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1.2 LA TUMORIGENESI CERVICALE

1.3.2 MECCANISMI DI DIFESA DELL’OSPITE CONTRO HP

1.3.2.3 La risposta immune contro gli antigeni di HPV.

La risposta immune cellulo-mediata contro HPV interviene nella regressione delle lesioni genitali associate all’infezione, a livello delle quali sono stati, infatti, individuati infiltrati cellulari mononucleati, rappresentati da linfociti T CD4+ e macrofagi la cui consistenza aumenta nel tempo durante la guarigione (Coleman et al., 1994); cellule Th1 infiammatorie, macrofagi e cellule NK sono stati inoltre individuati nelle biopsie di lesioni genitali provenienti da pazienti responsivi alla terapia con IFN-γ e IFN-α 2 (Arany & Tyring, 1996). Linfociti T citotossici effettori (CTLs) specifici contro HPV16 sono stati riscontrati, oltre che negli infiltrati cellulari, dove sono predominanti, nel sangue periferico di pazienti affette da CIN/SIL e cancro cervicale (Ressing et al., 1996).

In pazienti affetti da CIN, da infezioni persistenti da HPV, oppure da carcinoma cervicale è stato osservato il rilascio di IL-2 (una delle principali citochine associate con lo sviluppo di una risposta immune cellulo-mediata anti-virale insieme all’IFN-γ) che viene mantenuto dai pazienti che si rivelano in grado di liberarsi dell’infezione anche nel corso del “follow up”

anche se tale risposta diminuisce nel tempo una volta avvenuta la “clearance” del virus (de Gruijl et al., 1998).

Le risposte di tipo Th1 sviluppate nei confronti di E7 probabilmente generano CTL E7- specifici che potrebbero rappresentare un meccanismo efficace nel l’eliminazione delle lesioni cervicali, assumendo che altri fattori, come citochine locali, espressione di molecole HLA o molecole accessorie, si trovino in uno stato opportuno.

In particolare, uno studio ha dimostrato l’esistenza di un’associazione tra la risposta CTL specifica per E6 ed E7 e la “clearance” del virus. Si è osservato, inoltre, che, in seguito a reiterate esposizioni al virus, potrebbe instaurarsi un’immunità protettiva, come dimostrato dalla resistenza all’infezione di donne sessualmente attive in alcuni studi. L’esistenza di una memoria immunitaria è stata anche suggerita da studi sperimentali, che hanno permesso di osservare, in pazienti con un secondo episodio infettivo, la subitanea comparsa di CTLs contro E6 ed E7 e di anticorpi virus-specifici (Nakagawa et al., 2002).

Tuttavia, non esiste una relazione chiara tra la risposta immune ad E7 e la prognosi clinica della patologia. Ad esempio, in pazienti trattati affetti da CIN, la proliferazione linfocitaria osservata in risposta ad E6 ed E7, si è dimostrata predittiva della conseguente “clearance” dal DNA del virus. Al contrario in pazienti non trattati si è riscontrata una associazione tra la risposta Th (misurata come rilascio di IL-2) e la persistenza virale e lo sviluppo di HSIL. Inoltre, in alcuni pazienti che hanno eliminato l’infezione, le consistenti risposte osservate nel periodo della “clearance” virale, sono, successivamente, decadute nel breve periodo (de Gruijl

et al., 1998).

L’immunità cellulo-mediata osservata in pazienti in grado o meno di risolvere l’infezione o affetti da lesioni progressive o in risoluzione, potrebbe dunque essere semplicemente un effetto di raggiungimento della soglia della carica virale, oppure una fase della naturale risoluzione o progressione della patologia.

Come già accennato, i CTL vengono generati di conseguenza alla presentazione di peptidi immunogeni da parte degli antigeni HLA di classe I sulla superficie di cellule presentanti l’antigene professioniste come le cellule dendritiche, e generalmente richiedono un sostegno di tipo Th1. Sono stati identificati epitopi di E7 candidati alla presentazione da parte dei più comuni alleli HLA. Alcuni fra questi elicitano CTL peptide-specifici attivi contro cellule tumorali esprimenti il peptide presentato.

Ressing e collaboratori hanno, infatti, dimostrato che peptidi derivanti da HPV16-E7, capaci di legare HLA-A*0201 (la più diffusa forma allelica del gene HLA di classe I nella

popolazione Caucasica), sono in grado di indurre CTL peptide-specifici in vitro a partire da donatori sani. Alcuni tra questi CTL sono capaci di riconoscere linee cellulari derivate da carcinoma cervicale; ciò suggerisce che almeno alcuni dei CTL stimolati in vitro siano in grado di riconoscere anche epitopi di HPV processati naturalmente. Lo stesso studio è stato esteso anche a pazienti affetti da CIN3 o cancro cervicale, ed ha dimostrato che gli stessi peptidi sono riconosciuti da cellule T di sangue periferico o isolati da biopsie di cancro cervicale (Ressing et al., 1996).

Risposte di tipo T-helper contro E7 di HPV16 sono riscontrate anche in pazienti affetti da CIN ma meno frequentemente in pazienti affetti da cancro cervicale, probabilmente a causa del fallimento nella corretta presentazione di E7 per il sostegno ed il mantenimento delle cellule T E7-specifiche o per via di “impasse” di tipo genetico (Kadishh et al., 1997; Luxton et al., 1997). Tuttavia studi immuno-istochimici hanno riscontrato anche allo stadio di carcinoma, la presenza di CTL infiltranti.

Nonostante, infatti, nella cervice uterina la presenza delle cellule di Langerhans correli inversamente con la severità della patologia associata ad HPV (la deplezione di queste APC professioniste, infatti, può determinare il mancato innesco della reazione immunitaria o di una risposta inappropriata), anche nel cancro cervicale possono essere individuati linfociti infiltranti e CTL derivati dai linfonodi locali con specificità per E7 di HPV16 (Moniz et al. 2003).

Vi sono evidenze di produzione di anticorpi contro E7 in pazienti affetti da CIN ma anche in pazienti affetti da infezioni fluttuanti o persistenti da HPV 16. Risposte serologiche consistenti si ritrovano anche nel 25-50% dei pazienti affetti da cancro cervicale. D’altra parte è difficile immaginare come tali anticorpi possano avere un ruolo nella risoluzione di un’infezione ormai stabilita. E’ più probabile che essi si sviluppino come effetto dell’esposizione prolungata al virus e dell’ incremento della carica virale. (Moniz et al. 2003)

Risposte T helper efficaci contro L1 emergono ai primi stadi dell’infezione, quando la sintesi delle proteine virali tardive si realizza come parte del processo di produzione di virioni infettivi. Di conseguenza, non è sorprendente che anticorpi specifici contro L1 vengano riscontrati meno frequentemente in pazienti con carcinomi invasivi, laddove HPV è di solito integrato, e la capacità di produrre particelle virali è ormai perduta (Nonnenmacher et al., 1995).

Tuttavia, risposte ad L1 possono essere sostenute dal sistema immune anche in presenza di CIN progressive, a causa della continua produzione di virus che si realizza in queste

condizioni. Risposte T-helper contro L1 presentata come peptide o in forma di VLP sono state individuate in pazienti affetti da CIN attraverso saggi di proliferazione e di rilascio di IL-2 in

vitro, ma tali risposte non vengono ritrovate con la stessa frequenza in pazienti con HSIL

(Shepherd et al., 1996).

Saggi sierologici condotti utilizzando VLP, indicano che una frazione elevata di soggetti esposti ad HPV, che abbiano sviluppato o no lesioni cervicali, produce anticorpi sistemici contro L1 e/o L2 (Kirnbauer et al., 1993; de Gruijl et al., 1997).

Inoltre, IgA contro le proteine capsidiche sono riscontrabili nelle secrezioni cervicali. Tali risposte anticorpali dipendenti dalle cellule T helper non sono predittive di “clearance” dell’infezione, infatti non tutti gli anticorpi contro epitopi conformazionali potrebbero essere neutralizzanti, per ciò un “pattern” individuato di anticorpi contro L1 può non correlare con l’efficacia dell’eliminazione di HPV (Wang et al., 1996; Leiserowitz et al., 1997).

1.4 PROGETTAZIONE DI UN VACCINO: ANTIGENI “TARGET” PER LA