CAPITOLO QUARTO
4.1.3 La decisione come parere “pro veritate”
Il Prof. Ruperto qualifica la decisione dell’organo come un parere “pro veritate”.
Abbiamo già detto che l’adesione al sistema è per Ruperto un onere, un requisito da possedere, per potere svolgere l’attività bancaria, rispetto agli altri strumenti alternativi di risoluzione delle controversie qui il consenso prestato dall’intermediario ad aderire al sistema, non è da leggere come consenso a comporre la controversia.
Nessuna relazione, lega il consenso dell’intermediario all’adesione al sistema ed il consenso manifestato dal cliente nel momento in cui propone il ricorso.
La decisione dell’organo non porta a definire la controversia tra banca e cliente, potendo entrambi devolvere la stessa ad arbitri o giudici, o risolverla con una transazione, un negozio di accertamento, o una conciliazione stragiudiziale.
Non produce alcun effetto giuridico tra le parti, anche in caso d’inadempimento da parte dell’intermediario, questi è passibile di “sola” sanzione reputazionale.
Per l’autore, la natura della decisione è spiegabile avendo riguardo al procedimento nel suo complesso, egli
ritiene che intermediario e il cliente, non hanno alcuna relazione con l’organo decidente, il primo con l’adesione al sistema e il secondo con il ricorso, instaurano un rapporto con la Banca d’Italia il cui oggetto è la trattazione di particolari controversie che sono insorte tra loro.
L’intermediario non conferisce alla Banca d’Italia il compito di gestire la controversia al fine di ottenere una decisione della stessa, ma la autorizza a infliggergli una sanzione in caso d’inosservanza della decisione resa dal collegio.
Quest’autorizzazione o “consenso dell’avente diritto” impedisce di qualificare come fatto illecito, produttivo di un danno risarcibile, la publicizzazione dell’inadempienza dell’intermediario da parte della Banca d’Italia.
Naturalmente il consenso può essere revocato, ciò implica anche la revoca dell’adesione al sistema ABF, così facendo, verrebbe a mancare un requisito, per potere svolgere l’attività bancaria.
Ruperto conclude, sostenendo che questo pronunciamento manca dei caratteri propri di una decisione per una serie di ragioni: a) manca l’investitura dell’organo a decidere della controversia ad opera di entrambe le parti, in specie dell’intermediario; b) la decisione che viene adottata non risolve la controversia, quest’effetto si avrà solo laddove ci siano le volontà delle parti in tale senso; c) non produce effetti nella sfera giuridica della parti.
La sua natura è dunque quella di un parere “pro veritate” con il quale l’organo, su commissione della Banca
d’Italia, (contratto d’opera intellettuale) fornisce quella che secondo lui è la corretta soluzione, in diritto, della controversia, e la Banca d’Italia in conformità a tale “autorevole” parere, sarà legittimata a irrogare la sanzione reputazionale, qualora l’intermediario non si conformi allo stesso.
Il pronunciamento del collegio, è improduttivo di effetti giuridici, non può costituire modificare estinguere il rapporto intercorrente tra cliente e intermediario, né può contenere condanne, né può esser presa in considerazione dal giudice al fine di motivare la sua sentenza o utilizzarla come principio di prova, né potrà avere efficacia di cosa giudicata.
Qualora l’organo accolga il ricorso e l’intermediario decida di darvi esecuzione, l’attuazione spontanea è un riconoscimento della pretesa, che il ricorrente ha fatto valere già in sede di reclamo. Dal canto suo il ricorrente deve accettare, anche tacitamente la prestazione dell’intermediario, in esecuzione della decisione del collegio, così facendo si avrebbe un atto transattivo con il quale si compone la controversia.
L’atto con funzione transattiva, potrà essere utilizzato in un eventuale giudizio ordinario, come “exceptio rei transactae”, laddove una delle parti adisca il giudice sulla medesima questione, sul piano sostanziale, se l’attuazione da parte dell’intermediario corrisponde al contenuto della decisione, la prestazione non è più ripetibile. Qualora l’intermediario dopo averla accettata non la esegua, può la
stessa (decisione), formare oggetto di un giudizio di accertamento e divenire coercibile. 4.1.4 La “decisione” con finalità specificativo ‐ dilatoria Altra tesi è quella elaborata dal Prof. Auletta(65) , secondo l’autore la delibera dei collegi è “un parere sopra i rapporti
in atto tra l’intermediario bancario‐finanziario e il cliente, una dichiarazione di giudizio relativa e successiva ad accertamenti tecnici complessi”
Auletta esamina il doppio e diverso rapporto, che intercorre tra i vari soggetti coinvolti, ovvero un rapporto privatistico, tra intermediario e cliente davanti all’ABF, che si intreccia con il rapporto giuridico pubblico tra Banca d’Italia, in qualità di Autorità vigilante e gli intermedieri bancari e finanziari, in qualità di vigilati.
L’art. 5 TUB, attribuisce alla Banca d’Italia, funzioni di vigilanza, esplicando quelle che sono le loro finalità. “Le autorità creditizie esercitano i poteri di vigilanza ad esse attribuite, avendo riguardo alla sana e prudente gestione dei soggetti vigilati, alla stabilità, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario nel suo complesso, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia”, inoltre nell’esercizio delle funzioni di vigilanza dovrà verificare l’osservanza delle norme in materia di trasparenza, delle condizioni contrattuali, e vigilare
(65) Auletta, Arbitro bancario finanziario e risoluzione stragiudiziale delle
affinché i rapporti con la clientela si svolgano secondo correttezza.
La funzione di vigilanza è funzione pubblica, comporta l’esercizio di un potere discrezionale amministrativo, da parte di un’ Autorità amministrativa indipendente, pertanto è sottoposta alla normativa che disciplina il procedimento amministrativo, cosi prescrive l’art. 4 comma 3 del TUB. Al procedimento di vigilanza, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge 241/1990, anche il procedimento di cui all’art. 128 ‐ bis è “coonestabile” (cosi scrive Auletta) nel procedimento di vigilanza.
Il procedimento davanti all’ABF, è azionabile solo dal cliente, il quale lamenta una condotta da parte dell’intermediario non corretta, così facendo sollecita l’esercizio del potere di vigilanza della Banca d’Italia, che in qualità di amministrazione procedente, ha l’obbligo di provvedere.
La prima fase di questo procedimento si svolge davanti all’ABF, è considerata la fase istruttoria, che si conclude con un “parere”, relativo al rapporto tra intermediario e cliente, partendo dal presupposto che il ricorso sia accolto, e pertanto venga accertata una violazione da parte dell’intermediario, questi dovrà adeguarsi a quanto disposto dal Collegio giudicante.
Se ciò non dovesse accadere la Segreteria tecnica, informa il Collegio, il quale svolge qui, attività meramente valutativa, dovrà accertare se la condotta è o meno conforme alla pronuncia adottata.
Se l’inadempimento è acclarato, la Banca d’Italia, dopo avere a sua volta valutato la condotta dell’intermediario (discrezionalità tecnica), deciderà se comminargli la sanzione reputazionale, inoltre l’esito del ricorso, potrà essere valutato dalla Banca d’Italia per i profili di rilievo, che potrà avere per l’attività di vigilanza.
La legittimità della sanzione, risiede dunque non nel consenso che l’intermediario ha manifestato con l’atto di adesione al sistema (Ruperto), ma in un corretto esercizio da parte della Banca d’Italia del potere di vigilanza.
Il sub procedimento che si svolge davanti all’ABF è da inserire in un procedimento amministrativo più ampio, quello di vigilanza ed è ad esso strumentale, rispetto a quest’ultimo svolge una funzione “specificativo dilatoria”, come già detto, il potere di vigilanza della Banca d’Italia, potrebbe dispiegarsi anche in assenza del ricorso all’ABF, consentendo all’intermediario inadempiente nei confronti del cliente di adeguarsi alla delibera ABF, e dunque evitare l’intervento della Banca d’Italia, ha inoltre effetto “costitutivo” del potere dovere della Banca d’Italia di intervenire, sia per verificare la conformazione dell’intermediario al giudizio ABF, sia per comminare eventualmente, la sanzione reputazionale.
Per quanto concerne l’uso eventuale in un giudizio ordinario, Auletta ritiene che l’atto possa costituire una allegazione difensiva, la parte che ha interesse può chiederne l’acquisizione, ed è liberamente valutabile dal giudice, o utilizzarla nel corso del processo come “prova scritta”.
L’atto che conclude il procedimento davanti all’ABF, non produce effetti lesivi diretti nei confronto delle parti, pertanto le stesse non potranno rivolgersi all’autorità giudiziaria avverso questo atto, né l’intermediario è obbligato a conformarsi alla decisione del Collegio né il cliente potrà pretenderlo.
È possibile adire il Giudice Amministrativo, avverso il provvedimento che conclude il procedimento di vigilanza e con il quale la Banca d’Italia commina la sanzione reputazionale.
L’intermediario, potrà domandare l’annullamento del provvedimento applicativo della sanzione, il risarcimento del danno, conseguente all’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa, ma anche misure cautelari più idonee a garantire quelli che saranno gli effetti della decisione finale.
Il cliente, davanti al G.A. potrà agire in caso di silenzio da parte dell’amministrazione, cioè quando la Banca d’Italia, nonostante il collegio ABF si sia pronunciato in senso favorevole al cliente, non applichi la sanzione, oltre che poter impugnare il provvedimento di archiviazione(66) e
(67)
.
(66) e (67) Finocchiaro, L’Arbitro bancario finanziario tra funzioni di tutela e
vigilanza, Giuffrè 2012 mette in evidenza come a seguito del mutato quadro normativo, il riferimento è alle modifiche apportate alle Disp. Applicative Banca d’Italia nel 2011, rende superflua la valutazione di fondatezza di tale tesi che ha portato all’inserimento nella Sez. I, par I, “premessa” il seguente disposto:”le decisioni dell’ABF sono pubbliche. Esse integrano il più ampio quadro informativo di cui la Banca d’Italia dispone nello svolgimento della propria funzione regolatrice e di controllo”, così Sepe, Brevi note sulla natura
Quanto detto è relativo, al rapporto banca cliente e Banca d’Italia, resta fermo il potere di ciascuna delle parti di adire l’autorità giudiziaria ordinaria e fare valere davanti ad essa la stessa pretesa portata innanzi al Collegio ABF. 4.1.5 La decisione ABF come lodo irrituale
Su un punto pare, che la dottrina maggioritaria concordi, cioè sulla natura non giurisdizionale, e non vincolante dei pronunciamenti dell’ABF, va segnalata l’opinione di Guizzi che si pone fuori dal coro (68).
Guizzi parte da un presupposto, distinguere nell’ambito degli strumenti volti a definire le controversie al di fuori del giudizio ordinario, tra quelli che hanno come scopo “la mera soluzione del conflitto”, nei quali ciò che rileva è il risultato ottenuto, cioè la composizione della controversia, e di quelli che “mirano a tutelare i diritti” (69) per i quali rileva il metodo ed il risultato.
separatamente dalla Banca d’Italia, ha autonomia giuridica e funzionale non partecipa direttamente alla funzione di vigilanza, allo stesso tempo svolge un ruolo importante sul piano informativo relativamente all’attività di vigilanza svolta dalla Banca d’Italia.
(68) Guizzi, L’Arbitro Bancario Finanziario nell’ambito dei sistemi di
ADR:brevi note intorno al valore delle decisioni dell’ABF, in Le società 2011, 1216. Come già accennato nella nota 17, Guizzi riconduce il procedimento che si svolge davanti all’ABFal modello dell’arbitrato irrituale non condivide l’idea sostenuta dai più in dottrina secondo cui le decisioni non hanno alcuna efficacia vincolante per le parti in lite.
(69) Guizzi nell’articolo citato nota64, riprende questa distinzione da altro
autore, vedi Taruffo, Adeguamenti delle tecniche di composizione dei conflitti di interesse ,in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, I, 779;
Con riguardo al nuovo strumento oggetto di disamina, l’ABF, Guizzi ritiene possa essere collocato tra gli strumenti, preordinati alla tutela dei diritti, dove ciò che conta non è solo la soluzione del conflitto, ma che lo stesso avvenga secondo un procedimento regolato, controllabile, gestito da soggetti imparziali, professionalmente competenti e nel contraddittorio tra le parti, il risultato deve essere “auspicabilmente giusto” si dovranno necessariamente, distribuire torti e ragioni.
Pur essendo richiamato dal d.lgs 28/2010, non è riconducibile al modello della mediazione, “è stato pensato secondo la logica dei procedimenti giurisdizionali preordinati alla tutela dei diritti”.
Qual’è la peculiarità che porta l’autore a ricondurlo tra le tecniche di tutela dei diritti e non di mera soluzione dei conflitti? È l’atto ultimo con il quale si conclude il procedimento, il quale non è mai un accordo, ma una decisione su una domanda (il cui contenuto deve essere identico a quello del reclamo), e il Collegio dovrà decidere solo sull’oggetto della domanda, incontrando il limite del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, limite da cui esula l’attività del mediatore.
Il nocciolo della questione, è sempre lo stesso, quale valore attribuire alla decisione dell’ABF? L’autore ritiene di non concordare con quanti escludono, che la decisione del Collegio, non abbia alcun valore vincolante per le parti, cosi si mortifica la finalità, che la legge ha voluto perseguire con l’istituzione di questo sistema alternativo di risoluzione delle controversie, “garantire tutela effettiva dei
diritti nascenti e inerenti al rapporto controverso”, inoltre
contesta il modo “sbrigativo”, quanti non danno alcun valore al fatto, che sono le parti a essersi assoggettate volontariamente al giudizio dell’ABF.
Conclude sostenendo, che il procedimento che si svolge davanti all’ABF, debba essere ricondotto almeno allo schema dell’arbitrato irrituale, cosi “da soddisfare in parte
quella istanza avvertita da parte della dottrina processual ‐ civilistica di costruire un modello di arbitrato adeguato a dare soluzione alle piccole controversie che non potrebbero essere risolte, ricorrendo alle forme note di arbitrato, inadeguate soprattutto in termini di costi”.
Ritiene, che la vincolatività della decisione, riposi sull’adesione spontanea delle parti a rimettere la decisione al Collegio, così si “restituisce un senso al precetto del TUB
che vuole un sistema di soluzione dei conflitti tra banca e cliente orientato alla tutela effettiva dei diritti”, inoltre a
seguito della riforma del 2006, che ha introdotto nel c.p.c l’art 808‐ter(70)
, si può dire ormai superata l’idea che l’arbitrato irrituale abbia come scopo quello di concludere un contratto a contenuto transattivo, in sostituzione di quello originario che lega le parti, ma al pari dell’arbitrato rituale ha come scopo, dirimere la controversia, distribuendo torti e ragioni, e si conclude con la decisione della controversia (ferma restando la diversa efficacia del lodo rituale).
L’art 808‐ter chiede che la scelta delle parti verso l’arbitrato irrituale, emerga con chiarezza, non
necessariamente con atto scritto, più che la forma con cui si esprime la volontà, l’obiezione da superare, è la mancanza di tale volontà da ambo le parti (cliente e banca), la maggior parte in dottrina mette in luce l’assenza di legittimazione a instaurare il procedimento davanti all’ABF da parte dell’intermediario e come la sua sia una adesione “imposta” al sistema e non anche alla risoluzione della controversia (Ruperto, Quadri, Tavormina).
Secondo l’autore, la volontà di sottoporre la controversia all’ABF da parte della banca, è manifestata attraverso l’adesione al sistema, dando così la possibilità ai clienti di poter scegliere se utilizzare tale strumento. La banca, aderendo al sistema ABF accetta in via preventiva, che la clientela possa utilizzare questo strumento per risolvere la controversia.
Se il procedimento ABF è riconducibile al modello dell’arbitrato irrituale, eventuali contestazioni avverso la decisione adottata dal Collegio, potranno essere fatte valere solo con l’instaurazione del processo di cognizione di primo grado.
Ad analizzare l’opinione prevalente in dottrina, sembrerebbe proprio che i pronunciamenti dei Collegi ABF, siano privi di qualsiasi vincolatività tra le parti, non producono effetti diretti tra le stesse, non impediscono infatti alle stesse di utilizzare altri mezzi di tutela, non vincolano il giudice, perché nel giudizio non è esperibile come prova, così sembrerebbe che lo stesso sia privo di qualsiasi effetto, sia inefficace e quindi sul piano giuridico inutile.
Dobbiamo però mettere in evidenza, l’elevato grado di effettività di questi pronunciamenti, espressione della autorevolezza dell’organo che li adotta e che induce spesso le parti ad attenervisi. Lo dimostrano i numerosi ricorsi proposti ed accolti, a fronte dei pochissimi casi d’inadempimento.
Per tornare al discorso degli effetti giuridici prodotti, dai pronunciamenti dei Collegi, non si può tacere la rilevanza che può avere sul piano giuridico, l’eventuale adempimento spontaneo dell’intermediario al pronunciamento(71)
e l’ accettazione dello stesso da parte del cliente, cosi anche nel caso in cui l’intermediario adempia riservandosi di agire in giudizio.
4.1.6 La “decisione ABF e la sua funzione