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La fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa.

Nel documento Il lavoro agile (pagine 44-50)

Discipline a confronto: lavoro agile, coordinato e telelavoro.

2.3 La fattispecie della collaborazione coordinata e continuativa.

Il capo I della legge n. 81 del 22 maggio 2017, intitolato Tutela del lavoro

autonomo, prevede un rafforzamento delle tutele in vigore per professionisti e

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collaboratori in caso di maternità, malattia e infortunio, in termini di tutela contrattuale e di dignità della professione. La nuove legge approvata dal Parlamento il 10 maggio 2017 riguarda i rapporti di lavoro autonomo di cui all’art. 2222 del codice civile e le professioni intellettuali, con esclusione di imprenditori e piccoli imprenditori. Alcune norme sono rivolte in modo specifico ai rapporti di collaborazione. Il legislatore ─ con l’art.15 della legge 81/2017 ─ ha cercato di definire meglio la collaborazione coordinata e continuativa stabilendo che la collaborazione si intende coordinata quando ─ nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti ─ il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa. A più di un anno dall’entrata in vigore del codice dei contratti ─ con conseguente sostanziale ridimensionamento del lavoro parasubordinato ─ il numero dei collaboratori è drasticamente sceso sotto quota 300.000. Il peso di un’aliquota contributiva sempre maggiore, di tutele incerte o del tutto mancanti, ha fortemente limitato il numero di contratti di collaborazione attivati. Il decreto attuativo del Jobs Act del 15 giugno 2015, n. 81 ha abrogato la disciplina del lavoro a progetto, ma ha lasciato la possibilità di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa ai sensi dell’art. 409 numero 3) del c.p.c. Il decreto legislativo non sembra però aver apportato chiarezza alla zona grigia tra autonomia e subordinazione nei contratti di lavoro prevedendo all’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 81/2015 l’applicabilità della disciplina del lavoro subordinato a tutte le collaborazioni personali e continuative in cui le “modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con

riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Consapevole di ciò, il legislatore

del 2017 (l. n. 81/2017) è intervenuto nuovamente sul tema del lavoro parasubordinato modificando l’art. 409, n. 3) del c.p.c. Il nuovo testo dispone che: “la collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle

modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa.” Da una prima

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lettura sembrerebbe volontà del legislatore dare maggiore spazio all’accordo tra le parti in fase di sottoscrizione del contratto di collaborazione, limitando lo spazio di coordinamento “unilaterale” imposto dal committente. Ciò sottende la necessità di stabilire precise pattuizioni di coordinamento dell’attività, o di rimetterlo all’autonomia del prestatore, onde evitare che il coordinamento possa rientrare nella sfera della etero - organizzazione e che conseguentemente il rapporto venga ricondotto alla disciplina del lavoro subordinato. In pratica, adesso la co.co.co. si carica di un requisito costitutivo che finora era ricavabile per deduzione dalla previsione dell’assenza del vincolo di subordinazione prevista nel codice: l’autonomia organizzativa. Prime tracce sulla categoria dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa si intravedono agli inizi degli anni ‘70. A seguito della riforma del processo del lavoro ─ infatti ─ l’art. 409, n. 3) del c.p.c. ha esteso la disciplina del rito del lavoro ai rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed agli “altri rapporti di collaborazione che si concretizzino in

una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”. La categoria dei rapporti di

collaborazione coordinata e continuativa, talvolta richiamata con espressioni quali lavoro “parasubordinato”, lavoro “coordinato” o, ancora, “co.co.co.”, non è identificativa di una fattispecie contrattuale unitaria e tipica come lo è,

invece, il lavoro subordinato49. Il contenuto delle collaborazioni coordinate e

continuative può essere liberamente disciplinato tra le parti. Segue l’iter del

contratto di lavoro subordinato essendo necessario comunicare

preventivamente al Centro per l’impiego l’instaurazione del rapporto e la regolare registrazione sul Libro unico del lavoro (salvo la registrazione del calendario delle presenze). Eventuali controverse sui contratti di collaborazione sono, ai sensi dell’art, 409, n. 3) del c.p.c. di competenza del giudice del lavoro. La collaborazione coordinata e continuativa ─ anche

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conosciuta come co.co.co. ─ riceve una specifica definizione legislativa solo con il d.lgs. n. 276/2003 che, sostanzialmente, ha introdotto una nuova tipologia contrattuale “sostitutiva”, la collaborazione coordinata e continuativa a progetto (co.co.pro.). Di fatto, il lavoro a progetto ha eliminato dall’ordinamento la precedente co.co.co., che è rimasta utilizzabile solo per le

tipologie di rapporto che non necessitano di essere legate ad un progetto50.

Sugli artt. 61 e ss. del d.lgs. n. 276/2003 è intervenuta la l. n. 92/2012, c.d. “riforma Fornero”, che ha apportato rilevanti modifiche alla tipologia contrattuale a progetto. L’intento, era quello di “contrastare l’uso improprio e

strumentale degli elementi di flessibilità progressivamente introdotti nell’ordinamento”. La necessità di un intervento correttivo alla disciplina del

lavoro a progetto, nato proprio per cercare di limitare l’uso non opportuno delle collaborazioni coordinate e continuative, sottolinea il fatto che in realtà l’introduzione “del progetto” non aveva affatto limitato l’abuso di questa forma contrattuale, consentendo ai datori di lavoro di ricondurvi qualsiasi attività. In particolare, tale tipologia contrattuale era stata spesso utilizzata per instaurare rapporti di fatto di lavoro dipendente, ma risultanti sulla carta come collaborazioni a progetto, con tutte le conseguenze che ne discendono: nessun vincolo, nessun limite temporale (la legge non prevede una durata minima o massima al contratto), nessun minimo retributivo, niente ferie pagate, nessun

costo in caso di malattia o gravidanza del dipendente-collaboratore51.

Consapevole di ciò, il legislatore del 2015 con il Jobs Act, nell’ambito di un’ampia riforma delle tipologie contrattuali, ha abrogato la disciplina del lavoro a progetto. A far data dal 25 giugno 2015 (data di entrata in vigore del provvedimento) non è stato più possibile stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa in forma autonoma ai sensi dell’art. 409, n. 3) c.p.c.

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S. Di Ninno ( a cura di P. Stern), Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, in Jobs Act:

i nuovi contratti di lavoro, Maggioli, 2015.

51

M. Pedrazzoli, Riconduzione a progetto delle collaborazioni coordinate e continuative, lavoro

occasionale e divieto delle collaborazioni semplici: il cielo diviso in due, in Il nuovo mercato del lavoro: commento al d.lgs. n. 276/2003, Zanichelli, Bologna, p. 706 s.

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Il legislatore a seguito dell’eliminazione della collaborazione coordinata e continuativa con modalità a progetto ha introdotto, a far data dal 1° gennaio 2016, la c.d. “presunzione di subordinazione”, basata principalmente sulle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non più sul contenuto della stessa. In particolare, è stabilita l’applicazione della disciplina del lavoro subordinato ai rapporti di collaborazione che si concretizzano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi ed al luogo

di lavoro (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015)52. Tale “presunzione” di

subordinazione opera anche per le collaborazioni autonome a p. IVA, sostituendo quelle che aveva introdotto la l. 92/2012, abrogate dal d.lgs. 81/2015. A decorrere dal 1° gennaio 2016, è applicata la disciplina del rapporto di lavoro subordinato alle collaborazioni coordinate e continuative se congiuntamente sono presenti gli elementi di: a) esclusiva personalità della prestazione, ovvero quando la prestazione è resa personalmente dal titolare del rapporto, senza l’ausilio di altri soggetti; b) continuatività della prestazione, ovvero le prestazioni che si ripetono in un determinato arco temporale al fine di conseguire una reale utilità; c) organizzazione da parte del committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. Alcune tipologie di prestazione vengono direttamente escluse dalla presunzione di subordinazione anche in presenza degli indici di subordinazione. La configurabilità del rapporto di collaborazione nell’ambito di tali eccezioni normative comporta che a tali rapporti, indipendentemente dalla sussistenza o meno della etero – organizzazione, si applichi la disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative. L’art.2, comma 2, del d.lgs. 81/2015 prevede che la disciplina del lavoro subordinato richiamata per le collaborazioni etero - organizzate non si applichi: a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali

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P. Tosi, L’art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81/2015: una norma apparente?, in Arg. Dir. lav., 2015, fasc. 6, p. 1117.

49 stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive e organizzative del relativo settore; b) alle collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali; c) alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni; d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289; d-bis) alle collaborazioni prestate nell’ambito della produzione e della realizzazione di spettacoli da parte delle fondazioni di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367”. Seppur le prestazioni di cui ai punti b), c)

e d) siano le medesime che venivano escluse dalla regolazione del contratto a progetto, il punto a) invece lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di disciplinare la co.co.co. per rispondere a specifiche esigenze di alcuni settori

(Es. call center, ONG)53. Il collaboratore non offre le proprie energie

lavorative, come nel lavoro subordinato, ma svolge un’attività finalizzata alla realizzazione di un’opera o un servizio, che deve essere predeterminata dalle parti e che ─ essendo per definizione continuativa nel tempo ─ presuppone una pianificazione del lavoro che poi verrà svolto dal lavoratore in autonomia. Inoltre, il tempo di esecuzione del lavoro di regola non rileva per la quantificazione della prestazione e per la determinazione del compenso. È ─ tuttavia ─ possibile che il contratto preveda alcuni vincoli in funzione delle esigenze di coordinamento tra il collaboratore e l’organizzazione produttiva del committente. Quindi si sottolinea, che la previsione di vincoli di orario per

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il collaboratore non è incompatibile con il lavoro coordinato e continuativo, purché tale vincolo sia necessario in funzione del coordinamento tra il collaboratore stesso e l’organizzazione produttiva del committente e purché in tal caso non sia poi previsto anche un obbligo di svolgere la prestazione in un determinato luogo (generalmente la sede del committente). L’attività del collaboratore deve in ogni caso caratterizzarsi: a) per la specificità; b) per i rilevanti margini di autonomia, ancorché coordinabili con l’organizzazione

del committente; c) per essere valutata e valutabile indipendentemente dal tempo di esecuzione. Le parti potranno prevedere, laddove le caratteristiche

dell’attività lo necessitano, l’utilizzo delle attrezzature del committente descrivendo in contratto in modo dettagliato le modalità applicative. Infine, per quanto concerne le misure di sicurezza si prevede che, se lo svolgimento dell’attività è prevalentemente interna all’azienda è opportuno che il contratto preveda clausole di tutela sulla sicurezza dei luoghi di lavoro anche ai collaboratori coordinati e continuativi. I lavoratori coordinati e continuativi

rientrano nelle tipologie soggette agli obblighi del d.lgs. n. 81/200854.

2.4 Possibili interferenze tra lavoro agile e collaborazione

Nel documento Il lavoro agile (pagine 44-50)