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Il ruolo della Resistenza

2.2 Un nuovo tipo di guerra: la Resistenza

«Se vogliamo abbattere l’avversario, dobbiamo proporzionare il nostro sforzo alla sua capacità di resistenza.» 135

Se la guerra totale comporta il coinvolgimento della popolazione alle pene della lotta, però, porta sicuramente la popolazione stessa a rendersi partecipe di questa battaglia. Per quanto il fenomeno del “resistere” da parte della popolazione nei confronti di un invasore sia sempre esistito, possiamo trovare per la prima volta una certa concretezza “scientifica” nella manifestazione di tale questione, durante le guerre napoleoniche. Il termine guerrilla, ovvero piccola guerra, deriva dal modo di chiamare i fenomeni resistivi durante l’occupazione della penisola iberica nella guerra d’indipendenza spagnola nel primo decennio dell’Ottocento. Il termine viene coniato per descrivere la tattica usata per resistere al regime di Re Giuseppe Bonaparte, dove piccoli gruppi di uomini e donne: ingaggiano piccoli scontri con le forze d’occupazione francese, evitando confronti in campo aperto.136

Gli obiettivi strategici di tale lotta consistono nell’intaccare lentamente la volontà del nemico di proseguire la guerra, nell’ottenere informazioni sulle sue forze e nell’interrompere o ritardare le sue operazioni, in modo da indebolirne la capacità di opporsi alle forze liberatrici. Le tattiche della guerriglia discendono dal concetto base di ingaggiare battaglia unicamente alle proprie condizioni: attaccare il nemico quando si trova in una posizione sfavorevole e in minor numero, eseguire operazioni rapide e non continue per evitare che giungano rinforzi nemici, non ingaggiare mai l’avversario in una battaglia campale dove potrebbe far valere la sua superiorità in uomini e armamento, preferendo dunque i metodi di imboscata e incursione.137

I guerriglieri dipendono dal sostegno morale e materiale della popolazione, e in una certa misura, anche dalla copertura che questa può loro fornire, sebbene il luogo più indicato per nascondersi e rifugiarsi ai rastrellamenti rimanga il bosco o comunque luoghi isolati. Per loro natura, i resistenti non posseggono una precisa

135 Clausewitz, Della guerra, Cit.

136 Smith,L’arte della guerra nel mondo contemporaneo, p. 223. 137 Ivi, p. 224.

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catena di comando e mancano spesso di una efficiente struttura organizzativa e logistica; molti di loro spesso hanno ideali politici diversi e sono accumunati semplicemente dal credo patriottico. Membri di movimenti o di reti o di partiti, tipografi e distributori di stampa clandestina, agenti infiltrati, sabotatori, semplici oppositori o membri ai vertici della politica, soggiacciono alla medesima vocazione: devono uscire dalla pelle dell’uomo che erano ed entrare in quella di un altro, devono tacere, nascondersi, vivere nell’angoscia, abituarsi a rimanere soli e a diffidare di tutti. Nel caso vengano catturati li aspetterebbe un terribile destino: la prigionia, la tortura e, nella peggiore delle ipotesi, la morte.138

Anche nella Resistenza, come in ogni altra impresa umana, vi sono gli avventurieri, sedotti dall’idea di una vita tumultuosa; molti di loro vi entrano senza avere chiare le proprie idee e le ragioni del loro impegno, molte volte lo fanno o per conoscenza o per opportunismo. Le popolazioni assoggettate sono più o meno predisposte, dal loro passato e dal loro costume di vita, alla lotta clandestina. Un bel giorno, la rottura con la vita precedente è però definitiva. Il resistente cambia nome, molte volte è costretto a rompere i rapporti con la famiglia e a non avere più fissa dimora.

Quando i civili fanno la guerra, non solo incoraggiano i soldati a combattere per la giusta causa, ma si battono loro stessi. Queste guerra che si generano sono rivoluzionarie, perché in esse l’autorità costituita viene scavalcata o distrutta prima del riconoscimento legale, la Resistenza necessita dell’approvazione della popolazione. Proprio per questo motivo, quando si è ottenuto tale riconoscimento, e dunque la guerra coinvolge appieno l’intera nazione, si raggiunge il pieno della lotta di Resistenza.

La guerriglia, così come la guerra industriale, si basa su principi e su modelli apparsi in guerre precedenti. Già nel 350 a.C. Sun Tzu139, nel suo famoso libro

138 Michel,La guerra dell’ombra, p. 240.

139 Sun Tzu è stato un generale e filosofo cinese, vissuto probabilmente fra il VI e il V secolo a.C..

Tradizionalmente ritenuto uno dei maggiori promotori della “strategia indiretta”, definisce assai nitidamente i rapporti tra guerra e politica, tracciando un percorso che verrà successivamente seguito da Niccolò Machiavelli e Carl von Clausewitz. Dopo la sua pubblicazione, L’Arte della

guerra ha esercitato una fortissima e ininterrotta influenza, attraverso i secoli e i millenni. L’esercito

degli Stati Uniti ha il testo fra le opere che devono essere presenti nelle biblioteche militari, per la formazione continua del personale. Le teorie esposte nell’Arte della guerra, oltre ad essere considerate ancora attuali da molti moderni strateghi, hanno trovato applicazioni anche in altri campi, soprattutto in quello delle strategie manageriali, che attingono ad esse per modelli di comportamento da adottare nelle situazioni competitive.

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L’arte della guerra analizzava con precisione le tecniche e le tattiche che la resistenza

avrebbe dovuto adottare. Durante la Seconda guerra mondiale si assiste a uno sviluppo continuo di questo nuovo paradigma attraverso le operazioni partigiane nei territori occupati dalle varie potenze, che poi presero il nome globale di Resistenza.140

Alle fine della Seconda guerra mondiale esistono oramai solo due modelli di guerra: il paradigma della guerra fra Stati, ovvero una prova di forza per piegare il nemico alla propria volontà e il suo rovesciamento, ovvero la guerriglia, che altro non è che una lotta sempre fra una parte oppressa e un oppressore, dove il primo si impegna soltanto nelle azioni tattiche per lui più opportune, tentando di indirizzare il potere dello Stato contro se stesso, mirando a far prevalere lo scontro di volontà anziché la prova di forza. Il vecchio paradigma sarebbe rimasto il cardine dello sviluppo della Guerra fredda, il nuovo sarebbe diventato invece la base di tutti i conflitti paralleli. Entrambi diverranno parte integrante di tutta la seconda metà del XX secolo, nascondendo in parte il paradigma veramente nuovo che si stava affermando sempre più a partire dal secondo conflitto mondiale: la guerra fra la gente.141