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La presenza nei mercati esteri: le strategie

4.1. Società agricola semplice Allegrini

4.1.3. La presenza nei mercati esteri: le strategie

La presenza nei mercati esteri è stata attuata tramite continui viaggi per partecipare a fiere e tasting, sia nel mercato estero che italiano, con lo scopo di incontrare importatori e distributori disposti a commercializzare il prodotto aziendale. Non si è verificato il presidio di più mercati contemporaneamente secondo un approccio seriale, ma è stato un processo sequenziale.

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Nella fase iniziale di questo processo F. Allegrini dichiara:

“Una volta l’importante era entrare nel mercato, non importava con chi entravi, era una lotta alla sopravvivenza, si cercava di sviluppare una relazione con chi dimostrava un minimo di interesse nei nostri prodotti. Oggi, invece, gli importatori o distributori sono selezionati secondo i marchi che trattano”.

Nella presenza nei mercati esteri è di fondamentale importanza la relazione con gli importatori, perché si crea una vera e propria partnership nella gestione del prodotto. L’azienda, infatti, non effettua ricerche di mercato e sul consumatore, ma sono gli stessi importatori e distributori ad effettuarle per conto di Allegrini e lo scopo che l’azienda si pone è quello di instaurare delle relazioni durature che possano creare nel tempo una reciproca fiducia. Nello sviluppo di questi rapporti avviene un elevato scambio di informazioni e di conoscenze sul mercato e sul consumatore con lo scopo di sviluppare, quando è possibile, dei piani strategici pluriennali.

Un caso di partnership efficiente, tra l’azienda e l’importatore, è avvenuta in Svezia dove Allegrini ha creato un prodotto specifico per il mercato svedese. Infatti, l’importatore ha comunicato all’azienda che il consumatore è molto sensibile all’ambiente e alla sostenibilità, oltre ad evidenziare la preferenza d’acquisto del vino in contenitori di cartone collegata ad una percezione qualitativa elevata. Questa informazione e la successiva collaborazione con l’importatore ha permesso la creazione di un vino di qualità, racchiuso in contenitori di cartone da tre litri, il quale è stato distribuito solamente nelle rosticcerie, che sono considerate dal consumatore delle boutique culinarie dove è possibile reperire prodotti di alta qualità.

“Ero molto contrario alla creazione di questo prodotto, perché ho sempre pensato al mio vino dentro ad una bottiglia di vetro, ma quando ho visto il fatturato e l’utile che abbiamo raggiunto, dopo due anni dal lancio, mi sono ricreduto. Togliendo i costi dai ricavi nel secondo anno abbiamo guadagnato 700.000€ mentre nel primo anno di lancio non abbiamo né guadagnato né perso, siamo finiti in pareggio”. F.Allegrini

Per quanto riguarda la costruzione della presenza nei mercati esteri e le relative relazioni che si creano con gli operatori, ogni mercato ha delle esigenze differenti. Infatti, ogni Paese ha delle specificità che devono essere rispettate per commercializzare il prodotto. Per di più, durante gli anni, le modalità di esportazione del prodotto e le

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relazioni con i partner commerciali sono state modificate in base alle esigenze aziendali e dei singoli mercati.

“Ogni mercato ha le sue caratteristiche, non esiste una regola matematica da applicare ogni volta che si vuole entrare in un mercato, in certi mercati c’è il monopolio, in altri sei obbligato a vendere all’importatore nazionale”. F.Allegrini

A dimostrazione delle modifiche avvenute nelle modalità di esportazione. Negli anni ’80-‘90 in UK la commercializzazione del prodotto era effettuata tramite un intermediario che vendeva il prodotto, a nome di Allegrini, ai distributori e importatori. Oggi, invece, l’azienda predilige la vendita diretta ad importatori e distributori senza intermediari.

Per di più negli U.S.A. c’è stata una modifica strategica nella catena distributiva che ha influito positivamente: sulla distribuzione del prodotto nel territorio, sul controllo del posizionamento del prodotto, sul controllo delle vendite e nella conoscenza del mercato. Infatti, negli anni ‘90 la commercializzazione del prodotto avveniva con un canale di distribuzione che prevedeva il passaggio dalla cantina al distributore regionale, per regione si intende un singolo Stato degli U.S.A., e successivamente era presente un agente, non aziendale, che distribuiva il prodotto nei vari punti vendita. Tale processo distributivo non era obsoleto, ma non soddisfaceva più le esigenze dell’azienda in termini di gestione degli ordini, di controllo del canale distributivo e di posizionamento del prodotto nei punti vendita.

“È un meccanismo che funziona, difficile da mettere in moto e da controllare, ma funziona. L’importante è attuare una buona comunicazione verso i distributori e poi in termini di costi è migliore, nel senso che costa meno attivarlo. Noi lo abbiamo cambiato ma sarebbe ancora fattibile”. F.Allegrini

Ora l’azienda opera in modo differente avendo riorganizzato il canale distributivo. Dalla cantina il prodotto raggiunge l’importatore nazionale americano che distribuisce le bottiglie di vino ai vari distributori regionali i quali, successivamente, indirizzano i prodotti nei vari punti vendita. Ma tutto questo processo distributivo dall’importatore nazionale in poi è controllato da un brand manager aziendale di origine americana. L’introduzione, nella catena distributiva, dell’importatore nazionale permette di gestire al meglio gli ordini dall’Italia agli U.S.A., invece, il brand manager ha la capacità di

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controllare tutto il processo distributivo e di definire, in base alle strategie aziendali, da quali distributori e in quali punti vendita il prodotto dovrà essere commercializzato. Inoltre, il brand manager ha una conoscenza approfondita del mercato e del consumatore e svolge il ruolo di trasmettere all’azienda tutte queste informazioni con lo scopo di pianificare correttamente le strategie aziendali, le quali sono programmate anche con l’importatore nazionale.

“Il brand manager, viene pagato da noi e oltre ad avere una conoscenza del mercato, deve spingere i prodotti che noi gli diciamo e rallentarne altri. Poi è presente anche nei tasting organizzati dai vari distributori”. F.Allegrini

L’importatore nazionale americano permette ad Allegrini di gestire al meglio gli ordini, perché è esso stesso che coordina le spedizioni dall’Italia agli U.S.A. Infatti, l’importatore ha il compito di raggruppare, grazie alla sua elevata dimensione aziendale, più marchi del settore vitivinicolo italiano, raggiugendo un quantitativo di prodotti sufficiente a rendere economica la spedizione e questo fa diminuire: il tempo di raccolta degli ordini e il tempo di spedizione degli ordini. Nel processo distributivo precedente, invece, era Allegrini che doveva raggiungere una certa economicità87, in termini di volumi di ordini sufficienti per effettuare la spedizione verso gli U.S.A. Per di più, con la catena distributiva precedente, i prodotti prima di essere esportati nel Paese estero rimanevano in magazzino per lunghi periodi.

“Il vino prima di essere spedito in America rimaneva in magazzino anche per due mesi, perché dovevamo raggiungere un certo quantitativo di ordini per effettuare la spedizioni, oggi il magazzino che abbiamo a Livorno e gestito in modo snello e non abbiamo nessun problema nei tempi di spedizioni. Oggi è l’importatore che ha il compito di raggruppare gli ordini e poi effettuare la spedizione. Questo passaggio per noi è stato molto importante ”. F.Allegrini

Un altro esempio concreto, a riguardo della specificità che ogni mercato rappresenta e della modificazione delle modalità di commercializzazione, è stato attuato in Svizzera. In questo mercato è stata attivata una diffusione capillare del prodotto tramite una nuova strategia distributiva mai applicata prima dall’azienda. Allegrini ha iniziato ad esportare in Svizzera i propri prodotti mediante un distributore che operava solamente nella città

87 “Le spedizioni non potevano essere effettuate con bassi quantitativi di prodotto, ma bisognava

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di Zurigo. Dopo alcuni anni, l’azienda aveva proposto una strategia di diffusione capillare del prodotto allo stesso partner commerciale il quale però non accettò l’incarico. A questo punto Allegrini trovò un altro importatore che propose un progetto strategico di diffusione dei prodotti nel mercato, esclusa la città di Zurigo. La strategia di distribuzione dei prodotti che fu proposta dall’importatore, riguardò l’importazione dei prodotti a livello nazionale con la successiva distribuzione ai vari distributori. Questi furono suddivisi per area di competenza con una peculiarità chiave: se un distributore non avesse raggiunto gli esercizi commerciali di interesse nella zona in cui opera, un distributore di un'altra area di competenza aveva la facoltà di intraprendere azioni di vendita con i punti vendita non raggiunti. Il controllo di questo piano strategico è tuttora attuato dal nuovo importatore nazionale svizzero che, inoltre, deve valutare anche la capacità di commercializzazione dei vari distributori. Questa strategia si è rilevata un successo con il punto di forza nella competizione tra i vari distributori per raggiungere i punti commerciali.

“Con questa strategia noi abbiamo fatto bingo in Svizzera, in un anno abbiamo raddoppiato il fatturato arrivando 500.000€. Adesso abbiamo intenzione di replicarla in Germania con lo stesso partner commerciale che abbiamo in Svizzera perché i mercati sono simili e dimostrano le stesse necessità. Una strategia di questo genere è inapplicabile in U.S.A. perché il mercato è diverso e perché è troppo grande”. F.Allegrini

Considerando l’elevato valore che Allegrini vuole trasmettere al target di consumatori, appassionati, curiosi ed esperti di vino, il prodotto è commercializzato solamente in enoteche, boutique del vino, gastronomie di alto livello qualitativo, ristoranti, Wine bar, Hotel di lusso e club esclusivi. Tuttavia, ogni mercato rappresenta diversi canali distributivi obiettivo e in Svizzera, ad esempio, l’obiettivo principale sono stati i grandi magazzini “Globus” che trattano solo prodotti di elevata qualità.

Per controllare se i vari distributori raggiungono i punti vendita obiettivo, posizionati nella percezione dei clienti ad un elevato livello qualitativo, Allegrini instaura dei rapporti di fiducia con uno scambio continuo di informazioni. Nei mercati esteri si crea una vera e propria partnership con il distributore/importatore che non ha interesse a vendere a punti vendita non obiettivo di Allegrini, per il motivo che anche il distributore perderebbe il suo prestigio agli occhi dei clienti, quelli a monte della catena distributiva. In Italia, invece, questo è difficile da controllare e ripetutamente il vino Allegrini è

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reperibile nella grande distribuzione organizzata che non è un obiettivo aziendale. Recentemente è stato attivato un sistema di controllo con il quale è individuato il compratore del vino. Questo sistema di controllo consiste nella numerazione dei cartoni di vino in modo che quando avviene la vendita, da parte di un agente, l’azienda conosca dove il prodotto è commercializzato. Oggi, Allegrini impone che il suo vino non sia venduto alla grande distribuzione organizzata per mantenere alto il prestigio del marchio.

“Negli anni, ‘80-‘90, la difficoltà di imporre di commercializzare il vino in determinati punti vendita, in modo che il valore del brand non venisse sminuito, non esisteva, perché la grande distribuzione organizzata non era ancora interessata a trattare nel suo portafoglio prodotti il vino. Da venti anni, invece, la grande distribuzione organizzata è interessata a trattare prodotti vitivinicoli nel suo portafoglio, ma l’immagine e la percezione che trasmette al consumatore è di prodotto facilmente reperibile e di qualità medio-bassa, cosa che noi non vogliamo [..] La colpa è perché in Italia operiamo con agenti plurimandatari che non sono affidabili per questo abbiamo attivato un sistema di controllo” F. Allegrini

Per quanto riguarda la costruzione della presenza estera, all’inizio del processo di internazionalizzazione, le principali criticità incontrate dall’azienda sono state: la difficoltà di trovare i partner commerciali e l’incapacità di attuare un’accurata selezione degli stessi che hanno successivamente portato ad alcuni casi di insolvibilità.

“All’inizio, della nostra esperienza di commercio con l’estero, abbiamo fatto alcune scelte sbagliate, abbiamo scelto alcuni partner commerciali che poi non ci hanno mai pagato, sbagliando si impara, anche se erano anni molto difficili dal punto di vista finanziario”. F.Allegrini