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nel contesto locale

5. La scelta di partire

Nell'ottica di riunificazione che emerge dagli intervistati, la scelta di partire è una scelta condivisa nella maggioranza dei casi, sia coi familiari più stretti che con la famiglia allargata. Solo in due casi, quando a partire sono due donne, due madri, è stata necessaria una contrattazione con il coniuge per partire:

“Si, quindi allora col mio marito facciamo l'accordo che posso venire qua e allora sono venuta.” (intervista a JA.)

-“Gli ho detto mio marito [in tono teatrale]: -“In Italia, noi meglio lavorare in altro Paese.” - “No!Rimani Filippine!”

-“Quindi all'inizio non era d'accordo?”

-“No, però poi ha capito...si si...” […] “Prima lui non vuole...però poi lui vuole tutti insieme, è importante!” (intervista a Jo.)

E' l'idea del ricongiungimento come fine ultimo del progetto migratorio che permette a queste donne di partire, mostrando ancora una volta che la migrazione individuale in realtà sottende una strategia familiare.

Nella ricostruzione del processo migratorio fondamentale diviene l'analisi dei motivi della partenza.

Per la maggioranza degli intervistati la motivazione è economica:

“Beh...la vita...nel Paese d'origine...economicamente un po' bassa. Per quello abbiamo pensato di, di, di andare fuori. Economicamente ho risolto...per quello ceh...Filippine a quel tempo non sono ancora buon momento di vivere lì.” (intervista a E.)

“Per lavoro...si, perché nel nostro Paese non c'è il lavoro, è difficile trovare lavoro!!” (intervista a V.)

“[...] Lo stipendio era troppo basso, solo per me, non è abbastanza

[...]” (intervista a FK.)

“Per economica...” (intervista a A.)

“Si!! Quindi allora ho fatto decisione di venire qua per aiutare, per, per, diciamo...guadagnare un po', perché nelle Filippine anche, diciamo, abbiamo il lavoro però non hai abbastanza [e fa con la mano il gesto dei

soldi]” (intervista a JA.)

Quasi tutti gli intervistati sperimentano nelle Filippine disagio economico e la scelta di abbandonare il proprio Paese è primariamente dovuta alla ricerca di un lavoro e di un salario più adeguato a mantenere se stessi e la propria famiglia. Migliorare le proprie condizioni economiche assume per questi migranti anche un senso solidaristico, non solo di esigenza individuale. Si intravede dunque anche il tema delle rimesse. Si parte per aiutare anche chi rimane inviando denaro nelle Filippine ai familiari, in particolare come nel caso di AR. i genitori:

“Eh, perché per la difficoltà di vita che abbiamo giù e allora ho deciso di venire qua in Italia per aiutare i miei genitori.”

In una sola intervista invece emerge come ulteriore motivazione a partire quella del miglioramento dell'istruzione scolastica dei propri figli nelle Filippine. V. parte dunque anche per finanziare una scuola migliore ai suoi bambini, aspetto molto sentito nelle Filippine, come abbiamo visto in precedenza.

“...non bastava perché scelto anche di fare bene nelle Filippine e di mandare i figli in una scuola più buona, quindi non bastava...perché fare la retta per la scuola è molto cara, anche per il pagamento.”

Solo in un caso l'intervistata ha evaso la domanda e non è stato chiarito il motivo della partenza:

“Io infermiera nelle Filippine e anche mio marito. Stiamo bene di là in Filippine...”

“Mia sorella ha detto di me: - “Proviamo a ...proviamo a...come si chiama, qui in Italia. […] Per curiosità!”(intervista a JO.)

JO. non vive, almeno da quanto racconta, una condizione di difficoltà economica in madrepatria e vuole trasmettere all'intervistatore che sono stati i racconti della sorella già in Italia a farle prendere la decisione di partire. Tuttavia la curiosità non appare realistica come motivazione per abbandonare tutto, tanto più di fronte all'iniziale disaccordo col marito e l'opera di convincimento fatta con lo stesso. Si potrebbe ipotizzare qui che la motivazione sia di tipo familiare o matrimoniale, forse un tentativo di “divorzio filippino”, risolto successivamente in fase di contrattazione tra coniugi prima della partenza, grazie alla promessa del ricongiungimento familiare.

Si nota dunque che il motivo economico è quello che maggiormente risalta. Viene così esaltato durante le interviste che non si può non notare un influenza del discorso pubblico cristallizzatosi nelle Filippine rispetto ai cittadini assenti che mantengono con le loro rimesse un intero Paese, quegli “eroi nazionali” tanto lodati dalle istituzioni governative.

Pertanto, come afferma Sayad, il lavoro è il peccato originale dell'immigrato in quanto fine e causa dell'emigrazione: “è il lavoro che fa

nascere l'immigrato, che lo fa essere”72, almeno a una prima analisi anche

per gli intervistati. Tuttavia non si può ritenere la migrazione filippina, come suddetto, una migrazione da lavoro in senso stretto, perché non vanno dimenticate le dinamiche che caratterizzano tale fenomeno migratorio specifico.

72Cfr. A. SAYAD, L'immigrazione o i paradossi dell'alterità. L'illusione del

Il lavoro, sia nel Paese d'origine che in quello di arrivo, definisce comunque socialmente la persona ed in particolare nell'immigrazione.

In tal senso la maggioranza degli intervistati ha sperimentato nell'immigrazione una mobilità lavorativa e sociale discendente, in particolare per chi viveva in aree urbane. Da quasi tutti è percepita e sofferta, in quanto identifica socialmente in modo nuovo la persona, in particolare all'interno del contesto d'arrivo. E. per esempio, che nelle Filippine era ingegnere informatico, afferma:

“Si, il primo anno infatti io volevo tornare nelle Filippine perché anche la cultura è molto diversa, cioè...perché noi...cioè è molto diversa

[ride in imbarazzo]...e poi anche il lavoro che facevo nelle Filippine, e poi

andando qua...perché io ho fatto domestico in una famiglia, ho lavorato in una famiglia eh...

-“A Milano?”

-“No, qui a Venezia, a Lido,che c'è questa coppia anziana, però ceh...lavorando così, che non sono abituato...per me è un po' pesante, capisci?” […] “si, non lo so come faccio a lavorare come domestico, capisci? [con amarezza nel tono della voce] Quindi anche bisogno di un grande, come si dice in italiano...cambiamento!”

E' cambiamento la parola che accompagna questi immigrati nella ridefinizione di sé nel Paese d'emigrazione. Tuttavia il peso di ricominciare, anche in termini lavorativi, oltre che di vita e personali, è alleviato dalla possibilità di fare nuovamente famiglia nel contesto di arrivo, dando nuovamente adito all'idea di una partenza scelta per riunire. Non è dunque solo il lavoro che ricostruisce l'identità spezzata di questi migranti, ma anche la famiglia, legame indissolubile con le proprie origini e dunque anche con chi si è stati prima della partenza.

agiato, con la possibilità di aiuti esterni per i figli e la cura della casa, ma che la vede ricoprire un nuovo ruolo anche all'interno della propria famiglia ricongiunta:

“Mmm! [alzando gli occhi al cielo] Difficile per me, perché io sono a casa, sono io per tutti. Però nelle Filippine la mia mamma aiuta e poi c'è altra persona aiutami coi miei figli e qui no, solo io, sono io, sola a me... […] tutti i lavori a casa, poi fuori e poi si lavora a casa...quando arrivo lavoro a casa... […] mia sorella ha detto di me: “non sempre c'è qualcuno che aiuta di te!eccetera, eccetera, eccetera!” “Va bene”- ho detto- “va bene, va bene!” [ride]” (intervista a JO.)

La ricerca empirica ha trovato la sua collocazione geografica in un contesto molto particolare come quello veneziano. Ma perché proprio Venezia? A tale domanda gli intervistati hanno dapprima esaltato la bellezza e l'unicità di tale città, molto probabilmente per fare piacere all'intervistatore, in un secondo momento, come già anticipato, le risposte hanno delineato la forte influenza della presenza di networks familiari già residenti nel territorio. Venezia è soprattutto descritta come un polo attrattivo per questa nazionalità di migranti, in particolare per le possibilità lavorative che offre nell'ambito del settore turistico e alberghiero oltre che domestico, nonostante non abbia le caratteristiche delle grandi città come Milano e Roma, dove abbiamo visto la presenza filippina è elevatissima.

“Perché Venezia è bella, perché è facile cercare lavoro e perché Venezia va bene per me e questo perfetto per mia famiglia, per cercare lavoro...” (intervista a A.)

“Perché mia sorella detto di me prima io!E poi perché lei detto di me: “Facile trovare lavoro!” (intervista a JO.)

In effetti quasi tutti gli intervistati hanno trovato lavoro a Venezia in poco tempo e per la maggioranza sono impiegati come cameriere al piano in alberghi oppure come portieri, anche con contratti a tempo indeterminato, alcuni come domestici. Il lavoro nel settore turistico-alberghiero è comunque un momento di arrivo, in termini lavorativi, per questi immigrati. Coloro che vi sono ad oggi inseriti infatti hanno sperimentato un periodo di lavoro precedentemente nell'ambito domestico. E questo pare essere percepito come motivo di vanto, in quanto si è raggiunto il lavoro sicuro, fisso, che permette una certa sicurezza economica, anche ai fini del ricongiungimento familiare.

Tuttavia da alcune interviste emerge come il percorso migratorio è spesso influenzato anche dalla lingua del Paese d'emigrazione e Venezia in questo senso non risulta essere una meta desiderabile, ma lo diviene solo per la presenza dei networks familiari d'appoggio.

Durante un fuori intervista, E. chiarisce in modo preciso quanto appena detto:

-“Per una buona futuro, sì, economicamente, e poi dopo c’è vivere

insieme qua in Italia. E’ che in Italia non hai…non ho sognato di vivere qua. Non ho sognato proprio. Perché io ho sognato di vivere una Paese con la lingua inglese perché sapevo, sappiamo dall’inizio della scuola abbiamo imparato inglese fino università. Quindi…ce… abbiamo, c’è il vantaggio andando in un Paese inglese…però il Dio ha un’altra…

-“Per cui quando volevi partire per poi, appunto, aiutare poi

economicamente, perché la situazione nelle Filippine era difficile, inizialmente pensavi di andare in un Paese di lingua inglese? Cioè tipo andare in America?

-“Sì, per esempio io devo andare, ho la possibilità di andare in America, però mia moglie no.”

- “Allora praticamente io, perché, siccome ho tanti zii in America, loro mi aiutato. Però mi hanno detto che guarda puoi andare solo te, però la moglie no. Bisogna aspettare cinque anni, ecco sì, in America è così funziona.”

- “Ah quindi c’è una legge di ricongiungimento diversa?”

- “Sì sì, esatto!” […] “Sì cinque anni, quindi io 45 anni, no è buono per me, quindi abbiamo scelto Italia. Per quello sono venuto qua, insieme.”

- “Quindi la scelta è stata l’Italia per questo motivo e…”

- “Allora ho scelto la moglie però non lingua [ride] se avrebbe la lingua però non avendo la moglie…male, male!”

E. chiarisce che l'America, come altri Paesi anglofoni, è una meta maggiormente desiderabile perché annulla il problema linguistico. Non solo, come afferma successivamente nel corso del discorso, anche a livello di riconoscimento dei titoli di studio e conseguentemente di possibilità lavorative più attinenti alla carriera scolastica. L'Italia, Venezia, sono scelte determinate però da una maggiore facilità a ricongiungere i propri familiari e pertanto si è spinti a partire per il nostro Paese, visto che la finalità ultima della migrazione è ritrovarsi.

6. Conclusioni

In questo capitolo si è entrati nello specifico della ricerca empirica attuata nel contesto veneziano.

A partire dalla ricostruzione del percorso migratorio individuale dei filippini intervistati, del tempo, della vita e della famiglia prima della partenza si è quasi idealmente accompagnato questi migranti nella scelta di partire.

Questo momento che spezza il corso di vita degli intervistati in due tempi e in due spazi, quello del qui e dell'ora e quello del là e del passato, spesso comporta negoziazioni con i familiari per ottenere il loro consenso alla partenza. Non solo, si innesca una riorganizzazione dei tempi e degli spazi dell'intera famiglia che intreccia le vite dei suoi membri, anche di chi rimane. Si è voluto indagare inoltre sulle motivazioni espresse e inespresse sottese alla partenza. Il valore dato all'unità familiare dei filippini intervistati ha fatto dunque emergere come il ricongiungimento familiare possa essere il fine ultimo del percorso migratorio, già progettato prima della partenza del richiedente. Il ricongiungimento può essere dunque visto quale strategia familiare, ma nell'ambito dell'immigrazione filippina, sulla base dei dati raccolti sul campo e specifici del contesto veneziano, si è andato disegnando un utilizzo della pratica del ricongiungimento familiare in senso più ampio, quale migrazione familiare della famiglia “tradizionale” filippina in Italia, che trova sostegno e riproduzione continua nei legami forti dei networks familiari.

CAPITOLO IV

La ricostruzione del processo