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IL RUOLO DELLA COMUNITÀ EUROPEA NEGLI ANNI NOVANTA

LA POSIZIONE DELL’UNIONE EUROPEA NELL’AMBITO DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE

4.1 La strada verso gli accordi di Dayton nel

L’alleanza fra i croati e i musulmani

Il 1994 si era chiuso con l‟accordo di tutte le parti di un cessate il fuoco il 31 dicembre, accompagnato da dichiarazioni per una maggiore collaborazione con l‟UNPROFOR, sotto gli auspici del piano di pace del gruppo di contatto583

.

Per la prima volta, durante l‟anno scorso, la NATO aveva messo in atto dei raid aerei a supporto dell‟UNPROFOR e delle zone protette: il 10 e l‟11 aprile a supporto dell‟UNPROFOR e dell‟UNHCR nella zona protetta di Goraţde, il 5 di agosto per l‟abbattimento di un accumulo di armi pesanti presso Sarajevo, il 22 di settembre sempre nella zona di Sarajevo ed il 21 di novembre un raid aereo fu ordinato sopra l‟aeroporto di Udbina come risposta degli attacchi serbo-croati verso l‟area protetta di Bihać584

. Tutto ciò in concomitanza con la risoluzione 836 approvata nel 1993 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il 1995 si aprì con una rafforzata collaborazione fra gli Stati Uniti e il governo di Bosnia-Erzegovina, sostenuta dall‟amministrazione Clinton per via di un profilarsi nell‟orizzonte di un alleanza troppo stretta fra Izetbegović e il Partito repubblicano. Per evitare che la questione si trasformasse in un problema di politica interna e per prendere in mano la situazione, l‟amministrazione Clinton mandò a Sarajevo il 9 gennaio 1995,

583

Delegation of the European Commission to the United Nations. Letter from the Secretary-General

addressed to the President of the Security Council, New York, 5 January 1995.

584 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations, Security Council

173 Richard Holbrooke, con l‟obiettivo chiaro di offrire ai musulmani sostegno militare e materiale585. Nell‟atmosfera si stava profilando chiaramente anche il sostegno tedesco al governo di Izetbegović, sfociato nella decisione del governo tedesco di assicurare per mezzo della Siemens alla città di Sarajevo una fonte di energia elettrica indipendente dalla centrale controllata dai serbi586. Dall‟altra parte, per poter equilibrare l‟aperta presa di posizione degli americani a favore dei musulmani di Bosnia, l‟Unione Europea emana una dichiarazione nella quale auspicava l‟importanza da essa sostenuta riguardo il reciproco riconoscimento di tutti gli Stati della Ex - Jugoslavia, sostenendo l‟idea di una riunione a tal fine dei presidenti Izetbegović e Milošević. Secondo tale dichiarazione, il vertice potrebbe schiudere la strada ad una conferenza internazionale che consenta di esaminare tutti i problemi connessi con il conflitto dell‟ex - Jugoslavia conformemente al piano di pace587.

Il processo di pace nella Bosnia-Erzegovina comprendeva un altro quesito importante che era quello della parte della Croazia, la Slavonia orientale, occupata dai serbi nel corso del 1991. Tale questione andava risoluta parallelamente con la questione bosniaca, poiché alla fine di quest‟ultima, non sarebbe più stato possibile mantenere il consenso internazionale sulle sanzioni contro la Serbia, la quale potrebbe approfittare dalla situazione per poter mantenere la propria conquista in questa zona. La questione tornò in ballo all‟inizio di gennaio per via della decisione del governo croato di non accettare il rinnovo della UNPROFOR, esortato dall‟Unione Europea a riesaminare la sua posizione al riguardo588. Per prevenire tale eventualità, gli Z-4, un gruppo costituito dagli ambasciatori degli Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Europea e Nazioni Unite residenti a Zagabria, elaborarono un piano di pace che andava inserito nel piano di pace generale del gruppo di contatto. Il piano affermava la sovranità territoriale dello Stato croato, ribadiva il diritto dei fuggiaschi di tornare alle proprie case, assicurava in cambio ai serbi della Krajina un ampio autogoverno nelle aree in cui erano in maggioranza nel 1991 (Knin e Glina), l‟immediato ritorno della Slavonia occidentale

585 Per un panorama completo delle vicende belliche cfr. N. Thomas, K. Mikulan, The Yugoslav Wars (1),

(2), Oxford: Ospray, 2006, Pirejevec, Le guerre jugoslave 1991-1999, Torino: Gulio Einaudi Editore,

2001, Sabrina P. Ramet, Balkan Babel. The Disintegration of Yugoslavia from the Death of Tito to the Fall

of Milošević, Oxford: Westview, 2002, Kate Hudson, Breaking the South Slav Dream. The Rise and Fall of Yugoslavia, London: Pluto, 2003.

586 Joze Pirjeveć, Le guerre jugoslave 1991-1999,Torino:Gulio Enaudi Editore, 2001, p. 441. 587

Boll. CE ½ - 1995, punto 1.4.26, Dichiarazione dell‟Unione Europea sull‟ex - Jugoslavia, resa pubblica a Bruxelles e a Parigi in data 23 gennaio.

588 Boll. CE ½ - 1995, punto 1.4.25, Dichiarazione dell‟Unione Europea sull‟ex - Jugoslavia, resa

174 sotto il controllo della Zagabria e la progressiva reintegrazione di quella orientale nell‟ordine costituzionale croato589

. Per assicurare a Tudjman che l‟America l‟avrebbe sostenuto se avesse accettato tale soluzione, il 29 gennaio William Perry firmò con il ministro della difesa croato Gojko Šušak un memorandum sulla collaborazione militare fra i due Stati, concludendo così con successo i colloqui in corso fin dal luglio precedente. Intanto continuava l‟appoggio dell‟Unione Europea al governo croato, manifestandosi in un prestito di 37,55 milioni di ECU da parte della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo590, senza tenere conto delle iniziative diplomatiche da parte della Commissione, il presidente della quale, il sig. Van den Broek, ospitò a gennaio il primo ministro bosniaco, il sig. Silajdzić. Durante la visita parlarono dei lavori del gruppo di contatto, in particolare del piano elaborato nel luglio 1994, sottoscritto dalla Bosnia-Erzegovina, dalla Repubblica federativa di Jugoslavia e non ancora accettato dai serbi croati591.

Ritornando alla questione croata ancora irrisolta, sembrava ben più difficile il dissidio con i serbi di Knin: mentre i leader della Krajina insistevano nel sostenere il proprio diritto a uno stato internazionalmente riconosciuto, Tudjman offriva loro solo l‟autonomia locale dei comuni di Knin e di Glina, nonché una tutela della minoranza in conformità con gli standard europei e Belgrado continuava a condizionare il riconoscimento della Croazia a una soluzione del conflitto che avrebbe dovuto garantire ai connazionali il diritto alla costituzione di uno stato sovrano. In queste condizioni, il 30 gennaio, gli Z-4 resero pubblica l‟ultima versione del loro piano per la definizione dei rapporti tra la Repubblica serba della Krajina e la Croazia. Il piano fu approvato in linea di massima da Tudjman, ma trovò un duro rifiuto dalla parte serba-croata che trovò la sua massima espressione nelle dichiarazioni di Milan Martić, il quale sosteneva che il Consiglio di Sicurezza si doveva impegnare per iscritto a mantenere i caschi blu nelle proprie “zone di protezione” anche dopo il 31 marzo per proteggere i serbi che vi si trovavano. Egli voleva ottenere il riconoscimento de facto della sua Repubblica dalla Croazia, esigendo che fosse garantita dalla Comunità internazionale592. Sembrava, però, che il presidente Tudjman non era affatto propenso a dare questa soddisfazione ai propri avversari. Egli cominciò a parlare di un ripristino del controllo del suo governo sulla

589 Peter Galbraith (a cura di), The United States and Croatia, United State of America: Department of

State,1997, pp. XV.

590 Boll. 1/2 – 1995, punto 1.4.29. 591 Boll. ½ - 1995, punto 1.4.84. 592

175 Krajina e sulle due Slavonie, pretendendo il ritiro immediato dei caschi blu e annunciando in un‟intervista allo “Spiegel” che la Croazia avrebbe fato ricorso alla forza per riconquistare i territori occupati, visto il totale fallimento delle Nazioni Unite nei Balcani Occidentali593.

Queste tendenze sembravano appoggiarsi dagli americani i quali erano convinti che una soluzione negoziale del conflitto non era possibile senza creare prima un equilibrio militare tra le parti in lotta. Nelle capitali europee infatti si facevano sempre più concreti i sospetti che gli Stati Uniti continuassero dietro le quinte ad armare i croati e i bosniaci, violando in tacito accordo con l‟Iran, l‟embargo imposto alla Jugoslavia dal Consiglio di Sicurezza594. Nel frattempo, l‟Unione Europea operava in un‟altra direzione, in conformità con il piano di riserva elaborato dal Gruppo di contatto (più che altro della Francia e Gran Bretagna)595 che consisteva nel puntare su Milošević e sul suo desiderio di liberarsi quanto prima delle sanzioni internazionali per migliorare le terribili condizioni economiche in cui si trovava il suo paese. Le sanzioni, alleggerite nel settembre precedente, venivano di nuovo minacciate con la Risoluzione 970 delle Nazioni Unite del 12 gennaio come conseguenza della diffusa percezione che il blocco della frontiere della Bosnia-Erzegovina e della Jugoslavia federale fosse più fittizio che reale596. A tale scopo, l‟Unione Europea emana una decisioni relativa alla proroga della sospensione di alcune sanzioni limitate imposte alla Repubblica federativa di Jugoslavia (Serbia e Montenegro)597 e un‟altra che permetteva l‟attuazione della risoluzione 970 (1995) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite che prorogava di 100 giorni la risoluzione 943 (1994), la quale prevedeva la sospensione di alcune sanzioni limitate imposte alla Repubblica federativa di Jugoslavia598.

Sul piano internazionale, un‟importante vicenda segnò l‟andamento delle trattative con Milošević: lo scoppio della guerra in Cecenia, che costrinse Mosca a confrontarsi con le forze islamiche del generale Dudajev. Tale susseguirsi delle vicende creò la convinzione nel presidente El‟cin di allentare l‟intesa con Parigi e Londra e impostare une politica più prudente nei confronti dei musulmani bosniaci. Infatti, otto

593 Joze Pirjeveć, Le guerre jugoslave 1991- 1999, Torino: Gulio Einaudi Editore,2001, pg 443. 594

Maynard Glitman, “US Policy in Bosnia”, Survival, Vol 38,No,4 winter 1996-1997 ,p.74-75.

595 Thomas, Robert. Serbia, Still Europe's Pariah? London: Alliance Publishers for the Institute for

European Defence and Strategic Studies, 1996

596 Ed Vulliamy, Seasons in Hell,USA: DIANE Publishing Company ,1994, p.182. 597

Bollettino UE ½ - 1995, punto 1.4.88. Decisione 95/11/PESC del Consiglio relativa alla posizione comune, definita in base all`articolo J.2 del trattato sull`Unione europea

598 Bollettino UE ½ - 1995, punto 1.4.88. Decisione adottata da parte del Consiglio “Affari generali” in

176 su quindici delle repubbliche della federazione russa erano a maggioranza musulmana, e il Cremlino avvertiva sempre più la necessità di tenere conto della loro opinione. Di conseguenza, a fine febbraio, la Russia riconobbe ufficialmente il governo di Sarajevo599.

Nel frattempo, le ripresa delle ostilità belliche nel territorio bosniaco diventava sempre più inevitabile e la tregua firmata sotto gli auspici di Carter stava cedendo su tutti i fronti. Nell‟enclave di Bihać e a Sarajevo iniziarono gli scontri armati fra le popolazioni di etnia diversa. A questo punto il Gruppo di contatto riprese la sua azione diplomatica, cercando di organizzare entro febbraio un incontro a Parigi fra Tudjman, Milošević e Izetbegović, affinché approvassero il Piano di pace e allo stesso tempo l‟autonomia per i serbi della Krajina, quasi a compensare il sacrificio territoriale richiesto ai loro connazionali in Bosnia-Erzegovina. Il ministro degli esteri russo Kozyrev si recò a Belgrado nella speranza di convincere Milošević ad accettare il Piano di pace, seguito dalle visite dei rappresentanti della Francia, della Gran Bretagna, della Germania e ad Akashi, giunti a Belgrado per lo stesso motivo. A tutti quanti Milošević pose come condizione l‟abolizione delle sanzioni, prima di affrontare qualsiasi discorso di pace600.

Maggiore successo nella diplomazia mondiale messa in moto per la soluzione del conflitto ebbe Richard Holbrooke che all‟inizio di marzo tornò a Zagabria con l‟incarico di convincere Tudjman a Rinunciare a chiedere il ritiro dell‟UNPROFOR dalle zone protette e a convincerlo di rinunciare ai piani di un‟azione bellica contro i serbi della Krajina. Il suo intervento, appoggiato pure da Bonn e dall‟Unione Europea601, non fu vanno poiché il presidente Tudjman riprese a dare moltissime dichiarazioni di pace nei media, accennando al fatto che egli puntava soltanto ad una soluzione diplomatica della crisi.

599 Per un panorama complete sulle vicende diplomatiche cfr. James Gow, Legitimacy and the Military.

The Yugoslav Crisis, London, Pinter Publishers, 1992, Ian Oliver, War & Peace in The Balkans. The Diplomacy of Conlict in the Former Yugoslavia. London: I.B. Tauris, 2005, Jonathan Eyal, Europe and Yugoslavia: Lessons from a Failure, London, RUSI, 1993, Ivo H.Daalder, Getting to Dayton, Washington

D.C:Booking Institution Press, 2000.

600 Joze Pirjeveć, Le guerre jugoslave 1991 -1999,Torini:Gulio Einaudi Editore, 2001, p.447. 601

Boll. UE 3 -1995, punto 1.4.62. Risoluzione del Parlamento europeo sulla Croazia in data 16 marzo. Il Parlamento plaude alla decisione del presidente croato di mantenere la presenza delle forze ONU sul territorio della Croazia e invita la Commissione ad aprire la strada ad una maggiore collaborazione con la Croazia.

177 L‟atmosfera di pace non durò a lungo, poiché, mentre il leader croato e quello bosniaco si trovavano a Washington per discutere sul futuro della loro federazione602, le truppe del governo di Sarajevo e quelle del Consiglio croato della difesa, lanciarono, fra il 20 e il 28 marzo, un‟offensiva contro i serbi nella zona montagnosa della Bosnia nordoccidentale. Per rappresaglia all‟offensiva musulmano-croata, i serbi ripresero a bombardare Sarajevo, chiudendo l‟8 aprile il suo aeroporto. Nel frattempo, il governo di Sarajevo si stava preparando ad un vero e duro scontro con i serbi bosniaci, costruendo ospedali da campo e l‟infrastruttura adatta per l‟approvvigionamento delle sue truppe militari. Negli ultimi tempi le truppe musulmane erano diventate una coalizione militare ben organizzata ed armata, mentre nel campo serbo-bosniaco si profilavano delle forti frazioni, soprattutto fra il generale Mladić e lo stesso Karadţić che da tempo non andavano d‟accordo sulla gestione politica e militare dei territori occupati603

. I due si trovarono accomunati soltanto nella lista dei criminali di guerra resa nota dal tribunale dell‟Aia il 24 aprile di quell‟anno.

L’offensiva croata ed il cambiamento della politica europea

Alla già tesa situazione si aggiunse la decisione del governo croato di intervenire nella Slavonia occidentale con le proprie truppe di “polizia” tramite l‟operazione Fulmine, al fine di ripristinare l‟ordine nella regione di Krajina. Durante questa operazione, l‟esercito croato che praticamente era stato quasi immobile per 4 anni, riuscì a cacciare via le truppe serbe che manteneva il controllo su un terzo del territorio da tre anni604. La causa sostanziale di questo intervento fu la condotta poco prudente del segretario generale delle Nazioni Unite Boutros-Ghali all‟occasione del

602 L‟appoggio aperto da parte degli americani nei loro confronti fu più volte criticato poiché poteva

essere visto come il motivo per il quale le fazioni più bellicose di Bosnia-Erzegovina e della Croazia prendevano lo slancio per attaccare le fazioni serbo-croate e serbo-bosniache.

603 Per un panorama completo delle vicende belliche cfr. N. Thomas, K. Mikulan, The Yugoslav Wars (1),

(2), Oxford: Ospray, 2006, Pirejevec, Le guerre jugoslave 1991-1999, Torino: Gulio Einaudi Editore,

2001, Sabrina P. Ramet, Balkan Babel. The Disintegration of Yugoslavia from the Death of Tito to the Fall

of Milošević, Oxford: Westview, 2002, Kate Hudson, Breaking the South Slav Dream. The Rise and Fall of Yugoslavia, London: Pluto, 2003.

604 Elizabeth Pond, Endgame in the Balkans: Regime Change, European Style, Washington D.C: Brookings

178 rinnovo del mandato UNPROFOR in questa zona. Alla fine di marzo, in una comunicazione del Consiglio di sicurezza, egli parlò della Croazia e della Repubblica serba della Krajina come di due entità statali sostanzialmente parificate, proponendo la ristrutturazione dell‟UNPROFOR in tre corpi distinti e con nomi diversi, data la diversità delle loro funzioni in Macedonia, Bosnia-Erzegovina e in Croazia orientale. Per il primo proponeva la sigla UNPREDEP (UN Protection Forces), per quello nella Krajina e nelle due Slavonie la sigla UNCRO (UN Confidence Restoration Operation), conservando la vecchia denominazione, UNPROFOR, solo per quello presente in Bosnia-Erzegovina.

Il Consiglio di Sicurezza, costretto dal fatto che il mandato dell‟UNPROFOR scadeva il 31 marzo, approvo la Risoluzione 981 che si basava sul documento di Boutros Ghali, nonostante le varie proteste del governo croato le quali si basavano sull‟accentuazione del fatto che l‟intero documento doveva contenere il nome della Croazia come testimonianza del fatto che la comunità internazionale ci teneva alla sua integrità territoriale. In quest‟atmosfera, il 1° maggio 1995, Zagabria rispose con un massiccio attacco militare nella Slavonia occidentale il quale avrebbe cambiato tutte le sorti del conflitto fra la Croazia e la Krajina. Nell‟attività bellica fu coinvolta anche la popolazione civile serba, contro la quale, furono compiuti atti di atrocità per ordine del generale croato Gotovina605. Tantissimi furono costretti alla fuga606 mentre le autorità di Knin, invece di soccorrere la propria gente nella Slavonia occidentale, contro rispose con il lancio di missili su Karlovac, Sisak, Novska e sulla stessa Zagabria. Anche la vendetta dei serbi bosniaci non tardò ad arrivare: con a capo Mladić, indignato per il sospettoso appoggio americano alla Croazia e per l‟abbandono del governo serbo, egli denunciarono tutti gli accordi di pace in cui si erano precedentemente impegnati, presero come ostaggi 100 membri dell‟UNPROFOR e scatenarono una vera e propria tempesta di bombardamenti su Sarajevo.

L‟unico attore che era stato in grado di prevedere la degradazione della situazione, era stato il Parlamento dell‟Unione Europea, il quale, tramite una risoluzione adottata ad aprile 1995 metteva in guardia la comunità internazionale circa sviluppi pericolosi in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. La risoluzione chiedeva l‟

605

ibidem

606 La Slavonia occidentale era composta più che altro da nuovi venuti, insediatisi nella Slavonia

occidentale dopo la pulizia etnica del‟91, poiché, prima della guerra in quella regione i serbi non superavano il 20 per cento degli abitanti.

179 abolizione dell‟embargo alla Repubblica federale di Jugoslavia subordinata al riconoscimento da parte di quest‟ultima, delle repubbliche della Bosnia-Erzegovina e dell‟ex repubblica jugoslava della Macedonia607

.

L‟Unione Europea come attore unico in politica interna reagì tramite due dichiarazioni; nella prima all‟inizio del conflitto essa deplorava l`iniziativa assunta dalle autorità croate, in violazione dell`accordo di cessate il fuoco del 29 marzo 1994, di sferrare nella Slavonia occidentale un`operazione vigorosa, che comprometteva gli sforzi attualmente compiuti sotto l`egida della comunità internazionale per promuovere una soluzione di pace nella Kraina e nel momento stesso in cui entra in campo la nuova forza delle Nazioni Unite per ristabilire la fiducia in Croazia. Essa ricordava che, in conformità della decisione del Consiglio “Affari generali” del 10 aprile 1995, era autorizzata l`apertura di negoziati per la conclusione di un accordo di commercio e di collaborazione con la Croazia, fermo restando che il Consiglio si riservava la possibilità di tener conto in qualsiasi momento, anche alla conclusione dell`accordo, dell`atteggiamento della Croazia nell`attuazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite e del processo di pace608. Purtroppo, come si evince dall‟andamento delle vicende, la Croazia sembrava ben poco interessata ai negoziati per la conclusione di un accordo di commercio e di collaborazione con l‟Unione Europea nel momento in cui si metteva in discussione la sua integrità territoriale riconosciuta dalla stessa Unione Europea.

Nella seconda dichiarazione che coincideva con la fase finale del conflitto fra i croati e i serbo-croati, l‟Unione Europea si esprimeva indignata dinanzi ai bombardamenti che colpivano volontariamente le popolazioni civili e all`odiosa detenzione in ostaggio di soldati e osservatori delle Nazioni Unite. Esigeva la cessazione dei bombardamenti da parte dei serbo-bosniaci e la liberazione immediata incondizionata dei soldati e degli osservatori delle Nazioni Unite. Nella dichiarazione, l‟Unione europea condannava con fermezza l`atteggiamento dei serbi di Bosnia e li avvertiva delle conseguenze alle quali si espongono, esprimeva pieno sostegno all`UNPROFOR e considerava i dirigenti serbo-bosniaci responsabili della sorte di quelli ostaggi609.

607 Boll. UE 4-1995, punto 1.4.73.

608 Boll. UE 5-1995. La dichiarazione seguente della presidenza in nome dell`Unione europea sulla

Croazia è stata resa pubblica a Bruxelles e a Parigi in data 4 maggio, punto 1.4.7.

609 Boll. UE 5-1995. La dichiarazione seguente dell`Unione europea sulla situazione in Bosnia

Erzegovina, adottata nel Consiglio “Affari generali” del 29 maggio, è stata resa pubblica a Bruxelles e a Parigi, punto 1.4.6.

180 Per quanto riguarda gli altri attori della comunità internazionale, si poteva dire che il successo ottenuto dai croati nella Slavonia occidentale per molti si attribuiva ad un accordo segreto fra Zagabria, Belgrado e Washington, mentre la Russia era occupata dei propri problemi con la Cecenia. L‟operazione Fulmine, presentata dal governo di