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IL RUOLO DELLA COMUNITÀ EUROPEA NEGLI ANNI NOVANTA

2.3 Le vicende dell’indipendenza croata

La proclamazione dell’indipendenza e gli scontri militari

Il conflitto in Croazia ebbe inizio mentre era ancora in corso l‟aggressione contro la Slovenia, con sporadici incidenti nella Slavonia orientale e nella frontiera bosniaca e con alcuni incidenti più consistenti nelle città di Osijek e Vinkovci durante tutto il fine giugno. Nei giorni di luglio l‟Armata popolare attaccò obiettivi di artiglieria e dell‟aeronautica contro le città di Vukovar, Dalj, Osijek ed Erdut man mano che gli attacchi si trasformavano in assali ai villaggi e in evacuazioni di popolazione civile non serba.

Il vero scontro tra i croati e l‟Armata popolare jugoslava iniziò con la questione della Krajina. Il 31 luglio fu lo stesso Tudjman ad annunciare che, dopo due settimane di trattative segrete con esponenti della Krajina, era stato preparato un pacchetto legislativo teso a riconoscere ampia autonomia politica alla minoranza serba in questa regione, mentre quest‟ultima puntava chiaramente al distacco con la Croazia. La decisione del governo di Belgrado di risolvere il problema jugoslavo secondo i propri piani e non secondo quelli dettati a Brioni dalla diplomazia europea, divenne ancora più esplicita quando Milosevic boicottò la troika europea venuta in Jugoslavia all‟inizio di agosto con l‟intento di mediare tra le parti in conflitto e di proporre l‟invio in Croazia delle proprie forze di peacekeeping. Milosevic dimostrò che ormai puntava sull‟efficacia delle armi.238

Le proposte dell‟intervento nel conflitto in Croazia erano stati soffocate sul nascere fino a quel momento lì, una volta per mancanza di accordo tra gli europei oppure per l‟opposizione degli Stati Uniti o dell‟ Unione Sovietica.

Ai ministri degli esteri dei dodici, di nuovo riuniti il 6 agosto in sessione speciale non rimase altro che deplorare “i tentativi di una repubblica di imporre con forza soluzioni alle altre Repubbliche” e auspicare la convocazione di una conferenza

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75 sul futuro assetto della Federazione239. Il tutto nel contesto assai ambiguo che se da una parte riconosceva ancora come interlocutore la Presidenza Collettiva, dall‟altra trattava già la Slovenia e la Croazia come soggetti internazionali, sottolineando la loro integrità e il principio che le frontiere interne fra le diverse Repubbliche non potevano essere cambiate con la forza.

Verso la metà di agosto, mentre il conflitto continuava a diffondersi senza tregua, per iniziativa del ministro degli esteri tedesco Genscher fu convocata a Praga una seduta del Comitato di crisi della CSCE240. In quell‟occasione il rappresentante del governo sovietico si schierò apertamente con il collega jugoslavo, che riprese a protestare contro il paventato ingresso di truppe straniere nel proprio paese. In effetti, durante questo periodo, era stato molto abile nel dimostrare all‟opinione pubblica internazionale che il terrorismo degli ustascia era risorto in Croazia come risposta dell‟autonomia della Krajina.

Il cambiamento di ruota nella politica comunitaria

La via della diplomazia prudente ad ogni costo nei confronti di Milosevic da parte della CE, degli Stati uniti e dello stesso Tudjman, dovette essere abbandonata proprio dopo il 24 agosto, data del massiccio attacco aereo da parte dell‟Armata popolare contro la città di Vukovar, importante porto fluviale e industriale sul Danubio, che segnava in quel tratto la frontiera serbo-croata. L‟attacco contro Vukovar, accompagnato da aggressioni anche contro altre città e villaggi della Slavonia orientale, fu una prova del piano di conquista serbo che non poteva essere ulteriormente ignorata né da Washington, né da Bruxelles.241 I dodici avevano cercato per settimane di gestire la prima seria crisi europea dopo la fine della guerra fredda con un‟apparente imparzialità, che non riusciva però a mascherare le simpatie filo-serbe di Londra, Parigi, Roma e Madrid, e quelle filo-croate di Bonn. Ne risultò la manifesta incapacità di

239 Boll. CE 7/8 – 1991, 1.4.17. Il 20 agosto. Dichiarazione comune sulla Jugoslavia. 240 Hans-Dietrich Genscher, Erinnerungen, Berlin, Siedler, 1995, p. 957.

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76 formulare una politica coerente comune.242 L‟Olanda aveva assunto la presidenza della Comunità e stava attuando una politica basata su una diplomazia tesa a raggiungere una pacifica soluzione del conflitto attraverso il dialogo, una politica questa che suscitò tante interpretazioni come filo-serba o filo jugoslavo.

Costretti a confrontarsi con l‟ostruzionismo serbo, manifestatosi all‟inizio del mese, e con le brutalità del Armata popolare contro Vukovar, i ministri degli esteri dei dodici, in una sessione d‟emergenza a Bruxelles, il 27-28 agosto, abbandonarono definitivamente l‟illusione di una Jugoslavia unita. In una solenne Dichiarazione condannarono l‟illegale impiego dell‟Armata popolare e delle forze serbe irregolari in Croazia, proclamando che non avrebbero riconosciuto cambiamenti di frontiera raggiunti con la forza e minacciando la Serbia di ulteriori misure (anche se non ben definite), se entro la fine del mese non avesse accettato una tregua sotto il controllo internazionale. Si trattava di una dichiarazione importante perché ribadiva che il principio di integrità territoriale non andava applicato solo alle frontiere internazionali, ma anche a quelli federali.243 Come abbiamo detto anche nel capitolo precedente, gli accordi di Igalo del 17 settembre tra Lord Carrington, Milosevic, Tudjman, Kadijevic, anche se avevano teorizzato il ritiro dell‟esercito jugoslavo dalla Croazia, non influenzarono l‟andamento degli avvenimenti, poiché il 21 settembre ebbe luogo il bombardamento di Sebenico (costa croata) dal mare, terra, aria. Alla fine di settembre (25 settembre) il regime di Belgrado decise di sbarazzarsi una volta per tutte di Stipe Mesić, accordando la presidenza federale, in assenza di Mesić, al montenegrino Branko Kostić. Inoltre, i rappresentanti delle altre repubbliche stabilirono che la presidenza avrebbe assunto le competenze del parlamento e avrebbe preso decisioni anche a maggioranza dei presenti (non più a maggioranza assoluta) e tolsero a Mesić il mandato del rappresentante della Jugoslavia presso l‟Assemblea delle Nazioni Unite.

I ministri degli esteri dei Dodici, riuniti a Haarzuilens, dichiararono che non avrebbero più riconosciuto le decisioni di un‟assemblea non più rappresentativa dell‟intera Jugoslavia244

e condannano tale azione illegale contro la Costituzione jugoslava e la Carta di Parigi, mentre gli attacchi contro Vukovar continuavano, impressionando sfavorevolmente l‟opinione pubblica europea, soprattutto quella

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Joţe Pirjevec, Le guerre jugoslave, 1991-1999, Torino:Gulio Einaudi Editore, 2001, p. 75.

243 L‟importanza di tale accordo si ribadisce anche nella Dichiarazione Comune sulla Jugoslavia del 3

settembre 1991. Boll. CE 9-1991, punto 1.4.2.

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77 tedesca. Il 6 ottobre 1991, durante lo stesso incontro formale dei ministri degli Esteri della Comunità europea nel castello di Haarzuilens, i rappresentanti dei dodici condannarono l‟azione dell‟Armata popolare e si espressero afflitti a causa dei violenti combattimenti che continuano a mietere vittime in Jugoslavia nonostante gli accordi conclusi all‟Aia il 4 ottobre 1991 tra i presidenti Tudjman e Milosevic e il generale Kadijevic, in presenza del presidente del Consiglio e del presidente della Conferenza sulla Jugoslavia. Essi ribadirono che il diritto all‟autodeterminazione per tutti i popoli della Jugoslavia non poteva essere esercitato senza tener conto degli interessi e dei diritti delle minoranze etniche nell‟ambito delle differenti repubbliche. L‟autodeterminazione poteva essere garantita soltanto mediante negoziati pacifici di cui era in vista la Conferenza sulla Jugoslavia e la determinazione a non riconoscere mai modifiche sulle frontiere ottenute con la forza. I ministri esigevano che tutte le parti applicassero tutti gli aspetti dell‟accordo del venerdì precedente al più tardi entro le 24.00 del 7 ottobre. Qualora ciò non fosse avvenuto i ministri avrebbero applicato misure restrittive nei confronti delle parti che avessero continuato a ignorare il desiderio delle altri parti iugoslave e della Comunità internazionale di raggiungere un risultato positivo nell‟ambito della conferenza sulla Jugoslavia e procedendo al suo rinnovo soltanto con le parti che contribuiscono ai progressi verso la pace.245

Per la prima volta nell‟ambito della Comunità cominciò a considerarsi seriamente il riconoscimento delle repubbliche sorte sulle rovine della ex - Jugoslavia come l‟unica soluzione possibile della crisi. A questo cambiamento di tattica contribuì non poco il Vaticano, la cui diplomazia si era messa in moto dall‟inizio della crisi agendo in favore della Slovenia e della Croazia. Sembra che a ciò avesse contribuito anche una videocassetta con agghiaccianti immagini sul massacro di Dalj, fatta pervenire al papa dai rappresentanti della Chiesa croata. Il Vaticano era spesso accusato di favorire la Slovenia e la Croazia in quanto paesi di popolazione cattolica, ma non bisogna dimenticare gli interventi del Vaticano a sostegno della popolazione musulmana di Bosnia-Erzegovina, una volta che quest‟ultimi divennero le nuove vittime.246 Dopo un ulteriore cessate il fuoco firmato all‟Aia sotto gli auspici di Van den Broek, il 10 ottobre l‟Armata popolare cominciò a ritirarsi lentamente da Zagabria, da

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Boll. CE 10-1991, punto 1.4.7. Dichiarazione Comune sulla Jugoslavia del 6 ottobre 1991.

246 Daniele Conversi, “Germany and the recognition of Croatia and Slovenia” in Brad K. Blitz (ed), War

and Change in the Balkans. Nationalism, Conflict and Cooperation, Cambridge, Cambridge University

78 Karlovac e dai porti dalmato – istriani.247 La Comunità europea era ormai convinta d‟aver imboccato la strada giusta, al punto di fissare un termine perentorio di due mesi entro il quale i contendenti jugoslavi avrebbero dovuto raggiungere un accordo. Intanto, le truppe ritirate dalle caserme in Croazia furono dirottate verso la Bosnia, la Krajina e la Slavonia.

Il segretario delle Nazioni Unite, Pérez de Cuéllar si era mostrato contrario a ogni movimento secessionista in Europa fino a quel momento. L‟8 ottobre, dopo consultazioni con il Dipartimento di Stato, egli decise d‟inviarvi come proprio rappresentante Cyrus Vance in Jugoslavia. Questi era già stato segretario di stato ai tempi di Carter ed era considerato un esperto di cose balcaniche in quanto mediatore nel conflitto fra greci e turchi del‟67. Per di più, Vance era visto come l‟uomo capace di coordinare insieme con Lord Carrington un proficuo processo negoziale nei Balcani sotto l‟egida della Comunità europea e dell‟ONU. Il 18 ottobre, la Comunità Europea dichiara che pure Gli Stati Uniti e l‟Unione Sovietica esprimono la loro disponibilità a sostenere le misure restrittive applicate dalla Comunità e dai suoi stati membri per contribuire al successo della Conferenza sulla Jugoslavia.248 La dichiarazione contiene anche una condanna esplicita alla situazione in Croazia.

Dopo il terzo rifiuto del piano Carrington e tutti i suoi emendamenti da parte del fronte serbo-montenegrino e dopo il boicottaggio da parte dello stesso fronte della Conferenza di Aia il 24 ottobre, la Comunità Europea decise di ricorrere alle minacciate sanzioni economiche. A tale decisione contribuì un ultimatum da parte dell‟armata federale i cui termini implicano la resa di fatto di Dubrovnik. Tramite un'altra dichiarazione, la Comunità e i suoi stati membri ritengono che si tratti di un atto illegale il cui obiettivo evidente è quello di impadronirsi di una città incontestabilmente croata249.

Alcuni giorni dopo, la Comunità Europea, tramite un‟altra dichiarazione, cerca di coordinare l‟attività tra la stessa Comunità, le Nazioni Unite e la CSCE. Essa stabilisce di chiedere al consiglio di Sicurezza di esaminare immediatamente la questione relativa a nuove misure restrittive sulla base del capitolo VII. I ministri esamineranno tale questione quando si riuniranno il 4 novembre, in vista di una

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Laura Silber Silber, Allan Little, Yugoslavia Death of a Nation, London, Penguin, 1995, pp. 190-204.

248 Boll. CE 10-1991, 1.4.10. Dichiarazione Comune sulla Jugoslavia, resa nota all‟Aia, a Bruxelles, a

Washington e a Mosca.

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79 decisione da prendere a margine di una riunione successiva da tenersi in settimana, sulla base dei risultati della sessione plenaria della Conferenza, che avrà luogo il 5 novembre. La CE si impegna ad informare il giorno stesso il segretario generale delle Nazioni Unite attraverso Lord Carrington e i gruppi di lavoro della Conferenza che avrebbero lavorato a mettere a punto gli accordi in vista di una soluzione globale. Inoltre, la Comunità Europea e i suoi stati membri lanciano un appello alla CSCE e al Consiglio di Sicurezza delle NU affinché continuino a manifestare il loro sostegno agli sforzi che essi stanno compiendo per giungere a una soluzione pacifica della crisi jugoslava e affinché denuncino il ruolo dell‟armata federale e del colpo di stato compiuto da quattro membri della presidenza federale.250

Anche se fino a fine ottobre erano state concluse ben dodici tregue ed erano stati discussi ben quattro piani di pace, l‟8 novembre i ministri degli esteri dei dodici decisero d‟interrompere gli accordi commerciali e di cooperazione con la Jugoslavia.251

L‟accordo era stato raggiunto nell‟ambito di unincontro della NATO a Roma nell‟occasione del quale fu proposto anche un embargo petrolifero alla Jugoslavia. Nella dichiarazione252 si afferma che tenuto conto della gravità della situazione, la Comunità e i suoi stati membri hanno decisero di adottare le seguenti misure: la sospensione immediata dell‟accordo commerciale e di cooperazione con la Jugoslavia e denuncia dello stesso accordo, il ripristino dei contingenti sui tessili, l‟esclusione della Jugoslavia dall‟elenco dei beneficiari del sistema di preferenze generalizzate e la sospensione formale della Jugoslavia dal beneficio del programma PHARE. La Jugoslavia non è stata invitata a partecipare alla prossima riunione ministeriale del G24 l‟11 novembre 1991. Nell‟allegato alla dichiarazione si legge che se l‟economia di uno stato membro dovesse essere gravemente compromessa dalle contromisure iugoslave, la comunità e i suoi stati membri faranno allora prova di solidarietà adottando misure correttive, efficaci e concrete a favore dello stato membro interessato. L‟iniziativa fu seguita da un‟altra dichiarazione comune che accennava alla prospettiva di riconoscere

250 Boll. CE 10-1991, punto 1.4.16. Dichiarazione Comune sulla Jugoslavia del 28 ottobre 1991.

251 Boll. CE 11-1991, punto 1.3.20. Decisione 92/586/CECA, CEE del Consiglio e dei rappresentanti dei

governi e degli stati membri.

252 Boll. CE 11-1991, punto 1.4.4. Dichiarazione Comune sulla Jugoslavia emessa l‟8 novembre in

occasione della riunione ministeriale nell‟ambito della cooperazione politica europea, tenutasi a Roma a margine del vertice NATO, resa contemporaneamente nota all‟Aia, a Roma ed a Bruxelles.

80 l‟indipendenza di quelle Repubbliche che l‟avrebbero desiderato, segno questo che qualcosa stava cambiando.253

In questo periodo la collaborazione con le Nazioni Unite fu considerevolmente aumentata. La Comunità e i suoi stati membri concordarono di svolgere un azione congiunta con l‟Unicef per realizzare dei corridoi umanitari di sicurezza e pace che permettano di portare soccorso e eventualmente di evacuare bambini iugoslavi nel quadro di un‟operazione equilibrata.254

Durante la successiva riunione del Consiglio e degli stati membri, riuniti in sede di Consiglio sui diritti dell‟uomo sulla democrazia e sullo sviluppo, il Consiglio dà la massima importanza al problema delle spese militari annunciando che spese militari eccessive non solo riducono le risorse disponibili per altri scopi ma possono altresì contribuire all‟aumento delle tensioni regionali e delle violazioni del diritto internazionale e sono spesso destinate ed utilizzate ai fini di repressione interna e diniego dei diritti dell‟uomo universalmente riconosciuti. Si discute di alcune misure positive in favore di alcune repubbliche iugoslave ed è un fatto molto importante poiché per la prima volta le repubbliche si considerano separatamente in seno al Consiglio.

Il 18 novembre, Vukovar cadde in mano ai serbi. Improvvisamente, Milošević Milošević accettò, anzi sollecitò la proposta di Cyrus Vance di inviare caschi blu nei territori occupati della Croazia per garantire la tenuta del cessate il fuoco, concordato il 23 novembre a Ginevra, per la prima volta sotto l‟egida dell‟ONU, intendendo così sancire lo status quo, congelando l‟occupazione della Krajina e della Slavonia, forse per riprendere il discorso del definitivo assetto territoriale con la Croazia in un momento più adatto. Come da tutti ben nota, Miloscevic usava la pratica delle trattative per poter conquistare più territori.

Alla fine di novembre, l‟esercito di Zagabria passò per la prima volta alla controffensiva riuscendo nelle tre settimane successive ad occupare circa il sessanta per cento della Slavonia occidentale. Il governo croato accettò la proposta di impiego dei caschi blu nel proprio territorio, ma ai confini con la Serbia, non sulla linea di fronte come pretendeva Miloscevic. Il Consiglio di Sicurezza approva all‟unanimità la Risoluzione 721, proposta da Gran Bretagna, Francia e Belgio.

Con questa risoluzione Cyrus Vance veniva incaricato di preparare il terreno diplomatico per l‟invio delle truppe ONU nelle zone interessate. La risoluzione

253 Ibidem. 254

81 conteneva un chiaro messaggio politico, nonostante il suo carattere militare. Essa rivelava che l‟Unione Sovietica, contraria ancora nel luglio all‟impiego in Croazia delle truppe di pace internazionali, si poteva ormai considerare allineata con l‟Occidente. La Comunità europea riconosceva di aver fallito nei propri sforzi di risolvere la crisi e cercava pertanto di lasciare la questione alle Nazioni Unite. In seguito a queste vicende dolorose, il 27 Novembre Hans Dietrich Gencher affermò davanti al Bundestag che il suo governo avrebbe riconosciuto la Slovenia e la Croazia prima di Natale, insieme con quanti più possibile Stati della Comunità.255 In questo modo, egli dichiarava che non avrebbe preso in considerazione il principio dell‟unanimità dando una scossa enorme alla Comunità europea che aveva già previsto il giorno del 10 dicembre per la firma del trattato di Maastricht.256

Il 2 dicembre la Comunità europea decise di abolire le sanzioni economiche contro la Croazia, la Slovenia, la Macedonia e la Bosnia-Erzegovina, conservandole solo nei confronti della Serbia e del Montenegro. Nell‟adottare il regolamento, il Consiglio invitò da un lato, la Commissione a riattivare l‟assistenza alle repubbliche precitate in attuazione del programma PHARE, e dall‟atro, la BEI ha finanziare progetti negli stessi paesi avvalendosi del residuo importo di 100 milioni di ECU a titolo del secondo protocollo finanziario CEE - Jugoslavia. La procedura dell‟adozione del regolamento da parte del Consiglio conteneva anche una clausola con la quale il Consiglio ricordava che l‟adozione del regolamento lasciava impregiudicata la questione del riconoscimento delle repubbliche beneficiarie.257 Non accontentandosi di questa misura, il governo tedesco sembrava deciso a continuare nella propria politica, appoggiato in maniera più o meno convinta dagli italiani, dai danesi, dai belgi e dai portoghesi e ostacolato e volte dalla politica riservata di Miterrand. Nonostante questo, i rappresentanti dei sopracitati governi riuscirono a portare a Bonn, per un ultimo giro di colloqui, Izetbegović, Kučan e Tudjman. Quest‟ultimo giunse nella capitale tedesca il 5 dicembre, portando con sé, a testimonianza della democraticità del suo regime, una legge costituzionale sulla tutela delle minoranze, approvata il giorno prima dal parlamento di Zagabria la quale si rifaceva al modello sudtirolese. Al tempo stesso, fece

255 Daniele Conversi, German-Bashing and the Breakup of Yugoslavia , The Donald W. Treadgold Papers

in Russian, East European and Central Asian Studies, nº 16, March 1998.

256 Il ruolo della Germania nel riconoscimento delle due repubbliche verrà ampiamente analizzato nel

ultimo capitolo.

257 Boll. CE 12-1991, punto 1.3.19. Regolamento (CEE) n. 3567/91 del Consiglio, relativo al regime

applicabile alle importazioni dei prodotti originari delle repubbliche di Bosnia-Erzegovina, di Croazia, di Macedonia e di Slovenia.

82 però un clamoroso passo falso, cercando di convincere Kohl e i suoi collaboratori dell‟opportunità di dividere la Bosnia-Erzegovina tra Croazia e Serbia.

Il 6 dicembre, Washington aveva annullato i rapporti commerciali con tutte le Repubbliche, senza distinzione. Interrogata sul perché, la portavoce del presidente diede una risposta da supremazia americana: “Perché gli Stati Uniti hanno deciso così”.258

Dal canto suo, l‟8 dicembre Cyrus Vance fu in grado di annunciare che fra Zagabria e Belgrado era stato raggiunto un accordo di massima sul cessate il fuoco, il cui controllo sarebbe stato garantito dalle truppe ONU. La Comunità Europea incoraggiava il ruolo delle Nazioni Unite in questa direzione in modo che nella Dichiarazione Comune del 17 dicembre che elencava le condizioni per il riconoscimento delle singole repubbliche, essa chiedeva al Segretario Generale delle Nazioni unite e al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di continuare nel tentativo di stabilire un effettivo cessate il fuoco e