• Non ci sono risultati.

Verso un concetto più dinamico di luogo di lavoro.

Nel documento Il lavoro agile (pagine 83-90)

Lavoro agile: infortuni e malattie professionali, quale sicurezza?

3.3 Verso un concetto più dinamico di luogo di lavoro.

L’innovazione tecnologica e la comparsa dei nuovi mezzi di comunicazione hanno gradualmente eliminato ogni tipo di barriera spazio-temporale che per decenni ha caratterizzato il mondo del lavoro. Lo conferma una recente ricerca Cisco sulla trasformazione dei luoghi di lavoro che stima in un valore aggiunto di 4,5 miliardi di dollari l’impatto delle tecnologie nei processi non solo produttivi, ma anche negoziali, decisionali e relazionali di tipo

lavorativo84. Se il telelavoro ─ alla fine degli anni Novanta ─ ha rappresentato

una prima rivoluzione del modo di lavorare, oggi ci stiamo avvicinando verso una nuova frontiera, quella dell’ubiquous work, ossia del lavoro che può essere svolto in qualsiasi luogo e orario. Non si tratta più di lavorare ─ totalmente o parzialmente ─ da casa o da un altro ufficio in remoto, ma riguarda la possibilità di poter scegliere il luogo e il tempo di lavoro grazie all’alto grado di mobilità e connessione degli ultimi dispositivi high-tech. Si può lavorare da casa o in ufficio, o in luoghi terzi, che possono essere quelli messi a disposizione dall’azienda ─ i cosiddetti “in between spaces” dotati di scrivanie, connessioni internet, telefono, fax e stampanti ─ o quelli liberamente scelti dai lavoratori (come le biblioteche, caffetterie, parchi etc.). Questa facoltà di scelta avrebbe il vantaggio di dare ai datori di lavoro una maggiore flessibilità nella pianificazione delle attività lavorative, e ai lavoratori di modellare i propri tempi e luoghi di lavoro sulla base dei propri stili e necessità di vita. In linea generale, vi sarebbe un uso più efficiente flessibile della forza lavoro, una riduzione nei consumi di energia e dei costi di affitto degli uffici, e un incremento nella produttività. Comunemente si ritiene che questa maggiore discrezionalità sia una prerogativa di una porzione

84

Cisco (azienda multinazionale specializzata nella fornitura di apparati di networking), Cisco Workplace

84

ridotta di lavoratori, ossia di coloro che sono impiegati in certi settori (come quelli dell’intermediazione immobiliare e finanziaria) o in specifiche funzioni (ad esempio amministrazione, comunicazione, finanza, relazioni esterne etc.). Invece, un rapporto inglese dimostra come questo gruppo potrebbe allargarsi se si considerano tutti quei lavoratori che dispongono di un certo grado di indipendenza dal tempo e dal luogo di lavoro che può essere di fatto ulteriormente rafforzato dai nuovi mezzi high-tech mobili. Ai “time-lords”, cioè coloro che già dispongono di una maggiore libertà di scelta del luogo e del tempo di lavoro, come gli amministratori delegati, artisti, ricercatori nelle scienze sociali, si aggiungerebbero i “remote controllers”, ad esempio gli operatori call-centers e alcuni operatori ICT che sono indipendenti dal luogo di lavoro e, infine, i “time-stretchers” che invece sono indipendenti dal

tempo, come nel caso degli operatori sociali85. Una porzione sempre maggiore

di lavoratori potrebbe essere dunque coinvolta dall’alto grado di mobilità, connessione e flessibilità proprio delle nuove tecnologie. Tuttavia, questo nuovo trend non è spinto solo dagli strumenti tecnologici o dal grado di dipendenza dal luogo e tempo dell’attività lavorativa, ma è favorito dalla stessa richiesta espressa dalle future generazioni di lavoratori: oggigiorno, quasi due studenti su tre prossimi ad entrare nel mercato del lavoro si aspettano di essere in grado di accedere alla propria rete aziendale utilizzando il proprio computer di casa, e circa la metà di essi si aspettano di fare lo stesso con i loro dispositivi mobili personali (Cisco, 2011). In altri termini, se viene garantita la possibilità di connettersi, ciascun luogo può diventare potenzialmente un posto di lavoro per una crescente porzione di attività lavorative. Questo nuovo anytime-anywhere work supera dunque quei limiti spaziali del tradizionale “luogo di lavoro” rendendo più arcaica l’idea di “andare al lavoro” sostituendola con la pratica sempre più diffusa di

85

85

“connettersi al lavoro”86. Tuttavia, il passaggio all’ubiquous work non implica

la scomparsa dello spazio fisico dell’ufficio ma piuttosto il fatto che non esisterà più nella sua forma convenzionalmente intesa e cioè quella del luogo in cui i lavoratori si recano quotidianamente per svolgere la propria attività lavorativa. Dal momento che i computer portatili e i dispositivi tecnologici personali ─ abbinati al Web 2.0 ─ sono già in grado di essere il vero e proprio ufficio, nel futuro, il posto di lavoro non sarà più il luogo in cui il lavorare ma quello in cui incontrare, da un lato, colleghi e superiori, e dall’altro, soci e clienti. Si tratta di un fenomeno già visibile in alcune aziende che hanno abolito le pareti dei singoli uffici e creato ampi open spaces e sale riunioni. I dipendenti di Microsoft nei Paesi Bassi, per esempio, non hanno nessun ufficio dedicato: trovano l’area di lavoro ideale in base a ciò cui stanno lavorando. Un’idea applicata anche nella sede di Milano di Cisco System Italia, dove il numero di postazioni disponibili è un terzo rispetto al numero dei dipendenti totali. Gli uffici diminuiscono e gli spazi vengono convertiti in luoghi di incontro: questa è la filosofia alla base del futuro modo di lavorare e collaborare con i colleghi, superiori, soci e clienti. Di conseguenza, lo spazio interno di un’azienda si trasforma:non solo vengono abbattuti i muri in favore di spazi aperti, ma viene anche cambiato l’arredamento in modo da rendere lo spazio più “cool” per agevolare gli incontri e favorire la creatività e l’innovazione. L’ambiente di lavoro degli uffici di Google è, in tal senso, quello più conosciuto: le immagini delle sue postazioni in barche a remi, alveari, o sdraio colorate e quelle di ampi spazi di relax hanno fatto il giro del mondo. Colori vivaci, luci, spazi ariosi sono pensati per rendere il lavoro più confortevole e collaborativo. Molte altre aziende stanno intraprendendo questo trend che, come emerso da uno studio di dati (un gruppo di esperti in materia è stato coinvolto in un’indagine applicando il metodo Delphi che si

86

U. Buratti – S. Caroli – E. Massagli (a cura di), Gli spazi per la valorizzazione dell’alternanza scuola-

86

propone di indagare lo scenario futuro del mondo del lavoro), sarà

predominante nel futuro87. Il luogo di lavoro diventa dunque un “hub” al

centro di una fitta rete di relazioni strette con un’ampia e variegata gamma di soggetti interni ed esterni (produttori, fornitori, clienti, soci e anche concorrenti) tutti egualmente importanti per rimanere competitivi nel futuro mercato. La collaborazione online (si pensi appunto alle connessioni video, interazioni wiki, alle piattaforme di cooperazione, internet, etc.), ha in parte sostituito l’interazione quotidiana face-to-face, creando una nuova forma di comunicazione, l’interazione virtuale, che ha dimostrato di avere diversi aspetti positivi: la possibilità di portare nello stesso “luogo” voci provenienti da diversi background, funzioni, e mansioni con il valore aggiunto di integrare competenze diverse per uno scopo comune; sostituire le strutture gerarchiche con interazioni di tipo “orizzontale”; tempi decisionali più veloci; maggiore capacità di adattamento alle esigenze del presente e una migliore capacità di relazione ai cambiamenti; una comunicazione più condivisa che arricchisce il singolo e il gruppo. In poche parole emerge una comunicazione più fluida che cambia, tra le altre cose, i tradizionali rapporti tra: datore, lavoratore e sindacato. Infatti ─ in virtù della più accentuata interazione virtuale ─ la relazione datore di lavoro-lavoratore perde il suo connotato gerarchico e individuale. Dipendenti e dirigenti sono “più vicini” nello spazio virtuale, dove il rapporto non è più “a due” ma di “comunità”, aperto e orizzontale, in cui “l’anzianità” e la “qualifica” giocano un ruolo secondario. Grazie agli strumenti agli strumenti di cooperazione online, ogni dipendente dispone di una maggiore possibilità di esprimere la propria opinione, partecipare al processo decisionale e agli obbiettivi aziendali. Il potere decisionale, tradizionalmente nelle mani del comitato esecutivo, viene gradualmente decentrato: i lavoratori sono sempre più “coproduttori” anziché semplici “esecutori”. Se da un lato questa vicinanza rafforza il senso di appartenenza

87

87

all’azienda e alla cultura aziendale, dall’altro, indebolisce il ruolo di intermediazione che fino ad oggi ha svolto il sindacato di fronte al tradizionale conflitto imprenditore-lavoratore. I sindacati devono dunque ripensare al proprio ruolo e alla loro dimensione collettiva partendo dalla constatazione che l’uso delle nuove tecnologie sul posto di lavoro ha creato molteplici reti che, oltre ad esprimere una vasta gamma di interessi, trascendono i confini aziendali. Le reti e le nuove tecnologie delle comunicazioni sono uno dei molteplici fattori di cambiamento del futuro del lavoro ma, più di altri, stanno creando un nuovo luogo di lavoro che diventa uno spazio comune, fisico e virtuale, del sapere, confronto e collaborazione. Riconoscere tale tendenza in atto è necessario per prepararsi al futuro del lavoro che, per certi aspetti, è già

radicato nel presente88. L’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul

lavoro mette in luce che “lo sviluppo della tecnologia ha ampliato la

possibilità di “trasferire” il lavoro al di fuori dei luoghi ad esso tradizionalmente deputati e ha favorito la nascita di forme di organizzazione del lavoro del tutto nuove”89

. In questo alveo si colloca la normativa sullo

smart working che sta creando tra le imprese e tra gli operatori dubbi applicativi e interpretativi a non finire. Per giunta, i dubbi sono aggravati dal fatto che si usa leggere le nuove disposizioni senza collocarle nel contesto globale del D.lgs. n. 81/2008. Basti pensare che, in base all’art. 18, co. 1, secondo periodo, l. n. 81/2017, in caso di lavoro agile, “la prestazione

lavorativa viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa”. Nella sentenza n. 45808 del 5 ottobre

2017, la Cassazione Penale fornisce una chiave di lettura che a ben vedere si rivela preziosa ai fini di una corretta applicazione delle norme di sicurezza del lavoro in rapporto ad attività svolte al di fuori dei locali aziendali. Il caso è quello di una disegnatrice dipendente di uno studio di progettazione recatasi

88

P. Salazar, Lavoro agile: occorre ri-progettare i tempi e i luoghi di lavoro, in IPSOA Quotidiano, 2017.

89

Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, Rischi emergenti: agire adesso per garantire la

88 “presso un edificio ad uso commerciale, composto da tre piani (interrato, terra e primo), che doveva essere adibito a supermercato, per effettuare dei rilievi metrici al piano terra, per permettere di valutare lo spessore del muro e l’ingombro del vano scala”. La donna “si introdusse all’interno di questo attraverso il varco nella pannellatura in cartongesso, che era stata praticata il giorno precedente dal titolare di una ditta individuale, per fare una valutazione del locale”, e, “una volta entrata nel vano, precipitò al piano interrato attraverso l’apertura per il transito dell’ascensore (o il vano a destra dell’ingresso) lasciati vuoti, aperti e non protetti”. La sezione IV ne

trae spunto per insegnare che “i doveri di valutazione del rischio e di

formazione del lavoratore gravanti sugli imputati, in quanto datori di lavoro “mandanti” sorgono dal generale obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati ad operare i dipendenti, ovunque essi siano situati (art.15 d.lgs. n. 81/2008) ed al parimenti generale obbligo di formare i lavoratori, in particolare in ordine ai rischi connessi alle mansioni (art.37,co. 1 lett. b d.lgs. n. 81/2008)”. Spiega

che “la restrittiva nozione di luogo di lavoro rinvenibile nell’art. 62 d.lgs. n.

81/2008 (a mente del quale si intendono per luoghi di lavoro “i luoghi destinati ad ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”), è posta unicamente in relazione alle disposizioni di cui al Titolo II del citato decreto”. E ne desume che “ogni tipologia di spazio può assumere la qualità di luogo di lavoro, a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”. Fa seguito una analisi non meno illuminante. Osserva la Sez. IV che, “mentre le attività in esterno da eseguirsi presso un luogo non classificabile come cantiere temporaneo o mobile richiedono la preliminare valutazione dei rischi delineata dall’art.28 del decreto, quelle da eseguirsi presso un cantiere

89 divengono oggetto della più articolata disciplina prevista dal menzionato Titolo IV”. E con riguardo al caso di specie, precisa che il datore di lavoro

della disegnatrice “avrebbe dovuto provvedere ad elaborare la preliminare

valutazione dei rischi connessi all’esecuzione di attività lavorativa presso il sito costituito dall’edificio oggetto dei lavori da progettare e a formare la lavoratrice in merito agli stessi”, e che l’obbligo di formazione gravava anche

sul dirigente. Illuminante è un’ultima considerazione. “Ove l’insorgere del

rischio di caduta dall’alto (per l’esistenza di aperture sul vuoto) fosse avvenuto in tempi successivi ad una valutazione dei rischi comunque eseguita ─ ma giustificatamente manchevole della considerazione dello specifico rischio ─ e di esso gli imputati fossero rimasti incolpevolmente all’oscuro, non potrebbe essere loro ascritto di non avere considerato un rischio che non avevano possibilità di conoscere”90

. Nessun dubbio allora che, in caso di

lavoro agile, un datore di lavoro non potrebbe essere chiamato a rispondere di violazioni inerenti alla sicurezza in luoghi dei quali non sia edotto in tempo utile per la valutazione e prevenzione degli eventuali rischi ivi presenti, ma che per altro verso, simili violazioni sono addebitabili al datore di lavoro che non si preoccupi di predeterminare i luoghi di esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali. Così come è indubbio che, ove versi nell’impossibilità di valutare i rischi presenti in determinati luoghi di esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, ovvero a seguito della effettuata valutazione dei rischi si renda conto che in uno o più di tali luoghi non risultano adottate le necessarie misure di prevenzione e protezione, il datore di lavoro non possa consentire l’esecuzione della

prestazione lavorativa in tali luoghi91.

90

Corte di Cassazione, IV Sez. Penale, sentenza 5/10/2017, n. 45808.

91

R. Guariniello, Smart working e sicurezza sul lavoro: rischi e responsabilità per le imprese, in IPSOA

90

3.4 Il fenomeno “always on” e il diritto alla disconnessione

Nel documento Il lavoro agile (pagine 83-90)