2. Fonti del diritto
2.4 La contrattazione collettiva e individuale
Nella regolamentazione dei rapporti di lavoro concorrono una molteplicità di fonti con diversi gradi di efficacia. Oltre alla legge, rilevante nel diritto del lavoro risulta essere la contrattazione collettiva e individuale.
La contrattazione collettiva è la tipica attività dei sindacati di categoria. I contratti collettivi sono accordi che vengono stipulati tra i massimi organi sindacali dei diversi settori produttivi e le associazioni nazionali dei datori di lavoro.
Il contratto collettivo ha natura negoziale e privatistica ed è vincolante solo per coloro che aderiscono alle associazioni sindacali che lo hanno stipulato e non ha quindi efficacia erga omnes.
Questo tipo di contrattazione è vincolante anche per coloro che, pur non essendo iscritti al quel particolare sindacato, vi abbiano aderito82. La contrattazione collettiva si articola in diversi livelli: interconfederale83, nazionale ed aziendale.
Il contratto collettivo nazionale e quello individuale si collocano sullo stesso piano nella gerarchia delle fonti ma il contratto individuale non può derogare a quello collettivo, salvo che quanto disposto dal primo sia più favorevole al lavoratore. In sostanza il contratto individuale
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Art. 55, co. 6bis, d.lgs. n. 81/2008: “In caso di violazione delle disposizioni previste
dall’art. 18, co. 1, let. g), e dall’art. 37, co. 1, 7, 9 e 10, se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori gli importi della sanzione sono raddoppiati, se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori gli importi della sanzione sono triplicati”.
82 Ipotesi in cui nel contratto individuale si faccia espressamente rinvio alla disciplina contenuta in un determinato CCNL (contratto collettivo nazionale di lavoro).
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L’accordo interconfederale è l’accordo volto a definire regole generali che riguardano i lavoratori a prescindere dal settore di appartenenza.
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può derogare quello collettivo in melius, mai in peius; in questo caso sarà disposta la nullità della clausola del contratto individuale difforme dal contratto collettivo.
Nel d.lgs. n. 81 del 2008 si fa spesso riferimento alla contrattazione collettiva ai fini del rafforzamento dei livelli di protezione dei lavoratori attraverso un loro miglioramento continuo mediante una gestione preventiva e sistematica dei fattori di rischio.
Il ruolo della autonomia collettiva in materia di sicurezza sul lavoro è quello di assolvere una funzione accessoria rispetto agli standard “obbligatori” di tutela, anche in chiave promozionale e migliorativa di questi ultimi84.
L’autonomia collettiva, a livello nazionale, territoriale ed aziendale, può inoltre colmare eventuali vuoti normativi in alcuni specifici settori tecnici, in questo affiancandosi alle buone prassi e ai codici di condotta.
In particolare, la contrattazione collettiva può incidere su importanti aspetti, quali:
- la pianificazione concordata, principalmente a livello aziendale, di investimenti in prevenzione e sicurezza;
- la definizione di modalità e strumenti necessari per prevenire al meglio eventuali rischi e patologie;
- la determinazione dei livelli di prevenzione da raggiungere
secondo il “principio della massima sicurezza
tecnologicamente possibile”, ovvero della massima sicurezza tecnica, procedurale e organizzativa possibile.
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CAMPANELLA, Profili collettivi di tutela della salute e rappresentanza dei
lavoratori per la sicurezza: disciplina legislativa, bilancio applicativo, in Rivista giuridica del lavoro e della previdenza sociale, 2007, n. 2, suppl., p. 175 ss.;
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Su cosa sia da ritenere per “massima sicurezza tecnologicamente
attuabile” era intervenuta la Corte Costituzionale85 nel 1996.
La Corte Costituzionale intervenne a seguito di un’ordinanza del 15 maggio 1995 da parte del Pretore di Reggio Emilia, il quale sollevò una questione di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 41, co. 1, d.lgs. n. 277 del 199186.
La norma imponeva al datore di lavoro, in materia di rischi derivanti dall’esposizione al rumore, di ridurre “al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progetto tecnico, i rischi … mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte”.
Il giudice a quo ritenne, il precetto contenuto nell’art. 41 del decreto citato fosse contrastante con il principio di tassatività e determinatezza di cui all’art. 25 Cost.87 in quanto poneva a carico del datore un obbligo generico e indeterminato.
I giudici della Corte Costituzionale nel rispettare i dubi di legittimità sollevati dal giudice merito, evidenziando come la norma impugnata fosse una “norma penale di scopo”, “caratterizzata più dalla predeterminazione dei fini che il datore deve raggiungere che dalla individuazione dei comportamenti che egli è tenuto ad osservare, e suscettibile pertanto di ampliare la discrezionalità dell’interprete”. L’art. 41, co. 1 del d.lgs. n. 277 del 1991 non poteva essere quindi eliminato dall’ordinamento, poiché ciò “comporterebbe anche
85 Corte Cost. 25 luglio 1996, n. 312, in Dir. Pen. Proc., 1996, p. 1194. 86
Art. 41, d.lgs. n. 277 del 1991: “Misure tecniche, organizzative, procedurali.
Il datore di lavoro riduce al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progetto tecnico, i rischi derivanti dall’esposizione al rumore mediante misure tecniche, organizzative e procedurali, concretamente attuabili, privilegiando gli interventi alla fonte”. Il d.lgs. n. 277 del 1991 è stato abrogato dall’art. 304 del d.lgs.
n. 81 del 2008.
87 Art. 25 Cost.: “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per
legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
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l’eliminazione del generale dovere di protezione che esso pone a carico del datore di lavoro e segnerebbe così un arretramento sul piano della concretizzazione dei principi costituzionali”.
A differenza dell’art. 24 del d.P.R. n. 303 del 195688, che si riferiva esclusivamente ai provvedimenti suggeriti dalla tecnica, l’art. 41 co. 1 del d.lgs. n. 244 del 1991 allargava pertanto l’ambito dei comportamenti rilevanti, riferendosi anche alle misure organizzative e procedurali concretamente attuabili.
Tuttavia, proprio in ragione dell’interpretazione teleologica dell’art. 41, co. 1 del decreto sopra citato, occorreva definire quale fosse l’ambito di discrezionalità consentito al giudice al fine di evitare che tale norma risultasse in contrasto con l’art. 25 Cost.
Ciò avvenne da parte della Corte Costituzionale attraverso la definizione del concetto di “misure concretamente attuabili” contenuto nell’art. 41, co. 1, d.lgs. n. 244/1991.
La Corte Costituzionale infatti ebbe a precisare che “là dove parla di misure concretamente attuabili il legislatore si riferisca alle misure che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti organizzativi e procedurali altrettanto generalmente acquisiti, sicché penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell’imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto al
momento, delle diverse attività produttive”89.
Pertanto, il giudice chiamato ad applicare la norma sopracitata non dovrà, dunque, accertare se una data misura di sicurezza rientri nei
88 Art. 24, d.P.R. n. 303 del 1956: “Rumori e scuotimenti.
Nelle lavorazioni che producono scuotimenti, vibrazioni o rumori dannosi ai lavoratori, devono adottarsi i provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuirne l’intensità”.
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diversi settori, ma se appartenga agli standard di produzione industriale specifica.
Inoltre, la Corte Costituzionale, ha altresì precisato che il concetto di “fattibilità tecnologica” esclude l’obbligo dell’imprenditore di ricercare costantemente tecnologie ancora più avanzate di quelle già presenti sul mercato, riferendosi invece alle misure obbligatorie risultanti dalla migliore tecnologia esistente90.
Nell’assetto organizzativo aziendale per quanto attiene alla salute e sicurezza dei lavoratori rilevano inoltre gli organismi paritetici definiti all’art. 2, co. 1, lett. ee) e regolamentati all’art. 5191 del d.lgs. n. 81 del 2008.
90 GROTTO, Principio di colpevolezza, rimproverabilità soggettiva e colposa specifica, Torino, 2012, pp. 149 ss.
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Art. 51, d.lgs. n. 81 del 2008: “Organismi paritetici.
1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all’art. 2, co. 1, lett. ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi di cui al co. 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull’applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell’individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
3-bis. Gli organismi paritetici svolgono o promuovono attività di formazione, anche attraverso l’impiego dei fondi interprofessionali di cui all’art. 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni, e dei fondi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché, su richiesta delle imprese, rilasciano una attestazione dello svolgimento delle attività e dei servizi di supporto al sistema delle imprese, tra cui l’asseverazione della adozione e della efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza di cui all’art. 30, della quale gli organi di vigilanza possono tener conto ai fini della programmazione delle proprie attività;
3-ter. Ai fini di cui al co. 3-bis, gli organismi paritetici istituiscono specifiche commissioni paritetiche, tecnicamente competenti.
4. Sono fatti salvi, ai fini del co. 1, gli organismi bilaterali o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria, nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell’art. 9 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, gli organismi di cui al co. 1 sono parificati ai soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al co. 1, purché dispongano di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute e sicurezza sul lavoro, possono
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Gli organismi paritetici sono composti da professionisti competenti in materia di sicurezza sul lavoro e la loro funzione è di supportare le aziende nell’organizzazione del sistema sicurezza nel luogo di lavoro attraverso accordi migliorativi dei livelli di sicurezza stabiliti dalla legge, protocolli d’intesa che agiscano su forme di partecipazione anche all’interno delle aziende stesse, nonché mediante la valorizzazione di codici di condotta ed etici finalizzati a migliorare i livelli di tutela.
Per la formazione degli organismi paritetici è necessario il rispetto dei requisiti previsti dal Ministero del lavoro con la circolare n. 20 del 29 luglio 2011. La loro costituzione deve avvenire “a iniziativa di una o più associazioni dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative nell’ambito del sistema
contrattuale di riferimento”92. Risulta inoltre necessario che
l’organismo operi nel settore di riferimento e che sia effettivamente presente nel territorio, non potendo quindi operare in diversi settori e/o in diverse aree geografiche.
Gli organismi paritetici svolgono attività di informazione, assistenza, consulenza e di promozione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed operano attivamente per individuare soluzioni tecniche e organizzative per migliorare le situazioni esistenti.
effettuare, nei luoghi di lavoro rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi per le finalità di cui al co. 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al Comitato di cui all’art. 7 una relazione annuale sull’attività svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui all’art. 48, co. 2, i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente competenti.
8-bis. Gli organismi paritetici comunicano all’INAIL i nominativi delle imprese che hanno aderito al sistema degli organismi paritetici e il nominativo o i nominativi dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali”.
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Il loro ruolo risulta essere di fondamentale importanza e si pone l’obiettivo di fare della garanzia della sicurezza nell’azienda non solo un obbligo a cui adempiere, ma un obiettivo della buona gestione di un’impresa.
54 CAPITOLO II
LA PREVENZIONE NEI LUGHI DI LAVORO E IL RIPARTO DELLE COMPETENZE
SOMMARIO: 1. Misure generali in materia di prevenzione e sicurezza
nei luoghi di lavoro – 2. Le figure del datore, del dirigente e del preposto – 2.1 Il datore di lavoro nel settore privato – 2.2 Il datore di