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5. LA RIFORMA TRENTINA DEL WELFARE NEL LA L.P 13/

5.1 Principi metodologici e piano sociale di comunità

Con la legge del 2007, la Provincia e gli enti locali ribandiscono la piena centralità della persona quale titolare di diritti inalienabili e af-

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fermano il proprio ruolo di istituzione che lavora e promuove le con- dizioni di vita migliori, nonché la valorizzazione delle risorse nel ri- spetto della dignità e della libertà della persona stessa.

Alla base di quanto appena affermato e come filo conduttore cui si ispirano tutte le politiche sociali della PAT vi sono dei principi e delle linee metodologiche ben definite all’articolo 2, comma 2, che affer- mano il diritto all’aiuto per coloro che si trovano in difficoltà; la re- sponsabilità dell’individuo in condizione di bisogno ad attivarsi; la centralità della famiglia quale ambito di relazioni significative; la fa- coltà dell’individuo di scegliere il soggetto erogatore del servizio di cui ha necessità; il sostegno alla scelta della permanenza in domici- lio; il potenziamento delle attività di prevenzione del disagio sociale; la valutazione dell’impatto degli interventi sociali.

Dopo aver fissato i punti-cardine delle politiche sociali è emerso il fondamentale bisogno di definire i soggetti legittimati ad agire all’interno di questo contesto. A questo riguardo emerge il ruolo cen- trale che hanno i Comuni, che però esercitano il loro potere attraver- so le Comunità territoriali (o comunità di valle, definite all’art. 14, co. 2 della L.P. del 16 giugno 2006, n. 3). Successivamente, all’art. 3, co. 2 e 3, la Provincia riconosce anche l’importanza di iniziative au- tonome, sia che esse siano realizzate da soggetti privati che stipula- no accordi di collaborazione con i Comuni, sia che provengono dall’individuo stesso e dalla rete cui aderisce. Queste iniziative han- no lo

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scopo di favorire la più ampia partecipazione dei cittadini alla costru- zione del sistema integrato dei servizi sociali.1

I soggetti presenti nell’ambito delle politiche sociali trentine risul- tano quindi essere (oltre i già citati Comuni e PAT) i cittadini, sia sin- goli che organizzati in associazioni, le famiglie, le aziende pubbliche di servizi alla persona (o APSP), tutto il terzo settore e le organizza- zioni sindacali provinciali. Un ruolo importante è ricoperto anche dal volontariato, poiché da anch’esso una risposta ai bisogni ed è in grado di rafforzare la coesione sociale attraverso la creazione di reti a sostegno delle situazioni di disagio.

Un punto importante espresso sempre all’articolo 3, ma al comma 8, risulta essere, soprattutto ai fini del nostro lavoro, il chiaro riferi- mento che la PAT fa alla responsabilità sociale, stabilendo l’adozione di un modello fondato su questi principi e affermando che verranno individuati criteri e modalità per certificare le imprese effet- tivamente responsabili dal punto di vista sociale.

Il capo II della legge n. 13 si occupa di definire più nel dettaglio il piano sociale (sia provinciale che di comunità). Il piano sociale pro- vinciale è lo strumento con cui la provincia programma le proprie po- litiche sociali, coerentemente con le linee di sviluppo della program- mazione socio-economica provinciale e in accordo con le politiche sanitarie e con i piani sociali di comunità. All’interno del piano sociale provinciale sono raccolte le indicazioni riguardo le strategie, gli obiet- tivi e le priorità degli interventi di politica sociale; gli ambiti di compe- tenza diretta della Provincia; le linee d’indirizzo e coordinamento per

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l’esercizio delle funzioni degli enti locali, individuando in maniera ben dettagliata i livelli essenziali delle prestazioni, gli interventi assicurati alla maggioranza dei cittadini e i casi di accesso diretto agli interventi socio-assistenziali. Il piano sociale provinciale è approvati dalla Giunta e ha una durata corrispondente alla legislatura, restando in vigore fino all’approvazione del piano successivo. Per stendere e aggiornare tale documento, la Giunta si avvale del Comitato per la programmazione sociale, che analizza lo stato dei bisogni e formula la proposta di piano sociale da fare approvare dalla Giunta stessa. Il Comitato, come il piano sociale provinciale, ha durata corrisponden- te alla legislatura che lo ha nominato.

I piano sociali di comunità, invece, sono la strumento per la pro- grammazione delle politiche sociali del territorio e contribuiscono alla formazione del piano sociale provinciale. Ogni comunità territoriale disciplina la durata del piano e le modalità di approvazione e aggior- namento dello stesso. Il piano è elaborato in coerenza con il piano provinciale e individua gli effettivi bisogni e risorse del territorio; ana- lizza lo stato dei servizi presenti; decide le priorità d’intervento e gli interventi da erogare. Anche all’interno delle comunità di valle esiste un organo di consulenza e proposta per le politiche sociali al pari del Comitato provinciale: quest’organo è tavolo territoriale, che formula la proposta del piano sociale di comunità e assicura un’adeguata rappresentanza di tutti i comuni.

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5.2 Gli interventi socio-assistenziali e gli strumenti d’ integra-

zione socio-sanitaria

Al Capo V della riforma del welfare del 2007, la Provincia indivi- dua quattro tipologie possibili interventi socio-assistenziali:

 interventi di servizio sociale professionale e segretariato socia- le;

 interventi di prevenzione, promozione e inclusione sociale;  interventi integrativi o sostitutivi di funzioni proprie del nucleo

famigliare;

 interventi di sostegno economico.

Il piano sociale, sia provinciale che di comunità, può, inoltre, indi- viduare altri tipi di interventi, in relazione al bisogno presente sul ter- ritorio in un determinato momento.

Gli interventi di servizio sociale professionale e segretariato socia- le hanno lo scopo di informare, di dare aiuto e sostegni psicologico, sociale e relazionale. Questi servizi sono rivolti sia al singolo che a famiglie o gruppi e sono totalmente gratuiti. Il segretariato sociale è lo strumento attraverso cui si accede ai servizi socio-assistenziali. Un’importante aspetto che le legge mette in evidenza, al comma 3 dell’articolo 32, riguardo questo intervento è che viene svolto anche nei confronti di persone le cui condizioni sono tali de precluderne lo spontaneo accesso ai servizi. Il servizio sociale professionale, inve- ce, è un’attività di valutazione, presa in carico e progettazione indivi- duale rivolta alle persone in difficoltà.

Gli interventi di prevenzione, promozione e inclusione sociale hanno la finalità di evitare l’insorgere del disagio; sviluppare una

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maggiore attenzione alle problematiche e ai bisogni sociali; facilitare i processi d’integrazione operativa e coesione fra le risorse del terri- torio. Di questa tipologia d’interventi ne fanno parte le attività di rea- lizzazione di progetti finalizzati all’educazione sociale, le attività di mediazione culturale, le attività di mediazione sociale e le attività vol- te all’inclusione sociale.

I servizi integrativi o sostitutivi di funzioni proprie del nucleo fami- liare servono a sostenere le famiglie e sono principalmente interventi di assistenza domiciliare, servizi residenziali e semi-residenziali che accolgono persone i cui bisogni di cura e tutela non trovano un’adeguata risposta nell’ambito famigliare, mediazione familiare e affidamento familiare di minori. In quest’ambito rientrano anche in- terventi di accompagnamento all’adozione, sia nazionale che inter- nazionale.

Gli interventi di sostegno economico, infine, soddisfano i bisogni, generali o specifici, del singolo o della famiglia e sono attuati assie- me ad altre tipologie di interventi. Questo tipo di servizio consiste in erogazioni monetarie temporanee, rapportate alle specifiche esigen- ze dei soggetti che ne hanno beneficio. L’erogazione dei suddetti in- terventi, come specificato al comma 4 dell’articolo 35, è subordinata alla valutazione della condizione economico-patrimoniale del nucleo famigliare del beneficiario.

Un altro importante punto della legge n. 13/2007 è sicuramente quello riguardante gli strumenti d’integrazione, con specifico riferi- mento all’integrazione socio-sanitaria, aspetto di centrale importanza anche nella legge nazionale n. 328/2000. A tal proposito la norma rimanda all’articolo 46 per le definizione precisa di tutti gli strumenti

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di integrazione e coordinamento, fra i quali compaiono le intese con il consiglio delle autonomie locali, l’attivazione di tavoli di lavoro e la realizzazione di programmi d’intervento. I criteri e le modalità con i quali perseguire l’integrazione fra i due ambiti sono periodicamente individuati dalla Giunta attraverso deliberazione che possono anche specificare contenuti e modalità di erogazione di interventi integrati e la composizione di eventuali unità valutative multidisciplinari costitui- te sul territorio.

Ai fini di tutto ciò, l’articolo 42 istituisce una commissione provin- ciale per l’integrazione socio-sanitaria, quale organo consultivo e di riferimento per quanto riguarda l’individuazione dei criteri per il coor- dinamento e l’integrazione degli strumenti programmatorio in materia sociale e sanitaria. La commissione rimane in carica per la durata della legislatura.

Con la legge provinciale 23 luglio 2010, n. 16 viene approfondita la tematica dell’integrazione socio-sanitaria, aggiornando e analiz- zando a fondo i servizi e gli strumenti di programmazione.

5.3 L’erogazione e la valutazione dei servizi presenti sul territo-