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Capitolo II – L’ ANALISI : REQUISITI FORMALI E SOSTANZIALI

II. La teoria del liberalismo

2. La dottrina democratica

Per “dottrina democratica” (o “dottrina popolare”213) si intende la dottrina secondo la quale ogni membro del Parlamento rappresenta (deve rappresentare) solo

una parte della Nazione (che può consistere in individui214 o in gruppi215) ed esercita le sue funzioni mediante vincolo mandato o, in altri termini, la rappresentanza politica: a) è diretta alla cura di interessi speciali (la specialità della

rappresentanza politica); b) è garantita dal dovere del rappresentante di adempiere

gli impegni elettorali assunti nei confronti del rappresentato (l’obbligo di mandato

imperativo); c) si basa sull’idea che l’identificazione degli interessi da rappresentare

debba essere di competenza esclusiva dei governati, nel presupposto che i

governanti siano capaci di perseguire soltanto i propri interessi (forse per

mancanza più di diligenza che di conoscenze) (la superiorità dei governati)216.

213 Cfr. CASSELLA, F., Profili costituzionali della rappresentanza. Percorsi sturici e

comparatistici, Casa Editrice Jovene, Napoli, 1997, 136: “La trasformazione del contenuto

eminentemente giuridico e «diplomatico» nel contenuto più marcatamente politico della delega (la legittimazione a rappresentare; il conferimento delle funzioni di governo da parte della preesistente ed inesauribile sovranità) è avvenuta contestualmente all’inizio della trasformazione della sovranità nazionale in quella che, solo molto più tardi, si è configurata quale sovranità popolare, valendo la quale i cittadini, oltre a detenere il potere di designare i componenti del corpo rappresentativo unitario, sono attivi nella determinazione dell’indirizzo politico nazionale”.

214 Per un aprofondimento sulla rappresentanza politica degli individui, cfr. SALANDRA, A., La

dottrina della rappresentanza personale, in Arch. Giur., XV, presso la Direzione

dell’Archivio Giuridico, Pisa, 1875, 181 ss..

215 Per un approfondimento sulla rappresentanza politica dei gruppi, cfr. BALLERINI, G.V., La

rappresentanza politica degli ordini sociali, Fratelli Bocca, Torino, 1897.

216 Cfr. CURRERI, S., Democrazia e rappresentanza politica. Dal divieto di mandato al mandato di

partito, Firenze University Press, Firenze, 2004, 28: “In particolare le vicende che hanno portato alla

caduta del Governo Prodi ed alla nascita del Governo D’Alema, nonche i «ribaltoni» verificatisi in Molise, Sicilia, Campania e Calabria dopo il periodo di 24 mesi di stabilità «imposto» dall’art. 8 legge 23 febbraio 1995, n. 43, sono state percepite dagli elettori come un tradimento della loro sovrana volontà elettorale «implicitamente identificando "buon governo" con governo uscito dalle urne» mentre «ogni mediazione è squalificata come inganno»”; e cfr. DI GIOVINE, A., e SICARDI, S.,

Rappresentatività e governabilità: il dilemma delle macchine che fanno parlare il popolo, in Rivista di Diritto Costituzionale, G. Giappichelli Editore, Torino, 1996, 154-155: “Ne consegue che ogni

mediazione è squalificata come inganno, mentre le reazioni che provoca il richiamarsi al principio della libertà di mandato – già da Kelsen peraltro considerato «una delle cause essenziali del discredito

La forma di rappresentanza politica risultante dalla dottrina democratica si presenta, sul piano sostanziale, come speciale e di volontà e, sul piano formale, come soggettiva e volontaria (la rappresentanza politica democratica). Ne consegue: a) sul piano sostanziale, che il rappresentante e il rappresentato consistono, rispettivamente, nell’eletto e nella maggioranza degli elettori e che l’atto rappresentativo non può prescindere dall’elezione; b) sul piano formale, che il rappresentante e il rappresentato costituiscono due soggetti giuridici distinti e che il rapporto rappresentativo è disciplinato da un accordo giuridico (il mandato

imperativo): sicché, il precetto rappresentativo ha un carattere giuridico e la

sanzione rappresentativa non può superare (ed è tipicamente) la revoca. Questa rappresentanza politica, pertanto, è caratterizzata dal dovere del rappresentante di

rispettare totalmente le promesse elettorali217.

L’autore che più di ogni altro ha concepito gli interessi in modo personale e soggettivo e che, pertanto, può essere considerato come il principale padre fondatore della dottrina democratica è ROUSSEAU. Tra gli altri padri fondatori della dottrina democratica possono essere annoverati HAMILTON-JAY-MADISON, KELSEN, LOCKE, MARX-ENGELS eSIEYÈS.

ROUSSEAU afferma che “la sovranità non può venir rappresentata, per la stessa ragione per cui non può essere alienata” e, precisamente, perché “essa consiste essenzialmente nella volontà generale e la volontà non si rappresenta”, ma o è o non

è, tertium non datur. Il popolo – che pure “si crede libero” – è sovrano soltanto nella

scelta del “chi” debba governare (nei limiti delle candidature imposte dai partiti politici e delle disposizioni della legge elettorale) (la partecipazione procedurale),

in cui oggi è caduta l’istituzione parlamentare» - dimostrano quanto poco esso sia introiettato, nonostante la sua tradizione plurisecolare, a livello di senso comune, quanto poco il «sovrano di un giorno solo» accetti di considerarlo uno dei «limiti» al suo potere di cui parla l’art. 1, secondo comma, Cost., quanta pulsione verso l’antico – ma in nome del «nuovo» – mandato vincolato animi, più o meno consapevolmente, i desideri di massa: a voler ricondurre a parametri concettuali una simile tendenza, sembra di poter dire che in essa il concetto di rappresentatività (che implica la superiorità del rappresentante sul rappresentato) fa premio su quello post medievale di rappresentanza che, anche grazie all’abbandono del mandato imperativo, esclude quella superiorità”; e cfr. CERUTTI, C., Perché, cit., 2.

ma non anche del “cosa” e del “come” debba governarsi (la partecipazione

sostanziale218). I deputati non sono e non possono essere i “rappresentanti” del popolo, ma solo i suoi “commissari”; e le leggi, per essere tali, devono venire ratificate dal popolo219.

HAMILTON-JAY-MADISON ritengono che le elezioni nella scelta dei govrnanti rappresentano “una caratteristica essenziale del regime repubblicano”. Vi sono, poi, molti e vari mezzi per evitare che quelli si corrompano: il più efficace di essi è “quello di delimitare la durata del mandato in modo da far sentire ai rappresentanti, in giusto grado, la loro responsabilità nei riguardi del popolo”220.

KELSEN insegna che “Per stabilire un vero rapporto di rappresentanza, non basta che il rappresentante sia nominato o eletto dal rappresentato”, ma “E’ necessario che il rappresentante sia giuridicamente obbligato ad eseguire la volontà del rappresentato, e che l’adempimento di questo obbligo sia giuridicamente garantito”221. Egli aggiunge che “La formula che il membro del parlamento non è il

218 Per un approfondimento sul significato delle espressioni “partecipazione procedurale” e “partecipazione sostanziale”, cfr. il paragrafo 4) “Lo Stato liberale” di CASSELLA, F.,

Rappresentanza politica, in Digesto delle discipline pubblicistiche. Aggiornamento IV,

UTET, Torino, 2000, 459 ss., da cui tali espressioni sono tratte.

219 Cfr. ROUSSEAU, J.-J., Il contratto sociale, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006, 137 e 139: “La sovranità non può venir rappresentata, per la stessa ragione per cui non può essere alienata; essa consiste essenzialmente nella volontà generale e la volontà non si rappresenta: o è essa stessa o è un’altra; una via di mezzo non esiste. I deputati del popolo non sono dunque e non possono essere i suoi rappresentanti, sono solo i suoi commissari; non possono concludere niente in modo definitivo. Qualunque legge che non sia stata ratificata dal popolo in persona è nulla; non è una legge. Il popolo inglese si crede libero, ma è in grave errore; è libero solo durante l’elezione dei membri del parlamento; appena avvenuta l’elezione, è schiavo; è niente. Nei suoi brevi momenti di libertà ne fa un uso per cui merita senz’altro di perderla”.

220 Cfr. HAMILTON, A., JAY, J., and MADISON, J., op. cit., n. 57, 386.

221 Cfr. KELSEN, H., Teoria generale del diritto e dello stato, ETAS Libri, Milano, 1980, 295: “La garanzia tipica è il potere del rappresentato di revocare il rappresentante, nel caso che l’attività di quest’ultimo non si conformi ai desideri del primo. Le costituzioni delle democrazie moderne, tuttavia, solo eccezionalmente conferiscono al corpo elettorale il potere di revocare i funzionari elettivi. Si dànno tali eccezioni nelle costituzioni di alcuni Stati membri degli Stati Uniti d’America, quale la costituzione della California, che all’art. XXIII, sez. 1, stabilisce: « Ogni pubblico ufficiale elettivo dello Stato di California può esser rimosso dal suo ufficio in qualsiasi momento dagli elettori aventi la facoltà di

rappresentante dei suoi elettori ma di tutto il popolo, o, come taluno scrive, di tutto lo Stato, e che perciò non è vincolato da nessuna istruzione dei suoi elettori e non può venire revocato, è una finzione politica” e che “L’indipendenza giuridica dell’eletto dagli elettori è incompatibile con la rappresentanza giuridica”222. E – prosegue l’autore – “Se gli scrittori politici insistono nel definire un organo « rappresentativo » il parlamento della democrazia moderna, nonostante la sua indipendenza giuridica dal corpo elettorale, se taluni scrittori dichiarano persino che il mandat impératif è contrario al principio del governo rappresentativo, essi non presentano una teoria scientifica, ma sostengono un’ideologia politica”, la cui funzione è, da una parte, “di nascondere la situazione reale, di mantenere l’illusione che il legislatore sia il popolo nonostante il fatto che, in realtà, la funzione del popolo — o, formulata più esattamente, del corpo elettorale — sia limitata alla creazione dell’organo legislativo” e, dall’altra, di celare la sostituzione, in una certa misura, del “principio della democrazia” con “quello della divisione del lavoro”: la democrazia diretta, rispetto alla rappresentativa, costituisce un “grado comparativamente più alto” di democrazia223.

eleggere un successore a tale pubblico ufficiale, mediante il procedimento e nel modo qui previsti, procedimento che andrà sotto il nome di revoca... ». Un’altra eccezione è la Costituzione di Weimar del Reich germanico, la quale all’art. 43 dispone: « Prima dello spirare del suo termine d’ufficio, il presidente del Reich può essere deposto mediante una votazione popolare, su mozione del Reichstag. La deliberazione del Reichstag deve essere presa a maggioranza di due terzi. Con simile deliberazione è impedito al presidente del Reich di esercitare ulteriormente le sue funzioni. Il rifiuto di deporlo mediante votazione popolare equivale ad una nuova elezione e comporta lo scioglimento del Reichstag »”.

222 Cfr. KELSEN, H., Teoria, cit., 296: “L’affermazione che il popolo è rappresentato dal parlamento significa che, mentre il popolo non può esercitare direttamente ed immediatamente il potere legislativo, lo esercita però per delega. Ma se non vi è nessuna garanzia giuridica che la volontà degli elettori sia eseguita dall’eletto, se questo è giuridicamente indipendente dagli elettori, non esiste nessun rapporto giuridico di delega o di rappresentanza. È vero che il fatto che un organo elettivo non abbia la possibilità, o abbia soltanto una possibilità minore di essere rieletto se la sua attività non è considerata soddisfacente dai suoi elettori, costituisce una sorta di responsabilità politica; ma questa responsabilità politica è del tutto diversa da una responsabilità giuridica e non giustifica l’assunto che l’organo elettivo sia un rappresentante giuridico del suo elettore, e tanto meno l’assunto che un organo eletto soltanto da una parte del popolo sia il rappresentante giuridico dell’intero Stato”.

223 Cfr. KELSEN, H., Teoria, cit., 293-297; e cfr. KELSEN, H., Teoria, cit., 293-294, secondo cui la democrazia diretta è la forma di stato nella quale le principali funzioni legislative,

LOCKE identifica, tra i modi mediante i quali i governi si dissolvono, ciò che si verifica quando il legislativo, “per ambizione, timore, follia, oppure per corruzione”, assuma in proprio o conferisca ad altri “un potere assoluto sulla vita, la libertà e i beni del popolo, tradendo con ciò il mandato ricevuto”; nel qual caso, il legislativo “perde il potere che il popolo gli aveva affidato per tutt’altri fini, e questo ritorna al popolo stesso, che ha con ciò il diritto di riprendersi la sua libertà originaria e di provvedere con l’istituzione di un nuovo legislativo, quello che sembri più adatto alla propria salvezza e sicurezza, che è il fine in vista del quale essi vivono in società”224.

MARX-ENGELS riscontrano che “La storia di ogni società sinora esistita è storia di lotte di classi” e che l’“epoca nostra” si caratterizza per la contrapposizione tra due grandi classi, “borghesia e proletariato”. La borghesia “ha agglomerato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione e concentrato la proprietà in poche mani. Ne è risultata come conseguenza necessaria la centralizzazione politica”. Lo scopo immediato dei comunisti e degli altri partiti proletari è la “formazione del proletariato in classe”, il “rovesciamento del dominio borghese” e la “conquista del potere politico da parte del proletariato”, mediante l’“abolizione della proprietà [privata]”, l’“abolizione della famiglia” e l’“abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente”, sia all’interno che all’esterno della nazione (“Con lo sparire dell’antagonismo fra le classi nell’interno della nazione scompare l’ostilità fra le nazioni stesse”); il loro obiettivo finale è la sostituzione del potere politico (“il potere organizzato di una classe per l’oppressione di un’altra”) con “un’associazione nella quale il libero sviluppo di ciascuno è la condizione per il libero sviluppo di tutti”225.

SIEYÈS sostiene che il privilegio è “una dispensa per coloro che ne beneficiano e

una fonte di scoraggiamento per tutti gli altri” o, meglio, “l[a] derog[a] al diritto

comune” consistente “o nel dispensare dall’osservanza della legge, o nell’attribuire un diritto esclusivo a qualcosa che non è garantito dalla legge”; i privilegi sono,

esecutive e giurisdizionali sono esercitate collettivamente dai cittadini, mentre la democrazia

rappresentativa è la forma di stato nella quale le principali funzioni pubbliche sono esercitate da

funzionari scelti da un corpo elettorale.

224 Cfr. LOCKE, J., op. cit., 157-158.

dunque, “ingiusti, odiosi, e contraddittori rispetto al fine ultimo di ogni società politica”. Il terzo stato, poi, è “l’insieme dei cittadini appartenenti all’ordine comune. Tutto ciò che, in qualsiasi modo, è privilegiato dalla legge esce dall’ordine comune, fa eccezione alla legge comune e, di conseguenza, non fa parte del terzo”. Ebbene, “oggi” il terzo stato è “Tutto, ma un tutto oppresso e ostacolato”, che “senza l’ordine privilegiato” sarebbe “un tutto libero e fiorente”; “il terzo stato non ha avuto finora dei veri rappresentanti agli Stati generali. I suoi diritti politici sono così inesistenti”; “Esso vuole avere veri rappresentanti negli Stati generali, cioè deputati provenienti

dal suo ordine che siano capaci d’interpretare i suoi desideri e di difendere i suoi

interessi”, e “non può venire a votare agli Stati generali, se non vi può avere una

influenza almeno eguale a quella dei privilegiati”226.

A questo punto, risulta evidente che la dottrina democratica sottende tutte le teorie della rappresentanza politica, ma specialmente la teoria della rendicontazione, la teoria della descrizione e la teoria del liberalismo.

226 Cfr. SIEYÈS, E.-J., op. cit., 21, 23, 52, 56 e 60-61; e, in particolare, cfr. SIEYÈS, E.-J., op. cit., 64, 69 e 75, ove si espongono le richieste del terzo stato: a) “i rappresentanti del

terzo stato devono essere scelti soltanto tra i cittadini che ne fanno effettivamente parte”; b) “i suoi deputati devono essere di numero equale a quello dei due ordini privilegiati”; e c) “gli Stati generali devono votare non per ordine, ma per testa”.