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Le famiglie filippine migranti: strategie di adattamento

Le famiglie filippine: tra transnazionalità e

2. Le famiglie filippine migranti: strategie di adattamento

La letteratura sociologica ha evidenziato come cambiamenti socio- economici coincidano storicamente con mutamenti sostanziali della famiglia e della sua struttura, palesando la complessità e l'adattabilità di tale istituzione sociale.

Anche le famiglie filippine adottano strategie di risposta alle forze sociali esterne, in particolare di fronte alla migrazione di uno o tutti i suoi membri, tentando quindi una mediazione tra gli elementi tradizionali peculiari sopra descritti ed elementi postmoderni, coi quali entra in contatto.

Per quanto concerne il caso filippino la scelta della migrazione di uno o più membri della famiglia è una scelta spesso condivisa e strategicamente concordata tra coniugi o familiari, escludendo le migrazioni definite “divorzio filippino”. A seguito dell'evento migratorio i filippini nella maggior parte dei casi massimizzano le risorse/opportunità dell'economia globale creando famiglie transnazionali.38

Nello specifico, per famiglia transnazionale s'intendono

quegli“individui che, pur legati tra loro da legami affettivi o matrimoniali,

vivono l'esperienza di famiglia in contesti diversi, anche fisicamente molto distanti tra loro. Pertanto la vita familiare transnazionale e intesa come insieme delle relazioni e delle pratiche socializzate finalizzate a rinsaldare e fortificare, nonostante la distanza, i legami affettivi e di solidarietà tra i

diversi componenti sia migrati che quelli rimasti nel Paese d'origine.”39

38Si considera la famiglia secondo un'approccio transnazionale, inteso come : “il processo

attraverso cui gli immigrati forgiano e sostengono relazioni sociali simultanee e multi stratificate che connettano insieme la loro società d'origine e quella d'insediamento.” si cfr

a riguardo: M.TOGNETTI BORDOGNA (A CURA DI), Famiglie ricongiunte: esperienze di

ricongiungimento di famiglie del Marocco, Pakistan, India, Utet, Novara, 2011, pp. 56.

Il migrante è dunque soggetto attivo in grado di agire in campi sociali diversi, in termini geografici, culturali, normativi, politici.

Numerosi pertanto sono gli studi relativi alla famiglia transnazionale filippina, tra i quali i più noti sono da ricondurre alla studiosa Rhacel Salazar Parreñas. Quest'ultima, ribadendo la storica connessione tra famiglia e mutamenti socio-economici, sottolinea come la famiglia transnazionale filippina sia una risposta alle forze capitalistiche globali. La scelta, spesso forzata, di creare una spaccatura geografica delle relazioni familiari, può essere ricondotta all'impari sviluppo di alcune aree del mondo e soprattutto alle ineguali relazioni tra Stati nell'economia globale. La transnazionalità non nasce con la globalizzazione, ma da questa è rafforzata e diviene manifestazione evidente delle disuguaglianze globali.40

Nel contesto italiano la popolazione filippina immigrata, al contrario di altre nazionalità, preferisce costituire e mantenere legami transnazionali, piuttosto che attivare forme di maggior stabilizzazione, quali il ricongiungimento familiare. La scelta di costituire famiglie transnazionali trova vari elementi di rafforzamento nel contesto specifico italiano, in

primis per quel che può essere definito razzismo di Stato41 La società

italiana è vista dai filippini come società xenofoba, dalla quale tener lontani i propri figli, preferendo la loro crescita ed educazione in madrepatria, come afferma Parreñas infatti:“With anti-immigrant sentiments brewing, migrant

parents may not want to expose their children to the racial tensions and

40Per un'approfondimento, cfr. R.S. PARREÑAS, Servants of globalization. Women, migration

and domestic work, Stanford University Press, Stanford California, 2001, pp 80-116

41CFR. R.S.PARREÑAS , Servants of globalization. Women, migration and domestic work, op.

cit., p. 5 la quale in tale ricerca effettuata a Roma e Los Angeles afferma, proprio riferendosi all'ambito italiano: "Instead, it has led to increasing sentiments of nationalism

and xenophobia. A 1991 survey conducted by the Institute for Statistical research and Analysis of Public Opinion in Italy indicates that 61% of respondents think that immigration brings 'only or mainly disadvantages' to italian society (Bonifazi, 1992). [...]Immigration is in fact considered not only a social problem by most Italians but also an issue of political debate"

Si veda inoltre per un approfondimento, P. BASSO (ACURADI), Razzismo di Stato: Stati Uniti,

Europa, Italia, FrancoAngeli, Milano, 2010, pp. 387-422. Il testo approfondisce le

precondizioni, ma soprattutto la recente riacutizzazione nel contesto italiano di tale fenomeno, alla luce della crisi economica e dei mutamenti del mondo del lavoro, delle riforme in materia legislativa sull'immigrazione, del discorso pubblico, dell'aumento dell'immigrazione straniera. Si sottolinea in particolare la funzionalità del razzismo di Stato, quale razzismo istituzionale, al fine di far convergere sul “nemico esterno”il malcontento sociale nazionale.

anti-immigrant sentiments fostered by the social and cultural construction

of low-wage migrants as undesirable citizens.”42

La migrazione nelle Filippine è intesa poi come evento temporaneo nel ciclo di vita personale e familiare ed è finalizzata al sostentamento delle persone rimaste in madrepatria per un miglioramento della qualità di vita, soprattutto per quanto concerne l'educazione scolastica dei figli o condizioni abitative migliori. Il modello capitalistico penetra nell'intimità della famiglia, il cui miglioramento delle condizioni economiche e delle opportunità dei suoi membri assume un'importanza maggiore delle necessità, anche affettive, di ogni suo singolo membro.

L'investimento pertanto che gli immigrati fanno nella loro mobilità internazionale contrasta con la volontà di ricongiungere, in particolare i figli. La famiglia transnazionale è forma di resistenza mentre il ricongiungimento in quest'ottica è visto come il fallimento del progetto migratorio. Il ricongiungimento familiare non è auspicato, in quanto non massimizza le possibilità di risparmio e le conseguenti rimesse in madrepatria, tema molto caro agli immigrati filippini, minimizzando i costi e i rischi dell'immigrazione.

Non vanno trascurate le difficoltà oggettive che rendono il processo di ricongiungimento familiare un percorso lungo ed impervio, soprattutto nel concretizzare i requisiti previsti per legge per il suo ottenimento. Gli immigrati, ma si potrebbe tranquillamente parlare di immigrate filippine, per il tipo di occupazione in ambito domestico, comprendente spesso la coabitazione insieme al datore di lavoro, non sono certo favorite nel creare le condizioni abitative adeguate a richiedere il ricongiungimento.

Inoltre ricongiungere, soprattutto per le donne sole con figli, significa anche trovare una nuova occupazione compatibile con l'accudimento. Gli stessi datori di lavoro italiani non vedono positivamente l'aspirazione a ricongiungersi delle loro dipendenti per timore appunto di

incompatibilità con il lavoro o con la coabitazione o per il timore di perdere la lavoratrice. Non sono rari i casi però in cui sono gli stessi datori di lavoro italiani a farsi promotori e aiutare le immigrate a costruire le precondizioni abitative o economiche per ricongiungere i loro cari.

Nel caso filippino, secondo la letteratura, si creano pertanto nella maggioranza dei casi famiglie transnazionali puerocentriche, che trovano nelle tradizioni culturali filippine sostegno e rinforzo. Le famiglie filippine transnazionali trovano infatti la loro base costitutiva nel valore di solidarietà familiare, mutua assistenza e responsabilità tra consanguinei (inteso come

pakikisama) dimostrando come tradizione e strategie di fronteggiamento

familiare possano rafforzarsi dialetticamente. Lo stesso sistema delle rimesse può essere inteso nei termini di debito d'anima tra consanguinei. Il debito d'anima spinge a contraccambiare il favore fatto da un familiare, in un circolo di scambi e di vincoli al contraccambio che permea i networks filippini, anche nello sponsorizzare i nuovi migranti.

In tal senso le famiglie transnazionali immigrate promuovono la partenza di migranti e la formazione di nuove famiglie transnazionali in un ciclo che si auto perpetua al crescere dell'emigrazione.

Il caso filippino smentisce pertanto l'idea che più è antico il flusso migratorio più è elevata la possibilità di stabilizzazione dei migranti nel Paese d'arrivo attraverso il ricongiungimento familiare, andando a creare quella che Parreñas definisce “dislocazione della non appartenenza”.