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La perimetrazione soggettiva e oggettiva della nuova disciplina

Nel documento Linee guida e colpa del medico (pagine 43-47)

2.1. I soggetti beneficiari e la nozione di «esercenti la professione sanitaria»

Un primo nodo ermeneutico da affrontare riguarda la perimetrazione della sfera dei soggetti beneficiari del nuovo criterio di imputazione della responsabilità.

La questione, che a prima vista potrebbe apparire scontata e di scarsa rilevanza pratica, appalesa la sua delicatezza se si osserva che, nell’individuare coloro che sono posti al riparo da rimproveri per colpa lieve qualora conformino il proprio operato ai dettami delle linee guida o delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, è stata utilizzata un’espressione atecnica e particolarmente ampia: «gli esercenti la professione sanitaria».

I primi dubbi sulla esatta delimitazione dell’ambito di rilevanza della novella sono stati cristallizzati nell’ordinanza di rimessione degli atti alla Corte Costituzionale emessa dal Tribunale di Milano82 allorché il giudice, dopo aver sottolineato che la disposizione ha come potenziale destinatario qualunque esercente la professione sanitaria, ha concluso per la manifesta incompatibilità di una simile soluzione con l’articolo 3 della Costituzione per violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza.

A parere del giudice a quo, infatti, nella formula normativa non rientrano soltanto i medici stricto sensu intesi, ma vi sarebbero ricompresi anche veterinari, farmacisti, biologi, psicologi, operatori socio sanitari, operatori di assistenza sanitaria e tutti coloro che prestano un’attività in qualunque modo collegabile alla salute umana o animale. In base tale ricostruzione si arriverebbe quindi ad accordare il nuovo regime di imputazione dell’illecito colposo a soggetti che non sono esposti alla tentazione di

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adottare decisioni orientate dalle suggestioni della medicina difensiva in quanto l’attività professionale da essi svolta non si risolve nel compimento di scelte diagnostiche o terapeutiche83.

Dissentendo dall’opinione espressa dal Tribunale di Milano, alcuni Autori84 hanno invece osservato che, secondo il tenore letterale della disposizione e la chiara intenzione del legislatore, il criterio di imputazione di recente introduzione sarebbe rivolto solo agli operatori che pongono in essere un’attività medica strettamente intesa, restandone invece esclusi tutti i professionisti che, pur esercitando pratiche lato sensu collegate alla salute umana o animale, non compiono scelte mediche in senso proprio. Infatti, si è detto, solo i medici possono concorrere, con prescrizioni finalizzate a porsi al riparo da eventuali contenziosi medico-legali, a causare un aumento della spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale.

Trovare un punto di incontro fra due approcci diametralmente opposti fra loro non è un compito agevole.

Se infatti è innegabile che l’espressione «esercenti la professione sanitaria» indichi un’area più estesa rispetto a quella dei soli medici, altrettanto vero è che la ratio della norma pare invece suggerire, al di là delle formule linguistiche utilizzate, che fosse solo a questi ultimi che si rivolgeva l’attenzione del legislatore allorché ha coniato la nuova disposizione.

Un argomento a supporto dell’interpretazione estensiva può forse essere tratto dall’esame dei lavori preparatori, nella parte in cui si legge testualmente che «le norme mirano a semplificare le procedure per l’accesso alle polizze assicurative in favore degli operatori sanitari e dei giovani medici»85.

Come evidente, la locuzione «operatori sanitari» viene tenuta distinta da quella «giovani medici», quasi si trattasse di classi di soggetti che si pongono fra loro in rapporto di

83 La ricostruzione proposta dal Tribunale di Milano sembra aver trovato il sostegno di F. GIUNTA,

Protocolli medici e colpa penale secondo il “decreto Balduzzi”, in Rivista italiana di medicina legale,

2013, 2, p. 829, il quale ritiene che l’espressione «esercente la professione sanitaria» presenta una portata così ampia da ricomprendere, oltre i medici, anche il personale infermieristico e quei professionisti che, pur non avendo diretto contatto con il paziente, svolgono attività strumentali all’atto medico. La latitudine dell’espressione «esercente la professione sanitaria», si è detto, «si presta a comprendere quanti “indossano il camice”, indipendentemente dal carattere pubblico o privato della struttura in cui lavorano». 84 D. PULITANÒ, Responsabilità medica: letture valutazioni divergenti del novum legislativo, in

http://www.penalecontemporaneo.it/foto/33154%202013.pdf#page=78&view=Fit, p. 80.

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genus a species. Pertanto, se è indubbio che i giovani medici rientrano fra gli operatori

sanitari, pare invece azzardato ritenere che solo i medici (giovani e meno giovani) possano essere annoverati in questa categoria.

Una tale esegesi estensiva, o forse semplicemente non restrittiva, non si pone nemmeno in contrasto con lo spirito nella novella nella misura in cui quest’ultima presenta il dichiarato obiettivo di contenere gli esborsi posti a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Se infatti è vero che la maggior voce di spesa causata da pratiche di medicina difensiva è da ascrivere ai comportamenti dei medici, non si può comunque trascurare che anche altri soggetti variamente coinvolti nell’attività di cura del malato possano determinare un incremento degli oneri pubblici qualora orientino il proprio operato in ottica di prevenzione di futuri contenziosi in sede giudiziaria.

In conclusione, partendo dal presupposto che il dichiarato intento della novella del 2012 era quello di porre un freno allo sperpero di denaro pubblico nel settore sanità, è quindi evidente che, agli occhi del legislatore, è del tutto ininfluente che tale spreco sia riconducibile al comportamento di un medico o alla condotta di un diverso operatore sanitario (sia esso un infermiere, un tecnico di laboratorio, un biologo incaricato di svolgere analisi).

2.2. L’ambito oggettivo di applicazione e la nozione di “propria attività”

Definita nei termini che precedono la platea dei beneficiari del criterio soggettivo di responsabilità di nuovo conio, occorre ora individuare quali, fra le attività da questi compiute, rientrino nello spettro della novella del 2012.

Il problema è sorto in quanto l’articolo 3 si limita a stabilire che il regime da esso introdotto riguarda gli esercenti la professione sanitaria che si siano attenuti a linee guida o buone pratiche «nello svolgimento della propria attività».

Su un punto sembrano non esserci dubbi: la formula menzionata deve essere intesa come concernente i soli atti funzionalmente collegati con la professione, rimanendo invece assoggettati al regime tradizionale tutti gli accadimenti che, seppur verificatisi

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nel lasso temporale in cui il medico «veste il camice», siano del tutto slegati rispetto all’attività lavorativa.

Con l’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale, il Tribunale di Milano ha tuttavia osservato che talvolta gli esercenti la professione sanitaria, soprattutto allorché ricoprano una posizione gerarchica apicale, assumono la funzione di datore di lavoro, dirigente o preposto ai sensi dell’articolo 2, lettere a), b), d), e) del decreto legislativo 81/08. In questa veste, essi sono quindi tenuti a rispettare le norme a tutela della sicurezza sul lavoro, tra le quali si annoverano anche le linee guida e le buone prassi menzionate dagli artt. 2 lett. v) e z), 6 lett. d), 9 lett. i) e l) d.lgs 81/08.

Secondo l’impostazione accolta dal giudice remittente, il termine «attività» previsto dall’articolo 3 l. 189/2012 comprenderebbe qualsiasi atto che l’esercente la professione sanitaria compie nell’espletamento delle proprie funzioni. Pertanto, vi sarebbe inclusa non solo l’attività medica, ma anche ogni altra mansione comunque legata alla professione e, quindi, anche quella inerente alla posizione di garanzia nei confronti dei soggetti che frequentano il luogo di lavoro (siano essi lavoratori o altri soggetti presenti o ospitati all’interno della struttura). Di conseguenza, se il fatto è stato realizzato nella qualità di datore di lavoro, dirigente o preposto ex d.lgs 81/08 ed è stato commesso nonostante il rispetto delle linee guida summenzionate, l’agente potrebbe comunque giovarsi del criterio di imputazione soggettiva che limita la responsabilità alle sole ipotesi di colpa grave86.

Tuttavia, in senso contrario ad un simile orientamento è agevole osservare che, tenuto conto del contesto complessivo nel quale si colloca la disposizione in esame e della finalità perseguita dal legislatore, il riferimento al concetto di «attività» evoca esclusivamente lo svolgimento di pratiche di carattere diagnostico e terapeutico.

È infatti evidente che, quando un soggetto che assume una carica apicale all’interno di una struttura ospedaliera è chiamato a rispondere di un fatto posto in essere in

86 Secondo il Tribunale di Milano una tale conclusione espone l’art. 3 l.189/08 a censure di costituzionalità in quanto si concretizzerebbe una violazione del principio di ragionevolezza sotto due profili: «1) sul piano dell’eguaglianza delle responsabilità, nonché del rispetto di tutte le direttive europee poste alla base dell’attuale normativa in materia di sicurezza del lavoro. Infatti nessuno di tali principi costituzionali ed europei può autorizzare un esonero di responsabilità per colpa lieve; 2) sul piano della contraddizione ingiustificabile e intrinseca al quadro generale della responsabilità di tali soggetti nel momento in cui esercitano una posizione di garanzia».

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violazione delle norme sulla sicurezza nel lavoro ex d.lgs. 81/08, egli non è tratto a giudizio nella sua posizione sostanziale di «esercente la professione sanitaria», ma è imputato sulla base della veste formale (datore di lavoro, dirigente o preposto) che su di lui grava in forza dell’art. 2 d.lgs 81/08.

A nostro avviso ciò che l’orientamento sopra esposto trascura di considerare è che in capo allo stesso individuo possono coesistere più qualifiche giuridiche formali distinte e non sovrapponibili fra loro, ciascuna delle quali si inquadra in una cornice normativa peculiare composta da diritti, doveri e, per quello che interessa in questa sede, criteri soggettivi di imputazione della responsabilità differenti.

3. Linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica

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