per delle questioni di ordine economico. La questione jugoslava verrà dibattuta dal punto di vista politico nel Parlamento Europeo soltanto nella seduta del 14 marzo del 1991, mentre durante tutto il 1990 la CEE, come si è visto, continuava normalmente i suoi legami economici con questo paese.

Nonostante i grandi mutamenti sulla scena internazionale, la Comunità europea guardava con grande attenzione ai paesi dell‟Europa centrale ed orientale. Lo spirito d‟apertura verso l‟Est si evince anche dalla Dichiarazione del Consiglio sul programma d‟attività della presidenza irlandese che ammetteva che l‟Europa dell‟est richiedeva la più completa risposta da parte della Comunità e che sarebbe stata da confutare l‟idea che le energie della Comunità da dedicare ad altri compiti si sarebbero dovute esaurire qui poiché il programma di lavoro della presidenza costituiva la migliore risposta121. La dichiarazione non dà nessuna ulteriore direttiva precisa in tale questione, un fatto che

118 Boll.CE 1/2 1990, punto 1.2.116, Sessione plenaria a Strasburgo dal 12 al 16 febbraio. Resoconto

integrale delle sedute GU allegato n.386.

119

Graham Avery, Fraser Cameron, The Enlargement of the European Union, Sheffield Academic Press, Sheffield, 1998, p. 146.

120 Questi sono gli argomenti trattati dal discorso pronunciato da Gianni De Michelis, presidente in carica

del

Consiglio delle Comunità Europee a nome della Comunità e dei suoi stati membri, di fronte all‟Assemblea

generale delle Nazioni Unite a New York, il 25 settembre del 1990. Boll. CE 9-1990, punto 2.2.1.

121

44 spiega al meglio la buona volontà ma anche una certa confusione nei confronti della situazione dei paesi dell‟est europeo.

Il ruolo del Consiglio d’Europa, della CSCE e delle Nazioni Unite

Questo spirito di apertura verso l‟Est si può evincere anche dalle numerose iniziative politiche nell‟ambito del Consiglio d‟Europa, della CSCE e delle Nazioni Unite dove la CEE ha avuto un ruolo importante, svolgendo in alcuni casi un compito da protagonista e adottando in altri casi un profilo minore.

Nell‟ambito del Consiglio d‟Europa si è svolta una riunione ministeriale speciale a Lisbona nei giorni 23 e 24 marzo del 1990. Erano presenti i ministri degli affari esteri della Bulgaria, dell‟Ungheria, della Polonia, della Cecoslovacchia, della Jugoslavia e della Unione Sovietica. Il sig. Delors, presidente della Commissione era invitato ad assistere all‟insieme della riunione ed ha partecipato anche alla sessione ampliata. Nel corso dei lavori sono stati esaminati essenzialmente il sostegno del Consiglio d‟Europa ai Paesi dell‟Europa Centrale e Orientale, il ruolo di detto Consiglio in una futura Europa democratica nonché le relazioni con l‟Unione Sovietica, gli USA e il Canada.122

Al fine di sostenere lo sviluppo dei nuovi paesi emergenti dal regime comunista venne istituita la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, basandosi sull‟idea espressa dal presidente francese François Mitterrand durante la sessione plenaria del parlamento europeo a Strasburgo, il 25 ottobre 1989. Il trattato costitutivo fu firmato dalla Commissione Europea, dalla BEI e da 40 stati firmatari a Parigi il 29 Marzo 1990. Scopo della Banca era di contribuire al progresso e alla ricostruzione economica dei paesi dell‟Europa centro-orientale che s‟impegnano a seguire ed applicare i principi della democrazia pluralistica e dell‟economia del mercato.123

I mutamenti politici e sociali di quel periodo avevano indotto la presidenza irlandese a convocare una riunione speciale del Consiglio Europeo. Durante il discorso pronunciato il 16 maggio 1990, dinanzi al parlamento Europeo a Strasburgo, da Charles Haughy, il presidente in carica del Consiglio, sulle conclusioni di questa riunione

122 Boll. CE 3-1990, punto 1.2.90. 123

45 speciale tenutasi a Dublino il 28 Aprile dello stesso anno emergono le sfide più importanti ed urgenti che la Comunità deve affrontare: la prospettiva dell‟unificazione tedesca con la conseguente integrazione della repubblica democratica tedesca nella Comunità; l‟esigenza di formulare una politica adeguata e coerente nei confronti delle democrazie riemergenti dell‟Europa centrale ed orientale, e la necessità di accelerare il processo di integrazione europea124. La Comunità intendeva dare il proprio appoggio alle democrazie emergenti della RDT, della Cecoslovacchia, della Romania e della Bulgaria tramite l‟estensione a questi paesi di aiuti economici da parte del gruppo di 24 e da parte della BERS, tutto ciò nel pieno rispetto dei principi derivanti dalla loro appartenenza al CSCE. Una grande importanza politica viene data a quest‟ultima istituzione, quando si esprime l‟idea di convocare una riunione della CSCE al massimo livello entro la fine di quell‟anno.

La CSCE, all‟inizio degli anni „90, era un‟organizzazione che stava cercando di trasformarsi da un meccanismo dedicato a mantenere la stabilità durante la guerra fredda in Europa, in un‟organizzazione capace di offrire meccanismi di sicurezza collettiva in Europa.125 L‟atto finale di Helsinki, su cui si basava tale trasformazione, affermava il diritto di tutti gli stati all‟integrità territoriale nel capitolo 1, un principio che veniva ampliamente accennato anche nel capitolo 4. Non bisogna dimenticare che si trattava dell‟unico documento sottoscritto ed accettato da tutti i paesi sia occidentali, sia i PECO, quindi la CSCE riprendeva un ruolo molto importante in quel momento storico. Non a caso, i capi degli stati membri della CSCE si erano riuniti precedentemente a New York, il 1° e il 2° ottobre, per fare il punto sulla preparazione del vertice di Parigi che si sarebbe organizzato in seno al CSCE. In tale occasione, il ministro degli affari esteri Gianni De Michelis126, parlando al nome del Consiglio, dichiarava che in Europa

124 Boll. CE 5-1990, punto 2.3.1

125Marc Weller, “The International Response to the Dissolution of the Socialist Federal Republic of

Yugoslavia”, The American Journal of International Law, Vol. 86, No. 3, July 2002, p. 571.

126 Gianni de Michelis, il ministro degli esteri italiano del tempo, era molto noto nei circoli europei per la

sua politica in favore della creazione e rafforzamento della PESC nell‟ambito dei lavori per il futuro trattato di Maastricht che erano appena iniziate. In questi sforzi si aggiungono quelli della Grecia, Spagna e i paesi bassi, mentre si nota una certa indifferenza iniziale da parte della Francia e della Germania. Nessuno nuovo dovumento in materia fu presentato dai governi di Parigi e di Bonn, prima di dicembre 1990. In Philippe de Schoutheete de Tervarent, “The Creation of the Common Foreign and Security Policy” in Elfriede Regelsberger, Philippe de Schoutheete de Tervarent, Wolfgang Wessels (eds), Foreign

Policy of the European Union. From EPC to CFSP and Beyond, London, Lynne Rienner, 1997, pp. 41-

46 si stava sviluppando un nuovo concetto di interdipendenza e che i progressi della CSCE avrebbero avuto un ruolo fondamentale da svolgere come fonte di stabilità.127

Per mettere in atto questa strategia dell‟apertura verso l‟est, si organizzò il vertice di Parigi il quale si è tenuto il 19, 20 e 21 novembre. Vi partecipavano 34 capi di stato o di governo, membri della CSCE. La Comunità europea era rappresentata da Giulio Andreotti, presidente del Consiglio europeo e da Jacques Delors, presidente della Commissione. Nel suo intervento, il presidente Delors sottolineò che al tempo stesso la CEE aveva concluso con alcuni pesi PECO degli accordi commerciali e di cooperazione che, in seguito, sarebbero stati sostituiti da euro accordi che avrebbero introdotto il principio del dialogo politico sistematico128. Le minoranze nazionali, l‟assistenza ai paesi dell‟Europa centrale ed orientale, la crisi del golfo e l‟imperiosa necessità di rispettare la carta dell‟ONU sono stati alcuni dei temi discussi nella Conferenza. La Conferenza si è chiusa con l‟adozione della “Carta di Parigi per una nuova Europa”, alla quale si riferirà molto spesso per le questioni di democrazia e della pace altresì per i problemi di origine etnica nella dissoluzione della ex - Jugoslavia. La Carta di Parigi, in effetti, avrà uno specifico riferimento alla difesa dei diritti delle minoranze ed al rispetto dell‟integrità territoriale degli stati in quanto proclamava: … Affermiamo che l‘identità

etnica, culturale, linguistica e religiosa delle minoranze nazionali sarà tutelata e che le persone appartenenti a minoranze nazionali hanno il diritto di esprimere liberamente, preservare e sviluppare tale identità senza discriminazioni di alcun genere ed in piena uguaglianza di fronte alla legge. Garantiremo che ognuno possa disporre di efficaci strumenti di ricorso in sede nazionale o internazionale, contro qualsiasi violazione dei suoi diritti. Il pieno rispetto di tali precetti costituisce il fondamento su cui cercheremo di costruire la nuova Europa129… Conformemente ai nostri obblighi derivanti dallo statuto delle Nazioni Unite e agli impegni assunti con l‘atto finale di Helsinki, rinnoviamo il nostro impegno solenne di astenerci dalla minaccia o dall‘uso della forza contro l‘integrità territoriale o l‘indipendenza politica di qualsiasi stato, nonché da azioni in qualunque altra maniera incompatibili con i principi e gli obiettivi di tali documenti …130 Per l‟attuazione degli obblighi derivanti da questa Carta si stabilisse la

127 Boll. CE 10-1990, punto 1.4.64 128 Boll. CE 11-1990, punto I.1. 129

Carta di Parigi per una nuova Europa, sezione Diritti dell‟uomo, democrazia e stato di diritto, Boll. CE 11-1990, punto 2.2.1.

130 Carta di parigi per una nuova Europa, sezione Relazioni amichevoli fra gli stati partecipanti,

47 creazione di un Centro per la prevenzione dei conflitti (CPC) e la convocazione di una Riunione di esperti sulle minoranze nazionali che avrebbero operato in stretta collaborazione con il Consiglio d‟Europa.

Il 1990 si chiude in una grande effervescenza intellettuale durante il Consiglio Europeo di Roma, il 14-15 dicembre 1990, il quale mise le basi sul futuro lavoro delle conferenze intergovernali, in vista di una maggiore cooperazione dei paesi membri per la creazione di una Politica Estera e di Sicurezza Comune.131 In questa occasione fu presentato una lettera di obiezioni da parte franco-tedesca e fu presentato il concetto “del comune interesse vitale”, secondo il quale la futura politica estera comune si doveva applicare soltanto su alcune questioni.132

La Comunità Europea e i suoi stati membri

Per capire meglio il ruolo complessivo della CE in quegli anni è opportuno analizzare il ruolo dei singoli stati membri nel contesto internazionale. In effetti, con il crollo del potere sovietico in Europa si apriva la questione della riunificazione tedesca e la Germania si trovava impegnata in questo delicato passaggio. Per di più, essa si era concentrata sul problema dei vincoli costituzionali all‟uso della forza ereditati dal secondo dopoguerra. Allo stesso tempo la Francia si trovava alle prese con lo sforzo diplomatico volto ad ottenere il ritiro delle truppe irachene dal Kuwait, mentre la Gran Bretagna sosteneva le posizioni statunitensi in quell‟area, posizioni che andavano nella direzione opposta con quelle francesi133. Da un lato, queste difficoltà erano lo sfondo

131

Philippe de Schoutheete de Tervarent, “The Creation of the Common Foreign and Security Policy” in Elfriede Regelsberger, Philippe de Schoutheete de Tervarent, Wolfgang Wessels (eds), Foreign Policy of

the European Union. From EPC to CFSP and Beyond, London, Lynne Rienner, 1997, pp. 41-62.

132 Questo concetto era stato presentato dal presidente della Commissione Europea, Jacques Delors,

pronunciato di fronte al Parlamento Europeo a gennaio 1990. Alludendo al Rapporto Tindemans del 1975 (un rapporto elaborato dal primo ministro belga di allora contenente un progetto sullo sviluppo dell‟Unione Europea), egli diceva: “Noi identifichiamo degli interessi comuni e secondo loro apriamo la strada, non al perseguimento di una politica estera identica, bensì ad azioni comuni per il raggiungimento di quelli interessi vitali” in Jacques Delors, Le Nouveau Concert Européen, Paris, Odile Jacob, 1992, p. 209.

133 I protagonisti della scena internazionale all‟inizio degli anni novanta furono: il ministro degli esteri

lussemburghese Jacques Poos, il ministro degli esteri olandese Van Der Broek, il ministro degli esteri tedesco Hans Dietrich Genscher, il presidente francese François Mitterrand, il segretario generale dell

48 che faceva risaltare la posizione di quelli stati membri della CE, i quali sostenevano che non fosse più possibile lasciare ai margini del processo di integrazione le questioni di sicurezza e difesa134.

In questo momento, tutti gli sforzi della CE si stavano concentrando sull‟avvio della trasformazione della Cooperazione Politica Europea nella Politica Estera e di Sicurezza Comune. Per di più, l‟attenzione degli stati della CE andava verso sia l‟Albania che stava uscendo da un regime dittatoriale feroce anche alla federazione Jugoslava che si trovava nei margini della disgregazione. In effetti, in quel periodo si potevano percepire due tendenze opposte nel continente europeo; l‟Europa occidentale che si muoveva verso una maggiore integrazione e una cooperazione multilaterale e l‟Europa sudorientale che andava verso una maggiore frammentazione politica ed una “nazionalizzazione” della propria politica. Il politologo Larrabee, in un suo saggio di allora, metteva in guardia nei confronti del pericolo che poteva provenire dalla zona balcanica, piuttosto che dall‟esercito sovietico. Egli avvertiva che la fine della guerra fredda non voleva dire la fine dei conflitti in Europa. La maggiore minaccia per il decennio seguente proveniva dai nuovi conflitti a base nazionalistica e dalla frammentazione politica dei Balcani Occidentali135. L‟esperta in questioni di sicurezza136 aveva previsto bene, però, i paesi comunitari si sarebbero resi conto in ritardo della teoria di Taylor secondo la quale l‟ironia che sta alla base delle relazioni internazionali nonché delle democrazie stabili è proprio quella di generare entusiasmo per la stabilità proprio mentre esplode la minaccia della frammentazione.137 Ed era proprio ciò che stava accadendo nel continente europeo in generale e nella penisola balcanica in particolare. Per questo motivo, in tutti i livelli della diplomazia mondiale fu difficile prevedere la grandezza di un conflitto prodotto dalla disgregazione della federazione jugoslava, proprio in un periodo in cui si inaugurava la fine delle ideologie

Unione Europea Occidentale Willemm Van Eckelen, l‟ex segretario generale della NATO Lord Carrington il costituzionalista francese Robert Badinter, l‟inviato speciale delle NU Cyrus R. Vance, il segretario degli USA James Baker, il ministro degli esteri sloveno Dimitrij Rupel, il presidente croato FrancoTudjman e certamente il presidente serbo Slobodan Milosceviç.

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Marco Clementi, L‘Europa e il mondo. La politica estera, di sicurezza e di difesa europea, Bologna: Il