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Il ruolo della Resistenza

2.3 La Resistenza europea

«Cara mamma, non so cosa dirti nella mia ultima ora, accetta il mio ringraziamento per quanto mi hai donato in tutta la mia vita; io so bene che questo ringraziamento è ben poco. Perdonami se devo darti questo dolore. Spesso ho riflettuto su quanto fosse veramente necessario, se forse non avrei dovuto agire diversamente, ma non ho saputo fare altrimenti e non me ne pento, la mia vita è stata dritta e onesta, e così saprò morire.[…]

Franzl» 142

Per quanto la storia sia narrata spesso sotto i nomi di importanti uomini politici, generali, dittatori, membri appartenenti a casate reali, la storia della Seconda guerra mondiale è degna di essere raccontata anche per le vie più comuni, composte dalle memorie di uomini e donne che, nel mentre il conflitto infuria,

140 Smith,L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, p. 239. 141 Ivi, pp. 250-251.

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resistono per portare avanti il loro fine comune: la libertà. Durante la Seconda guerra mondiale sono molti i volontari, uomini e donne, che rischieranno tutto per sconfiggere il nazifascismo. Il Secondo conflitto mondiale ha infatti due facce. La prima è quella rappresentata dalle schiere degli eserciti regolari, di cui sono noti i nomi dei generali e dei capi di stato, dei luoghi delle battaglie decisive; la seconda è invece la guerra clandestina dei popoli vinti, combattuta nell’ombra dalle formazioni partigiane.143

La Resistenza in Europa assume caratteristiche che variano da Paese a Paese, ma il fine è ovunque identico: la liberazione del territorio nazionale. Resistenza in senso letterale è il movimento di lotta popolare, politica e militare che si determina durante la Seconda guerra mondiale nelle zone occupate dagli eserciti dell’Asse contro gli invasori esterni e contro i loro alleati interni.

«In World War II, after French Résistance, an organised underground movment in country occupied by enemy forces carried on with the assistance of armed fighters for the purpose of frustrating and demaging the occupyng power.» 144

Durante il conflitto gli eserciti regolari, indipendentemente dall’entità numerica, dalla quantità e dalla qualità degli armamenti e dal Paese che servono, seguono una condotta di guerra simile a quella dei loro predecessori; anch’essi vengono guidati, in entrambi i campi e su tutti i teatri d’operazione, da Stati Maggiori che ricevono direttive dai rispettivi governi. Gli uomini combattono senza che lo Stato e l’apparato amministrativo, economico e diplomatico ne siano alterati: gli eserciti si limitano a servire i propri fini per raggiungere la vittoria. Le battaglie sul terreno sono inserite in vari piani strategici, nei quali le mire politiche non sono estranee agli obiettivi militari quando addirittura non li determinano. Queste battaglie, inoltre, seguono un copione già collaudato, che consiste, come sempre, nell’ammassare forze superiori a quelle dell’avversario, per conquistare il suo territorio e per imporgli poi un armistizio; con consecutivo ritorno della pace.

La guerra di resistenza, invece, non segue questi principi. Il reclutamento viene fatto in modo sbrigativo, l’inadeguatezza dell’armamento è una costante fissa, l’istruzione dei combattenti è incompleta. I resistenti non possono di

143 Michel,La guerra dell’ombra, p. 7. 144 Foot, Resistance, Cit. p. 8.

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conseguenza attaccare direttamente gli eserciti nemici, né sperare di ottenere vittorie decisive, non possono operare a livello strategico, ma solo collaborare a operazioni tattiche. A seconda della forze del nemico, la loro debolezza gli impone di evitare lo scontro e di ritirarsi per un determinato periodo, per poi riapparire successivamente.145

Il primo carattere comune di tutta la Resistenza europea è quello di rappresentare una lotta patriottica per la liberazione del territorio nazionale. Come secondo obiettivo i resistenti europei hanno quello di combattere le forze tiranniche che si sono impossessate del governo del loro Paese; la lotta di resistenza è anche una lotta ideologica e morale per la dignità dell’uomo. Su questo punto, cattolici, comunisti, liberali agnostici e quant’altro si troveranno fianco a fianco.

Tenendo presente questa duplice definizione, tutti coloro che, durante il conflitto, si sono schierati dalla parte della Germania nazista e dei suoi alleati, sono, per natura, avversari della Resistenza; creando, nel caso di regimi collaborazionisti, una terza dimensione della guerra, forse la più spietata e grottesca di tutte, ovvero la guerra civile.146

La Resistenza, dappertutto, nasce come rifiuto: della disfatta, dell’abdicazione, dei regimi politici creati o tollerati dalle forze occupanti, della collaborazione col vincitore, affermandosi in umili gesti d’informazione, di satira, di solidarietà, di propaganda. Questa è la fase della ribellione a livello di ogni singola coscienza, poiché i gruppi sociali, politici o confessionali non reagiscono tutti allo stesso modo e, nel complesso, ciascuno compie la propria scelta isolatamente, non sempre obbedendo all’insegnamento del passato.

In seguito, spesso grazie a forze accentratrici e unificanti quali la repressione da parte degli occupanti, queste iniziative individuali si commutano in tendenze collettive. L’occasionale volantino diventa un giornale periodico, l’asilo ai prigionieri o ai rifugiati si trasforma in un’organizzazione d’evasione, la piccola raccolta d’informazioni diventa sistemica, l’ideologia resistenziale passa dal toccare solo poche classi e settori, a interessare ogni individuo della società. Questa è la fase dell’organizzazione.

145 Michel,La guerra dell’ombra, p. 8. 146 Ivi, p. 11.

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La Resistenza impara a proprie spese a scegliere gli obiettivi e ad adottare una tattica adeguata alle sue possibilità, acquista esperienza attraverso manifestazioni, scioperi, sabotaggi e attentati. Poi vede sbocciare i gruppi armati, che per quanto molto deboli riescono ad attirare l’attenzione degli Alleati, ricevendo così il primo materiale di rifornimento. La Resistenza entra ora nella fase di battaglia. La Resistenza è pronta al suo scopo ultimo. È un insieme multiforme che va dal complotto alla rivolta, dalla subordinazione alla diserzione, dalla rapida incursione all’impiego di grandi unità. Dappertutto, il fine è identico: l’insurrezione nazionale.147

I combattenti armati non possono definirsi tutti resistenti. Resistenza sta a indicare la ferma volontà dell’individuo nel continuare costantemente nella propria intenzione di combattere contro l’oppressore. Per propria natura nella figura del resistente è presente molte volte l’aspetto politico e ideologico; specie nel Secondo conflitto mondiale, molti dei combattenti saranno caratterizzati dalla volontà di resistere non solo e non tanto per le questioni sopra riportate, ma bensì per la ferma decisione di portare avanti il loro credo. Soprattutto per le fazioni connotate da un’ideologia di sinistra radicale, l’esperienza della Resistenza rappresenta una via possibile di attuazione di una rivoluzione sociale.148

Molti storici dagli anni Cinquanta a oggi hanno raccontato di come la Resistenza sia stata influenzata dalla visione comunista, ebbene non c’è nulla di più sbagliato. La componente della sinistra estrema, è stata solamente una piccola parte del grande cerchio della Resistenza europea: molti dei resistenti sono difatti appartenenti a gruppi politici vari, dai partiti più liberali, a quelli monarchici, ai partiti della sinistra progressista a quelli cattolici, una buona parte di loro, è fondamentalmente apolitica. Quasi sempre la componente comunista proviene dal proletariato urbano nell’Ovest Europa e dai bassifondi societari nell’Est Europa. Sono generazioni nate e cresciute sotto le idee di Lenin e degli altri pensatori di sinistra: i primi vedono principalmente nelle nuove idee social-comuniste una possibile via di progressione per la società moderna; i secondi, invece, aderiscono a queste ideologie nella speranza che possano portare un miglioramento nella loro

147 Ivi, p. 13.

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condizione economica e sociale.149 Il resistente in senso stretto, in ogni caso, non

può scindere dal suo obiettivo militare, quello ideologico e patriottico; una caratteristica comune che omogenizza i resistenti è il rispetto per la libertà e per la dignità personale dell’individuo.150

La Resistenza in Europa si delinea omogenea di fronte ai nazisti occupanti e ai governi collaborazionisti installati nei vari Paesi. Per quanto sia possibile identificarne un aspetto unitario, e cioè aspirazione di rinnovamento delle strutture politico-sociali, come conseguenza dell’abbattimento dei preesistenti regimi democratici, consentendo pertanto la formazione e l’affermazione di una nuova classe dirigente, può essere considerato una forzatura storica codificare in schemi la Resistenza europea. Tradizioni politiche e culturali, caratteristiche geografiche dei territori, tipo di occupazione e di governo imposto, ampiezza della solidarietà interna, aiuti ricevuti dall’esterno, ma soprattutto i diversi tempi, per attuazione e durata, in cui si verifica l’occupazione non consentono di identificare una linea operativa generalizzata. Il significato morale e militare delle minoranze in armi, sorrette dalla protesta passiva della popolazione, a tutto danno della propaganda fascista e dell’apparato politico-economico instaurato con la forza dagli oppressori, sarà più ampiamente riconosciuto a guerra conclusa.

La guerra della resistenza è una parte del conflitto mondiale: isolandola non si riesce a capirne la genesi e a seguirne la sua evoluzione. Proprio nella misura in cui si accentuano le sconfitte dell’Asse e i popoli occupati riprendono a sperare, e proprio perché alla fine ricevono aiuti e rifornimenti dagli Alleati, la loro ostilità i trasforma in combattimento.151

La questione non è però così semplice. In Europa, la necessità ci collaborazione fra Alleati e movimento di resistenza incontra numerosi ostacoli. La resistenza clandestina appare agli occhi delle potenze Alleate come un concentrato d’incertezze. Che cosa avrebbe fatto delle armi che le erano state date? Le avrebbero usate per la giusta causa o le avrebbero impiegate per il regolamento dei suoi conti interni? Vista dall’esterno, la Resistenza appare, difatti, come una massa d’ombra confusa. Quali sono esattamente i suoi effettivi? Quanto valgono dal punto di vista militare le sue azioni? Quanto ci si può fidare delle

149 Foot, Resistance, pp. 16-17. 150 Ivi, p. 10.

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fazioni più connotate politicamente? Alla fine della guerra torneranno a un regime democratico o ne vorranno instaurare uno personale?152 Mai gli Alleati

penseranno, nel corso della guerra, di far partecipare i membri della Resistenza all’elaborazione dei loro piani. Quest’ultimi costituiranno unicamente una forza occasionale, da utilizzare solamente se lo riterranno necessario.

Il problema della Resistenza, pensata sotto l’aspetto di un immenso cavallo di Troia, è però preso in considerazione nelle conversazioni strategiche interalleate, specialmente all’interno delle sfere dirigenziali britanniche. Già nel 1941, in occasione dell’incontro con Roosevelt durante la stesura del Patto Atlantico, Churchill fa scrivere nei principi strategici Alleati, un punto riguardante proprio l’assistenza ai gruppi di resistenti in tutti i Paesi occupati. Durante i mesi successivi, nasce e si sviluppa per questo motivo il SOE (Special Operations

Executive) incaricato di addestrare degli agenti, che inviati nel continente,

avrebbero avuto il compito di reclutare, ma soprattutto di istruire, alcuni membri del movimento clandestino. A un altro organismo, l’MI9, sarà invece affidato il compito di creare dei veri e propri circuiti d’evasione.153

Almeno nei primi periodi, gli inglesi si aspettano dalla Resistenza solamente un’azione che serva loro in relazione ai piani generali: informazioni sui preparativi di sbarco tedeschi, sabotaggi per danneggiare il sistema logistico e produttivo nemico, rimpatrio di combattenti, specie di piloti. È per questo che si mettono a punto tecniche di guerra clandestina: collegamenti radio con messaggi in codice, fabbricazione di esplosivi, invio di armi e attrezzature appropriate, infiltrazione di agenti e quant’altro.154

Durante la lotta gli Alleati forniscono armi, viveri e denaro alla Resistenza, ma ne minimizzano l’importanza, negandone l’autonomia. Tale scelta rivela quella necessità di spazio di manovra politico-diplomatica, o più semplicemente ideologica, sulla quale le tre grandi potenze contano per la spartizione del Mondo, una volta sconfitto il nazifascismo, così come avverrà poi puntualmente negli incontri tra i rappresentanti dei Paesi vincitori. È comunque accertato come la Resistenza europea, dall’estate 1940 all’autunno del 1942, abbia un concreto appoggio quasi esclusivamente dal governo di Londra, mentre dal novembre 1942

152 Ivi, p. 47.

153 Vedi capitolo successivo, paragrafo 3.1 I servizi segreti Alleati. 154 Michel, La guerra dell’ombra, p. 49.

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all'aprile 1944 anche gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica prenderanno parte agli aiuti verso i partigiani in lotta.

Analizziamo ora la generale situazione della popolazione che si trova sotto una stato di occupazione: con i loro eserciti annientati, con il loro governo sciolto o collaborazionista, con l’esercito nemico che continua a ottenere vittorie, quale azione può opporre, se è rimasta priva di tutto? Come non pensare che la sua sorte sarebbe stata quella di rassegnarsi e di non essere più libera, e che la situazione migliore sia di adattarvisi e di poter continuare a vivere? Per quanto la Resistenza infiammi il cuore di molti, via procedendo nel corso degli eventi, la disfatta ha intorpidito le menti e disarmato lo spirito del popolo, molto spesso la sua unica reazione va a discapito dei militari o civili, loro compatrioti, ai quali si imputa la responsabilità dello spaventoso disastro. Per tutti i cittadini la vita diventa difficile, se l’occupante si mostra crudele, il rischio di qualsiasi opposizione appare ancora più terribile.155

A dar man forte e consolazione alle popolazioni occupate c’è la radio. Quest’ultima ha la capacità di penetrare nelle case di chiunque possegga un apparecchio, senza che la censura tedesca possa impedire o censire i messaggi; le trasmissioni stabiliscono, dunque, uno stretto legame con chi le ascolta. Tutti i grandi Paesi Alleati moltiplicano nel corso della guerra il numero delle trasmissioni, ma sono gli inglesi con la BBC che per primi e in modo più efficiente raggiungono la perfezione. Ai microfoni parlano semplici giornalisti che trasmettono i bollettini di guerra, ma anche grandi figure del mondo sia politico che culturale. Costantemente il Generale De Gaulle trasmette da Londra messaggi di conforto e di patriottismo ai suoi compatrioti rimasti in Francia. Ogni giorno su varie frequenze vengono trasmesse decine e decine di comunicazioni in molte lingue, spesso le trasmissioni sono in tedesco e sono dirette proprio ai vertici del regime nazista.

È difficile, se non impossibile, valutare la penetrazione della propaganda per via radio, soprattutto a causa della scarsezza degli apparecchi presenti e delle contromisure severe che i tedeschi impartiscono per chi possiede una radio, fino al limite con la deportazione in campi di lavoro forzati. Quel che è certo che lo stesso Goebbels prenderà sul serio le trasmissioni della BBC, visto che poi

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risponderà personalmente a più riprese in Das Reich, giornale di propaganda nazista, e direttamente alla radio tedesca. Per molti francesi, la radio inglese rivelerà l’esistenza a Londra di una forma di governo e di esercito ancora democratici. La radio contribuirà in maniera colossale allo sviluppo della popolarità di De Gaulle, che diventerà il nuovo vessillo sotto cui schierarsi, in opposizione del regime collaborazionista di Vichy.156

Ma chi sono i resistenti? A quali classi appartengono? In che modo e in che misura la Resistenza prende campo nelle sfere della società? Sicuramente non ci sono risposte precise a queste domande, l’unica cosa che è certa è che per sua costituzione, la Resistenza ha peculiarità in ogni Stato europeo dove si andrà a sviluppare. Tendenzialmente l’aristocrazia e la grande borghesia, composta quindi da industriali, commercianti di un certo livello, finanzieri, condividono almeno in parte, non tanto per ideologia, ma forse più per interesse, gli ideali dei regimi totalitari o collaborazionisti. Di rimpetto invece vi sono i componenti delle classi meno abbienti: operai e lavoratori del settore primario, sono quelli che maggiormente soffrono il perpetuarsi dell’occupazione. L’imposizione di rigide norme salariali e di ritmi di produzione elevati e molto restrittivi, che raggiungeranno quasi livelli simili allo schiavismo, contribuiranno fortemente queste classi a inimicarsi le forze di occupazione.157

Le maggiori difficoltà l’occupante le incontrerà, però, con gli intellettuali, sia che si trattino di studiosi, di artisti, di professori, di insegnanti o semplicemente di studenti. Questa categoria è difatti la più predisposta a smascherare i miti dell’ideologia totalitaria e la sua grossolana propaganda; è anche, fra parentesi, quella che maggiormente soffre, a causa proprio della sua elevata formazione, le intolleranze perpetuate dai regimi, che per loro natura hanno estirpato i valori morali, umani e sociali.158

Se il ruolo degli intellettuali è essenziale nella fase di contro-propaganda e di risveglio degli spiriti alla necessità della lotta, anche quello dei militari è estremamente importante, specie quando giungerà il momento di prendere in mano le armi. Le forze armate, difatti, possono contribuire alla causa partigiana grazie alla loro visione militare della lotta contro i regimi totalitari, dispongono

156 Ivi, p. 98. 157 Ivi, pp.137-139. 158 Ivi, p. 140.

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inoltre della fondamentale conoscenza bellica per intraprendere azioni militarmente efficaci contro le truppe d’occupazione, e infine sono più predisposti a trattare con le forze militari Alleate e viceversa. A loro discapito c’è invece proprio la loro rigida formazione militare. Per quanto la loro conoscenza sia utile in missioni di sabotaggio, radiocomunicazione e quant’altro, si basano prevalentemente su una dottrina “tipo” e dunque sulla formazione di unità ben inquadrate e con determinate competenze tecniche e logistiche, non sviluppabili in un ambito resistenziale. Infine, per il loro essere “uomini d’onore”, molto spesso sono portati a non accettare il concetto di lotta clandestina, poiché amorale e priva di qualsiasi regola da “duello” basata sulla lealtà reciproca e sul rispetto del nemico. Proprio per questo motivo, nella maggior parte dei casi, i militari e le forze armate saranno ritenuti, dai membri della Resistenza più radicali, come inadatti a questa lotta.159

Una questione particolare è il ruolo della Chiesa all’interno del fenomeno di Resistenza. Papa Pio XII detta a tutti i prelati, e di conseguenza ai cattolici, le linee guida da seguire nei confronti dei regimi totalitari, le quali non risulteranno poi così chiare.160 Se da un lato la maggioranza del clero, specie quello basso, si schiera

immediatamente dalla parte della Resistenza, se non attiva almeno passiva, per lo più nel nascondere e far emigrare le persone di origine ebraica, quello alto, compresi vescovi e cardinali, rimarranno per tutto il corso della guerra su una situazione di atarassia e apatia. Il papato d’altronde è legando in modo stretto allo Stato tedesco e italiano da antica data, ne deriva, di conseguenza, che non può schierarsi apertamente contro tali regimi a livello politico. Ciò che più scandalizzerà il mondo dell’opinione pubblica sarà del come il Vaticano tacerà, per quanto a sua saputa, sulla questione dei metodi repressivi e di genocidio intrapresi dalle forze dell’Asse, se non addirittura vi si renderà partecipe, specie per quanto concerne la questione ebraica.161

Una questione è estremamente importante per la Resistenza, e consiste sul fattore temporale, ovvero se sia più propenso attaccare nell’immediato o attendere il momento propizio. I movimenti con maggiore riscontro mediatico, raccomandano di attendere il momento più idoneo prima di passare all’azione

159 Ivi, p. 143.

160 Foot, Resistance, p. 124.

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diretta. «Francesi, non siete i più forti, sappiate aspettare quando l’ora suonerà» diceva un titolo del giornale Défense de la France. Così anche De Gaulle e la Francia Libera e pure gli Alleati sono a favore di una Resistenza organizzata e precisa, specie con obiettivo di permettere una miglior riuscita del futuro sbarco Alleato in Francia. Un movimento di resistenza debole e impreciso è nocivo, il crescente terrore dei vertici tedeschi a riguardo di questi movimenti, fanno crescere di giorno in giorno l’odio che questi riversano nei confronti della popolazione civile. Ogni atto diretto provoca, difatti, paura e risentimento, che sempre o quasi, si trasformano in rappresaglie e rastrellamenti. La perpetuazione di questi attacchi mal organizzati e inefficaci, porterebbero inevitabilmente all’indebolimento del fenomeno globale, che nel momento del bisogno, e dunque in preparazione allo sbarco, sarebbe stato inefficiente.162

Molte fazioni, specie quelle comuniste, sono però di tutt’altro parere. La loro decisione di rifiutare ogni attendismo è di natura politica, più che militare. Nel mentre che l’URSS sta combattendo la guerra sul fronte orientale, le formazioni di matrice comunista si sentono di dover portare avanti la causa politica e sociale; nelle fila dei resistenti di questo tipo, è fondamentale non ripetere l’errore commesso durante la Prima guerra mondiale, quando i francesi si fecero sopraffare dall’avanzata tedesca; non bisogna più rimanere in uno stato di