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1.4 PROGETTAZIONE DI UN VACCINO: ANTIGENI “TARGET” PER LA PROFILASSI O LA TERAPIA

1.4.4 VACCINI ANTI-HPV IN PIANTA PER IL CONTROLLO DELL’INFEZIONE E PER LA TERAPA DELLE LESIONI NEOPLASTICHE ASSOCIATE AD HP

1.4.4.2 Trasformazione genetica stabile (piante transgeniche)

Come risultato della trasformazione stabile, il DNA ricombinante si integra nel genoma del nucleo o del cloroplasto.

Una delle principali scoperte che ha consentito la manipolazione delle specie vegetali è stata quella che il trasferimento di un gene nei cromosomi di una pianta può essere mediato dall’infezione con il batterio patogeno delle piante Agrobacterium tumefaciens La trasformazione nucleare è spesso ottenuta utilizzando tale patogeno che, durante il processo naturale di infezione indotto dalla presenza di una lesione in un tessuto vegetale, trasferisce una copia a singolo filamento di un segmento del suo DNA (T-DNA) complessato con proteine e fiancheggiato da specifiche sequenze ripetute (“left” – “right borders”) richieste per

l’integrazione nel genoma della pianta ospite, attraverso un meccanismo simile alla coniugazione batterica (Zambryski, 1988). I ceppi di Agrobacterium sono stati modificati eliminando i geni della virulenza e mantenendo intatti quelli che mediano l’efficiente trasferimento del T-DNA, per cui, quando tessuti vegetali appositamente danneggiati sono in contatto con ceppi di Agrobacterium transgenici, si determina l’integrazione cromosomica del gene di interesse appositamente clonato nel T-DNA, in siti casuali del genoma. Tale gene è, dunque, trasferito stabilmente nel genoma della pianta ospite che può essere rigenerata per ottenere piante transgeniche con le proprietà richieste (Fig. 22).

Fig. 22: Trasformazione stabile mediata da Agrobacterium (da Franconi & Venuti, 2005)

Tuttavia, la trasformazione mediante Agrobacterium non può essere utilizzata per molte specie di monocotiledoni agronomicamente importanti come la soia ed il frumento. Per queste specie, viene frequentemente utilizzato il metodo del bombardamento biolistico (Sanford et

micron ricoperti di DNA plasmidico purificato (in cui il gene eterologo è inserito tra le sequenze “border” del T-DNA) che vengono ‘sparati’ nelle cellule vegetali con elio compresso. Attraverso i metodi di trasformazione mediata da Agrobacterium o dal bombardamento biolistico, il DNA estraneo si integra nel genoma nucleare producendo dei trasformanti stabili in cui il transgene è espresso e trasmesso alla progenie secondo modalità di tipo mendeliano. In generale questa tecnologia ha un limite nei bassi livelli di espressione dei transgeni integrati nel genoma (Hobbs et al., 1993) e nel silenziamento genico dovuto all’inserimento nel genoma in siti casuali e multipli del transgene o a livelli particolarmente alti di espressione (Fig. 23).

Fig. 23: Trasformazione con metodo biolistico

Il metodo biolistico è utilizzato anche per introdurre transgeni nel genoma del cloroplasto (Svab & Maliga, 1993). Le piante possiedono copie multiple di cloroplasti in ogni cellula. La trasformazione dei cloroplasti offre molteplici vantaggi, inclusi gli elevati livelli di espressione del transgene (Daniell et al., 2002a), la possibilità di trasformare con più transgeni in un unico evento di trasformazione (“multi-gene engineering”) (De Cosa et al., 2001; Daniell & Dingra, 2002b; Ruiz et al., 2003), il contenimento del transgene nella via di eredità materna (Daniell, 2002c), l’assenza del silenziamento genico (De Cosa et al., 2001) e la mancanza di effetti di posizione dovuta al fatto che l’integrazione del transgene è sito- specifica (Daniell et al., 2002a). Nella trasformazione nucleare l’integrazione casuale del transgene per ricombinazione non omologa determina linee transgeniche caratterizzate da un’estrema variabilità di espressione del gene eterologo e ciò richiede lo “screening” di centinaia di eventi di trasformazione indipendenti, che, invece, non è richiesto per la selezione di linee transgeniche in cloroplasto grazie all’espressione uniforme del transgene dovuta all’integrazione sito-specifica per ricombinazione omologa tra le sequenze fiancheggianti il

DNA esogeno adeso a microparticelle di tungsteno

proiettile di plastica che spinge le microparticelle ricoperte di DNA

percussore

camera da vuoto

transgene presenti nei vettori di trasformazione per il cloroplasto e regioni specifiche del genoma di tali organelli. L’alto numero di copie di DNA di cloroplasto in ciascuna cellula vegetale contribuisce poi ad incrementare i livelli di espressione della proteina ricombinante di interesse come già dimostrato per la subunità B della tossina colerica (CT) (Daniell et al., 2001b) e per una proteina dalle proprietà insetticide espressa in cloroplasto ad un livello pari al 45% delle proteine solubili totali di foglie mature di tabacco (De Cosa et al., 2001).

Molti esempi di “molecular farming” basato sul cloroplasto sono stati riportati in tabacco (dove la tecnologia per il trasferimento genico in cloroplasto è più avanzata) ed in poche altre specie. In ogni caso il potenziale della trasformazione in cloroplasto è forte anche in altre specie. Una limitazione a questa tecnologia è rappresentata dalla mancanza dei sistemi specializzati di processamento come la glicosilazione, per cui questo sistema potrebbe non essere adatto all’espressione di proteine che necessitino di queste modificazioni post- traduzionali.

“Hairy root cultures”

In alternativa alla generazione di piante transgeniche stabili mediante Agrobacterium

tumefaciens od ai sistemi di espressione transiente, anche le colture di radici possono essere

utilizzate per la produzione di proteine ricombinanti.

Agrobacterium rhizogenes, l’agente causale della sindrome della radice aerea, è un batterio

Gram - comune del suolo, capace di penetrare i tessuti vegetali danneggiati e causare la proliferazione di radici secondarie. Il meccanismo alla base di questo fenomeno è il trasferimento di alcuni geni batterici nel genoma della pianta ospite, in particolare una parte di un plasmide noto come plasmide Ri (“root-inducing”).

Le radici così generate sono caratterizzate da alti tassi di crescita (0.1-2.0 g di peso secco /litro/giorno; tale tasso di crescita supera quello delle radici convenzionali ed è comparabile a quello delle colture in sospensione), anche in terreni privi di ormoni. Normalmente, infatti le colture di radici necessitano della somministrazione di fitoormoni e crescono piuttosto lentamente. Inoltre, tali organi non sono più sottoposti al geotropismo, sono geneticamente stabili e producono in maniera altrettanto stabile metaboliti secondari o composti utili come prodotti farmaceutici, per più generazioni e senza perdere stabilità genetica o biosintetica. Una caratteristica interessante di alcune radici aeree è quella di poter secernere i metaboliti secondari prodotti nel terreno di crescita, anche se la quantità di metaboliti secondari rilasciati nel mezzo di coltura varia ampiamente da specie a specie. Le radici aeree rappresentano, quindi, un grosso valore al fine della produzione di molecole naturali a scopi commerciali.

Un altro vantaggio è rappresentato dalla possibilità della manipolazione genetica. Le radici trasformate rappresentano un’alternativa promettente per lo sfruttamento biotecnologico delle cellule vegetali. Le colture di radici trasformate rappresentano un sistema alternativo per la produzione di proteine eterologhe, poiché sono un sistema riproducibile caratterizzato da crescita più rapida delle sospensioni di colture cellulari anche in mezzi di coltura privi di regolatori della crescita. La trasformazione mediata da Agrobacterium rhizogenes può, inoltre, essere eseguita in modo analogo a quella mediata da Agrobacterium tumefaciens per cui ci si avvale di procedure ormai ben note.

Le radici trasformate di molte specie di piante sono state studiate per la produzione in vitro di metaboliti secondari. Linee di radici trasformate rappresentano una sorgente per la produzione standardizzata e costante anche di altri composti di interesse come, ad esempio, gli anticorpi (Wongsamuth & Doran, 1997; Sharp & Doran, 2001; Martinez et al., 2005).

Come già accennato, le proteine ricombinanti espresse in colture di radice ottenute dalla trasformazione con Agrobacterium rhizogenes possono essere secrete nel terreno di coltura o ritenute nelle cellule. La localizzazione dipende dal “targeting” della proteina di interesse, dalla permeabilità della parete cellulare alla proteina in questione, che è funzione, principalmente, del suo peso molecolare, per cui, molecole del peso di 20-30 kD in genere riescono ad attraversare la parete cellulare, mentre proteine di dimensioni maggiori vengono ritardate proporzionalmente al peso.

Le colture di radici trasformate possono essere mantenute come colture di organo per lungo tempo, dopodichè può essere ottenuta la rigenerazione di germogli senza alcuna anomalia citologica. I rigeneranti dimostrano alti tassi di crescita e elevati livelli di formazione di gemme laterali, dimostrandosi un sistema utile per la micropropagazione di piante difficili da riprodurre.

Le radici trasformate sono, infatti, capaci di rigenerare in piante intere geneticamente stabili anche se a volte caratterizzate da un fenotipo diverso rispetto al selvatico. Un vantaggio del trasferimento genico mediato dal plasmide Ri è che la rigenerazione di radici spontanee è ottenuta senza la necessità del passaggio attraverso la fase di callo e quindi evitando il problema della variabilità somaclonale. Inoltre il trasferimento genico basato sul plasmide Ri ha un tasso di trasformazione e di rigenerazione piu’ alti; al contrario, la trasformazione mediata da Agrobacterium tumefaciens ha un alto tasso di “escape”.