• Non ci sono risultati.

Capitolo II – L’ ANALISI : REQUISITI FORMALI E SOSTANZIALI

II. La teoria del liberalismo

4. La rappresentanza politica: uno sguardo d’insieme

Dovremmo essere ora in grado di elaborare un concetto della rappresentanza politica, che tenga conto del contributo di ciascuna delle teorie illustrate e che ci consenta di comprendere meglio ciò che sappiamo della vita politica. La teoria della rappresentanza politica alla quale siamo pervenuti si fonda sulla seguente definizione formulata da PITKIN: rappresentare significa agire nell’interesse dei rappresentati, in un modo ad essi responsivo143. Secondo tale autrice, la rappresentanza è riconoscibile e qualificabile sia in base a certe caratteristiche del rappresentante, del rappresentato e del rapporto rappresentativo che in base alla concezione che si assume, ora dell’oggetto e del contenuto rappresentati, ora delle capacità relative del rappresentante e del rappresentato: tutti questi elementi concorrono a definire la posizione di un teorico lungo il continuum tra un “prendersi cura di” così completo da non essere più rappresentanza e un “trasmettere il voto” così passivo da risultare al più un descrittivo “stare per”144.

Il rappresentante deve agire indipendentemente; la sua azione deve implicare discrezione e giudizio; egli deve essere colui che agisce. Il rappresentato deve anche essere (concepito come) capace di azione e di giudizio indipendenti, non solo qualcuno di cui ci si prende cura. E, nonostante il risultante potenziale conflitto tra il rappresentante e il rappresentato su ciò che si deve fare, tale conflitto non deve normalmente avvenire: il rapporto rappresentativo dev’essere tale che il rappresentante non si trovi normalmente in conflitto con gli interessi o con le volontà

143 Cfr. ROSSI, L., I principî fondamentali della rappresentanza politica. Volume I. Il rapporto

rappresentativo, Tipografia Fava e Garagnani, Bologna, 1894, 181: “E invero il fenomeno giuridico

della rappresentanza, il più largamente presa ed intesa, è di azione per altri, in qualunque campo del diritto, con essenza ultima uguale; il fatto elementare, naturale, costante, nel tema della rappresentanza, è che una persona agisca, ossia compia un atto giuridico, non per sé ma per un’altra persona, o esercitando un diritto altrui, o adempiendo un obbligo altrui con la finzione giuridica che l'altro agisca in lui. Questa definizione adunque non si restringe soltanto al caso in cui una persona agisce «in nome» dell’altra, e quindi al mandato, ma si allarga ad ogni case in cui l’una agisca « per conto » dell’altra”.

dei rappresentati, senza che vi siano ragioni giustificative del conflitto stesso, o che egli ne abbia una spiegazione soddisfacente145.

BURKE non pensava che il rappresentare avesse granché a che fare con la consultazione dei rappresentati o col fare ciò che essi vogliono, poiché si riferiva alla rappresentanza di interessi indipendenti (gli interessi a cui nessuno è legato così strettamente da poter avanzare la pretesa di definirli); ma, quando vengono rappresentate persone con interessi, divengono rilevanti – come accade nell’ottica liberale – la loro pretesa di avere voce in capitolo e la loro concezione circa l’interesse. Quanto all’oggetto rappresentato, più si concepiscono gli interessi (o il benessere o qualunque cosa) come oggettivi, cioè determinabili da persone diverse da quelle a cui l’interesse si riferisce, maggiore diviene la possibilità per un rappresentante di promuovere l’interesse dei suoi elettori senza consultare i loro desideri o le loro opinioni, o addirittura contrastandoli; ma, se tale interpretazione è spinta all’estremo, si lascia il campo della rappresentanza politica e si finisce col considerare l’esperto che risolve questioni tecniche e che si prende cura delle masse ignoranti nello stesso modo in cui un genitore si prende cura di un figlio. Al contrario, più si concepiscono gli interessi come soggettivi, cioè definibili solo dalla persona che li sente o li possiede, più è probabile che si esiga che il rappresentante consulti i suoi elettori e agisca in risposta a ciò che essi gli chiedono; ma, ancora una volta, forzando al massimo tale interpretazione, l’agire per conto di altri diviene inutile (quando non addirittura dannoso) o impossibile146.

Quanto alle capacità relative del rappresentante e del rappresentato, più si vede il rappresentante come membro di un’élite superiore per saggezza e per ragione, come fa BURKE, meno senso avrà esigere che il rappresentante consulti e, men che meno, realizzi le opinioni o i desideri di coloro per i quali agisce. Viceversa, nella misura in cui si vedono il rappresentante e gli elettori come relativamente eguali per capacità, saggezza e conoscenza, è probabile che si richieda che il punto di vista degli elettori sia tenuto in considerazione il più possibile. Nuovamente gli estremi sono del tutto fuori del concetto: un vero esperto che accudisce un soggetto indifeso, come un

145 Cfr. PITKIN, H.F., op. cit., 209-210.

adulto farebbe con un bambino, non è un rappresentante, così come una persona che semplicemente consulta e riflette senza agire; ma le posizioni intermedie sono molte.

Quanto al contenuto rappresentato, più si considerano le issues politiche come questioni di conoscenza, suscettibili di soluzioni corrette o valide, o paragonabili a problemi scientifici o matematici, più si tenderà a considerare il rappresentante come un esperto e l’opinione degli elettori come irrilevante. D’altro canto, più si considerano le issues politiche come scelte arbitrarie e irrazionali, materia di capriccio o di gusto, meno senso ha per il rappresentante procedere per la propria strada, ignorando i gusti degli elettori. Agli estremi la rappresentanza torna a dissolversi: né l’esperto scienziato, che risolve un problema tecnico, né colui che agisce come altri desiderano sono rappresentanti147.

PITKIN ritiene che le issues politiche si trovino nella fascia intermedia, ove si applica l’idea della rappresentanza politica come un sostanziale agire per altri. Esse probabilmente non sono né questioni arbitrarie, come la scelta tra due cibi, né questioni di conoscenza risolubili da un esperto; ma sono questioni riguardanti l’azione e ciò che dovrebbe essere fatto e, di conseguenza, implicano giudizi di fatto e giudizi di valore, fini e mezzi. Ed è precisamente questo il tipo di contesto nel quale la rappresentanza politica come attività sostanziale è rilevante; essa, infatti, risulta superflua ove ci si aspettano risposte scientificamente esatte e impossibile ove si richiedono scelte puramente arbitrarie148.

Secondo PITKIN, dunque, il rappresentante deve perseguire l’interesse dei suoi elettori, in una maniera almeno potenzialmente responsiva verso i loro desideri, e il conflitto tra loro dev’essere giustificabile in termini di quell’interesse; tuttavia, – si domanda l’autrice – che ne è di termini come “interesse” e “giustificabile” nel caso in cui, nonostante la deliberazione, la giustificazione e la discussione, permanga un disaccordo profondo e duraturo tra gli uomini circa la natura dei loro interessi? Nella misura in cui ciò accade, viene meno la possibilità di un agire effettivo per conto di altri.

147 Cfr. PITKIN, H.F., op. cit., 211.

Inoltre, se un membro di un corpo legislativo – come prevedono le moderne democrazie occidentali – è scelto da un collegio elettorale, è suo dovere perseguire l’interesse di tale collegio (o del partito politico di appartenenza) o quello della nazione nel suo complesso? Le Costituzioni di Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda, Spagna e Svizzera, lette simultaneamente e in modo coordinato, stabiliscono che ogni membro del Parlamento rappresenta, non solo i suoi elettori, ma gli interessi generali della Nazione149, o – “come talune costituzioni si esprimono più correttamente” (ORLANDO150) – tutto il popolo151, ed esercita le sue funzioni senza essere vincolato da direttive o da mandati imperativi (a pena di nullità di questi), senza riferire ai suoi elettori ed essendo soggetto soltanto alla propria coscienza152. In accordo con l’interpretazione richiamata, MICELI scrive che

149 Cfr. SARTORI,G., La rappresentanza politica, in Studi politici, SANSONI, Firenze, 1957, 533-534: “È importante capire bene la novità introdotta da questo riferimento alla nazione. Ed a questo fine è necessario mettere la formula della sovranità nazionale a confronto con quella di sovranità popolare. Perché la nazione non è il popolo, la sovranità della nazione non è la sovranità democratica.

In ragione della formula democratica […] il potere dei rappresentanti è un potere a loro trasmesso dall’elettorato, e la volontà di governo non si forma solo nel momento nel quale l’assemblea elettiva la formula, ma si forma già nel momento in cui il cittadino-elettore concorre a determinare la volontà dello Stato. In questa concezione il paese legale è soltanto l’emanazione e la creatura di un paese reale che gli preesiste.

La formula della sovranità nazionale sottintende tutt’altro sviluppo, possiede ben diverse implicazioni. […] Potremmo dire senz’altro: la volontà dei rappresentanti è la volontà della nazione”.

150 Cfr. ORLANDO, V.E., op. cit., 427.

151 Cfr. BOLOGNA, C., Art. 67, in BARTOLE,S., e BIN, R. (a cura di), Commentario breve alla

Costituzione, CEDAM, Padova, 2008, 619: “Nell’art. 67 della Costituzione […] il termine «Nazione»

equivale al termine popolo […]: i membri del Parlamento rappresentano il popolo inteso non come entità astratta ma come «vivente collettività degli appartenenti allo Stato»”.

152 Cfr. l’art. 42 della Costituzione del Belgio (14 Febbraio 1994): “I membri delle due Camere rappresentano la Nazione, e non solo i loro elettori”; cfr. gli artt. 3, comma 1, e 27, comma 1, della Costituzione della Repubblica Francese – V Repubblica (4 Ottobre 1958): “La sovranità nazionale appartiene al popolo, che la esercita mediante i suoi rappresentanti e per mezzo del referendum”; “Il mandato imperativo è nullo”; cfr. l’art. 38, comma 1, della Legge Fondamentale della Repubblica Federale di Germania (23 Maggio 1949): “I deputati del Bundestag sono eletti a suffragio universale, diretto, libero, uguale e segreto. Essi sono i rappresentanti di tutto il popolo, non sono vincolati da

“rappresentanza d’interessi comuni” non significa “disconoscimento d’interessi speciali”, ma “rappresentanza subordinata di questi, come sono essi nel fatto subordinati a quei primi”: “la rappresentanza è sempre in prima linea rappresentanza d’interessi generali, e solo in seconda linea rappresentanza d’interessi locali, quando peraltro non vi sia disarmonia o conflitto, nel qual caso ai primi è sempre accordata la precedenza”153; ma, in che modo si deve conciliare l’interesse universale col particolare?

Come spiega PITKIN, in un certo senso la nazione è la somma delle sue parti, avendo quella interesse al benessere di ciascuna di queste e queste interesse al benessere di quella; ma, in altro senso, la nazione deve esigere a volte che certe parti sacrifichino il loro benessere al suo. Perché una comunità nasca e sopravviva, i suoi membri e le sue parti devono beneficiarsi della sua esistenza e della sua perpetuazione; ma, anch’essa non può ignorare il benessere di tali parti o di tali membri. Così, dove il vantaggio è comune, perché l’interesse generale contiene tutti gli interessi particolari, il rappresentante deve “promuovere tale interesse”; quando un provvedimento non interessa tutti, o interessa i singoli in maggiore o minor grado, e l’interesse generale risulta da mutue concessioni di interessi particolari discordanti,

mandati né da direttive e sono soggetti soltanto alla loro coscienza”; cfr. l’art. 67 della Costituzione della Repubblica Italiana (27 Dicembre 1947): “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”; cfr. l’art. 50 della Costituzione del Gran Ducato di Lussemburgo (17 Ottobre 1868): “La Camera dei Deputati rappresenta il Paese. I deputati votano senza riferirsi ai loro elettori e possono tenere in considerazione solo gli interessi generali del Gran Ducato”; cfr. gli artt. 50 e 67, comma 3, della Costituzione del Regno di Olanda (4 Luglio 2002): “Gli Stati Generali devono rappresentare l’intero popolo di Olanda”; “3. I membri non devono essere vincolati da un mandato o da istruzioni quando danno i loro voti”; cfr. gli artt. 66, comma 1, e 67, comma 2, della Costituzione del Regno di Spagna (27 Dicembre 1978): “Le Corti Generali rappresentano il popolo spagnolo e consistono nel Congresso dei Deputati e nel Senato”; “I membri delle Cortes Generali non saranno vincolati da mandato imperativo”; e cfr. gli artt. 148, comma 2, 149, comma 1, e 161 della Costituzione Federale della Confederazione Svizzera (18 Aprile 1999): “2 L’Assemblea Federale comprende due camere, il Consiglio Nazionale e il Consiglio degli Stati; entrambe le camere avranno pari stato”; “1 Il Consiglio Nazionale si compone di 200 rappresentanti del Popolo”; e “1 Nessun membro dell’Assemblea Federale può votare su istruzioni di un’altra persona.

2 I membri devono dichiarare i loro legami con gruppi di interesse”.

il rappresentante deve “tutelare tutti quegli interessi particolari che gli sembrano più giusti” o, se ciò non può avvenire per la loro reciproca incompatibilità, “ottenere una transazione tra questi interessi particolari per poterli conciliare più equamente che sia possibile”154.

La dichiarazione, contenuta nelle moderne Costituzioni occidentali, secondo la quale “il deputato non rappresenta il collegio che l’ha eletto, bensì la nazione intera”, significa che il deputato non rappresenta né una “classe particolare” né una “cerchia sociale”, né un “collegio elettorale” né il “corpo elettorale”, né un “partito speciale” né “singoli individui”; ma, che egli rappresenta il “popolo intero”, comprensivo degli elettori, dei non elettori, dei votanti a favore, dei votanti a sfavore e dei non votanti,155 o persino lo “Stato”156: se, dunque, sul piano dell’essere, popolo e nazione sono entità distinte (popolo ≠ nazione), la prima delle quali rappresenta principalmente le volontà dei cittadini, mentre la seconda i loro interessi; sul piano del dover essere, popolo e nazione coincidono (popolo = nazione), dal momento che – in una sorta di eclissi – le volontà dei cittadini si identificano con i loro interessi, così come individuati dai governanti157. Pertanto, al corpo rappresentativo si deve

154 Cfr. ROSSI, L., I principî, cit., 108-109.

155 Cfr. ROSSI, L., I principî, cit., 144: “Quindi è notevole a questo punto la posizione del Parlamento. Esso ci si presenta come un organo essenzialmente rappresentativo, cioè un organo di congiunzione tra la Società e lo Stato. Non si può dire né che sia organo soltanto della Società, secondo vorrebbe la teoria del mandato, né che sia esclusivamente organo dello Stato come vorrebbe la teoria della scelta. É un organo che partendo dalla Società agisce in funzioni di Stato, e questa posizione intermedia conclude appunto alla teoria da noi espressa sull’indole del rapporto rappresentativo”.

156 Cfr. ROSSI, L., I principî, cit., 115, 121, 128-129 e 132-133.

157 Cfr. ESPOSITO, C., La rappresentanza istituzionale, Stabilimento Tipografico “Filelfo”, Tolentino, 1938, 23-24: “Di Nazione infatti non si parla solo nell’art. 41 dello Statuto, ma in numerosissimi altri testi ed in essi costantemente la Nazione non si identifica (come invece comunemente si ritiene) col popolo dello Stato che sarebbe stato rappresentato dalla Camera dei Deputati, non si risolve in una mera somma di individui, o nella stirpe, nella razza, o in una unità culturale o etica, ma si identifica con lo Stato stesso come ente sociale e politico.

La Nazione insomma è per le nostre leggi ente eminentemente politico, libero, indipendente, sovrano.

Segue da una tale costante indentificazione tra Nazione e Stato come enti sociali e politici che, quando gli artt. 2 e 41 dello Statuto proclamano che il governo dello Stato (o lo Stato come concreta

riconoscere l’attributo dell’unità e l’attività rappresentativa è improntata d’un carattere di organicità158; l’elezione, inoltre, ha il significato di “una scelta tassativa d’idee”, congiunta con “una scelta d’uomini”159, quando non addirittura di una “designazione di capacità”, nella quale non v’è alcuna “trasmissione di potere”160. ROSSI sostiene, infatti, che l’elettore non solo sceglie un uomo, ma sceglie anche la corrispondenza tra le idee politiche di quell’uomo e le proprie161; mentre ORLANDO

ritiene che il potere legislativo deve essere esercitato dai più capaci e che è presumibile che i più capaci siano coloro che sono designati dal corpo elettorale162.

persona giuridica), in sè e nei singoli organi, è rappresentante della Nazione, non intendono che tale governo dello Stato sia rappresentante di un insieme dei singoli o del popolo nei suoi contrastanti interessi e nelle sue varie e mutevoli tendenze spirituali, ma che esso rappresenti lo Stato stesso o la Nazione come realtà sociale”.

158 Cfr. ORLANDO, V.E., op. cit., 440: “Abbiamo stabilito che il miglior modo d’intendere, nel loro significato moderno, le espressioni di «popolo» e di «nazione» consiste nel considerarle come equivalenti, in sostanza, della parola «Stato», poiché è nello Stato che il popolo trova la sua vera espressione come unità giuridica. La dichiarazione scritta nelle Costituzioni può, dunque, essere interpretata nel senso che i deputati (come corpo collettivo) rappresentano lo Stato; in altri termini, si può anche dire che la Camera elettiva è un organo della sovranità dello Stato”.

159 Cfr. ROSSI, L., I principî, cit., 25-26.

160 Cfr. ORLANDO, V.E., op. cit., 443-448.

161 Cfr. ROSSI, L., Rappresentanza, cit., 843: “Il fondamento giuridico della rappresentanza implica certo una scelta; ma, d’altro lato, questa non esclude il carattere rappresentativo, perché non si tratta di una scelta dei migliori in senso assoluto e astratto, ma di quelli che l’elettore ritiene politicamente migliori nel senso che meglio incarnano le sue idee, perché seguono un indirizzo politico cui egli aderisce, anche se tecnicamente essi sono peggiori. L’elettore non si fa giudice del merito sostanziale del candidato, ma della bontà delle idee politiche da lui sostenute e della sua capacità ad attuarle, tanto che tra due candidati, uno di maggior merito, ma che non segue un dato indirizzo politico da lui preferito, l’altro di merito minore, ma che segue tale indirizzo, l’elettore vota per questo. Tale «idem sentire» tra candidato ed elettore forma una figura concomitante e congiunta, dove non si possono scindere le idee e i desideri dell’uno da quelli dell’altro, come vorrebbe la teoria della pura scelta elettorale”.

162 Cfr. ORLANDO, V.E., op. cit., 448: “I poteri dell’assemblea sono determinati dalla Costituzione. Si tratta solamente di sapere chi avrà il diritto di far parte di questa assemblea sovrana. Il governo rappresentativo risolve questa questione, dichiarando che questo diritto appartiene a colui ch’è designato dal voto dei cittadini”.

Pertanto, – conclude PITKIN – la rappresentanza politica non è né una semplice risposta del legislatore ai desideri dell’elettorato, né un giudizio terzo e imparziale su una proposta, ma un accordo pubblico, istituzionalizzato, concernente molte persone e gruppi, e operante nei complessi modi degli accordi sociali di larga scala. Ciò che la rende rappresentanza non sono le azioni individuali di singoli partecipanti, ma la struttura complessiva e il funzionamento del sistema, i modelli emergenti dalle multiple attività di molte persone. Essa è rappresentanza se il popolo (o un collegio elettorale) è presente nell’attività di governo, anche se esso non agisce letteralmente per se stesso. Fintanto che si tratta di una questione di sostanziale agire per altri, è richiesta un’azione indipendente nell’interesse dei governati, in una maniera almeno potenzialmente responsiva nei loro confronti, benché normalmente non in conflitto con i loro desideri; sicché, la rappresentanza politica è rappresentanza particolarmente nel senso di “agire per” a livello politico e il sistema rappresentativo deve curare l’interesse pubblico ed essere responsivo verso la pubblica opinione, salvo che la mancata responsività possa essere giustificata in termini di tale interesse163. E forse ciò ha senso ed è possibile persino in politica, purché si capisca come e dove cercarlo164.

A questo punto, ripensando alle varie teorie sul significato e sulla natura della rappresentanza politica, si può concordare con PITKIN sul fatto che ognuna di esse consente di mettere a fuoco e comprendere aspetti diversi della vita politica: ogni membro del Parlamento è, a certi fini, un rappresentante autorizzato, con l’autorità di vincolare coloro per i quali agisce; e, ad altri fini, un soggetto eventualmente tenuto a spiegare le sue azioni a coloro per i quali agisce. Pensare un corpo legislativo come un’immagine riflessa o un campione rappresentativo dell’intera nazione, consente di concentrare l’attenzione sulla sua composizione piuttosto che sulle sue attività; pensare lo stesso organismo come un simbolo consente di evidenziare il suo impatto psicologico sulla popolazione prima di un’accuratezza di corrispondenza tra esso e la

163 Cfr. SARTORI, G., Democrazia e definizioni, Il Mulino, Bologna, 1957, 27: “Nel celebre discorso pronunziato a Gettysburg nel 1863 Lincoln ebbe a caratterizzare la democrazia con un aforisma che è sembrato rendere meglio di ogni altro lo spirito di un sistema democratico:

government of the people, by the people, for the people”.

nazione. In altri casi, l’essenza della rappresentanza sarà individuata in un sostanziale “agire per” e la rappresentanza politica sarà identificata nell’attività di governo.

Se il concetto di governo rappresentativo non è definito in modo esaustivo da nessuna delle riportate teorie della rappresentanza politica, allora un governo rappresentativo non è né un governo che si occupi del benessere dei suoi sudditi165 né un governo che ne promuova la felicità166. Così, alla domanda “che cos’è un governo