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La politica europea della concorrenza: i principi ispiratori.

L A DISCIPLINA DEGLI AIUTI DI S TATO E LA POLITICA EUROPEA DELLA CONCORRENZA

3.1 La politica europea della concorrenza: i principi ispiratori.

La disciplina della concorrenza rappresenta uno dei capisaldi dell’intero processo di integrazione europea nonché una delle aree nelle quali l’Unione europea, tramite le sue istituzioni, interviene in modo più pregnante anche in relazione al diritto interno ed allo sviluppo complessivo degli Stati membri (198).

Deve riconoscersi soprattutto alla Corte di giustizia il merito di aver tratteggiato l’ambito di applicazione ed i limiti di tale fondamentale concetto economico-giuridico. L’istituzione giudiziaria ha, infatti, chiarito nelle sue pronunce,

(198) V. BENACCHIO G.A., Concorrenza, in BENACCHIO G. SIMONI V., Repertorio di

diritto comunitario civile e commerciale, Padova, 2001, p. 251 ss.; MUNARI F., Le regole di concorrenza nel sistema del Trattato, in Tizzano A. (a cura di), Il diritto privato dell’Unione europea, Torino, 2004, p. 1149 ss.; nonché CALAMIA A. M., La nuova disciplina della concorrenza nel diritto comunitario, Milano, 2004, p. 28 ss.; BASTIANON S., Il diritto comunitario della concorrenza e l’integrazione dei mercati, Milano, 2005, p. 14 ss.; DANIELE L., Diritto del mercato unico europeo. Cittadinanza, libertà di circolazione, concorrenza, aiuti di Stato, Milano, 2012, p. 311 ss.

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86 il ruolo centrale che la concorrenza svolge in ambito europeo (199), evidenziando

come «il comportamento indipendente e non uniforme delle imprese nel mercato comune favorisce il perseguimento di uno degli obiettivi essenziali del Trattato, cioè l’interpretazione dei mercati nazionali e, tramite ciò, l’accesso diretto dei consumatori alle fonti di produzione di tutta la Comunità (ora Unione)» (200).

Alla luce di tale assunto è possibile affermare che la funzione della concorrenza è quella di mantenere i prezzi al livello più basso possibile e favorire la circolazione dei prodotti tra gli Stati membri, al fine di consentire un’ottimale ripartizione delle attività in funzione della produttività e della capacità di adattamento delle imprese.

In primo luogo, occorre sottolineare che il Trattato di Lisbona del 2009 ha apportato importanti modifiche all’impianto normativo relativo alla materia riguardante le politiche della concorrenza (201). Ai sensi dell’attuale art. 3 pgf. 3

TUE: «l'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile

(199) In ordine alla disciplina europea della concorrenza v. COMMISSIONE EUROPEA

DIREZIONE GENERALE DELLA CONCORRENZA, Glossario dei termini utilizzati nell’ambito della

politica di concorrenza dell’U.E.: antitrust e controllo delle concentrazioni, Office for Official Publications of the European Communities, Bruxelles, 2003; PACE L.F., Diritto europeo della concorrenza, Padova, 2007, p. 42 ss.; PERA A., Concorrenza e antitrust, 4a, Bologna, 2009, p. 12 ss.; TOSATO G.L.,BELLODI L.,Il nuovo diritto europeo della concorrenza, Milano, 2004, p. 28 ss.

(200) V. C. giust. Cee, sentenza del 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI c. Commissione, in

Racc., p. 619 ss.

(201) Mentre la disciplina concernente le politiche della concorrenza attualmente risulta

essere regolata dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), il Trattato di Lisbona ha eliminato il riferimento alla tutela della concorrenza dalla parte relativa ai principi del Trattato dell’Unione europea (TUE) precedentemente contenuto nell’art. 3 lett. g) TCE, poi inserito nel Protocollo n. 27 sul mercato interno e sulla concorrenza, allegato al TUE ed al TFUE, ed avente il medesimo valore giuridico dei trattati. Ai sensi dell’attuale art. 3 pgf. 3 TUE: «l'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico». Sul punto v. CANNIZZARO E.–PACE L.F., Le politiche di concorrenza, in AA.VV., Diritto dell’Unione europea – Parte speciale, Torino, 2010, p. 293 ss.

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87 dell'Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico».

Le norme di cui agli artt. 101-109 TFUE riprendono sostanzialmente le previsioni di cui agli artt. 81-89 TCE. In particolare, gli artt. 101 e 102 TFUE, che saranno di seguito oggetto di specifica trattazione, disciplinano i comportamenti di imprese private sul mercato suscettibili di alterare il libero esplicarsi della concorrenza.

Ed invero, per quel che in questa sede rileva, occorre evidenziare sin da ora che la ratio che si pone a fondamento della disciplina europea della concorrenza è quella di favorire la presenza e l’attività delle imprese nel rispetto delle regole del mercato, evitando ed eventualmente sanzionando l’illegittimo e non giustificato sfruttamento di posizioni di vantaggio. Il perseguimento di tale obiettivo costituisce per il sistema socio-economico dell’Unione europea un prezioso strumento di crescita e di sviluppo che, a sua volta, si riflette sul processo d’integrazione europea, trovando un notevole valore aggiunto proprio nell’accrescimento del benessere collettivo (202).

Tra i vincoli europei che le amministrazioni sono tenute a rispettare nel settore dei servizi pubblici locali vi sono poi le regole dettate dal TFUE in materia di aiuti di Stato, aventi quale finalità quella di impedire agli Stati membri di distorcere la concorrenza nel mercato comune attraverso l’utilizzo di risorse pubbliche a

(202) Sul punto cfr. COLETTA G., Il consumatore come titolare del diritto fondamentale al

benessere economico, in S. PRISCO (a cura di), Unione europea e limiti sociali del mercato, Torino, 2002, p. 133 ss.

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88 vantaggio soltanto di determinate imprese, e che costituiscono l’oggetto del presente capitolo.

Una volta compiute tali necessarie premesse, occorre ora chiarire che il concetto di «impresa» che rileva ai fini del diritto europeo della concorrenza si differenzia notevolmente rispetto a quello accolto dagli ordinamenti interni degli Stati membri. Al riguardo, la Corte di giustizia ha svolto, negli anni, un’importante opera di interpretazione tendente a definire cosa debba intendersi per impresa e quali siano, conseguentemente, i soggetti per cui debbano trovare applicazione le norme europee dettate in tale ambito.

In primo luogo, occorre evidenziare il carattere essenzialmente economico di tale concetto in quanto rientra nella nozione di impresa qualsiasi soggetto, pubblico o privato (203) che svolga un’attività economica, capace di incidere anche solo potenzialmente sulla concorrenza (204), a prescindere dalla natura giuridica, dalle

modalità di organizzazione e di finanziamento (205).

Dalla stessa definizione, si evince come la nozione di impresa viene interpretata secondo un’accezione piuttosto ampia, dal momento che rientrano in tale

(203) L’attuale art. 395 TFUE (ex art. 295 TCE) affermando che «i Trattati lasciano del

tutto impregiudicato il regime di proprietà esistente negli Stati membri», sancisce il principio di neutralità nei confronti della proprietà delle imprese. A tal riguardo v. EHLERMANN C. D., Imprese pubbliche e controllo degli aiuti di Stato, in Riv. it. dir. pubbl. com.,1992, p. 413; MARINI L, Privatizzazione e liberalizzazione delle condizioni concorrenziali nella Comunità europea, in Riv. dir. comm. Intern., 1999, p. 167.

(204) Cfr. C. giust. Ce, sentenza del 17 dicembre 1991, causa C-6/89, Enichem Anic c.

Commissione, in Racc., p. II-1623 ss.

(205) Così afferma la C. giust. Ce, nella sentenza del 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner

e Helser, in Racc., 1993, p. I-2010 ss. Cfr. anche C. giust. Ce, sentenza del 17 dicembre 1991, causa C- 6/89, Enichem Anic, in Racc., p. II- 1623, nonché C. giust. Ce, sentenze del 12 settembre 2000, cause riunite da C-180/98 a C-184/98, Pavlov e altri, in Racc., 2000, p. I-6451. Al riguardo merita, altresì, ricordare la comunicazione della Commissione sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di interesse economico generale, in G.U.U.E. C8, dell’11 gennaio 2012, p. 4.

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89 nozione tutti quei soggetti che offrono beni o servizi su un determinato mercato, anche se nell’ambito degli ordinamenti nazionali non ricoprono tecnicamente la qualifica di impresa (206).

Merita, altresì, ricordare che un’ulteriore caratteristica che deve possedere un’impresa per poter essere assoggettata alle disposizioni di cui agli artt. 101 e 102 TFUE è l’autonomia con cui svolge la propria attività. Si deve, infatti, trattare di un’autonomia «concreta ed operativa e non di un’autonomia meramente formale, legata al criterio della personalità giuridica» (207).

Ciò a significare che un’impresa dotata di propria personalità giuridica e formalmente autonoma, non è considerata impresa ai fini dell’applicazione del diritto europeo della concorrenza qualora il grado di controllo esercitato su di essa da un’altra impresa le impedisca di operare come entità economica indipendente (208).

Più nello specifico, in una pronuncia ormai risalente ma il cui principio di diritto vale tutt’oggi, la C. giust. Ce aveva statuito che ai fini dell’applicazione della disciplina comunitaria della concorrenza: «l’unità di comportamento sul mercato da parte della società madre e delle sue filiali, prevale sulla separazione formale tra queste società, risultante dalla loro personalità giuridica distinta» (209).

(206) Dall’analisi della giurisprudenza comunitaria, infatti, è emerso che sono state

qualificate come impresa, ai fini del diritto della concorrenza, la persona fisica titolare di diritti di rilievo economico, pur non svolgendo attività organizzata, gli enti di natura pubblica ed anche le organizzazioni professionali di liberi professionisti. Cfr. la Decisione della Commissione del 2 dicembre 1975, AOIP/Beyard, in G.U.C.E., L 6/1976 nonché, ex multis, C. giust. Ce, causa C- 35/99, Arduino, in Racc., 2002, p. I-152 ss.

(207) Così in CANNIZZARO E.PACE L.F., Le politiche di concorrenza, cit., p. 296.

(208) Cfr. C. giust. Cee, sentenza del 12 luglio 1984, causa 170/83, Hydrotherm, in Racc.,

1984, p. 2999 ss. e, con specifico riferimento al concetto di impresa di cui all’art. 102 TFUE, v. Tribunale di primo grado, sentenza del 10 marzo 1992, cause riunite T-68/89, T-77/89 e T-78/89, Vetro piano, in Racc., 1992, p. II-1403 ss.

(209) Così C. giust. Ce, sentenza del 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI c. Commissione, in

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90 Come osservato da autorevole dottrina, tale orientamento giurisprudenziale trova conferma nelle regole dettate in materia di antitrust in riferimento ai comportamenti posti in essere dalle imprese sul mercato ed aventi quale obiettivo precipuo quello di assicurare il rispetto effettivo del principio della libertà di concorrenza (210).

1983, causa 107/82, Sandoz AG c. Commissione, in Racc., p. 3151 ss., con particolare riguardo al pgf. 49 della motivazione; nonché C. giust. Ce, sentenza del 25 ottobre 1983, causa 107/82, Sandoz AG c. Commissione, in Racc., p. 3151 ss., con particolare riguardo al pgf. 49 della motivazione; nonché C. giust. Ce, sentenza del 25 ottobre 1983, causa 107/82, Sandoz AG c. Commissione, in Racc., p. 3151 ss., in cui il citato principio di diritto è stato ulteriormente ribadito.

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3.2 L’art. 101 TFUE e la compatibilità con il mercato comune di determinati

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