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La problematica ambientale e gli anni ‘70

A partire dagli anni Settanta, a livello internazionale, si fa via via più ampio e approfondito l'interesse delle scienze umane e sociali per l'ambiente. Anche l’opinione pubblica diventa sempre più attenta alle conseguenze dannose che il sistema economico e lo stile di vita dei paesi industrializzati provocano sull’ambientale. I timori per tali effetti negativi ingovernabili e la consapevolezza di dover adottare un sistema di salvaguardia delle risorse naturali sono sentimenti rappresentati da un sempre più vasto movimento scientifico e di opinione, conosciuto come movimento ecologista.

Il turismo è un’attività economica che produce un forte impatto sull’ambiente e, infatti, in Sardegna gli studi sul turismo, oltre che insistere sulla necessità di incentivare la promozione locale, introducono queste nuove tematiche.

Si dibatte sul rischio d’impoverimento ambientale connesso all’espansione edilizia per strutture ricettive e seconde case, sugli stravolgimenti sociali e ambientali provocati da un turismo che non s’integra con il sistema produttivo regionale e resta circoscritto nello spazio e nel tempo, caratterizzandosi come attività stagionale concentrata su due o tre mesi

(Mazzette, 2002). Si suggeriscono nuove metodologie di indagine per osservare i problemi dello sviluppo turistico, un nuovo approccio agli studi di segmentazione della domanda o dell’offerta, di politica del turismo sociale, d’interesse per l’aspetto «antropologico» del turismo, e si suggerisce che queste metodologie entrino nei piani di propaganda per ottenere un effetto «amplificatore» della domanda turistica (Fioravanti, 1971). Si auspica un intervento della Regione affinché predisponga adeguati strumenti legislativi per salvaguardare il paesaggio e consentirne il pieno godimento a tutti i cittadini (Solinas, 1971).

Il 6° rapporto relativo allo stato di attuazione degli interventi previsti dal Piano di sviluppo della Sardegna, alla data del 13 dicembre 1970, rileva un incremento percentuale degli interventi rispetto al 1968, in particolare gli investimenti relativi alla ricettività alberghiera mostrano un buon dinamismo e stato di attuazione, un dinamismo meno marcato quelli per infrastrutture e turismo sociale, i cui adempimenti sono a totale carico dell’amministrazione regionale (C.R.P., 1972).

L’incremento notevole del movimento turistico è innegabile, ma alcuni studiosi criticano l’insufficiente adeguamento quantitativo e qualitativo delle strutture e infrastrutture turistiche, che testimonia la poca capacità da parte dell’organo regionale di governo di “gestire” adeguatamente il fenomeno (Solinas, 1971). Si osserva che la sua capacità di ripristinare gli equilibri territoriali e settoriali perduti, attribuitagli dal Piano di Rinascita, funziona nelle zone fortemente interessate da altre attività economiche, fra cui quella industriale, dove gli scompensi d’occupazione sono sanabili, anche solo stagionalmente, con la creazione di nuove opportunità lavorative. Funziona marginalmente nelle zone lontane dai grandi centri urbani, dove si accentua la tendenza al permanere della dissociazione tra le due attività, agricola e pastorale da un lato, turistica dall’altro (Asili, Ferrari, 1971).

Il potenziamento del mercato turistico per quanto concerne quello di massa o sociale e il coinvolgimento in esso delle aree marginali sono obiettivi che, si sostiene, potrebbero essere raggiunti con la crescita della classe imprenditoriale locale (Usai, 1973). Alcuni osservatori propongono l’incentivo alla pratica sportiva del golf e la regolamentazione dell’attività venatoria come buone soluzioni per attenuare gli aspetti critici del turismo quali l’eccessiva stagionalità, lo scarso utilizzo degli spazi extraurbani e la necessità di proteggere la natura (Leccis, 1973).

Il Programma regionale di sviluppo economico e sociale del 1976- 1978 enuclea un sistema coordinato e organico di politiche e obiettivi che si intendono realizzare nel medio periodo nei diversi settori economici. Per quanto riguarda il turismo, prende atto dei contenuti del dibattito inserito nelle pubblicazioni di quegli anni, riconoscendo i rischi connessi alla sua espansione. Evidenzia l’azione legislativa del Consiglio regionale tendente a contrastare gli insediamenti che deturpano le coste, indicando per il futuro un’azione di guida e controllo dell’espansione edilizia, sino a quel momento, dominata dalla speculazione privata. Il turismo, in esso, ricopre ancora un ruolo minore rispetto ad agricoltura e industria nell’economia complessiva regionale; è considerato, infatti, «un settore debole, soggetto ai mutamenti di

mercato, il cui apparato produttivo non sfrutta le sue capacità potenziali e quindi non raggiunge livelli di redditività aziendale, ma soprattutto sociale, apprezzabili». Le finalità del Programma, ad ogni modo, consistono nel

contrastare gli insediamenti che mettono a rischio l’eccezionale patrimonio di risorse naturali e ambientali; nel potenziare il flusso turistico verso la domanda organizzata, che rispetto a quella individuale presenta il vantaggio di una maggiore uniformità di distribuzione stagionale, maggiore mobilità territoriale e possibilità di standardizzare gli impianti e i servizi con riduzione notevole dei costi di gestione; nella promozione, infine, del turismo sociale, nell’intento di allargare il fatto turistico sino all’uso non consumistico del “tempo libero” (C.P.R., 1976).

Gobbato e Sini, in un saggio del 1976, effettuano un’analisi economica sulle dinamiche dei prezzi e rilevano che la concentrazione temporale dei flussi turistici nei mesi estivi determina squilibri nella distribuzione dei redditi, affermando che la causa dell’eccessiva stagionalità sia la mancanza di risorse turistiche diverse da quelle legate al clima e all’ambiente naturale. Lo sviluppo del turismo interno, al contrario, può rappresentare una componente stabile nel tempo del movimento isolano e quindi dell’economia complessiva dell’Isola, attirando fasce di turisti con reddito medio-basso, meno indotte a repentini mutamenti dei gusti, interessati alle vacanze in bassa stagione, soprattutto nella forma breve del fine settimana.

Sini, accennando ai primi dibattiti internazionali in tema di sviluppo sostenibile, riprende l’analisi economica sul turismo sardo, l’anno successivo, per insistere sull’importanza di uno sviluppo globale del turismo in tutta la regione, che colleghi i diversi comparti produttivi, e che copra un arco temporale più esteso; il turismo avrebbe un ruolo trainante solo se si riuscisse a ridurre l’importanza del turismo di frontiera (in Sardegna il turismo balneare) a favore di quelle forme meno soggette a fenomeni di concentrazione temporale e territoriale (Sini, 1977).

Boggio (1978) ripropone il problema dell’integrazione del soggiorno costiero con le zone interne, ritenendo l’espansione del primo verso il secondo l’unico modo per creare i presupposti di un turismo dell’entroterra. La sua analisi valuta le motivazioni per cui le regioni interne dell’Isola siano state trascurate dal turismo organizzato, ritenendo che ciò sia dipeso dai seguenti elementi:

 scarsa attrattiva del paesaggio interno, caratterizzato da altitudini modeste e condizioni climatiche sfavorevoli, in confronto alle destinazioni concorrenti del turismo invernale;

 arretratezza delle vie di comunicazione interne;  mancanza di un’adeguata classe imprenditoriale.

Le prospettive di attenuazione dei contrasti nell’uso turistico del territorio tra costa ed entroterra risiedono in una più approfondita presa di coscienza del patrimonio naturale e culturale delle regioni interne, nell’integrazione del settore turistico con le produzioni agrarie e nel potenziamento dei servizi di trasporto in bassa stagione (Boggio, 1978).

Altri osservatori, viceversa, constatando la chiara vocazione marino- balneare del turismo nell’Isola, esprimono perplessità sulla capacità dell’entroterra di generare un flusso considerevole di visitatori nazionali e internazionali. Ritenendo l’insularità un limite difficilmente superabile, si pongono il problema di valutare quanto sia conveniente investire ingenti risorse finanziarie pubbliche per un’utilità differita incerta (Solinas, 1971).

In quegli anni è messo in luce anche un altro aspetto importante determinato dal fenomeno turistico, soprattutto dal punto di vista sociologico, il cambiamento di abitudini vacanziere dei residenti che, tradizionalmente abituato a trascorrere il tempo libero in campagna, inizia a riversarsi sulle coste (Ozer, 1981).

Questo aspetto è riportato, negli anni successivi, per Tempio Pausania, centro montano a forte vocazione turistica e rinomato nei primi anni ‘60, grazie anche alla presenza delle “fonti di Rinaggiu”. Il comune, per l’incapacità della pubblica amministrazione di non saper fronteggiare la concorrenza di altre località divenute raggiungibili grazie al miglioramento dei collegamenti con la Penisola, ha perso quote di visitatori, oltre che la cultura imprenditoriale locale che lo caratterizzava (Mannoni, 1986). Nei decenni successivi, diventa un contesto di scarso peso nel panorama turistico regionale, ridotto ad un turismo di transito proveniente dalle vicine località costiere della Gallura, emblema della difficoltà riscontrata dalla Sardegna montuosa di proporre un offerta di soggiorno turistico non balneare.

Alla fine degli anni ‘70 cresce la discussione sulla validità spazio- temporale di un modello di sviluppo turistico come quello che ha reso famosa

in tutto il mondo la “Costa Smeralda”, le critiche si fondano sul fatto che il processo di trasformazione socio-economica dell’area costiera Nord Orientale non abbia coinvolto la realtà antropica gallurese e le sue attività economiche tradizionali agricole e pastorali, creando situazioni di squilibrio in un ambito territoriale pur limitato (Bandinu, 1980; Dragone, 1979).