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Lavoro agile nella pubblica amministrazione.

Nel documento Il lavoro agile (pagine 142-165)

Applicazione pratica del lavoro agile.

5.4 Lavoro agile nella pubblica amministrazione.

In seguito all’approvazione del Disegno di Legge n. 2233, oggi Legge n. 81/2017, e visto l’articolo 14 della Legge 7 agosto 2015, n. 124, recante173

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143 “Deleghe al Governo in materia e di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche” e, in particolare, il comma 3, secondo cui “Con direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti indirizzi per l’attuazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le linee guida contenenti regole inerenti l’organizzazione del lavoro finalizzate a promuovere la conciliazione dei temi di vita e di lavoro dei dipendenti”, il

Presidente del Consiglio dei Ministri si è determinato all’emanazione della Direttiva n. 3/2017 del 1° giugno 2017, già oggetto di parere positivo da parte della Conferenza delle Regioni in Conferenza Stato-Regioni del 25 maggio 2017174. I riferimenti normativi relativi alla Conferenza Unificata sono gli artt. 8 e 9 del D.Lgs. 28.08.1997, n. 281. Con il D.Lgs. n. 281 del 28 agosto 1997 è stata istituita la Conferenza Unificata, di cui sono state definite anche la composizione, i compiti e le modalità organizzative e operative. La Conferenza Unificata, sede congiunta della Conferenza Stato-Regioni e della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, opera al fine di: a) favorire la cooperazione tra l’attività dello Stato e il sistema delle autonomie; b) esaminare le materie e i compiti di comune interesse. La competenza di tale organo sussiste in tutti i casi in cui Regioni, Province, Comuni e Comunità montane, ovvero la Conferenza Stato-Regioni e la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali sono chiamate ad esprimersi su un medesimo oggetto. Con l’articolo 14 citato, sono state introdotte nuove misure per la promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro (commi 1 e 2), all’attuazione delle quali le amministrazioni pubbliche sono state sollecitate, con l’adozione, nei limiti delle risorse di bilancio a legislazione vigente e senza novi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di misure organizzative per: 1) fissare obbiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro; 2) sperimentare, anche al fine di tutelare le cure parentali, nuove modalità spazio-temporali di svolgimento

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della prestazione lavorativa, ovvero il c.d. lavoro agile. quanto sopra, appunto, introducendo nuove modalità organizzative della prestazione di lavoro c.d. “flessibili”, basate, altresì, sulla valutazione per obbiettivi e sul rilievo dei bisogni del personale dipendente, anche alla luce delle esigenze di conciliazione dei tempi vita-lavoro175. In buona sostanza, ciascuna amministrazione è chiamata ad attuare politiche volte a: 1) valorizzare/razionalizzare le risorse umane e strumentali disponibili ai fini di una maggiore produttività/efficienza (anche alla luce della riorganizzazione della pubblica amministrazione e delle esigenze di contenimento dei costi delle strutture pubbliche); 2) responsabilizzare il personale dirigente e non; 3) promuovere e diffondere l’utilizzo delle tecnologie informatiche e digitali; 4) perfezionare i sistemi di misurazione/valutazione delle performance del personale; 5) conciliare vita-lavoro. L’art. 14, commi 1 e 2 della Legge 7.08.2015, n. 124 promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche in vigore dal 28.08.2015, dispone che: 1. Le

amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottano misure organizzative volte a fissare obbiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro e per la sperimentazione, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa, che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti che se ne avvalgono non subiscano penalizzazione ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera. L’adozione delle misure organizzative e il raggiungimento degli obbiettivi di cui al presente comma costituiscono oggetto di valutazione nell’ambito dei percorsi di misurazione della

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E. Barazzetta, Lavoro agile per il futuro della Pa. Pratiche innovative per la conciliazione vita-lavoro, in Agenzia per la coesione territoriale(PON governante e capacità istituzionale 2014-2020), 2018.

145 performance organizzativa e individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche. Le amministrazioni pubbliche adeguano altresì i propri sistemi di monitoraggio e controllo interno, individuando specifici indicatori per la verifica dell’impatto sull’efficacia e sull’efficienza dell’azione amministrativa, nonché sulla qualità dei servizi erogati, delle misure organizzative adottate in tema di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro dei dipendenti,anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente, sia nelle loro forme associative. 2. Le amministrazioni pubbliche, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, procedono, al fine di conciliare i tempi di vita e di lavoro dei dipendenti, a stipulare convenzioni con asili nido e scuole dell’infanzia e a organizzare, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, servizi di supporto alla genitorialità, aperti durante i periodi di chiusura scolastica. Un

ruolo determinante nell’attuazione delle misure prescritte è demandato ai Comitati unici di garanzia per le pari opportunità, la valorizzazione del benessere di chi lavora e contro le discriminazioni, costituiti ex art. 57 del D.Lgs. n. 165 del 30 marzo 2001, nonché agli Organismi indipendenti di valutazione, costituiti ex D.Lgs. n. 150 del 27 ottobre 2009 che, nell’ambito dei loro compiti propositivi, consultivi e di verifica, contribuiranno all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico, migliorando l’efficienza delle prestazioni collegata alla garanzia di un ambiente di lavoro caratterizzato dal rispetto delle pari opportunità, del benessere organizzativo e dal contrasto di qualsivoglia discriminazione e violenza morale o psichica per i lavoratori. La Direttiva pone per le singole amministrazioni, l’obbiettivo, entro i 3 anni dall’emanazione della stessa, dell’adozione di misure che permettono ad almeno il 10% dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali nuove modalità flessibili di svolgimento della prestazione, senza alcuna penalizzazione, rispetto ai dipendenti che non se ne avvalgono, in relazione: a) al riconoscimento di professionalità; b) alla progressione di carriera. Trattasi,

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in ogni caso, di un valore facoltativo, nel senso che sarà il dipendente a dover fare richiesta di lavoro agile che, conseguentemente, potrà anche non esserci. In ogni caso, relativamente all’individuazione dei dipendenti destinatari delle predette misure, nessun categoria di lavoratore può dirsi esclusa in via preventiva, neppure quella dei “dirigenti”176

. Piuttosto, le amministrazioni potranno definire le attività ritenute compatibili con il lavoro agile e tenerne conto, insieme ad altri criteri selettivi che si andranno a stabilire, al fine dell’accesso o meno allo stesso da parte dei dipendenti che ne faranno richiesta. Il lavoro agile ─ dal profilo della adozione delle misure organizzative e del raggiungimento degli obbiettivi determinati ─ sarà inoltre oggetto di valutazione nell’ambito di percorsi di misurazione della performance organizzativa ed individuale all’interno delle amministrazioni pubbliche. A tal fine, le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad adeguare i propri sistemi di misurazione e valutazione, anche coinvolgendo i cittadini, sia individualmente che nelle loro forme associative. Alle amministrazioni è demandata altresì la verifica dell’impatto delle misure flessibili adottate: 1) sull’efficacia e sull’efficienza dell’adozione amministrativa; 2) sulla qualità dei servizi erogati. Allo scopo di fornire gli indirizzi per l’attuazione delle disposizioni ivi previste e al fine di favorire un’applicazione efficace delle misure, alla Direttiva sono state allegate delle linee guida, che ne costituiscono parte integrante, per aiutare le amministrazioni, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e gestionale, ad adeguarsi alle “novità”. Invero, le stesse contengono indicazioni inerenti l’organizzazione e la gestione del personale per: a) promuovere la conciliazione vita-lavoro dei dipendenti; b) favorire il benessere organizzativo delle strutture; c) assicurare l’esercizio dei diritti dei lavoratori. Tali linee guida, in ogni caso, forniscono indicazioni operative generali e di massima e, comunque, non vincolanti, ferma restando, infatti, l’autonomia delle amministrazioni nel determinare le misure più

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consone ed efficaci in relazione alla propria struttura ed organizzazione. Viene, peraltro, prevista la costituzione, entro 30 giorni dall’adozione della direttiva n. 3/2017, di un gruppo di monitoraggio presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di durata biennale, al fine di: 1) supportare le pubbliche amministrazioni destinatarie della disciplina di cui alla direttiva n. 3/2017 nella fase di sperimentazione delle misure relative alle nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa; 2) monitorare e verificare l’attuazione della Direttiva; 3) formulare eventuali proposte per la modifica e l’integrazione della direttiva stessa.

5.5 Conclusioni.

In quest’ultimo paragrafo si cercherà, alla luce di ciò che si è detto, di fornire un quadro conclusivo sul lavoro agile. Innanzitutto è importante contestualizzare il fenomeno dello smart working all’interno di quella che viene ad essere definita la 4° rivoluzione industriale. Essa consiste in un processo di digitalizzazione che sta dirigendo il mondo del lavoro verso la più ampia flessibilità e quindi alla consapevolezza che con le nuove tecnologie è possibile unire l’attività lavorativa e la vita privata. Ed è proprio questa la finalità del lavoro agile: la conciliazione tra lavoro e vita privata. Il legislatore italiano ha provveduto alla regolamentazione del lavoro agile con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017. Si tratta del Jobs Act degli autonomi il cui scopo è quello di realizzare un avvicinamento tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, estendendo l’ambito della tutela ma conservando la consapevolezza della diversità ontologica ed operativa delle due tipologie contrattuali. Nella l. n. 81/2017 si rinviene, infatti, un Capo I, dedicato alla

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tutela del lavoro autonomo, un Capo II, dedicato al c.d. “Lavoro agile” e un Capo III contenente “Disposizioni finali”. La parte più originale del provvedimento è rappresentata, ovviamente, dalla seconda sezione del documento di riforma che è inaugurata dall’art. 18 rubricato Lavoro agile. Il legislatore ha inteso promuovere il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, sul punto sono state fornite chiarificazioni ulteriori nel Capitolo 1 paragrafo 1.4. Si prevede, innanzitutto, che l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore debba essere redatto in forma scritta per verificare la correttezza amministrativa e per ovvi motivi probatori. L’accordo scritto non è il solo adempimento esistente in capo al datore di lavoro, ma ed esso si unisce la previsione di una policy sugli strumenti di lavoro e i controlli, l’indicazione del potere disciplinare e i comportamenti sanzionabili, infine è necessaria un’informativa scritta sui rischi (art. 22, co. 1). Quest’ultima previsione è correlata al fatto che la sicurezza e la tutela contro gli infortuni resta il nodo principale dello smart working. Perché il lavoro agile non costituisce una nuova tipologia contrattuale, ma una particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che avviene in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno, senza una prestazione fissa, entro i solo limiti di durata massima dell’orario di lavoro. Il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione del rapporto fuori dei locali aziendali (art. 22, co. 2). Il lavoratore è tutelato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione resa all’esterno dei locali aziendali (art. 23). Deve essere tutelato anche per l’infortunio in itinere, inteso come l’infortunio che avviene durante “il

normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione all’esterno dei locali aziendali, quando la scelta del luogo della prestazione è dettata da: a) esigenze connesse alla prestazione; b) necessità di conciliare esigenze di vita e di

149 lavoro; c) criteri di ragionevolezza”. Nel mondo reale già diverse aziende

avevano applicato con risultati positivi il sistema della flessibilità così come indicato e descritto nel Capitolo 5 relativo all’applicazione pratica del lavoro agile. In questa prospettiva, la l. n. 81/2017 mira a eliminare le incertezze applicative ed amministrative che l’immediata attuazione pratica aveva cagionato in conseguenza dell’assenza di norme specifiche in materia, con specifico riferimento alle clausole contrattuali e agli specifici adempimenti amministrativi: il Jobs Act autonomi tenta di colmare il vuoto legislativo. L’obbiettivo, invero, è anche più ampio e vorrebbe condurre, attraverso lo strumento dello smart working, a potenziare la resa lavorativa e la proficuità della prestazione consentendo al lavoratore di operare in un ambiente diverso rispetto a quello dell’interno del proprio luogo di lavoro. Con siffatte operatività verrebbe facilitata la difficile e sempre faticosa conciliazione tra i tempi di vita e i tempi dedicati al lavoro, concedendo al lavoratore una maggiore libertà ed elasticità nella gestione delle ore, dei giorni e dei tempi: pur avendo sempre ben chiara la necessità di rispettare le scadenze lavorative così come indicate dal datore di lavoro, le istruzioni da quest’ultimo fornite e, più in generale, gli incarichi attribuiti. Un tema di intenso dibattito è rappresentato dall’indubitabile ridimensionamento del ruolo della contrattazione collettiva (paragrafo 5.3), reso evidente dall’eliminazione della norma originariamente prevista nella versione prima della l. n. 81/2017, secondo la quale la contrattazione collettiva di livello nazionale, territoriale e aziendale avrebbe potuto introdurre ulteriori disposizioni finalizzate ad agevolare i lavoratori e le imprese che intendono utilizzare la modalità di lavoro agile. Gli effetti di siffatta eliminazione ─ assai significativa sotto il profilo del rapporto tra le fonti ─ sono di non poco rilievo. A fronte di un’evidente limitazione della funzione riconosciuta dalla legge alle parti sociali e al sistema della contrattazione collettiva, si collega un’altra limitazione: le imprese non hanno più la possibilità di individuare strumenti

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diversi da quelli ex lege previsti, che, d’intesa con le rappresentanze sindacali, possano aiutare a migliorare le singole realtà produttive e contemporaneamente la qualità di vita del lavoratore. Precisato che la denominazione di smart working è utilizzata per definire esclusivamente la modalità di svolgimento e non già la tipologia contrattuale, che rimane quella del rapporto di lavoro subordinato, occorre precisare che con qualunque lavoratore può raggiungersi un accordo, non rilevando né la qualifica professionale del lavoratore, né il livello professionale entro cui è inquadrato così come spiegato nel Capitolo 1 paragrafo 1.3 Gli ambiti di applicazione del

lavoro agile, non solo ma il lavoro agile è destinato ad applicarsi anche alla

pubblica amministrazione e la normativa di rifermento è: articolo 14, legge 7 agosto 2015, n. 124; Direttiva del presidente del Consiglio dei Ministri del 1° giugno 2017; chiarificazioni in merito sono state fornite nel Capitolo 5 paragrafo 5.4. Ad essere fondamentale, come si è sottolineato, è l’accordo tra datore di lavoro e lavoratore. Più precisamente, quello che è richiesto è la specificazione delle modalità di lavoro fuori dai locali adibiti dall’azienda all’attività lavorativa deve contemplare anche le modalità e i tempi dell’utilizzo degli strumenti tecnologici. In particolare, soccorrono in questa prospettiva gli artt. 19 e 21 del testo in esame, laddove si prevede che l’accordo debba contenere anche le indicazioni delle forme di esercizio della eterodirezione da parte del datore di lavoro, oltre ai tempi del riposo e ai modi di esercizio del controllo. Relativamente al potere di controllo e disciplinare nel lavoro agile è stato dedicato l’intero Capitolo 4. Per quanto attiene agli strumenti tecnologici di lavoro che vengono consegnati al lavoratore per la propria attività, la responsabilità di siffatta attrezzatura rimane nella disponibilità del datore di lavoro e sotto la sua assicurazione, rispondendone egli per il buon funzionamento. Invero, già in merito a questa problematica, può sottolinearsi come la legge n. 81/2017 in esame non contenga alcuna previsione né per quanto attiene ai rimborsi delle spese sostenute dai

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lavoratori, né per quanto attiene ai costi degli strumenti di lavoro: per esempio, ci si potrebbe chiedere a chi spetti pagare l’energia elettrica necessaria per alimentare il PC dal quale il lavoratore opera. Come detto, sul punto la legge tace, sicché si deve ipotizzare che anche questo profilo debba rientrare tra i contenuti degli accordi. I tempi dell’accordo possono prefigurare una durata determinata, ovvero indeterminata, ma in siffatta eventualità occorre che il recesso da una delle parti avvenga con un preavviso di trenta giorni: a tale termine si può derogare solamente se la cessazione dello smart

working avvenga per un giustificato motivo. Lo smart working può applicarsi

anche a personale disabile e, anzi, proprio per le categorie di lavoratori disabili si auspica possa valere come un’opzione migliorativa. Per i lavoratori disabili il termine di preavviso rimane di trenta giorni laddove venga esercitato dal lavoratore, mentre non può essere inferiore a novanta giorni laddove sia esercitato dal datore di lavoro. Il recesso e l’accesso ai lavoratori disabili alla modalità di smart working sono stati trattati nel Capitolo 1 paragrafo 1.4. Il favor che il legislatore ha dimostrato ampiamente nei confronti del lavoro agile ha importanti séguiti anche dal punto di vista delle agevolazioni: queste ultime sono connesse agli incrementi di produttività e di efficienza previsti dalle programmazioni del welfare dell’azienda. La pratica conseguenza è che anche i c.d. lavoratori agili potranno usufruire delle agevolazioni fiscali e potranno vedersi riconosciuti i diritti alle agevolazioni fiscali ovvero decidere di ottenere, al posto dell’erogazione economica, forme di assistenza sanitaria integrativa, ovvero beni e servizi di previdenza complementare.

In conclusione, con la mia ricerca e studio della materia oggetto della presente, ho cercato di procedere ad una disamina articolata, contestualizzata e approfondita attraverso fonti autorevoli, sul lavoro agile. È stato interessante riflettere, anche criticamente, su come gli spazi di lavoro si stanno

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ridefinendo, sulle differenze tra ecosistema europeo, più avanzato, e italiano ed infine comprendere come la tecnologia possa supportare e agevolare aziende e lavoratori nell’approccio allo smart working. Da quello che è emerso, ritengo che l’Italia sia pronta ad abbracciare le dinamiche del lavoro agile. Le aziende sono più consapevoli che la richiesta di adottare approcci e tecnologie che favoriscano il lavoro agile, è in continua crescita, perché offrire ai lavoratori la flessibilità, è la chiave per soddisfare il bisogno di un migliore equilibrio tra lavoro, produttività e vita privata.

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Nel documento Il lavoro agile (pagine 142-165)