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71 ARTICOLO 168, 1° COMMA T.U.I.R “DISPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPRESA COLLEGATE”

5.3. La fiscalità nella Repubblica montenegrina

Dopo aver evidenziato le numerose modifiche inerenti la disciplina delle Controlled

Foreign Companies, possiamo affermare che, a seguito delle rettifiche apportate dalla

Legge Finanziaria del 2008, ovvero la Legge n. 244 del 24/12/2007, con cui venne introdotto il riferimento alla c.d. white list, sulla base del quale i Paesi considerati paradisi fiscali erano quelli esclusi dalla suddetta lista, la Repubblica del Montenegro non veniva considerato tale, poiché con Risoluzione n. 99/E del 19 dicembre 2013 avente ad oggetto “Interpello – Art. 11 legge 27/07/2000, n. 212. Tassazione di redditi

di fonte estera - Redditi di capitale - Applicazione alla Serbia e al Montenegro della Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e la ex Repubblica di Jugoslavia”, l’Agenzia delle Entrate ne ha previsto espressamente l’inclusione del Paese

all’interno della white list.

Successivamente con l’introduzione dei tratti considerati innovativi circa la CFC Rules contenuti dapprima nella Legge di stabilità 2015 (Legge n. 190 del 23/12/2014) e poi nella Legge di stabilità 2016 (Legge n. 208 del 28/12/2015), con i quali vennero eliminati ogni riferimento sia alle black che alle white list, hanno sostanzialmente portato allo sviluppo di un nuovo sistema di determinazione dei Paesi considerati a fiscalità privilegiata, e quindi di una nuova considerazione circa la Repubblica del Montenegro.

Tant’è vero che, ai sensi del primo comma dell’attuale articolo 167 del T.U.I.R., vengono espressamente previste due condizioni affinché si possa prevedere l’assoggettamento dell’applicazione della disciplina CFC, la quale prevede l’imputazione dei redditi conseguiti dal soggetto estero controllato, a decorrere dalla chiusura dell’esercizio o del periodo di gestione del soggetto estero controllato, ai soggetti residenti in proporzione alle partecipazioni da essi detenute. In particolare le due condizioni che devono verificarsi congiuntamente, onde per cui si prevede l’applicazione di tale metodologia di tassazione sono le seguenti:

 Il soggetto residente in Italia detiene, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, il controllo di un’impresa, di una società o altro ente, residente o localizzato in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, ove con il termine privilegiato, ai sensi di quanto disposto dal quarto comma del presente articolo, sono quelli laddove il livello nominale di

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tassazione risulti inferiore al 50% di quello applicabile in Italia, diversi da quelli appartenenti all’Unione Europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo (SEE);

 L’impresa, la società o alto ente, controllato da un soggetto residente in Italia sia residente o localizzato in uno Stato o territorio che abbia stipulato con il territorio italiano un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni. Sulla base di queste due circostanze, la cui presenza congiunta prevede l’ambito di applicabilità della disciplina CFC, si può arrivare a concludere che il territorio montenegrino sia considerato un Paese a fiscalità privilegiato e pertanto assoggettabile alla disciplina delle Controlled Foreign Companies, poiché sulla base di quanto sopra descritto, è vero che questo è un territorio dotato di un accordo stipulato con l’Italia che assicuri un effettivo scambio di informazioni (seconda condizione), bensì questo non è un Stato appartenente all’Unione Europea o aderente allo Spazio Economico Europeo (prima condizione). A tal proposito non essendo soddisfatte congiuntamente le due condizione previste dal 1°comma dell’articolo 167 del T.U.I.R., il Paese facente parte della penisola balcanica risulte essere un Paese a fiscalità privilegiata.

Nonostante ciò lo stesso articolo, con il comma 5, enuncia le cosiddette circostanze esimenti; ovvero quelle fattispecie che permettano la disapplicazione della normativa in esame, per quei contribuenti residenti nel territorio italiano che controllano persone giuridiche residenti o localizzati in quei territori o Stati considerati privilegiati ai sensi del 4°comma, di cui la Repubblica del Montenegro vi rientra.

Nello specifico il soggetto residente controllante non si vede tassare in capo i redditi da questi distribuiti qualora dimostri, alternativamente, che:

1) La società o altro ente non residente svolga un’effettiva attività industriale o commerciale come sua attività principale nel mercato dello Stato o del territorio di insediamento; qualora la società o altro ente svolga un’attività bancaria, finanziaria o assicurativa, è necessario per quest’ultimo soggetto controllato la dimostrazione che la maggior parte delle fonti, degli impieghi o dei ricavi si originano nello Stato o nel territorio di insediamento;

2) Dalle partecipazioni non si consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

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Il contribuente che voglia dimostrare una delle due circostanze, può interpellare l’amministrazione finanziaria e a prevedere tale modo di dimostrazione è l’articolo 11, comma 1, lettera b) della Legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto dei diritti del contribuente.

Infine, anche il comma 8-bis, introdotto dall’articolo 13 rubricato “Contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali” inserito nel Decreto Legge n. 78 del 1 luglio 2009, avente ad oggetto i provvedimenti anticrisi, ha previsto che la disciplina prevista al primo comma dell’articolo 167, è applicabile, sempre riguardo ai soggetti controllati localizzati in Stati o territori diversi da quelli appartenenti all’UE o al SEE con i quali l’Italia abbia stipulato una Convenzione che assicuri un effettivo scambio di informazioni, ma che non necessariamente soddisfano il requisito dell’inferiorità del livello nominale di tassazione del territorio estero rispetto a quello previsto nel territorio italiano, qualora ricorrano congiuntamente due condizioni:

a) sono assoggettati a tassazione effettiva inferiore a più della metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora fossero stati residenti nel territorio italiano; b) hanno conseguito proventi derivanti per più del 50% dalla gestione, dalla

detenzione o dall’investimento in titoli, partecipazioni, crediti o altre attività finanziarie, dalla cessione o dalla concessione in uso di diritti immateriali relativi alla proprietà industriale, letteraria o artistica, nonché dalla prestazione di servizi nei confronti di soggetti che direttamente o indirettamente controllano la società o l’ente non residente.

Quindi, oltre alle due condizioni, previste dal primo comma dello stesso articolo, la cui presenza congiunta comportano l’applicazione delle CFC Rules, il comma 8-bis, introdotto, come sopra descritto, individua, altresì, due fattispecie, la cui presenza comune, scaturisce l’applicazione della disciplina prevista dall’articolo 167 del T.U.I.R.. Possiamo quindi osservare che con il comma 8-bis, vi è stato un ampliamento dell’ambito di applicabilità delle CFC Rules.

È da considerare però che riguardo queste disposizioni previste da quest’ultimo comma, possono non essere applicate qualora il soggetto residente controllante società o enti siti in territori o Stati assoggettabili alla disciplina CFC, provi che tale insediamento all’estero non rappresenti una costruzione volta a conseguire un indebito vantaggio fiscale. La dimostrazione così prevista dal comma 8-ter, anch’esso introdotto,

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unitamente al comma 8-bis, nel 2009 con il Decreto Legge n. 78, potrà essere effettuata dal contribuente mediante interpello, in base al quale lo stesso, come previsto nella circolare 51/E dell’Agenzia delle Entrate, ha la possibilità di provare la non artificiosità della struttura estera, mostrando l’inesistenza di alcuni indici individuati in sede europea dalla Risoluzione C 156/1 dell’8 giugno 2010, i quali se presenti, sono considerati sintomi di artificiosità dell’ente.

Interpello che nonostante ciò ha subito una variazione di visione, con la Legge di Stabilità 2015. Nel dettaglio l’articolo 8, 1° comma, lettera b) ha sostituito l’obbligatorietà preventiva dell’interpello con una facoltà permettendo al contribuente di ottenere la disapplicazione della disciplina anche in sede giudiziaria; in particolare il soggetto controllante desideroso di dimostrare l’assenza di elementi atti a considerare l’operazione come una fattispecie elusiva, attualmente non è più tenuto a presentare in via preventiva l’istanza di interpello, ma gli è riconosciuta la mera facoltà di formulare la domanda all’Agenzia delle Entrate per ottenere il suo parere.

Se il soggetto residente non presenta l’interpello preventivo o, se dopo la presentazione, ottiene un parere negativo, in base all’articolo 8, comma 1, lettera f) del D.lgs. 147/2015 (Legge di stabilità 2015) viene applicato quanto introdotto nel comma 8-quater dell’attuale articolo 167 T.U.I.R., il quale stabilisce che ai fini dell’accertamento d’imposta o di maggiore imposta non può trasmettere l’avviso al contribuente, ma deve notificargli un’apposita comunicazione atta a concedere allo stesso la possibilità, entro 90 giorni, di presentare documenti in grado di provare la sussistenza delle circostanze esimenti le disposizioni del comma 1 o del comma 8-bis.

In un’ottica futura, sulla base di quanto sopra descritto, si ritiene consigliabile per un soggetto, sia esso persona fisica o persona giuridica, che voglia localizzare nella Repubblica del Montenegro un’impresa, una società o altro ente, detenendone il controllo, direttamente o indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, di richiedere mediante interpello, così come previsto dal comma 8-ter dell’articolo 167 del T.U.I.R., un parere all’Amministrazione finanziaria, esaltando l’esistenza di una delle due condizioni esimenti previste dal quinto comma dello stesso articolo oppure, visto che la disciplina delle CFC trova altresì applicazione qualora vi sia la presenza congiunta delle condizioni previste dalla lettera a) e b) del comma 8-bis, la mancata esistenza contemporanea di tali presupposti.

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Conclusione

Con l’ottenimento dell’indipendenza, datata 3 giugno 2006, la Repubblica del Montenegro intraprendendo una politica di rinnovamento finalizzata all’allineamento dello stesso con gli standard europei occidenti, ha consentito al Paese, oggetto di analisi, di porsi come un tassello fondamentale per l’ottenimento dell’equilibrio dell’intera penisola balcanica, ma soprattutto di aprirsi notevolmente nei confronti del commercio estero.

Nel presente elaborato sono stati enunciati le motivazioni che hanno consentito questa apertura del Paese traducibile in un’elevata attrattività nei confronti di investitori stranieri, soffermando l’attenzione su un elemento in particolare: il sistema impositivo montenegrino.

Del funzionamento di prelievo adottato dal Paese, sono stati analizzati 3 testi, ovvero il testo disciplinante l’imposizione dei redditi percepiti dalle persone fisiche “The Law on

tax on income of natural persons”, il testo disciplinante la tassazione dei redditi

percepiti dalle persone giuridiche “The Law on tax on profit legal entities” e, infine, l’accordo bilaterale stipulata tra la Repubblica Italiana e l’ex-Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia, Convenzione n. 974 del 18 dicembre 1984, applicata in via successiva anche alla Repubblica del Montenegro, secondo quanto confermato dallo stesso Governo montenegrino nel memorandum stipulato con il Governo italiano. Sulla base dello studio effettuato su questi testi, è emerso che l’imposizione fiscale nel Montenegro risulta notevolmente vantaggioso rispetto a quella che è invece la tassazione italiana, prevedendo un’aliquota unica del 9% sia per i redditi percepiti dalle persone fisiche che per i redditi percepiti dalle persone giuridiche, contro, i cinque scaglioni previsti per i redditi delle persone fisiche, sui quali è applicabile un’aliquota variabile dal 23% al 43%, data la progressività dell’imposta, e contro, l’aliquota fissa pari al 24% prevista, invece, per i redditi delle società di capitali.

Data l’ingente divario di aliquote tra i due Paesi, si è ritenuto opportuno procedere a enunciare la disciplina italiana delle c.d. Controlled Foreign Companies, contenuta. nell’articolo 167 del T.U.I.R “Disposizioni in materia di imprese estere controllate”, rappresentante lo strumento utilizzato dagli ordinamenti fiscali nazionali, e in questo caso dal sistema tributario italiano, per contrastare la localizzazione fittizia di redditi significativi in società partecipate estere residenti in Paesi a fiscalità privilegiata, al fine

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di determinare se il Montenegro viene visto agli occhi del legislatore tributario italiano un Paradiso fiscale o un Paese a fiscalità ordinaria.

Effettuando a tal proposito, un’anali a 360 gradi, della disciplina CFC, partendo dalla sua introduzione nell’ordinamento tributario italiano e individuando tutte le sue modifiche apportate negli anni, siamo arrivati a concludere che sulla base dell’ultima modifica apportata all’articolo 167 a seguito delle Legge di Stabilità 2016, la Repubblica del Montenegro è considerato un Paese a fiscalità privilegiato, e quindi assoggettabile alla c.d. CFC Rules, poiché, come già indicato nell’ultimo paragrafo del presente elaborato, risulta essere un Paese che non soddisfa congiuntamente le due fattispecie previste nel primo comma dello stesso articolo, dato il fatto che lo stesso è si dotato di una Convenzione bilaterale con la Repubblica Italiana volta ad assicurare un effettivo scambio di informazioni ed evitare le doppie imposizioni sul reddito e sul patrimonio, ma nonostante ciò, non risulta essere un Paese facente parte dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo.

Vi è da sottolineare che, in un arco temporale non così breve, la situazione potrà cambiare, data l’attribuzione della candidatura ufficiale ad entrare nell’Unione Europea, all’Albania, Macedonia, Montenegro e Serbia prefissata nel 2025 secondo il Piano presentato dall’esecutivo comunitario avente come obiettivo la stabilizzazione di una regione ancora alle prese con pericolose tensioni etniche.

In questo caso, in una situazione di invariabilità dell’articolo 167 del T.U.I.R., quindi considerando la disciplina attuale, la Repubblica del Montenegro, anche se disponendo di un livello di tassazione nominale inferiore al 50% rispetto al livello impositivo italiano, non sarà più considerato un Paradiso Fiscale poiché in possesso congiunto delle due fattispecie previste dal primo comma dello stesso articolo.

Oltre a questa particolare fattispecie, ritenuta ottimista e poco credibile agli occhi dagli esperti, sarà possibile non ritenere più il Paese balcanico assoggettabile alle c.d. CFC

Rules, qualora il Piano di Consolidamento, che sta avendo attuazione nel territorio

montenegrino, provvederà ad una modifica sostanziale al sistema di prelevamento, magari puntando su un innalzamento delle aliquote sia per le persone fisiche che per le persone giuridiche, oppure, semplicemente, ad una modifica della tipologia di tassazione prevista, come ad esempio, il passaggio da una semplice flat tax, avente

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un’unica aliquota, ad un sistema di tassazione progressivo come quello previsto nella Repubblica Italiana per quanto riguarda la tassazione dei redditi delle Persone Fisiche.

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Bibliografia

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di un’utopia assassinata e delle guerre fratricida, Infinito Edizioni, 2016.

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Guida operativa – Serbia e Montenegro.

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