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In questo paragrafo conclusivo del presente elaborato sarà fornita una delucidazione circa la questione della fiscalità della Repubblica del Montenegro per quanto concerne i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera, per rendere chiara e trasparente la metodologia di tassazione, nel territorio italiano, di queste tipologie di redditi che vengono distribuite nel territorio nostrano da società residenti nel Paese facente parte della Penisola Balcanica. In particolare, quello che si vuole comprendere è se la fiscalità che caratterizza il Montenegro, permette all’ordinamento tributario italiano di considerare lo stesso uno Stato a fiscalità privilegiata, e quindi prevedere l’assoggettamento dei redditi distribuiti da tale Paese alla disciplina prevista dall’articolo 167 T.U.I.R. intitolato “Disposizioni in materia di imprese estere

controllate”.

Prima di entrare nello specifico, è necessario innanzitutto esaminare l’articolo 167, facente parte del Titolo III “Disposizioni comuni”, Capo II “Disposizioni relative ai

redditi prodotti all’estero ed ai rapporti internazionali” del T.U.I.R.., volto a

disciplinare le c.d. CFC (Controlled Foreign Company) e mostrare come codesta disciplina, relativamente all’ordinamento italiano, si è evoluta nel tempo.

5.1. C.F.C. Legislation

La concorrenza fiscale, spesso sleale, è un problema che ha sempre afflitto tutti gli ordinamenti nazionali, accentuandosi soprattutto negli ultimi decenni a seguito di una sempre maggiore dematerializzazione del mercato. Proprio per questo, in ambito internazionale la tematica delle pratiche fiscali dannose ha sempre destato particolare interesse poiché quest’ultime pongono in essere significative distorsioni nel mercato e nei sistemi fiscali. A tal proposito l’OCSE si è adoperata, tramite la stesura di diversi documenti, al fine di sensibilizzare gli Stati sulla rilevante portata del fenomeno dell’elusione fiscale e per far sì che questi possano introdurre nel loro ordinamento regole specifiche con l’obiettivo di arginare il verificarsi di tale evento. Tra queste norme antielusive emanate dall’OCSE, nell’ambito della tutela della base imponibile, risulta rilevante la disciplina delle Controlled Foreign Company, la quale è stata presa in considerazione dall’OCSE, con l’introduzione delle CFC Rules; tali regole hanno consentito di individuare codesta disciplina come uno strumento efficacie già all’inizio

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dei suoi lavori, quasi vent’anni fa, per continuare poi ad essere costantemente “adeguata” nel tempo a seguito dei continui cambiamenti intervenuti nel mercato e nell’economia che, grazie alla globalizzazione e all’avvento di tecnologie sempre più sofisticate, risultano essere sempre più caratterizzati da fattori intangibili e per loro natura poco controllabili.

In generale, le CFC rules individuano come Controlled foreign companies quei soggetti stranieri, quali società o trust, collocati in Stati a fiscalità privilegiata, prevedendo la particolare modalità di tassazione per “trasparenza” in capo al soggetto controllante residente, dei redditi realizzati da questi soggetti esteri, da essi controllati. Si evince, perciò, che i soggetti direttamente tassati in applicazione della normativa sono gli individui o le società che possiedono azioni in una società localizzata in un Paese a fiscalità privilegiata; affinché tali soggetti possono essere tassati per i redditi prodotti dalla società estera, tra essi deve sussistere un rapporto di controllo. Al fine di verificare la sussistenza di tale rapporto, vi sono diversi elementi che vengono presi in considerazione, quali, ad esempio, la detenzione da parte di un soggetto residente di una partecipazione di controllo45 o di una partecipazione qualificata46 in una società estera.

Vi è altresì prevista la possibilità del controllo congiunto, caratterizzato dalla presenza di un gruppo di azionisti residenti, legato da accordi interni, legami familiari o da altre connessioni, che detengono una partecipazione qualificata o di controllo.

Le percentuali di controllo richieste ai fini dell’applicabilità della normativa variano a seconda del Paese considerato. Diversi Paesi europei adottano il cosiddetto de jure

control test, in base al quale il contribuente residente è responsabile solo se possiede

una partecipazione al diritto di voto e/o una partecipazione al capitale sociale della CFC del 50% minimo o di più del 50%. Altri Paesi utilizzano, invece, il cosiddetto de facto

45 L’insieme delle azioni di proprietà di una stessa persona, impresa o istituzione finanziaria che permettono a

chi le possiede di avere la maggioranza dei voti nelle assemblee della società.

46 Per partecipazione qualificata si intendono le azioni (diverse dalle azioni di risparmio) e ogni altra

partecipazione al capitale o al patrimonio della società partecipata contraddistinte da una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20%, ovvero una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5% o al 25%, a seconda che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. La definizione di partecipazione qualificata si trova nell’articolo 67 del D.p.r. 917/1986 che alla lettera c), recita testualmente: “…costituisce cessione di partecipazioni qualificate la cessione di

azioni, diverse dalle azioni di risparmio e di ogni altra partecipazione al capitale od al patrimonio delle società di cui all’articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti rappresentino, complessivamente una percentuale di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2 o al 20 per cento, ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni...

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control test, in base al quale la società straniera è considerata come controllata da un

contribuente residente nello Stato, se vi è tra i due un rapporto di influenza notevole; tale influenza può sussistere a causa di accordi contrattuali, o in ragione dell’influenza esercitata da un azionista.

In Italia, per quanto concerne il requisito del controllo, dobbiamo far riferimento alla Circolare 35/E del 4 agosto 201647, avente ad oggetto la disciplina delle Controlled

Foreign Companies, la quale con la nuova formulazione degli articoli 47, 4° comma48, e 89, 3° comma49, del T.U.I.R., prevede la necessità di distinguere la partecipazione

47 CIRCOLARE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE N. 35/E DEL 04/08/2016: “Disciplina delle Controlled Foreign

Companies, modifiche ai criteri di individuazione dei Paesi a fiscalità privilegiata, trattamento degli utili provenienti da tali Paesi, disciplina del credito d’imposta estero – Chiarimenti”