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Operazioni di scissione e successiva cessione di quote ed elusione

3. APPLICAZIONE DELLA NUOVA DISCIPLINA DELL’ABUSO DEL DIRITTO

3.3 Scissione ed elusione fiscale

3.3.1 Operazioni di scissione e successiva cessione di quote ed elusione

L’attenzione dell’ormai soppresso Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive si è più volte soffermata verso una particolare operazione di scissione, ossia la scissione seguita da una cessione delle partecipazioni dei soci coinvolti. Tale operazione è stata più volte vista con sospetto e classificata come elusiva da parte del Comitato, ma ora, grazie all’introduzione della nuova disciplina dell’abuso del diritto, tali considerazioni potrebbero cambiare.

Tra le prese di posizione più emblematiche è interessante annoverare i pareri n. 27 e 28 del 4 ottobre 2006. Entrambi i pareri si caratterizzano per riguardare una situazione in cui dei soci di una società decidono di effettuare una scissione proporzionale, conferendo il patrimonio immobiliare e finanziario ad una società beneficiaria che rimarrebbe di proprietà dei soci originari, mentre il controllo della società scissa (all’interno della quale è confluita l’attività caratteristica della società originaria) verrebbe ceduto, mediante una cessione di partecipazioni, a dei nuovi soci. Il Comitato qualificò tale processo come elusivo, affermando che “non si comprendono i motivi

che avrebbero condotto i soci a non utilizzare lo strumento più congruo […] della cessione del ramo d’azienda relativo all’attività caratteristica319”. Sulla base di tale considerazione, quindi, le due operazioni realizzate determinerebbero l’aggiramento dell’art. 86 del Tuir, secondo comma (riguardante la tassazione ordinaria delle plusvalenze derivanti dalla cessione del ramo d’azienda), sfruttando il regime della neutralità fiscale e beneficiando successivamente del più favorevole regime di tassazione dei capital gains.

È bene evidenziare che, sia pur in pendenza della disciplina antielusiva dettata dall’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973, tali conclusioni già allora furono giudicate con perplessità da parte degli studiosi. Infatti, in questi casi, oltre alla superficialità con cui il Comitato giudicò non rilevanti le motivazioni a sostegno di tali operazioni320, destò ancora più perplessità la valutazione della cessione del ramo d’azienda come

319 Parere del Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive n. 27 del 4 ottobre 2006. 320 In entrambi i casi l’operazione di scissione fu giustificata come soluzione necessaria per aumentare la

competitività della società in un mercato sempre più complesso, garantendo quindi la continuità futura dell’attività stessa.

operazione più congrua per tale tipologia di situazioni. Tale presa di posizione, infatti, apparì nettamente in contrasto con la “libertà di scegliere la forma operativa ritenuta

più congrua321”.

Tali conclusioni, alla luce della nuova disciplina dell’abuso del diritto, risultano oltremodo coerenti con le nuove disposizioni che, inoltre, dalle considerazioni che seguiranno, scongiurerebbero definitivamente tali ipotesi di elusività. Infatti, proprio in virtù dei due punti critici esposti pocanzi (irrilevanza delle motivazioni a sostegno della scissione e successiva cessione delle quote e comparazione con l’operazione più congrua della cessione del ramo d’azienda) risulta fondamentale riesaminarli in virtù dell’art. 10-bis, in particolare dei commi 3 e 4.

Il terzo comma dell’art. 10-bis, come evidenziato nel precedente capitolo, afferma che “in ogni caso” non è possibile qualificare un’operazione come abusiva qualora sia giustificata da valide ragioni extrafiscali non marginali, rientrando in tale esimente anche quelle di carattere organizzativo e gestionale, che determinano un miglioramento strutturale o funzionale dell’attività esercitata. Ciò significa che un’attenta dimostrazione della presenza di tali valide ragioni extrafiscali non marginali, determinanti per la realizzazione di una specifica operazione, “sterilizzerebbe” in ogni caso l’applicazione della norma anti abuso. Proprio in considerazione della precisione normativa e del tenore letterale utilizzato dal legislatore si ritiene, con maggior fermezza rispetto al passato, che le motivazioni a sostegno delle operazioni oggetto dei due pareri, risultano tuttora sufficienti per scongiurare il carattere abusivo di dette situazioni.

Quanto, invece, all’indicazione dell’operazione più congrua che gli operatori avrebbero dovuto seguire, ciò pare in netto contrasto con il quarto comma dell’art. 10- bis. Quest’ultimo, si ricorda, evidenzia e ribadisce un principio tanto importante quanto a volte sottovalutato, ossia: riconosce al contribuente la libertà di scegliere tra i diversi regimi disposti dall’ordinamento e tra le varie operazioni aventi un diverso carico fiscale. Dunque, nell’esercizio delle proprie strategie imprenditoriali, nulla vieta al contribuente di organizzare la propria attività optando per il “percorso giuridico” avente un minor carico fiscale, operando nella cosiddetta lecita pianificazione fiscale.

321 Confalonieri, Trasformazione, fusione, conferimento, scissione e liquidazione delle società, Milano,

Come già evidenziato nel paragrafo 2.3.2, benché tale principio fosse già contenuto nella Relazione illustrativa all’art. 37-bis ed in numerose sentenze domestiche e comunitaria, si è assistito, come in questo caso, a frequenti pronunce che tacciavano di elusività operazioni realizzate da soggetti colpevoli di non aver scelto l’alternativa più onerosa. Inoltre, riferendo ai pareri n. 27 e 28 ciò che viene evidenziato nella Relazione all’art. 10-bis, non può rilevare ai fini dell’applicazione dell’abuso del diritto il fatto che la scissione sia neutrale dal punto di vista fiscale mentre la cessione del ramo d’azienda abbia natura realizzativa322. Anzi, l’unico limite a tale libertà è circoscritto alla sola realizzazione di un vantaggio fiscale indebito. Ora, risulta alquanto improbabile qualificare l’eventuale risparmio fiscale conseguito dalle operazioni oggetto dei due pareri come indebito, in quanto è lo stesso ordinamento giuridico che prevede tale regime neutrale, onde per cui non si comprendere il motivo per cui i contribuenti non dovrebbero servirsi di tale strumento espressamente previsto. Inoltre, in questo specifico caso, risulterebbe superfluo e non necessario la dimostrazione, ad onere del contribuente, dell’eventuale presenza delle valide ragioni extrafiscali non marginali, in quanto non vi è alcun indebito vantaggio. Quest’ultimo, infatti, è mera conseguenza della realizzazione dell’operazione di scissione e del relativo profilo fiscale. Onde per cui, non può essere rilevato alcun aggiramento della norma e nessuna violazione della ratio legis nello scegliere una specifica operazione espressamente prevista e riconosciuta dal legislatore. L’operazione, inoltre, è certamente legittima a prescindere dalle successive operazione che si intendono realizzare nella società scissa323. Rispetto queste ultime, infine, è bene evidenziare che la scelta di realizzare il regime fiscale più favorevole assegnato alla cessione di partecipazioni rispetto a quello relativo alla cessione dei beni, ovvero il ramo d’azienda, non può essere considerato un indice di elusività, in assenza di ulteriori elementi che attestino l’eventuale aggiramento delle disposizioni o il carattere indebito del risparmio fiscale ottenuto. Anzi, si evidenzia che è il legislatore stesso ad aver previsto un regime fiscale più favorevole alla cessione delle partecipazioni, non

322 Cavalli e Pacitto, Scissione parziale di una società controllante in società beneficiarie, proprie

controllate, Torino, 2016, 197.

323 Si evidenzia, infatti, che in alcune pronunce l’Agenzia delle Entrate, pur riconoscendo la correttezza

dell’operazione di scissione realizzata dai contribuenti, ha affermato come tale idoneità sarebbe preclusa qualora a tale operazione sussegua una cessione delle partecipazioni (ad esempio si veda la risoluzione Agenzia delle Entrate n. 56/E e 58/E del 22 marzo 2007).

inserendo nell’ordinamento alcuna disposizione o principio generale “che contrasti la

scissione quale strumento per perseguire finalità economiche324”. Tale scelta, quindi, rientra nella lecita e non abusiva possibilità per il contribuente di optare per il regime fiscale meno oneroso tra quelli previsti nell’ordinamento, così come previsto dal comma 4 dell’art. 10-bis.

Ora, da un punto di vista generale, riprendendo l’iter evidenziato alla fine del paragrafo 3.3, si può affermare come l’operazione di scissione e successiva cessione delle partecipazioni di per sé possegga sostanza economica. Infatti non c’è dubbio che mediante tale operazione si creino effetti economici e giuridici, quali ad esempio il cambiamento della compagine societaria. Inoltre, è possibile constatare come vi sia piena coerenza tra la definizione civilistica delle singole operazioni realizzate, ovvero la realizzazione di un’operazione di scissione e la seguente cessione di partecipazioni, con il loro relativo fondamento giuridico. Infatti, la scissione è funzionale nonché propedeutica ad una cessione partecipativa. Inoltre, secondo Rossi, risulta configurare l’opzione più coerente e lineare per trasferire in un “involucro societario” un’attività d’impresa scissa, che successivamente, il singolo socio decide di cedere a nuovi investitori325. Infatti, per raggiungere i medesimi risultati, le possibili ulteriori opzioni risultano essere o più complesse oppure non perfettamente sovrapponibili a quella in esame. A mero titolo esemplificativo, come evidenziato da Rossi, si può considerare una operazione in cui una società attua una cessione dei cespiti ad una società neocostituita direttamente dall’acquirente (Newco), seguita dalla distribuzione di dividendi ai/al socio.

Appurata la presenza di sostanza economica in tale operazione, tuttavia, è possibile scongiurare l’eventuale realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, in quanto il carattere fiscalmente neutrale dell’operazione di scissione, con riferimento sia a tutte le società coinvolte e sia ai soci di esse, è puntualmente regolamentato e codificato dall’art. 173 del Tuir. Ciò, permette di affermare che, l’eventuale risparmio fiscale conseguito risulta pienamente approvato e riconosciuto dall’ordinamento, in quanto è esso stesso che lo prevede e lo disciplina. Inoltre, anche nel caso in cui il socio

324 Circolare Assonime n. 20 del 12 aprile 2007.

325 Rossi, L’abuso del diritto nelle operazioni di scissione e di “leveraged buy out”, in Corriere

vendesse le partecipazioni, con eventuale monetizzazione del relativo plusvalore, non pare configurare alcun risparmio fiscale indebito in quanto risulta coerente con la disciplina tributaria che contraddistingue le cessioni di partecipazioni.

Per tali considerazioni, in questa analisi sia pur generica risulta addirittura superfluo comparare l’essenzialità del vantaggio fiscale conseguito, non essendo appunto indebito, con l’eventuale presenza delle valide ragioni extrafiscali non marginali.