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La reazione dell’Amministrazione finanziaria all’abuso del diritto:

2. LA NUOVA DISCIPLINA DELL’ABUSO DEL DIRITTO

2.4 L’articolo 10-bis (Legge 212/2000): disposizioni procedimentali della nuova

2.4.5 La reazione dell’Amministrazione finanziaria all’abuso del diritto:

La reazione dell’Amministrazione finanziaria (la c.d. sanzione impropria) alla configurazione di un’operazione abusiva, ai sensi degli elementi costitutivi della fattispecie indicati nei primi commi dell’art. 10-bis, è indicata nel secondo periodo del comma 1, in cui si legge che “tali operazioni non sono opponibili” all’Amministrazione; quest’ultima “ne disconosce i vantaggi” calcolando “i tributi

sulla base delle norme e dei principi elusi”, considerando “quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni243”.

Tale previsione risulta “già contenuta nel citato art. 37-bis244”, onde per cui le considerazioni effettuate per l’abrogato art. 37-bis risultano traslabili all’art. 10-bis. Due sono gli elementi principali individuabili nella reazione dell’Amministrazione

241 Contrino e Marcheselli, Difesa nel procedimento e nel processo dopo la riforma dell’abuso del

diritto, op. cit., 3900.

242 Giovannini, Il diritto tributario per principi, 2012, Giuffrè Editore, Milano. 243 Art. 10-bis, comma 1, Legge 212/2000.

244 Relazione illustrativa al decreto legislativo recante “Disposizioni sulla certezza del diritto tra fisco e

finanziaria: la non opponibilità ed il conseguente disconoscimento dei vantaggi. Attraverso il primo elemento, la condotta abusiva del contribuente, ed in particolare l’aspetto fiscale relativo a tale condotta, è inefficace esclusivamente nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. In questo modo il contribuente non può beneficiare del risparmio fiscale indebito realizzato attraverso la sua condotta. Ciò che non viene pregiudicato, invece, sono gli effetti giuridici delle operazioni realizzate che, ai fini civilistici, rimangono efficaci tra le parti e verso i soggetti terzi diversi dagli Uffici245. Ciò, trova conferma anche nella Relazione ministeriale allo “Schema di decreto del 12 settembre 1997” (D.Lgs. n. 358/1997) in cui viene evidenziato e ribadito che la previsione “dell’inopponibilità” conferma la rilevanza esclusivamente fiscale dell’elusione (alias abuso del diritto), sottolineando che, da un punto di vista civilistico, gli effetti delle condotte non risultano compromessi246. In altre parole, dal punto di vista fiscale, gli effetti delle operazioni abusive vengono ridefiniti “come se in

virtù dell’operazione elusiva fosse stata posta in essere l’operazione elusa247”. Inoltre, è da apprezzare la chiarezza della Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 128/2015 nello specificare che, qualora venga configurato un comportamento abusivo, ciò non determina la nullità dei negozi conclusi dal contribuente, ma bensì esclusivamente l’inefficacia ai fini tributari. Infatti, come è stato affermato anche con riferimento alla medesima previsione sancita dall’abrogato art. 37-bis, l’eventuale conseguenza della nullità dei negozi in caso di condotta abusiva non rappresenterebbe la soluzione idonea248. Infatti, tale eventualità risulta contrastante alle indicazioni sancite dallo Statuto dei diritti del contribuente, in particolare all’art. 10 comma 3, in cui si legge “le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non

possono essere causa di nullità del contratto249”; inoltre, secondo Tulliani, una tale soluzione sarebbe “insufficiente ed eccessiva250”.

245 Miele, Abuso del diritto, effetti incerti, 26 febbraio 2014, in Il Sole 24 Ore.

246 Ciò ribadito anche dalla Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 84/E, del 27 novembre 2013. 247 Cfr. Falsitta, Corso istituzionale di Diritto Tributario, 2011, CEDAM, Milano, 213; Falsitta, Corso

istituzionale di diritto tributario, 2014, CEDAM, Milano, 133.

248 Si precisa che l’utilizzo dello strumento della nullità dei negozi è sostenuto da una giurisprudenza

minoritaria. Si cita, ad esempio, la sentenza n. 20816 della Corte di Cassazione, del 12 maggio 2005, che afferma che l’ordinamento tributario, nell’azione di contrasto alle condotte abusive, può utilizzare lo strumento della nullità dei negozi come estrema soluzione. Ciò in caso di assenza di strumenti alternativi di contrasto per “non subire passivamente le possibili operazioni fraudolente poste in essere

dai contribuenti”.

249 Art. 10, comma 3, Legge 212/2000.

Quanto al secondo elemento, si legge nella Relazione illustrativa al decreto legislativo n. 128/2015, conseguentemente all’inopponibilità della condotta abusiva all’Amministrazione finanziaria, quest’ultima “ne disconosce i vantaggi realizzati dal

contribuente applicando i tributi in base alle disposizioni eluse 251 ”. L’Amministrazione finanziaria, quindi, deve comparare l’operazione considerata elusiva con quella elusa, verificando che entrambe le operazioni realizzano, o avrebbero potuto realizzare, il medesimo effetto economico-giuridico. Successivamente, si analizza l’eventuale differenziale che emerge dal confronto delle due operazioni: qualora risulti un differenziale “positivo” quest’ultimo viene disconosciuto252, mentre, qualora il differenziale risulti nullo (o in altri termini il risultato delle due operazioni comparate risulti equivalente), non realizzandosi nessun reale vantaggio tributario, quest’ultimo non viene disconosciuto253. Infine, è opportuno sottolineare che il legislatore delegato, nonostante la previsione del disconoscimento dei vantaggi, considera quanto già versato dal contribuente a seguito delle operazioni abusive. Anche questo aspetto risulta già presente nell’abrogato art. 37-bis per effetto del quale l’Amministrazione finanziaria non può sommare l’imposta già versata dal contribuente con quella ridefinita per effetto dell’operazione elusa. Ciò sta ad indicare che l’operazione elusiva è neutrale dal punto di vista tributario: l’elusione viene contrastata attraverso il disconoscimento dello schema elusivo, che determina una riqualificazione e rideterminazione dell’imposta dovuta. Tuttavia, in ogni caso, viene sempre prevista la possibilità per il contribuente di vedersi riconosciuto le eventuali imposte già pagate a seguito dell’operazione abusiva posta in essere. Infine, per comprendere come concretamente funziona “la reazione” dell’Amministrazione finanziaria sopra delineata, è interessante analizzare la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 84/E/2013, che, pur riguardando una fattispecie rientrante nell’abrogato art. 37-bis, ben evidenzia il meccanismo dell’inopponibilità e del disconoscimento dei

251 Relazione illustrativa al decreto legislativo recante “Disposizioni sulla certezza del diritto tra fisco e

contribuente”.

252 Infatti, si legge nella Relazione ministeriale allo Schema di decreto del 12 settembre 1997 (D.Lgs. n.

358/1997), che la verifica circa l’elusività di una determinata operazione “deve avvenire attraverso un

confronto oggettivo tra regimi fiscali, quello previsto dalla norma elusa e quello che il contribuente ha effettivamente applicato, dandosi per implicita la maggiore onerosità del primo rispetto al secondo”.

253 Risoluzione del Ministero delle Finanze, del 29 dicembre 2000, n. 200/E. Si evidenzia, inoltre, che

nei casi in cui dalla comparazione tra operazione effettivamente realizzata dal contribuente ed operazione “ordinaria” risulti un carico tributario equivalente, non sussisterebbe alcun vantaggio fiscale e quindi non si potrebbe configurare alcuna elusione (Cfr. Falsitta, Corso istituzionale di Diritto

vantaggi. Oggetto della questione è una trasformazione di una società di capitali (in particolare una S.R.L.) in una società di persone (in particolare una società semplice), reputata elusiva dall’Amministrazione finanziaria. Dalla lettura della Risoluzione si evince che la società semplice, pur conservando tale conformazione, deve proseguire ad adempiere agli obblighi disposti alle società di capitali, ossia liquidare le imposte secondo le regole Ires e Irap e tenere i libri e le scritture contabili come prescritto per tali forme di società. In base a ciò, dal punto di vista soggettivo figura una società semplice e, in quanto tale, non può né aderire al regime del consolidato fiscale nazionale, né alla procedura di liquidazione dell’Iva di gruppo, in quanto tali opzioni sono previste esclusivamente per le società di capitali. In quest’ultima analisi, quindi, l’Amministrazione finanziaria attraverso il disconoscimento dell’operazione abusiva, non solo sottopone a tassazione i vantaggi tributari realizzati a seguito dell’operazione abusiva, ma anche ridetermina l’operazione posta in essere in modo permanente, allo scopo di ripristinare giuridicamente la situazione che si sarebbe configurata senza la condotta abusiva254.

In sintesi è possibile affermare come il concetto di inopponibilità riguardi l’operazione in sé, ovvero, qualora l’Amministrazione abbia riqualificato l’operazione (elusiva) posta in essere dal contribuente con quella ideale “normale” (elusa), quest’ultimo non potrà né opporre al Fisco di aver realizzato una diversa operazione (quella elusiva anziché quella elusa), né pretendere di essere tassato con il relativo regime fiscale previsto dall’operazione elusiva. Il disconoscimento, invece, che si concretizza tramite l’invio dell’avviso di accertamento, riguarda il vantaggio conseguito dal contribuente tramite l’operazione realizzata, e quindi, la relativa rideterminazione del carico fiscale secondo l’operazione elusa, oltre all’eventuale riconoscimento delle imposte già pagate nell’operazione elusiva. Per tali ragioni, il disconoscimento si riferisce esclusivamente al rapporto Amministrazione-contribuente, mentre l’inopponibilità potrebbe estendersi fino a comprendere anche soggetti che non hanno realizzato alcun vantaggio255. Proprio tale ragione, come verrà brevemente analizzato nel paragrafo 2.4.7, tali soggetti non elusori e quindi, non destinatari di alcun avviso di accertamento, hanno il diritto di chiedere istanza di rimborso allo scopo di ottenere le imposte eventualmente

254 Miele, Abuso del diritto, effetti incerti, 26 febbraio 2014, in Il Sole 24 Ore.

255 Beghin, La “tassazione differenziale” e la “non opponibilità” al Fisco delle operazioni elusive, in

pagate nell’operazione inopponibile all’Amministrazione finanziaria. Infine, è interessante evidenziare e ribadire due aspetti particolari circa la reazione dell’ordinamento disciplinata dall’art. 10-bis: il primo, si riferisce alle conseguenze relative all’inopponibilità ed al disconoscimento dei vantaggi. Ciò, si ribadisce, riguarda esclusivamente gli effetti fiscali dell’operazione contestata, non determinando la nullità o l’annullabilità dei contratti conclusi dai contribuenti. Infatti, l’Amministrazione, tra le altre cose, non ha alcun interesse ad eliminare dei negozi conclusi e perfezionati dai contribuenti. Tale ente, infatti, opera per identificare tali operazioni controverse, riqualificarle e, infine, tassarle. Il secondo aspetto si riferisce al fatto che, in base allo schema applicativo definito dall’art. 10-bis, l’Amministrazione finanziaria per poter recuperare quanto eluso dal contribuente dovrà sostituire una fattispecie concretamente realizzata dal contribuente con una prospettata da tale Ufficio, ma che il contribuente non ha implementato. Ciò determina la tassazione di una condotta in luogo di un’altra, applicando le disposizioni proprie della fattispecie elusa al posto di quelle della fattispecie elusiva realizzata256.

2.4.6 Analisi e riflessioni del regime sanzionatorio previsto