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Il “nuovo” danno non patrimoniale alla luce degli intervent

Dopo il suo riconoscimento da parte del Codice Civile e della sua evoluzione giurisprudenziale, il danno non patrimoniale non ha avuto vita facile. I primi passi verso la revisione dell’operatività e del campo di applicazione del danno non patrimoniale sono stati mossi dalla Terza Sezione della Cassazione che, nel maggio 2003, con le c.d. “sentenze gemelle”47, ha dato una nuova interpretazione dell’art. 2059 cod. civ.

Con tali decisioni, la Corte ha rigettato l’interpretazione ristretta data fino a quel momento all’art. 2059 cod. civ. in favore di una interpretazione costituzionalmente orientata48 in forza della quale veniva riconosciuta un’ampia estensione della nozione di danno non patrimoniale inteso come danno da lesione di valori inerenti alla persona e non più come solo danno morale soggettivo.

Con tali sentenze, la Corte ha inoltre attuato un allargamento di tutela e risarcibilità del danno non patrimoniale, prevedendone la risarcibilità anche qualora la colpa risulti da una presunzione di legge49. Conclusione confermata anche dalla Corte Costituzionale,

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Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8827/8828, in Danno e resp., 2003, 819. 48 “…nel vigente assetto dell’ordinamento, nel quale assume posizione

predeterminante la Costituzione – che all’art. 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo – il danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona…” (Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2003, nn. 8827/8828, in Danno e resp., 2003, 819).

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Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, in Danno e resp., 2003, 939: “La seconda

questione, indicata come subordinata, riguarda invece, con riferimento all’art. 3 Cost., la medesima norma nella parte in cui escluderebbe la risarcibilità del danno non patrimoniale allorché la responsabilità dell’autore del fatto, corrispondente ad una fattispecie astratta di reato, venga affermata – come appunto nel caso di specie - in base ad una presunzione di legge.

Siffatta esclusione si porrebbe in irragionevole contrasto con il principio di parità delle giurisdizioni civile e penale, proclamato dall’art. 75 cod. proc. pen., precludendo al danneggiato che agisca in sede civile ai fini del risarcimento del

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con la sentenza n. 233 del 200350 con cui la Consulta ha ribadito la necessità di dare all’art. 2059 cod. civ. una interpretazione costituzionalmente orientata in modo da tutelare tutti i diritti che la Costituzione riconosce e garantisce agli individui, effettuando così una tripartizione (danno morale soggettivo, danno biologico e danno esistenziale) all’interno della categoria del danno non patrimoniale previsto dal Codice Civile.

In realtà, tale metodo interpretativo era già stato in parte anticipato dalla Cassazione, con la sentenza n. 15330 del 2000, che aveva infatti affermato: “la norma sul danno morale di cui all’art. 2059 cod. civ. (danno consequenziale, sì, al danno biologico, ma da questo concettualmente distinto, attenendo il primo alla sfera del danno alla salute, il secondo, specificamente, a tutte le sofferenze psichiche e morali subite a causa del comportamento illecito dell’agente) si ispira ai medesimi criteri risarcitori “integrali” di cui alla clausola generale di cui all’art. 2043 cod. civ. e non ha, pertanto, natura indennitaria del pretium doloris, ma considera tutte le sofferenze di ordine psichico e morale che il danneggiato subisca in conseguenza dell’evento dannoso ingiusto, e si fonda, pertanto, sul principio costituzionale di cui all’art. 2 della carta fondamentale, che tutela e garantisce i diritti inviolabili

dell’uomo”51.

Tale impostazione era motivata dall’esigenza non di creare nuove fattispecie risarcibili e/o di introdurre una loro duplicazione, bensì quella di colmare delle lacune presenti nel sistema della responsabilità civile52.

danno non patrimoniale di avvalersi di un mezzo di prova tipico del processo civile, quale la presunzione”.

50 Corte Cost., 11 luglio 2003, n. 233, cit.

51 Cass. civ., sez. III, 30 novembre 2000, n. 15330, in Mass. Foro it., 2000. 52

Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2003, in Foro it., 2003, I, 2272: “la lettura

costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c. va tendenzialmente riguardata non già come occasione di incremento generalizzato delle poste di danno (e mai

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Infatti, sempre nel 2000, la Cassazione, con la sentenza n. 2367, aveva chiaramente puntualizzato la differenza esistente tra danno morale e danno non patrimoniale. A parere della Corte il danno non patrimoniale ricomprendeva “ogni conseguenza pregiudizievole di un illecito che, non potendo essere soggetta a una valutazione monetaria di mercato, non era oggetto di risarcimento ma di riparazione, mentre

il danno morale soggettivo consisteva nella pecunia doloris”53.

La vera novità introdotta dalle c.d. sentenze gemelle del 2003 non è quindi consistita nel riconoscimento di una nuova fattispecie di danno diverso da quello morale, bensì quella di aver riconosciuto la risarcibilità a titolo di danno morale in presenza di una lesione dei diritti costituzionalmente protetti anche in assenza di un reato e, quindi, svincolando la nozione di danno patrimoniale dall’art. 185 cod. pen.

Ciò ha comportato una netta distinzione tra il danno non patrimoniale oggettivo ed il del danno morale soggettivo. A fronte di un reato, comunque, sarà risarcibile il danno morale subito dalla vittima, da intendersi quale patema d’animo conseguente all’illecito (c.d. danno morale soggettivo), ma questo patema d’animo dovrà essere tenuto distinto dal danno non patrimoniale oggettivo derivante dalla lesione di un interesse della persona costituzionalmente tutelato dal quale siano derivati pregiudizi non valutabili economicamente.

Danno quest’ultimo che, tuttavia, doveva essere riconosciuto anche laddove il fatto illecito generatore del danno non fosse riconducibile ad un reato.

come strumento di duplicazione di risarcimento degli stessi pregiudizi), ma soprattutto come mezzo per colmare la lacuna, secondo l’interpretazione ora superata della norma citata, nella tutela risarcitoria della persona, che va ricondotta al sistema bipolare del danno patrimoniale e di quello non patrimoniale: quest’ultimo comprensivo del danno biologico in senso stretto, del danno morale soggettivo come tradizionalmente inteso e dei pregiudizi diversi ed ulteriori, purché costituenti conseguenza della lesione di un interesse costituzionalmente protetto”.

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Questa nuova interpretazione dell’art. 2059 cod. civ. ha finito per ridisegnare anche i rapporti tra danno patrimoniale ex art. 2043 cod. civ. e danno non patrimoniale (ex art. 2059 cod. civ.). Secondo questa visione il danno patrimoniale si configura come la conseguenza della lesione di un diritto patrimoniale o di un danno patrimoniale indiretto (la conseguenza economica della lesione di un diritto non patrimoniale), mentre il danno non patrimoniale è conseguente alla lesione di un diritto non patrimoniale di rilievo costituzionale. La Cassazione ha ulteriormente precisato che, l’art. 2059 cod. civ. non configura una distinta figura di illecito di carattere non patrimoniale ma, qualora sussistano tutti gli elementi costitutivi dell’illecito civile extracontrattuale (ex art. 2043 cod. civ.), consente la riparazione dei danni non patrimoniali nei casi previsti dalla legge. Le differenze, dunque, sono relative alle conseguenze dell’illecito, non alle caratteristiche dell’illecito in sé considerato, poiché il danno non patrimoniale configura pur sempre un danno-conseguenza, come affermato dalla Cassazione, e non un danno-evento (dunque il danno non coinciderebbe con la lesione dell’interesse protetto). E’ un danno che, perché possa essere risarcito, deve essere allegato e provato dal danneggiato, anche mediante elementi presuntivi.

La specificazione della Corte di Cassazione relativa alla mancata sovrapposizione tra danno morale e danno non patrimoniale avrebbe avuto come conseguenza una duplicazione risarcitoria poiché il giudice, a certe condizioni, avrebbe potuto condannare il responsabile a pagare entrambi. La Cassazione ha così previsto un temperamento volto ad evitare che il risarcimento possa diventare occasione di un ingiusto arricchimento per il danneggiato a scapito del danneggiante54.

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V. Cass. civ., sez. III., 31 maggio 2003, n. 8828, in RCP, 2003, 675: “va altresì

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Allo stesso tempo, la Cassazione ha ammesso la possibilità di una valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali, nonostante la diversificazione tra danno non patrimoniale, danno morale e danno biologico effettuata nella medesima sentenza55. Questo, ovviamente, comportava un concreto rischio di sovrapposizione tra le diverse figure e una duplicazione risarcitoria.

Nonostante gli interventi della giurisprudenza, alcune questioni rimanevano ancora aperte. Prima fra tutte quella circa l’ammissibilità o meno del c.d. “danno esistenziale” rispetto al quale la Cassazione non aveva parere unanime circa la sua configurabilità come autonoma voce di danno, pur riconoscendo la risarcibilità di tutte le lesioni agli interessi di rango costituzionale che non rientrassero nel danno morale e biologico.

Ciò aveva provocato un contrasto giurisprudenziale poiché, mentre una parte riconosceva la risarcibilità in via autonoma del danno esistenziale, l’altra era orientata in senso contrario.

La questione poteva sembrare di poco contro, ma in realtà riconoscere la sussistenza o meno del danno esistenziale era di

alla persona, unitariamente considerata, la riparazione del pregiudizio effettivamente subito, il giudice di merito, nel caso di attribuzione congiunta del danno morale soggettivo e del danno da perdita del rapporto parentale, dovrà considerare, nel liquidare il primo, la più limitata funzione di ristoro della sofferenza contingente che gli va riconosciuta, poiché, diversamente, sarebbe concreto il rischio di duplicazione del risarcimento. In altri termini, dovrà il giudice assicurare che sia raggiunto un giusto equilibrio tra le varie voci che concorrono a determinare il complessivo risarcimento”.

55 V. Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2003, n. 8827, cit.: “nell’ottica della concezione

unitaria della persona, la valutazione equitativa di tutti i danni non patrimoniali possa anche essere unica, senza una distinzione - bensì opportuna, ma non sempre indispensabile - tra quanto va riconosciuto a titolo di danno morale soggettivo e quanto a titolo di ristoro dei pregiudizi ulteriori e diversi dalla mera sofferenza psichica, ovvero quanto deve essere liquidato a titolo di risarcimento del danno biologico in senso stretto (se una lesione dell’integrità psico-fisica sia riscontrata) e quanto per il ristoro dei pregiudizi in parola; ovvero, ancora, che la liquidazione del danno biologico, di quello morale soggettivo e degli ulteriori pregiudizi risarcibili sia espressa da un’unica somma di denaro, per la cui determinazione si sia tuttavia tenuto conto di tutte le proiezioni dannose del fatto lesivo”.

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fondamentale importanza poiché il danno morale e il danno biologico non erano in grado di ricomprendere tutti i danni ingiusti in violazione dei principi costituzionali.

Tali incertezze condussero nuovamente la Corte di Cassazione nel 2008 a pronunciarsi sulla questione del danno non patrimoniale e sull’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.

In particolare, a seguito dell’ordinanza di rimessione da parte delle Terza sezione della Corte di Cassazione, le Sezioni Unite furono chiamate a decidere sulla questione della riconoscibilità del danno esistenziale quale danno autonomo e di fare definitivamente chiarezza in ordine all’articolazione del danno non patrimoniale56. Tali questioni vennero risolte dalle Sezioni Unite, con la pronuncia di quattro sentenze (sent. 26972, 26973, 26974 e 2697557), note come sentenze di San Martino.

Le sentenze pur riguardando ambiti differenti della responsabilità civile (responsabilità medica, da incidente stradale, da immissioni pericolose) vertevano sul medesimo argomento, ovvero la definizione degli aspetti “morfologici e funzionali del danno non patrimoniale”58. Con tali pronunce, la Corte dopo aver confermato l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., già operata dalle c.d. “sentenze gemelle” del 2003, precisava che:

a) il danno non patrimoniale doveva essere considerato come un danno-conseguenza derivante da un fatto illecito non dissimile da quello generale contemplato nell’art. 2043 cod. civ.;

56 Cass. civ., sez. III, ord. 25 febbraio 2008, n. 4712, in Nuova giur. civ. comm., 2008, I, 707.

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Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975, in Danno

e Resp., 2009, 19 ss.

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b) il c.d. “danno esistenziale”, in considerazione dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ., non poteva assumere rilevanza quale autonoma voce di danno poiché era stata elaborata dalla dottrina per tentare di colmare le lacune del sistema della responsabilità, il quale era già stato colmato dalla successiva elaborazione dell’interpretazione del danno non patrimoniale elaborata dalle c.d. “sentenze gemelle” del 2003;

c) il danno non patrimoniale doveva essere considerato come una categoria unitaria nella quale la nota e tradizionale tripartizione tra danno morale, biologico ed esistenziale assumeva valore meramente descrittivo e non quali autonome sottocategorie di danno;

d) ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale non vi era alcuna differenza a seconda che la lesione avesse danneggiato un interesse costituzionalmente tutelato, sia esso lesivo della reputazione, della libertà religiosa o sessuale, piuttosto che del rapporto parentale;

e) il danno non patrimoniale era risarcibile anche qualora fossimo di fronte ad una di responsabilità contrattuale nel caso di violazione di diritti o interessi personali costituzionalmente protetti che fossero “rintracciabili nella causa concreta di un negozio”59;

f) non sarebbero stati risarcibili quei danni non patrimoniale c.d. bagatellari, cioè quei “pregiudizi palesemente non meritevoli della tutela risarcitoria, invocata a titolo di danno esistenziale, sono i pregiudizi consistenti in disagi, fastidi, disappunti, ansie ed in ogni altro tipo di insoddisfazione concernente gli aspetti più disparati della vita quotidiana che ciascuno conduce nel contesto sociale, ai quali ha prestato invece tutela la giustizia di prossimità. Non vale, per dirli risarcibili, invocare diritti del tutto immaginari, come il diritto alla

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GIRAUDO, Danno non patrimoniale – i confini del danno non patrimoniale

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qualità della vita, allo stato di benessere, alla serenità: in definitiva il diritto ad essere felici. Al di fuori dei casi determinati dalla legge ordinaria, solo la lesione di un diritto inviolabile della persona concretamente individuato è fonte di responsabilità risarcitoria non

patrimoniale”60.

In conclusione, con le c.d. sentenze di S. Martino, la Corte di Cassazione ha voluto, in prima battuta, escludere duplicazioni risarcitorie attribuendo al danno non patrimoniale una funzione differente quale non di danno comprendente tutto il c.d. danno biologico, quanto “la tutela riconosciuta ai soggetti che abbiano visto

lesi i diritti inviolabili della famiglia61” e le violazioni relative al diritto

di immagine, al nome, alla riservatezza, ai diritti inviolabili della persona.

In seconda battuta, la Corte ha superato la distinzione tra danno contrattuale e non contrattuale, ammettendo la risarcibilità del danno non patrimoniale anche in caso di inadempimento contrattuale laddove esso lede diritti costituzionalmente tutelati che diano luogo ad un danno non bagatellare.

Va tuttavia osservato che, nonostante l’intervento delle Sezioni Unite, la giurisprudenza di legittimità ha fatto registrare la tendenza a considerare in modo distinto il danno biologico e quello morale pur riconoscendo la loro appartenenza alla categoria del c.d. danno non patrimoniale.

Ciò perché, a parere dei giudici, mentre il danno biologico comprende tutte le lesioni alla salute e trova fondamento nell’art. 32 Cost., il danno morale è diretto a risarcire tutti i patimenti non strettamente

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Cass. civ., Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972, cit. 61

Le ipotesi concernenti il danno da perdita o compromissione del rapporto parentale causato dalla morte o dalla grave invalidità del congiunto.

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legati alla lesione della integrità fisica dell’individuo bensì alla lesione dell’integrità morale tutelata dall’art. 2 Cost.

Nella giurisprudenza successiva alle Sezioni Unite del 2008 si è però progressivamente registrato un diverso orientamento soprattutto da parte della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione la quale, a partire dalla sentenza n. 1361 del 23 gennaio 201462, dopo aver affermato che la categoria del danno non patrimoniale è articolata nelle voci di danno biologico, morale ed esistenziale, ha precisato che tutte le voci di danno sono suscettibili di liquidazione a condizione che venga evitata una duplicazione63. Ribadendo così l’autonomia del danno morale ed esistenziale rispetto al danno biologico in ragione dell’assunto che “Salute, dolore, qualità della vita

sono beni diversi e come tali esigono un risarcimento distinto”64.

Secondo tale orientamento, la rilevanza attribuita dal danno alla salute non esclude la possibilità che possa essere concessa un’ulteriore somma “a titolo di riconoscimento dei pregiudizi che non hanno fondamento medico-legale, perché non aventi base organica ed estranei alla determinazione medico-legale del grado percentuale di invalidità permanente, rappresentati dalla sofferenza interiore (quali, ad esempio, il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima in sé, la

paura, la disperazione)”65. Riconoscendo così che “questi pregiudizi

dovranno essere oggetto di separata valutazione e liquidazione (come è confermato, oggi, dal testo degli artt. 138 e 139 cod. ass., così come modificati dall'art. all'art. 1, co. 17, della legge 4 agosto 2017, n. 124, nella parte in cui, sotto l'unitaria definizione di danno non

62 Cass. civ., sez. III, 23 gennaio 2014, n. 1361, in Danno e resp., 2014, 363 ss. 63 VAGLIO, Il danno esistenziale da stalking, Frosinone, 2015, p. 35.

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PONZANELLI, Danno non patrimoniale: l’abbandono delle Sezioni Unite di San

Martino, in Danno e Resp., 4, 453.

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patrimoniale, distinguono il danno dinamico relazionale causato dalle

lesioni da quello morale)”66.

Alla base della posizione assunta dalla Terza sezione della Cassazione di dissentire dall’orientamento espresso dalle c.d. sentenze di S. Martino e di optare per ampliare i margini di risarcibilità a favore delle vittime dell’illecito, trova spiegazione nella non ritenuta idoneità del predetto orientamento a risarcire in modo completo i danni derivanti da fatto illecito e nella inadeguatezza delle tabelle milanesi.

Tali ragioni sono state confermate dalla Terza sezione della Corte di Cassazione anche nella più recente giurisprudenza nella quale è stato ribadito che i tre pregiudizi non patrimoniali, quali salute, sofferenza interiore e peggioramento delle condizioni di vita, sono ontologicamente diversi e tutti risarcibili. Tale orientamento non sembra contrastare con le decisioni delle Sezioni Unite del 2008 poiché il pregiudizio subito dal danneggiato non può incorrere “in vuoti risarcitori riferibili anche al mancato risarcimento delle ripercussioni sulla vita privata, contrastanti con l’art. 32 Cost. … e con i

principi affermati dagli artt. 367 e 768 della Carta di Nizza recepita dal

Trattato di Lisbona e dell’art. 869 Cedu”70.

66 PONZANELLI, op. cit. 67

Art. 3 Carta di Nizza: “ Diritto all’integrità della persona.

Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica.

Nell’ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le

modalità definite dalla legge;

b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone;

c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro;

d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani”. 68

Art. 7 Carta di Nizza: “Rispetto della vita privata e della vita familiare.

Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle proprie comunicazioni”.

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Art. 8 Cedu: “Diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza.

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Dunque, in ragione dei diversi orientamenti invalsi a livello giurisprudenziale, anche a seguito delle note sentenze di S. Martino, appare corretto ritenere che il danno morale e biologico, ben lontani dal potere essere ricondotti ad una categoria unitaria, sono stati invece voci di danno distinte suscettibili di autonoma risarcibilità.

3. Principali fattispecie di danno non patrimoniale