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La nuova configurazione dell’assistenza giudiziaria e lo

snellimento della procedura

Alla luce di quanto premesso, il Decreto legislativo n. 108 del 21 giugno 2017 sembrare aver colto la necessità di intervenire con una dettagliata regolamentazione di attuazione per rispondere sia all’esigenza di realizzare una disciplina coerente con la nuova configurazione dell’assistenza giudiziaria in materia penale – vista la legge 21 luglio 2016, n. 149 –, sia alla necessità di rendere più snella la procedura tracciata dall’ordine di indagine europeo, nei limiti della Direttiva stessa.

Per ciò che attiene ad un primo profilo d’analisi, vale la pena osservare che la legge 149/2016, che pure rappresenta un passaggio legislativo fondamentale della stagione riformatrice di cui si è fatto cenno – e all’articolo 4, in particolare, si occupa della riforma del libro XI del codice di procedura penale per l’adeguamento alle novità introdotte nel settore della cooperazione finalizzato ad assicurare la raccolta della prova – ha delegato al Governo il compito di attuare la Convenzione di Bruxelles del 2000 relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri – nelle forme di adeguamento all'ordinamento

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dell'Unione europea previste dalla legge 24 dicembre 2012, n. 234159

al fine di introdurre nel nostro ordinamento la disciplina che regola il settore della cooperazione finalizzato ad assicurare la raccolta della prova attraverso le forme della rogatoria in tutta l’assistenza giudiziaria, sia sul versante attivo che su quello passivo.

Appare interessante sottolineare, quale primo elemento critico, come nella citata legge di delega l’autorità giudiziaria competente a ricevere, valutare ed eseguire la richiesta di rogatoria sia indicata in maniera differente rispetto al testo dello schema di decreto legislativo d’attuazione dell’OEI. Guardando con favore, infatti, all’esperienza delle rogatorie, la legge delega intendeva virare verso una scelta analoga alla disciplina di quest’ultime: era ritenuta «singolare» l’indicazione di un meccanismo diverso di attribuzione della competenza a ricevere una richiesta di assistenza giudiziaria qualora si tratti di Stati membri dell’Unione europea, rispetto a quello adottato con riguardo agli altri Paesi. La previsione di regole maggiormente omogenee, considerata come propedeutica allo snellimento della procedura di cooperazione, doveva condurre dunque all’attribuzione della competenza a valutare tale richiesta alla Corte d’appello; e ciò, tutto sommato, si poneva «in linea con quanto in precedenza stabilito con riguardo al Mandato

159 Con il d.lgs. 5 aprile 2017, n. 52, adottato in forza della legge delega n. 149

del 2016, anche l’Italia ha finalmente dato attuazione, dopo quasi diciassette anni, alla Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, firmata a Bruxelles il 29 maggio 2000. Una ricognizione sul tema è fornita da L. CAMALDO, L’attuazione della

Convenzione di Bruxelles del 2000: l’assistenza giudiziaria in materia penale assume una configurazione a "geografia variabile", in Dir. Pen. Contemp., n.

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d’arresto europeo160 e alla decisione quadro 2008/909/GAI161».

Contrariamente a questo, la commissione ministeriale incaricata della redazione dello schema di decreto legislativo di attuazione della Direttiva sull’OEI ha preferito affidare la valutazione della richiesta di assistenza giudiziaria al Procuratore della Repubblica del capoluogo del distretto nel quale l’atto o gli atti devono essere compiuti, scelta vantaggiosa nella misura in cui rende «meno problematica, seppure solo sotto il profilo della legittimità costituzionale, l’individuazione di criteri di determinazione della competenza allorché gli atti debbano essere

compiuti in distretti diversi, continua ad essere attribuita»162.

160 L’art. 5, della L. n. 69 del 22 aprile 2005 – recante Disposizioni per

conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, pubblicata in GU n. 98 del 29 aprile 2005 – si occupa della competenza dare esecuzione a un mandato d'arresto europeo:

«1. La consegna di un imputato o di un condannato all'estero non può essere concessa senza la decisione favorevole della corte di appello.

2. La competenza a dare esecuzione a un mandato d'arresto europeo appartiene, nell'ordine, alla corte di appello nel cui distretto l'imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è ricevuto dall'autorità giudiziaria».

161 L’art. 9, del D. Lgs n. 161 del 7 settembre 2010 – recante le Disposizioni per

conformare il diritto interno alla Decisione quadro 2008/909/GAI relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea, pubblicato in GU (Serie Generale) n. 230 del 1 ottobre 2010 – si occupa della competenza a decidere sul riconoscimento e sull'esecuzione di una richiesta di assistenza giudiziaria: «1. La trasmissione dall'estero non può essere autorizzata senza la decisione favorevole della corte di appello.

2. La competenza a decidere sul riconoscimento e sull'esecuzione appartiene, nell'ordine, alla corte di appello nel cui distretto la persona condannata ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è trasmesso all'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 12, comma 1».

162 Sebbene sul punto converga anche la Relazione illustrativa della Riforma del

Libro XI del codice di procedura penale per l'adeguamento alle Convenzioni internazionali, il passaggio citato è stato ripreso dalla citata Circolare

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Nonostante questa disarmonia possa sembrare un elemento di ambiguità, appare comunque ragionevolmente logico che il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto in cui gli atti d’indagine devono essere eseguiti sia individuato quale organo competente al riconoscimento e all’esecuzione, soprattutto in virtù della presenza di una clausola di salvaguardia: viene qui in qui considerazione la previsione secondo la quale il Procuratore della Repubblica riconosce l’ordine di indagine e fa richiesta di esecuzione al giudice per le indagini preliminari nei casi in cui l’autorità di emissione abbia espressamente chiesto che l’atto sia compiuto dal giudice o quando la convalida dell’autorità giudiziaria sia prevista dalla legge italiana per quello specifico atto di indagine. In questa fase vale la pena, poiché strettamente legato al tema della competenza, anticipare un elemento: già a partire dalla bozza, il decreto legislativo d’attuazione ha individuato quale autorità legittimata all’emissione dell’OEI la stessa autorità procedente, con un espresso richiamo anche in materia di applicazione delle misure di prevenzione.

ministeriale. Sul punto si può esprimere convintamente un giudizio positivo. Da un lato in virtù dell’allineamento delle procedure che riguardano la cooperazione giudiziaria fra Paesi membri e Stati extracomunitari: pur rimanendo affidate a normative diverse, si favorisce l’individuazione di ruoli istituzionali comuni agli organi giudiziari interessati. Dall’altro, la scelta del procuratore è apprezzabile nella misura in cui questo, rispetto alla Corte di Appello, e in particolare al gip destinatario dell’esecuzione delle rogatorie, rappresentano delle funzioni più distanti dalle indagini. L’affidamento della procedura all’ufficio competente all’indagini, inoltre, elimina degli intermediari che avrebbero potuto ritardare ad esempio il collegamento ad indagini in corso nello Stato o il coordinamento investigativo tra le forze di polizia giudiziaria.

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Per ciò che attiene invece ad un secondo profilo, lo snellimento della procedura, una scelta senza dubbio apprezzabile appare quella di evitare di attribuire ad un’autorità centrale un passaggio intermedio nelle fasi di trasmissione e di ricezione dell’OEI, optando, per la comunicazione diretta tra le autorità giudiziarie interessate coerentemente con lo spirito della Direttiva. Al ministero della Giustizia viene infatti attribuito un ruolo di facilitazione e ausilio nella procedura solo nel caso in cui sorgano difficoltà relative alla comunicazione e alla

trasmissione delle richieste all’autorità competenti163. Pare appena il

caso di ricordare che proprio al carattere bifasico che caratterizzava il sistema delle rogatorie era stata addebitata l’accusa di eccessiva meccanicità di questo strumento. La rogatoria, infatti, in particolar modo dal lato passivo, consente alle autorità estere di ottenere, per lo svolgimento di attività istruttorie o meramente strumentali, la cooperazione delle autorità italiane articolando il procedimento in due fasi. Una prima fase di carattere politico-amministrativo era affidata al Ministro della giustizia allo scopo di sottoporlo ad un vaglio preventivo di ammissibilità sullo svolgimento dell’attività richiesta; giustificata dalla necessità di subordinare l’esecuzione della rogatoria alla verifica dell’assenza di pregiudizi in danno di interessi fondamentali dello Stato o, in altri a casi, dalla necessità di postergare l’esecuzione a valutazioni di opportunità politica. La seconda fase si verificava una volta superato il filtro politico ed era di carattere giurisdizionale: la rogatoria veniva

163 Nel rispetto di quanto già previsto dalla previsione dell’art. 7, § 7 della

Direttiva e ammesso solo «se necessario». Tale inciso ha trovato piena corrispondenza nel contenuto nell’art. 32 dello schema di decreto d’attuazione.

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vagliata dalla Corte di Appello territorialmente competente; la gestione della richiesta, infatti, rientrava nella competenza funzionale della Corte di Appello o del giudice per le indagini preliminari, a seconda della tipologia di attività da espletare, territorialmente competenti nel luogo in cui doveva procedersi al compimento degli atti richiesti.

A questo punto, poiché strettamente legato al processo di semplificazione e di incremento dell’efficacia della cooperazione giudiziaria fra i Paesi membri, è importante osservare – per dare un quadro della staffetta nella vigenza delle due discipline – come il D. Lgs. n. 52 del 2017, attuativo della convenzione di Bruxelles del 2000, e il D. Lgs. n. 108 del 2017 siano due tappe progressive nell’aggiornamento della disciplina dei rapporti fra gli Stati.

L’attuazione della Convenzione, da un lato, ha realizzato un ammodernamento della Convenzione europea di mutua assistenza del 1959 attraverso previsioni specifiche per la nuova lotta al crimine: la restituzione all’avente diritto dei beni provenienti da reato; il trasferimento temporaneo di persone detenute al fine di raccoglierne le dichiarazioni probatorie o di garantirne la presenza nel processo; la costituzione di squadre investigative comuni; l’audizione mediante videoconferenza e teleconferenza; le consegne controllate e le operazioni sotto copertura. Il D. Lgs. n. 52 del 2017 infatti ha semplificato le forme di comunicazione prevedendo nello specifico: all’art. 5 l’utilizzazione del servizio postale o dei servizi di posta certificata per le richieste di assistenza aventi per oggetto notifiche; all’art. 7, che la trasmissione diretta tra autorità giudiziarie delle

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richieste di assistenza sia retta dalla trasmissione diretta; all’art. 8, comma 4 la possibilità per l’autorità giudiziaria italiana competente di dare esecuzione alla richiesta di assistenza secondo le forme indicate dall’autorità richiedente, sempre che non siano contrarie ai principi dell’ordinamento giuridico dello Stato; all’art. 9 la possibilità di scambio spontaneo delle informazioni tra autorità giudiziarie.

L’attuazione dell’ordine europeo di indagine penale, dall’altro lato, ha segnato un progresso ulteriore contrassegnato certamente dalla creazione di un «modello standardizzato di provvedimento investigativo/probatorio da trattare secondo le regole tipiche del mutuo riconoscimento», i cui punti di forza sono stati ravvisati: nelle previsioni che favoriscono un rapporto diretto tra autorità giudiziarie, eliminando l’intermediazione politica; negli articoli che circoscrivono il ruolo dell’autorità centrale a funzioni di mera assistenza amministrativa; nelle disposizioni che tipizzano i motivi rifiuto del riconoscimento o dell’esecuzione dell’ordine emesso dall’autorità estera; nella previsione

di termini stringenti nello svolgimento della procedura164.

Sul punto, come è stato ricordato nel capitolo precedente, nonostante in passato non siano mancati sforzi di attuazione del principio del mutuo riconoscimento, gli strumenti creati si sono rivelati per lo più parziali: perché caratterizzati dal limitato ambito di applicazione ad alcune tipologie di atti (sequestro probatorio e acquisizione di prove

164 Questi sono in via generale i punti di forza, diffusamente condivisi, della

disciplina dell’OEI, indicati dalla Circolare ministeriale, a cura di Raffaele Piccirillo, sull’attuazione della Direttiva 2014/41/UE relativa all’ordine europeo di indagine penale del 26 ottobre 2017, nel cui testo è contenuto un vero e proprio manuale operativo in favore delle autorità e degli operatori giudiziari.

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precostituite), o perché inidonei a agire nella fase circolazione della prova, successiva a quella di esecuzione. L’OEI è stato introdotto proprio con l’intento di risolvere questa impasse tecnica nello svolgimento delle attività di ricerca della prova, dalle fasi preliminari di indagine alle fasi più avanzate del procedimento penale, con riguardo sia alla richiesta di esecuzione di un atto investigativo all’estero, sia per ciò che concerne la richiesta di migrazione della prova già raccolta in altro procedimento all’estero.