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6. IL PROGETTO EQUAL RESTORE UNA RI SPOSTA ALLE NUOVE ESIGENZE DEL WELFA-

6.1 La normativa trentina e i modelli di riferimento

La normativa trentina riguardo la cooperazione sociale prende il via nel 1988 con la L.R. 24 del 1988, che all’articolo 8 (poi modificato

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dalla L. R. 15 del 1993) disciplina anche la materia della rendiconta- zione sociale, attraverso l’istituto della revisione, cioè stabilendo che l’annuale relazione del CdA dovesse contenere

esaurienti indicazioni circa il perseguimento dello scopo sociale e l’attività sociale effettivamente svolta.3

A seguito di ciò, nei primi anni Novanta, la Regione Trentino – Alto Adige ha creato uno modello non vincolante di rendicontazione so- ciale contenente le indicazioni dei contenuti minimi, articolato in schede tematiche.

Alla fine degli anni Novanta si inizia a pensare all’aggiornamento della norma, che viene presentato alla Giunta il 3 gennaio 2000 sotto forma di disegno di legge in materia cooperazione sociale. Il disegno di legge vuole ribandire la posizione presa dalla Regione sull’importanza della rendicontazione, prevedendo esplicitamente il bilancio sociale all’interno della consueta relazione annuale, il quale deve contenere

esaurienti indicazioni circa gli scopi statutari.4

Un altro aspetto fondamentale dell’articolo 9 era quello di include- re il bilancio sociale fra i documenti assoggettati a controllo in sede di revisione ordinaria.

3 Ivi, p. 13

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Nonostante i numerosi buoni propositi di dare dignità al bilancio sociale, il disegno di legge e i regolamenti attuativi ad esso collegati non sono mai stati approvati.

Il passo successivo in tema di rendicontazione è la sopracitata legge n. 13 del 2007 (vedi cap.5), che riforma l’intero sistema del welfare trentino ponendo l’accento sul dialogo con gli stakeholder, impegno imprescindibile sia per gli enti pubblici che per le imprese sociali locali, in una logica di governance territoriale condivisa.

In corrispondenza dell’entrata in vigore della riforma trentina, an- che il legislatore nazionale ha promulgato una norma in materia: il Decreto legislativo 155 del 24 marzo 2006, che all’articolo 10, com- ma 2 afferma

che l’impresa sociale debba redigere e depositare presso il registro delle imprese il bilancio sociale, secondo linee guida adottate con de- creto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentita l’agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in modo da rap- presentare l’osservanza delle finalità sociali da parte dell’impresa so- ciale.5

La normativa ha trovato attuazione nei decreti attuativi emanati il 24 gennaio 2008, i quali contengono anche le linee guida per il bi- lancio sociale nelle imprese sociali.

Per valutare i modelli di bilancio sociale presenti sul territorio tren- tino al momento dell’entrata in vigore della riforma del welfare, all’interno del progetto Restore è stata fatta un’analisi dello stato dell’arte nelle pratiche di rendicontazione sociale nel terzo settore. A

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seguito di quest’analisi è stato possibile comprendere quanto il bi- lancio sociale sia diffuso sul territorio e soprattutto che tipo di bilan- cio si sia diffuso. Lo scopo dell’indagine era quello di far emergere se i bilancio sociali redatti in Trentino fossero un semplice documen- to oppure se puntavano a essere processo informativo con la finalità di coinvolgere gli stakeholder.

Dalla ricerca emerge che il primo modello di bilancio sociale che si è diffuso sul territorio trentino nasce da un seminario organizzato nel 1994 dall’Assemblea regionale alla Cooperazione. Il modello era composto da tre parti: la riclassificazione del conto economico e del- lo stato patrimoniale, il calcolo del valore aggiunto, il rendiconto so- ciale; e puntava a svolgere essenzialmente due funzioni. La prima funzione era di tipo interno e si esplicitava nel momento in cui il do- cumento di rendicontazione diventa

strumento di gestione, di programmazione e di verifica delle attività sociali;6

la seconda funzione, quella di tipo esterno, si ha nel momento in cui l’organizzazione rende conto ai suoi stakeholder. A seguito di questo seminario, la Federazione Trentina della Cooperazione di- stribuisce un software per facilitare la diffusione del bilancio sociale, che, però, produce un effetto indesiderato: i bilanci stesi con l’aiuto di questo strumento rispondevano perfettamente agli obblighi norma- tivi, ma perdevano tutta quella parte relativa al coinvolgimento dei portatori d’interesse.

6 De Vogli S. (a cura di), Il bilancio sociale: strumento dell’impresa sociale di comunità, Trento,

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Un successivo modello di rendicontazione sociale si ha all’inizio del nuovo millennio: la Regione, come detto sopra, vuole aggiornare la normativa in materia di cooperazione sociale; e Con.Solida (con- sorzio locale di cooperative sociali) prende parte ad un progetto promosso da Consorzio Gino Matterelli (CGM) per definire delle nuove linee guida per la stesura dei bilanci sociali. A seguito di que- sto lavoro, nasce il Bilancio di Responsabilità Etica e Sociale (B- RES), che punta a un approccio multi-stakeholder ribandendo quan- to già stabilito nel seminario del 1994. Il modello della CGM detta una serie di indicatori standardizzati e si divide in cinque parti: politi- ca della rendicontazione, identità, mappa degli stakeholder, dati di contabilità sociale, riclassificazione del conto economico. Purtroppo, anche con l’utilizzo di questo modello si riscontrano le stesse pro- blematiche del precedente: il bilancio sociale è una semplice compi- lazione dello schema-base fornito dal consorzio. Per questo motivo, a partire dal 2003, Con.Solida propone alle proprie associate dei percorsi di formazioni finalizzati alla comprensione del nuovo model- lo di redazione di B-RES.

Lo studio condotto da Restore sullo stato dell’arte nelle pratiche di rendicontazione, che puntava soprattutto a valutare che tipo di bilan- cio sociale è diffuso sul territorio, ha inizialmente analizzato il conte- nuto, la struttura e le modalità di redazione dei vari documenti, clas- sificandoli poi secondo due criteri: livello di coinvolgimento degli sta- keholder e la funzione del bilancio.

La classificazione in base al coinvolgimento dei portatori d’interesse si è articolata su tre livelli: il primo, chiamato dai ricerca- tori “libera interpretazione”, si limita a descrivere e interpretare gli in-

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teressi degli stakeholder senza di fatto coinvolgerli; il secondo, de- nominato “diligente descrizione”, chiede ai soggetti coinvolti un’opinione sull’organizzazione, che viene poi riportata fedelmente all’interno del documento; infine, il livello cosiddetto di “libera espressione”, dà ampio spazio agli stakeholder per esprimere la loro opinione, senza nessun tipo di intermediazione. Dei 54 documenti presi in analisi dallo studio, ben 50 sono classificabili con la dicitura “libera interpretazione”, 4 rientrano nella categoria della “diligente descrizione” e uno solo risulta essere un documento catalogabile come “libera espressione”. Questi dati fanno comprendere come il problema emerso nel 1994, cioè di un bilancio sociale senza una funzione comunicativa (soprattutto verso gli stakeholder) e gestiona- le, ma con una funzione puramente rendicontativa, sia la tipologia maggiormente diffusa sul territorio trentino, anche a distanza di più di un decennio dalla nascita del primo modello che puntava a un pieno coinvolgimento degli stakeholder.

In conclusione, da questo studio è emerso che

la funzione del bilancio è rendicontativo-informativa [e] non è quindi uno strumento per definire strategie e fare pianificazione, né per in- staurare stabili e continui flussi di comunicazione. Il livello di coinvol- gimento degli stakeholder è molto scarso, nonostante si rilevi la ne- cessità e la volontà di farlo7

7 Ivi, p. 33

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