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IL RUOLO DELLA COMUNITÀ EUROPEA NEGLI ANNI NOVANTA

LA VERA CRISI NEI BALCANI OCCIDENTALI.

3.3 Le vicende del 1994 La disputa tra la NATO e le Nazioni Unite

Le discordanze fra la NATO e le NU e fra gli americani e gli europei.

Il 1993 si era chiuso con circa un centinaia di colloqui di pace per la soluzione della situazione a Bosnia Erzegovina, ma ciò che veniva designato sulle carte a Bruxelles e a Ginevra era sempre più lontano a quello che accadeva sul campo di battaglia fra le tre etnie in Bosnia. In tale situazione Washington, consapevole che l‟arma più efficace impiegata fin‟ora nei confronti di Belgrado, quella delle sanzioni, rischiava di risultare ben presto spuntata, cominciò ad elaborare un nuovo approccio al problema. Il presidente Clinton ipotizzò una soluzione della crisi che escludesse il rinnovo del blocco economico alla Repubblica Federale jugoslava: le restrizioni imposte ai traffici sul Danubio avrebbero causato infatti ingenti perdite anche alle economie nazionali dei Paesi limitrofi o vicini della Serbia – Romania, Bulgaria, Moldavia, Ungheria e Grecia - e della stessa Russia, coinvolta sul fronte interno in un dibattito politico aspro e pericoloso per le sorti del nuovo corso democratico.

L‟opposizione in Russia stava sempre di più attaccando El‟cin e Kozyrev per aver venduto gli interessi del paese all‟occidente e per non aver appoggiato apertamente i fratelli serbi. Karadzić, dal canto suo, guardando con favore il fatto che, in seguito alla

478

Boll. CE 12-1993, punto 1.4.5. Decisione 93/ 603/ PESC del Consiglio. Titolo GU L 339 del 31. 12. 1993.

479 Presidency Conclusions-Brussels, 10 and 11 December 1993, Annex II – Declaration on the Former

146 rotazione semestrale, la presidenza dell‟Unione Europea fosse stata assunta dalla Grecia, invocava la fratellanza slava e ortodossa per la formazione di una coalizione anti-occidentale e anti-musulmana. Fu l‟inizio di un‟esasperata campagna propagandistica, contraddistinta dall‟esaltazione della Nuova Bisanzio e della fratellanza russo-serba, un simbolo conservatore degli slavofili ottocenteschi480. Gli avvenimenti moscoviti481 e la constatazione che in Russia il problema bosniaco era diventato un fattore primario di politica interna, indussero l‟amministrazione Clinton a riesaminare la propria politica nei Balcani. Per contrastare la radicalizzazione della politica estera russa, bisognava evitare tensioni nei Balcani fra Washington e Mosca, dividendo le rispettive sfere d‟influenza. Attraverso contatti diplomatici con il Vaticano e Bonn, fu messo pertanto in moto un complesso piano d‟intervento, volto a pacificare croati e musulmani, a isolare i serbi e a rafforzare l‟indipendenza dei macedoni. Inoltre, vi fu la ferma intenzione di escludere il coinvolgimento bellico della Macedonia, che comporterebbe l'estensione del conflitto sul fronte slavo-albanese 482.

All‟inizio di gennaio 1994, i progetti americani483

furono attuati tramite una serie di negoziati e di attività diplomatiche da parte del neo-costituito ambasciatore americano in Croazia, Peter W. Galbraith, il quale promosse un riavvicinamento tra i

leader croati e musulmani. Nel incontro del 9 Gennaio organizzato a Bonn, fra Tudjman

e Izetbegović, il presidente croato presentò un piano d‟intesa il quale proponeva la cessazione delle ostilità e la costituzione di un patto confederale tra la Croazia, la Herzeg-Bosna e lo Stato musulmano. Izetbegović, contrario com‟era all‟idea di una separazione netta dei territori croati e musulmani dai quelli serbi, rimase comunque perplesso anche perché preferiva l'opzione militare, conscio delle sempre maggiori capacità operative delle proprie truppe.

Il 10 e 11 gennaio 1994 il disagio per la paralisi in cui si era venuta a trovare la comunità internazionale emerse chiaramente a Bruxelles al summit della NATO484, cui

480 Leonard J Cohen, “Russia in the Balkans,:Pan-Slavism, Partnership and Power," International

Journal, n.49 ,Agusto 1994, cit p. 835.

481 Si trattava della crescità del fenomeno rosso-bruno; Nelle elezioni per la nuova Duma, tenutesi il 12

dicembre 1993, le forze “rosso-brune”, cappeggiate dal demagogo leader del partito liberaldemocratico ţirinovski, ottennero la maggioranza dei seggi.

482 Ivo H. Daalder, Getting to Dayton: The Making of America's Bosnia Policy, Washington DC:

Brookings Institute Press,2000, p.24.

483 In tutti i questi progetti, il messaggio americano per Belgrado e per Zagabria era sempre stato molto

chiaro: gli Stati Uniti non avrebbero tollerato nei Balcani cambiamenti di frontiera.

484 Dal 1993, nei Bollettini dell‟UE appare una nuova sezione chiamata Politica Estera e di Sicurezza

Comune. All‟inizio di Gennaio abbiamo una risoluzione del PE sul vertice della NATO, adottata da parte del PE in data 20 gennaio nella quale, ricordando l‟avvio del Patto di stabilità in Europa, in base agli

147 partecipò anche Bill Clinton, per la prima volta in Europa da presidente degli Stati Uniti. In questa occasione, oltre a lanciare l‟idea di una Partnership for Peace, mirante ad affiancare alla NATO i paesi dell‟ex Patto di Varsavia, si parlò anche della Bosnia- Erzegovina. Alla fine del summit fu emesso un comunicato, nel quale i serbi erano minacciati di attacchi aerei, se avessero continuato a bombardare Sarajevo e le altre città. L‟unica novità del summit era la posizione dei francesi, dopo di che un forte movimento di protesta popolare, guidato da alcuni intellettuali di spicco, critici della passività del governo, costrinse ad assumere un atteggiamento più deciso per quanto riguardava i raid aerei a sostegno dell‟UNPROFOR485. Tutto ciò succedeva in un clima di sfiducia generale nei confronti dell‟UNPROFOR che segnò anche le dimissioni del Generale Briquemont dopo la forte insistenza delle autorità belghe in seno alle Nazioni Unite486.

Durante un‟altra tornata di colloqui di pace che iniziò a Ginevra il 18-19 Gennaio, il presidente Tudjman iniziò a negoziare anche con Milošević Milošević, probabilmente per rafforzare le proprie posizioni negoziali nei confronti dei musulmani. I due leader si impegnavano ad aprire nelle rispettive capitali uffici diplomatici di rappresentanza e altrettanto nella “Repubblica serba” e nella “Repubblica della Herceg- Bosna”. Il governo di Sarajevo protestò fortemente, accusando apertamente la Croazia in seno delle Nazioni Unite, di aver mandato circa 12000 uomini in Erzegovina e in Bosnia centrale, a sostegno dei propri nazionali in difficoltà. Anche l‟opposizione in Zagabria condannò fermamente la politica di Tudjman, affermando che la Croazia era il primo paese al mondo a riconoscere il proprio aggressore487. In ogni caso, la presa di posizione dei francesi non fu in grado di dissipare i dubbi di Clinton sulla reale volontà degli europei di cambiare politica. A conclusione del summit egli ammonì infatti gli alleati a non minacciare attacchi aerei se non pensavano veramente di attuarli poiché

orientamenti del Consiglio europeo di Bruxelles, il PE si compiace per la decisione del Consiglio della NATO di avviare un “Partenariato per la pace” in vista di una maggiore integrazione dell‟Europa Centrale e Orientale e della ex Unione Sovietica nelle strutture politiche e democratiche dell‟Europa. Boll. CE1/2 – 1994, punto 1.3.1, GU C 44 del 14. 2. 1994.

485 Fransine Boidevaix, “Une diplomatie informelle pour l‟Europe”, Politique étrangère , vol 62,

1997,p.59.

486 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. Presidential

Statement on Bosnia. New York, 10 January 1994. Fondo AV-24. Archivio dell‟Unione Europea di

Firenze.

487 Mark Thompson, Forging War: The Media in Serbia, Croatia and Bosnia-Erzegovina, Avon:The Both

148 questo metterebbe in ballo la credibilità dell‟Alleanza stessa488

. Per quanto riguarda la posizione della Comunità in via ufficiosa, essa rese pubblica un comunicato stampa della presidenza sulla Bosnia-Erzegovina, in data 21 gennaio, ad Atene e a Bruxelles a nome dell‟unione Europea la quale citava: “L‟Unione Europea appoggia gli sforzi dei co-presidenti del Comitato direttivo della conferenza internazionale sull‟ex Jugoslavia in vista del raggiungimento di una soluzione pacifica negoziata nel conflitto di Bosnia- Erzegovina, soluzione che sia accettata da tutte le parti. Essa ritiene che una soluzione accettata da tutti coloro che ne sono interessati debba essere quanto prima trovata per risparmiare ulteriori sofferenze alla popolazione civile. L‟Unione esprime la sua speranza che lord Owen e il sig. Stoltenberg continuino ad offrire le loro notevoli competenze nel quadro degli sforzi intesi ad assolvere il mandato loro affidato, come risulta dalla dichiarazione del Consiglio Europeo del 10 e 11 dicembre 1993”489. come si evince da questa dichiarazione, la Comunità come tale, continuava a rimanere nella superficialità delle proprie decisioni.

Nella seconda metà di gennaio, mentre Sarajevo continuava ad essere bombardata, si registrò l‟ennesima situazione di impasse politica fra gli europei e gli americani, in particolare fra la Francia e gli Stati Uniti: la prima accusata di immobilismo filo-serbo e la seconda di armare segretamente il governo di Sarajevo. Questa situazione si verificò durante la crisi verificatosi al vertice dell‟UNPROFOR e le Nazioni Unite, provocata dall‟ossessiva preoccupazione di Boutros-Ghali di mantenere fra le parti in lotta un‟equidistanza. A dare il via alle polemiche fu Thorvald Stoltenberg che nel dicembre 1993 aveva dato le dimissioni dalla carica di rappresentante speciale dell‟ONU perché in contrasto con il generale Jean Cot che rivendicava la delega dei poteri per essere in grado di ordinare una reazione immediata agli attacchi dei serbi490. Egli scriveva “Il Comandante delle Forze armate dispone, in principio, delle unità sulle quali può esercitare il suo commando operazionale senza restrizioni. In effetti, le condizioni dell‟implemento del suo commando, sono così tanto limitate da alcuni governi, che la capacità operazionale di alcune Forze si riduce in maniera rischiosa. L‟esempio più recente di questa situazione è la Srebrenica. La mancanza di truppe

488 Dick Leurdijk, The United Nations, The United Nations and NATO in former Yugoslavia, 1991-1996:

limits to diplomacy and force, The Hague, Netherlands: Netherlands Atlantic Commission, 1996,pg . 40.

489

Boll ½ 1993, punto 1.3.5.

490 In effetti si parlava da tempo di un gap abissale tra le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza, la volontà

di attuarle e i mezzi messi a disposizione dei comandanti in campo. Tale problema persisterà per molto tempo durante questo conflitto.

149 disponibili legata alle restrizioni nazionali ha portato all‟abbandono dell‟UNPROFOR delle prime zone di sicurezza, soltanto otto mesi dopo la loro creazione. Questo non può essere accettabile dal Consiglio di Sicurezza. Perché UNPROFOR possa conservare la propria credibilità e la propria capacità, bisogna prendere una decisione chiara sulla delegazione del commando. Se un paese non è pronto ad accettare questa delegazione di potere, allora deve rifiutare il proprio contributo”491. In un incontro in quei giorni con i membri del gruppo del Partito Socialista del Parlamento Europeo, il Segretario Generale aveva dichiarato che le percezioni dei media sulla sua non-volontà di dare l‟avvio alle

air strikes era sbagliatissima, poiché riguardava alla NATO dare tale autorizzazione492. In una sua lettera inviata da lui al presidente del Consiglio di Sicurezza, egli faceva una distinzione netta fra close air support ed air strikes, le prime usate per motivi di autodifesa e le seconde per motivi di punizione o di prevenzione. In quanto il Consiglio della NATO aveva autorizzato soltanto le prime, allora per le seconde serviva un‟ulteriore autorizzazione da parte del Consiglio, desumendo con ciò che egli era stato autorizzato soltanto per le prime493. Con ciò, il segretario voleva giustificare la propria non-azione, aggiungendo il fatto che “ho delegato al mio Rappresentante Speciale, Yasushi Akashi, l‟autorità di approvare la richiesta di close air support alle Forze del Comando (Force Commander)494 ed allo stesso tempo voleva rispondere alla pretesa del Generale Jean-Pierre Cot. Secondo il rappresentante UE presso le Nazioni Unite, Angel Vigna, l‟impressione di quasi tutti i diplomati fosse quella che il Segretario Generale volesse dire in maniera implicita che si trattava di una prerogativa della NATO495.

La tensione creatasi sulla questione bosniaca fra americani ed europei divenne evidente un‟altra volta il 24 gennaio quando Warren Christopher giunse a Parigi nella speranza di convincere i francesi – visto il loro recente atteggiamento a Bruxelles – ad associarsi all‟amministrazione Clinton nella richiesta di abolizione dell‟embargo. Juppé gli rispose picche e gli chiese a sua volta di aiutare gli europei a sbloccare la situazione,

491 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. General COT's

Report to the Secretary- General. New York, 1 February 1994. Fondo AV-24. Archivio dell‟Unione

Europea di Firenze.

492 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. SG'S Reaction to

Mr. Akashi's Report. New York, 28 January 1994. New York, 28 January 1994. Fondo AV-24. Archivio

dell‟Unione Europea di Firenze.

493 The letter which Secretary - General of United Nation, Dr. Boutros Boutros-Ghali sent to the President

of the Security Council of United Nation Mr. Karel Kovanda. New York, 28 January 1994. Fondo AV- 24. Archivio dell‟Unione Europea di Firenze.

494 ibidem

495 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. Bosnia- Briefing

150 facendo pressioni sui mussulmani affinché accettassero il piano proposto alla fine del ‟93 da lui e da Kinkel496

. Il segretario di stato americano rifiutò di prendere in considerazione tale possibilità, dando l‟avvio ad una vivace polemica, alimentata anche dai sospetti dei francesi che gli americani stavano armando segretamente il governo di Sarajevo. Juppé arrivò al punto di accusare Washington di essere il principale ostacolo a un rapido superamento della crisi, affermando che gli americani avrebbero dovuto convincere i musulmani a cessare i bombardamenti e se non l‟avessero fatto li avrebbero spinti nella lotta, prolungando inutilmente la tragedia bosniaca. Da Washington non tardò a giungere una risentita risposta dal Dipartimento di Stato americano, secondo la quale, costringere i più deboli ad accettare una soluzione sfavorevole era une ben strano calcolo morale497.

Il senato degli Stati Uniti, a sua volta, votò il 28 gennaio a grande maggioranza una risoluzione, con cui invitava il proprio governo ad armare i musulmani bosniaci per dare loro la possibilità “di difendere le proprie case e le proprie famiglie”498. Fu l‟occasione

in cui l‟Europa si sentisse un “po‟ sciocca” nei confronti degli Stati Uniti.

La decisione americana era spinta anche dal fatto che in Bosnia-erzegovina, oltre alle truppe paramilitari serbe, si stava aumentando il numero delle truppe paramilitari croate, in grado di indebolire ulteriormente l‟esercito del governo bosniaco, che ormai si trovava in mezzo a due fuochi. In una lettera inviata il 28 gennaio 1994 al Presidente del Consiglio di Sicurezza in carica, il primo ministro bosniaco, metteva al corrente la presenza di circa 25.000-30.000 soldati dell‟esercito croato che stessero partecipando attivamente in operazioni militari contro la Repubblica di Bosnia- Erzegovina499. Secondo l‟UNPROFOR, si trattava di circa 3.000-5.000 unità militari croate, invece secondo il governo croato si trattava di molto meno truppe volontari, non regolari500. Nonostante il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros-Ghali, aveva

496 Per un panorama complete sulle vicende diplomatiche cfr. James Gow, Legitimacy and the Military.

The Yugoslav Crisis, London, Pinter Publishers, 1992, Ian Oliver, War & Peace in The Balkans. The Diplomacy of Conlict in the Former Yugoslavia. London: I.B. Tauris, 2005, Jonathan Eyal, Europe and Yugoslavia: Lessons from a Failure, London, RUSI, 1993, Ivo H.Daalder, Getting to Dayton, Washington

D.C:Booking Institution Press, 2000.

497 Daniel L. Betlehem, Marc Weller, The Yugoslav Crisis in International Law,Cambrige: Cambrige

University Press,1997, p. LIII.

498David Owen, Balkan Odissey,London: Indigo,1996, p. 253.

499 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. Bosnia- Briefing

To The SC by SG. New York, 28 January 1994. The letter which Haris Silajdzić, Prime Minister of the Republic of Bosnia-Herzegovina sent to Mr. Karel Kovanda, President of the Security Council of United Nation .New York, 28 January 1994. Fondo AV-24. Archivio dell‟Unione Europea di Firenze.

500 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations.Stoltenberg

151 confermato il fatto che l‟esercito croato avesse aiutato l‟esercito croato-bosniaca in termini di uomini, equipaggio e armi, dalle Nazioni Unite, a quel punto, si aspettava al massimo un presidential statement oppure una risoluzione501. Fu il caso della prima, la quale avvertiva di ulteriori misure di carattere economico502. A questo punto, era ovvio che l‟amministrazione americana aveva avuto tutte le dovute paure per poter agire unilateralmente. Alla fine di Gennaio, Kofi Annan si era espresso chiaramente sulla negatività del fatto che i comandanti e gli ufficiali dell‟UNPROFOR avessero dei mandati limitati e su quanto questo fatto influenzava nella sensazione di frustrazione e di immobilità da parte loro. Per di più, in un momento nel quale, il trattato di pace stesse diventando elusivo503.

Il mese di febbraio iniziò con una tragedia. Il 5 febbraio 1994, ebbe luogo una delle stragi più efferate e tristemente famose della guerra in Bosnia: verso le 12.30 una granata di mortaio serba esplose al mercato di Markale, nel centro di Sarajevo, uccidendo 68 persone e ferendone circa 200. Anche in questa situazione, i serbo- bosniaci declinarono ogni responsabilità e parlarono di un'inscenata musulmana finalizzata ad ottenere la pietà occidentale, in linea con quanto affermato anche dal Delegato Speciale delle Nazioni Unite, Jasushi Akashi (il quale sarà presto rimosso dall'incarico). L'effetto mediatico fu però dirompente e costituì un ulteriore stimolo per la pianificazione di un intervento armato contro le postazioni di artiglieria serbe. In un articolo su New York Times di quei giorni, il presidente Clinton venne accusato pubblicamente di avere trascurato la questione bosniaca a una settimana dopo il suo avvento al potere, con la speranza che il popolo americano l‟avrebbe presto dimenticato504. Tutto quello di cui si aveva bisogno era una leadership efficiente che poteva arrivare soltanto da una persona: il presidente Clinton. Se egli conduce, l‟Europa

501 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. Croatian

Activity in Bosnia - Herzegovina. New York, 2 February 1994. The letter which Secretary - General of

United Nation, Dr. Boutros Boutros-Ghali sent to the President of the Security Council of United Nation Mr. Roble Olhaye. 1 February 1994. Fondo AV-24. Archivio dell‟Unione Europea di Firenze.

502 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations.Presidential

Statement on Croatian Activity. New York, 3 February 1994. Fondo AV-24. Archivio

dell‟UnioneEuropea di Firenze.

503 Delegation of the Commission of the European Communities to the United Nations. Remark by USG

for Peace- Keeping Operations. New York, 2 February 1994. Appunti sull‟incontro di Kofi Anan

con i

rappresentanti del Parlamento Europeo, il 27 Gennaio 1994. Fondo AV-24. Archivio dell‟Unione Europea di Firenze.

504 Anthony Lewis, “The End of Pretending”, New York Times, 7 Febbraio 1994. Fondo AV-24. Archivio

152 l‟avrebbe seguito, e così avrebbe fatto anche il popolo americano505

. Una situazione di frustrazione si era evinta anche negli ambienti delle Nazioni Unite, dove si viveva una situazione di frustrazione prodotta dal colpevolizzarsi di quest‟ultima per non aver preso le dovute misure a fare cessare il conflitto. “Noi abbiamo la volontà politica di usare la forza contro gli attacchi su Sarajevo adesso, ma bisogna esserne certi che la NATO non ci rifiuti”, si sarebbe giustificato il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Boutros Boutros-Ghali506. Il rappresentante della Delegazione della Comunità Europea presso le Nazioni Unite, Angel Viñas, si esprime: “Anche se in tanti potrebbero criticare Dr. Boutros-Ghali, non c‟è dubbio che lui è stato molto consistente durante le ultime settimane507. In effetti, il Segretario Generale aveva chiesto la decisione della NATO riguardo i raid aerei, già nella lettera, sopracitata, inviata da lui il 28 gennaio 1994.

L‟attenzione di tutto il mondo si richiamo anche dalla visita ufficiale a Sarajevo di due ospiti illustri, Benazir Bhutto e Tansu Ciller, i primi ministri rispettivamente del Pakistan e della Turchia. Tale visita sottolineava i legami del mondo islamico con i correligionari della Bosnia-Erzegovina poiché le due signore chiesero con molta determinazione interventi aerei e l‟abolizione dell‟embargo sulle armi, affinché i