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La scelta del Paese estero: attrattività e accessibilità

L’individuazione dei Paesi verso i quali indirizzare gli sforzi dell’impresa assume una fase di elevato rilievo. In primo luogo perché orienta l’intero processo di formulazione della strategia e configura la possibile posizione competitiva conseguibile, in un’ottica di marketing. Oltre a ciò l’errata selezione dei Paesi può causare uno speco di risorse che l’impresa non potrebbe essere in grado di sostenere.

Secondo l’approccio di Valdani e Bertoli (2006) la scelta dei mercati in cui entrare è condotta in base a due variabili:

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• L’attrattività del mercato, rispetto alle caratteristiche dei segmenti di domanda, al grado di accettazione del prodotto, alle dimensioni del mercato, ai fattori critici di successo;

• L’accessibilità del mercato, in base alle barriere naturali, artificiali e concorrenziali.

In base a queste due variabili è possibile classificare i mercati ad elevata priorità di ingresso nei quali è opportuno essere presenti, i mercati strategici che richiedono consistenti investimenti di entrata e i mercati marginali che non presentano particolare interesse.

Tabella 2.2. Classificazione dei paesi secondo le priorità di ingresso Accessibilità Alta Mercati a elevata priorità di ingresso

Media Mercati strategici

Bassa Mercati marginali

Alta Media Bassa Attrattività

Fonte: Valdani e Bertoli, 2006

L’attrattività dei Paesi esteri è attuata per fasi valutando, in primo luogo, i mercati per i quali non è possibile esprimere un giudizio negativo. Successivamente in questi Paesi è effettuata una stima del mercato potenziale in base al prodotto offerto dall’impresa, definendo i Paesi attrattivi per settore in ordine di sviluppo dello stesso. Infine, è svolta una terza scrematura che definisce i mercati attrattivi per l’impresa, in cui esista un possibile posizionamento da parte dell’impresa accertando in che misura l’offerta corrisponde alle caratteristiche qualitative e quantitative della domanda, quali sono gli eventuali interventi di adattamento necessari con i riflessi economico-finanziari e anche valutando la situazione competitiva dei Paesi interessati. Inoltre, in questa fase va valutato il rischio politico59 definito come possibili provvedimenti addottati dalle pubbliche autorità del Paese estero in grado di compromettere le sviluppo delle attività

59 Il rischio politico può essere scomposto in: rischio d’instabilità come guerre; crollo della proprietà

dell’investimento come l’espropriazione dell’azienda; rischio operativo derivante da normative penalizzanti per l’impresa; rischi di trasferimento di capitali con un impossibile rimpatrio (Root, 1994).

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dell’impresa, ridurre la possibilità di esercizio del controllo sull’attività o interferire nelle modalità di gestione (Koch, 2001). Questi processi di screening sono effettuati mediate variabili macroeconomiche le quali possono essere: demografiche, economiche, tecnologiche, socioculturali, fisico-geografiche (Douglas, Craig e Keegan, 1982). Quindi è un processo che inizia con l’analisi generale delle caratteristiche macroeconomiche e ambientali che definiscono l’accettabilità del mercato e si focalizza successivamente in un analisi specifica del Paese con stime potenziali di mercato. Dopo aver verificato l’attrattività di un mercato si valuta l’accessibilità, perché un Paese con un elevato grado di attrattività può non essere accessibile. L’accessibilità è valutata in base alle (Onkvisit e Shaw 1988; Valdani 2000; Valdani e Bertoli 2006; Zucchella 2010):

• barriere naturali;

• barriere artificiali;

• concorrenziali.

Le barriere naturali riguardano la distanza geografica e culturale tra il Paese di origine dell’impresa e il Paese estero (Zucchella, 2010).

Le barriere artificiali, invece, sono distinte in tariffarie e non tariffarie. Le barriere tariffarie si traducono nell’imposizione di una tariffa per le merci che fanno ingresso nel mercato estero e possono essere: dazi dogali e diritti integrativi di confine. Il dazio doganale è un’imposta indiretta attuato dallo Stato estero mentre il bene entra nel territorio doganale dello Stato stesso, invece, i diritti integrativi di confine sono un insieme di tributi e spese imposti dalle autorità doganali e sono del tutto simili ai dazi doganali.

Le barriere non tariffarie si distinguono da quelle tariffarie, anche se producono lo stesso effetto economico e riguardano: limitazioni quantitative al commercio con l’estero; regole tecniche e standard in tema di prodotto; norme e procedure doganali; misure di carattere finanziario e valutario (Onkvisit e Shaw 1988; Valdani, 2000; Valdani e Bertoli, 2006).

Le limitazioni quantitative al commercio con l’estero si concretizzano nel contingentamento assoluto e doganale, in limitazioni volontarie alle esportazioni, nell’embargo e nel divieto di esportazione. Il contingentamento assoluto delle

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importazioni prevede una limitazione quantitativa all’approvvigionamento estero di determinate merci provenienti da altri Paesi. Le limitazione volontarie, invece, sono poste in essere dallo Stato esportatore e non da quello importatore e le merci sono così sottoposte al regime delle licenze di esportazione. Gli embarghi e i divieti di esportazione possono essere posti sia dal Paese esportatore o da organizzazioni internazionali e riguardano limitazioni o divieti di esportare merci per motivi di carattere economico e di sicurezza nazionale.

Le regole tecniche e standard di prodotto sono prefissati da ogni Paese estero e riguardano determinate caratteristiche che il prodotto deve avere per essere importato. Le norme e procedure doganali concernono in particolari regolamentazioni per l’importazione di determinati prodotti e si suddividono: nei calendari d’importazione che prevedono dei periodi dell’anno in cui non è possibile importare la merce in determinati Paesi; la classificazione e la valutazione dei prodotti che sono effettuate dalle autorità doganali dello Stato importatore e riguardano particolari procedure di classificazione merceologica e di valutazione dei prodotti.

Le misure di carattere valutario e finanziario sono delle barriere che ostacolano e riducono la semplicità, la velocità e la convenienza delle esportazioni e comprendono: le restrizioni valutarie; i cambi valutari multipli; le restrizioni creditizie; l’imposizione di prezzi minimi. Le restrizioni valutarie riguardano il controllo statale sui cambi delle valute che esclude il meccanismo del ruolo della domanda e dell’offerta. I cambi valutari multipli sono adottati dal Paese importare per limitare gli scambi commerciali con i mercati esteri. Le autorità monetarie nazionali discriminano i cambi di acquisto e di vendita delle valute straniere in modo che l’acquisto di moneta estera per effettuare i pagamenti della merce diventa molto oneroso. Le restrizioni creditizie sono poste da parte dell’autorità del governo del Paese importatore a carico degli operatori commerciali che così si trovano in difficoltà nei pagamenti agli esportatori stranieri. L’imposizione di prezzi minimi è molto simile al contingentamento, anche se questa barriera opera secondo i prezzi delle merci. Infatti, se i prezzi di mercato di una determinata merce scendono al di sotto di un certo livello, le importazioni vengono ridotte o sospese.

Oltre all’analisi delle barriere è necessario effettuare lo studio dell’ambiente competitivo del Paese estero in cui l’impresa ha deciso di entrare. L’individuazione dei concorrenti, rappresentata dalle imprese locali e internazionali, da parte dell’impresa,

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infatti, è essenziale per individuare i vantaggi competitivi che la distinguono. Inoltre, è necessario valutare le strategie, le risorse, le competenze, gli obiettivi perseguiti, le politiche di marketing e la struttura economico-finanziari da parte delle imprese concorrenti (Rispoli, 2002).

Inoltre, un altro fattore da valutare per l’entrata in un Paese estero sono le infrastrutture di marketing caratterizzate dai canali distributivi e di comunicazione esistenti nel mercato straniero (Collesei, 2006).

Tuttavia, in riferimento a quanto descritto le imprese tendono a scegliere i Paesi in cui internazionalizzarsi in base alla vicinanza geografica o cultura al Paese di origine (Wiedersheim-Paul, 1978). Per di più le imprese cercano di internazionalizzarsi in mercati con cui hanno già un’esperienza o contatti già avviati, non attivando un processo razionale di selezione del mercato estero il quale è essenziale per gestire le posizioni strategiche in un’ottica di medio lungo termine.

In base alla prospettiva di sviluppo internazionale dell’impresa in mercati potenziali, le risorse aziendali si possono suddividere in un ampio numero di Paesi con una moltiplicazione delle aree o concentrare su un numero ridotto di Paesi con una concentrazione delle aree. La concentrazione delle aree è caratterizzata dalla scelta di Paesi con elevata similarità nella domanda, negli stili di vita e nei modelli di comportamento con una focalizzazione delle azioni aziendali in pochi mercati. La moltiplicazione delle aree, invece, è caratterizzata da un ampio portafoglio di Paesi eterogenei in termini di caratteristiche in modo da suddividere il rischio degli investimenti. Secondo al grado di omogeneità tra i vari Paesi obiettivo dell’impresa si possono delineare delle differenti ottiche strategiche percorse dalla stessa (Valdani e Bertoli, 2006):

• similarità concentrata: l’impresa si focalizza in un numero ristretto di Paesi fra loro omogenei, le decisioni strategiche sono prese in base al mercato di origine dell’impresa che è considerato il più importante. La formula imprenditoriale adottata nel proprio Paese è “esportata” negli altri mercati senza particolari adattamenti (Valdani, 2000). Questa decisione può derivare dalla scarsa disponibilità di risorse dell’impresa, dalla limitata esperienza del manager, dalla convinzione di possedere una forma imprenditoriale vincente derivante da un vantaggio competitivo fondato su un vantaggio comparato di immagine;

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• similarità diffusa: l’impresa si estende in molti Paesi tra loro relativamente omogenei, le decisioni strategiche sono basate sulla cultura e valori di una specifica macro-regione. Questa configurazione strategica è adottata da imprese globali che soddisfano i bisogni di un segmento che aggrega più Paesi con specificità convergenti;

• diversità concentrata: l’impresa opera in un numero limitato di mercati dissimili tra loro offrendo prodotti in base alle esigenze specifiche di ogni mercato. Le decisioni strategiche sono basate sulla cultura e valori dei singoli mercati. Questa tipologia d’impresa è costituita da una costellazione di imprese con culture e strategie orientate al loro mercato locale e la modalità di entrata maggiormente utilizzate nei Paesi esteri è l’investimento diretto (Valdani, 2000; Cedrola 2005);

• diversità diffusa: l’impresa cerca di servire un numero elevato di Paesi potenziali soddisfacendo le specifiche richieste dei consumatori.

Un altro interrogativo che si pone l’azienda che decide di internazionalizzarsi riguarda l’insediamento di più mercati contemporaneamente o gradualmente. Vicari (1989) ha denominato tali alternative con approccio seriale o sequenziale.

L’approccio sequenziale vede la penetrazione dell’impresa in un determinato Paese nel quale una volta attuata, si proietta in un altro. Tale approccio prevede il trasferimento dell’esperienza maturata in un mercato in altri mercati e si caratterizza, oltre alla riduzione della possibilità di errore, nel minore impiego di risorse e competenze rispetto all’approccio seriale. Quest’ultimo prevede l’entrata dell’impresa in tutti i mercati potenziali con il vantaggio di anticipare la concorrenza, oltre alla possibilità di attuare margini maggiori associati a competenze distintive60.

Tuttavia, l’approccio seriale può essere una valida decisione, quando si ha un prodotto altamente innovativo e tecnologico e si vuole entrare in un mercato da first mover limitando le strategie di imitazione dei concorrenti. L’approccio sequenziale, invece, è maggiormente attivato dalle aziende che non hanno un’elevata esperienza nei mercati internazionali e non hanno un’elevata dimensione (Valdani e Bertoli, 2006).

60 Caratteristiche intrinseche all’impresa difficilmente imitabili e riproducibili che permettono di svolgere

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Nonostante ciò, Zucchella (2010) dichiara che le piccole e medie imprese adottano un approccio seriale ai mercati sfruttando strategie di nicchia e flessibilità.

3.7. Strategie internazionali di ingresso nei Paesi