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La scultura celebrativa

2. Monumento a Leopoldo II

2.1 La scultura celebrativa

L'erezione di una statua che rendesse omaggio al Granduca non fu una prerogativa della comunità di Pietrasanta.

A partire dagli anni della Restaurazione si poté assistere ad una vera e propria operazione d’immagine in onore di Ferdinando III, prima, e Leopoldo II, poi. La loro celebrazione, in quanto monarchi attenti alle istanze della propria gente, non poteva che tradursi in un avvicinamento simbolico della figura del Granduca verso i suoi sudditi-cittadini: rinacque così la grande scultura celebrativa già sperimentata in Toscana nella parentesi cinque-seicentesca che vide il Granduca Cosimo I de'Medici e il figlio Ferdinando I molto attivi nel promuovere la rispettive figure.

Adesso però la volontà di erigere statue partiva dal basso, ovvero da quella classe borghese che, non avendo contatti diretti con il Granduca, cercava in questo modo di ottenere essa stessa considerazione e benevolenza: possiamo per questo dedurre coma la borghesia si sia appropriata dell'arte in quanto strumento di legittimazione. Dunque il finanziamento per l'innalzamento di tali statue avveniva spesso con sottoscrizioni di privati.

La presenza simbolica del Granduca nelle piazze cittadine, attraverso un suo simulacro, rispecchiava così la volontà di creare un legame di vicinanza tra sudditi e sovrano che in questo modo scendeva simbolicamente in piazza fra la sua gente e per la sua gente. Un’operazione che sembrava essere ripresa dalla scultura sacra, dove il contesto spaziale religioso veniva sostituito, come ambientazione, dalla piazza, ovvero il centro della nuova ritualità cittadino-borghese. Questo fenomeno può dunque essere interpretato come un tentativo di instaurare una sorta di venerazione civica collettiva.

Emblema di ciò può essere considerata Piazza della Repubblica di Livorno, in cui troviamo sia la statua eretta in onore di Ferdinando III che quella in onore di Leopoldo II, eseguite rispettivamente dagli scultori Francesco Pozzi e Emilio Demi nel 1830. Tuttavia durante i moti risorgimentali del 1849 il monumento del Demi fu scarificato dalla furia popolare e sostituito nel 1855 da quello del fiorentino Emilio Santarelli54.

54 Nel maggio 1849 alla statua di Emilio Demi venne rotto il naso e mozzate entrambe le mani dalla popolazione inferocita. Per evitare altri danni fu deciso di traslocare la statua nel porto Mediceo dove rimarrà seppellita per oltre un secolo. Solo nel marzo del 1956, le 15 tonnellate di marmo, vennero riesumate e collocate in piazza XX Settembre.

Un'altra statua che ritrae Ferdinando III la possiamo ammirare ad Arezzo in Piaggia del Murello, la quale fu eseguita dallo scultore fiorentino Stefano Ricci nel 182255.

Monumenti che ritraggono Leopoldo II invece li possiamo incontrare, oltre che a Pietrasanta, a San Miniato in Piazza Buonaparte, scolpito da Luigi Pampaloni nel 184356, e a Grosseto in Piazza Dante, eretto nel 1845 dallo scultore Luigi Magi di Asciano57.

Non poteva mancare anche una statua di riconoscimento all'avo Pietro Leopoldo, la quale fu fatta innalzare nel 1830 da Leopoldo II a Pisa, in piazza Martiri della Libertà58.

Tali statue sono tutte togate, riprendendo la configurazione dalla statuaria antica romana: il richiamo della gloriosa monumentalità antica dava maggior importanza e dignità al gesto deciso dai contemporanei. Potenza dell'imitazione, dunque. Le caratteristiche principali della figura risultano essere la dignità e l'intelligenza, predisposte per l’interesse collettivo, nell’ideale allusione ai fasti e alle conquiste degli antichi, sia in campo artistico che in quello intellettuale. I piedistalli sulle quali esse sorgevano erano invece decorati con bassorilievi che illustravano le gesta e il valore del sovrano raffigurato.

Questo impegno diffusosi nel Granducato di Toscana nella celebrazione dei propri sovrani si intensificherà con la creazione del Regno d'Italia. Un censimento effettuato da Catherine Brice partendo da fonti archivistiche e stampate, dà, per tutta l'Italia, tra il 1868 e il 1901, un totale di 424 monumenti.

A quel punto però la volontà di erigere monumenti onorari non partirà più dal basso ma saranno

55 La statua che adesso si trova in cima a Piaggia di Murello, fu in realtà collocata nel 1822 in un luogo ben più centrale: Piazza Grande. Rimase lì per ben 110 anni, quando in seguito ad un ripristino stilistico fu spostata nella sua sede attuale.

56 La statua di San Miniato è il baricentro di Piazza Buonaparte, dunque parte integrante della vita cittadina. L’incarico della realizzazione della statua fu affidato allo scultore neoclassico Luigi Pampaloni, nato a Firenze nel 1791 formatosi artisticamente come allievo di Lorenzo Bartolini presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara.

57 In realtà in questo caso il monumento dedicato a Canapone è un gruppo scultoreo in marmo collocato sopra un alto basamento. La statua centrale, di altezza superiore a tutte le altre, rappresenta il granduca Leopoldo II, il quale presenta un volto rilassato, con la caratteristica barba e lo sguardo rivolto alla sua sinistra verso la donna dal volto triste che tiene con la sua mano sinistra risollevandola. La donna è la madre del bambino morente che si appoggia con la testa sulla sua coscia sinistra. La donna costituisce la rappresentazione allegorica della Maremma, il bambino morente del futuro a cui sembrava essere destinata. Tuttavia, nello sguardo della donna rivolto verso il granduca si scorgono segnali di speranza. Con la mano destra, il granduca tiene un bambino nudo, di età superiore a quello scolpito nell'altra statua, che schiaccia con i suoi piedi un serpente che, al tempo stesso, viene morso da un grifone. Allegoricamente, questo bambino tenuto per mano dal granduca rappresenta il cambiamento positivo che Leopoldo II è riuscito a dare per il futuro della terra di Maremma, contribuendo a debellare la malaria che viene rappresentata dal serpente morente, alla cui uccisione collabora anche il grifone che rappresenta la città di Grosseto, della quale oggi ne costituisce sia il simbolo che lo stemma comunale.

58 Dopo quarant'anni dalla morte di Pietro Leopoldo fu deciso di innalzare anche una statua in suo onore come segno di gratitudine nei confronti dei benefici che il Granduca aveva apportato alla città di Pisa. Il basamento fu per questo ornato con bassorilievi raffiguranti l'opera restauratrice del granduca verso agricoltura e commercio e la protezione accordata alle Arti.

esclusivamente le élite a farsi carico dell'instaurazione di statue nelle piazze cittadine con l'obiettivo di infondere il senso di appartenenza alla Nazione. L'erezione dei monumenti diventerà per questo oggetto di voto al Parlamento.

Sui 424 monumenti citati poco fa, 64 onorano Casa Savoia, 46 Vittorio Emanuele, 15 Umberto I, 3 Carlo Alberto e soltanto uno Margherita - innalzato a Bordighera dopo la sua morte, nel 1926. È una cosa molto sorprendente, conoscendo la popolarità della regina: dipende probabilmente da una diversa concezione, a seconda dei sessi, del «tipo» di gloria che si può legittimamente celebrare. La statua è maschile, e spesso, per la casa regnante, guerriera. A sparire sarà infatti la statua togata: l'eroe è adesso in armi, non di rado raffigurato a cavallo, in modo da amplificare la percezione di questi personaggi come dei martiri pronti a sacrificare la propria vita per la patria.

Al secondo posto nell'hit parade della monumentalità,troviamo invece Giuseppe Garibaldi con 38 monumenti recensiti. E dopo, una folla di personaggi di statura nazionale o locale59.

Dagli anni Ottanta dell'Ottocento in Italia, come nel resto d'Europa, dilagò infatti quello che fu definito il fenomeno della “monumentomania”: in un breve spazio di tempo fecero la loro comparsa, in tutta la penisola, numerosissimi monumenti pubblici, busti e statue dedicati ai nostri eroi nazionali i quali non svolgeranno più solo un'azione celebrativa, ma svolgeranno la funzione di strumenti di nazionalizzazione delle masse. In questo modo l'erezione delle statue assumerà un vero e proprio significato pedagogico, ossia quello di radicare il sentimento dell'amor di patria, rivolto indistintamente a tutti gli italiani tanto da poterle considerare nuovi libri che senza le lettere dell'alfabeto sono in grado di raccontare a chiunque la storia nazionale. Il modo più consono per mettere in scena la nazione fu l'abbinamento delle statue di Vittorio Emanuele II con quelle Giuseppe Garibaldi in modo da mantenere la tradizionale centralità della monarchia con il “padre della patria” senza dimenticare la componente popolare e democratica attraverso l'eroe più noto ed amato60.

Come ricordato da Bruno Tobia, una volta avvenuta l'Unità, grande importanza assunse l'intensa disseminazione di lapidi e targhe commemorative di uomini illustri non solo nella politica ma anche nell'arte e nella scienza, come perenne incitamento alle virtù civili. L'obiettivo consisteva comunque nell'educare le nuove generazioni al forte e schietto sentimento dell'amor patrio e nel ricordare agli italiani l'irreversibilità della rivoluzione unitaria61.

Si può quasi parlare di «riflesso monumentale», talmente il fatto di erigere un busto, una statua,

59 C. Brice, Il Vittoriano. Monumentalità pubblica e politica a Roma, cit., p.9. 60 V. Fiorino, S. Renzoni, La patria in marmo, cit., pp.11-12.

un monumento a uno scomparso divenne un automatismo62.

A Pietrasanta, in prossimità della statua di Leopoldo II, si trova il Palazzo Moroni, edificio da sempre destinato a funzioni pubbliche, sulla cui facciata principale possiamo notare due medaglioni in marmo con all'interno bassorilievi raffiguranti Garibaldi e Vittorio Emanuele II, inseriti entrambi negli anni Ottanta dell'Ottocento con il compito di infondere il nuovo culto dei «santi della nazione», fondamentale nel definire e nel rendere pubblico un senso di italianità nel XIX secolo. Al di sotto dei medaglioni due iscrizioni lodano i personaggi raffigurati, così possiamo leggere:

«All'eroe dei due mondi Giuseppe Garibaldi indomito campione di libertà vindice d'Italia oppressa divisa da secolare servaggio proponenti i reduci dalle patrie battaglie.

Il popolo di Pietrasanta XXIV Giugno MDCCCLXXXIII»

«Il comune di Pietrasanta ha fatto porre questa memoria alla maestà di di Vittorio Emanuele II perché unico di virtù unico di fortuna favorita da Dio pigliò del padre la giusta impresa di redimer l'Italia compiendola con vera gloria.

XX Settembre MDCCCLXXXVII»

Le statue risorgimentali però non incarneranno più solo gli ideali dell'eroe neoclassico, bello e virile, come accadeva con le statue raffiguranti i granduchi lorenesi, ma incarnano anche valori di sensibilità e passionalità, nonché la mistica del martirio, che abitava intensamente l'immaginario nazional-patriottico. Nell'epoca più propriamente risorgimentale l'insistenza sul dovere del sacrificio svolgeva anche la funzione di incoraggiare e consolare militanti e simpatizzanti, che vedevano intorno a sé compagni e amici cadere in combattimento o soffrire nelle prigioni o nell'esilio.

Inoltre la tendenza dominante sarà quella di celebrare gli eroi e i padri della patria dopo la loro morte, non quando ancora erano in vita. In questo modo il mito del loro amore per la patria e la disponibilità a sacrificarsi per essa non poteva essere smentito. Così le statue commemorative di questi personaggi particolarmente meritevoli di essere onorati escono dai cimiteri per posizionarsi con pieno diritto là dove ferve la vita, nel bel mezzo delle piazze, dentro il cuore delle città. E ciò perché tutti possano ricordarsi delle loro gesta, così da poterli adeguatamente imitare63.

A quel punto la contemplazione di un monumento nazionale avrebbe dovuto dar luogo a riti sacri, al culto della religione laica della nazione. Da ciò derivava ciò che Mosse definì il carattere

63 A. M. Banti, Sublime madre nostra, cit., pp.62-67.

cultuale dei monumenti: il simbolismo era posto in primo piano e si sostituiva alla semplice rappresentazione visiva di un personaggio64.

Diversamente, nelle esperienze politiche pre-unitarie, come avvenne coi monumenti dedicati agli Asburgo-Lorena nel Granducato di Toscana, il valore del monumento era intrinsecamente personale ed erigere un monumento ad un re come ad un personaggio della cultura o delle arti voleva significare essenzialmente valorizzare il suo operato e le sue specifiche vicende biografiche65. Non senza motivo l'erezione dalla Statua avveniva col granduca ancora vivente, il quale non avrebbe potuto non apprezzare la riconoscenza mostrata dai suoi sudditi che, in questo modo, gli auspicavano l'immortalità.

Queste statue sono dunque meri simboli, con compiti esclusivamente celebrativi e si propongono di avvicinare i sovrani ai propri sudditi per ottenere specifici benefici; non sono ancora dotate di quella funzionalità performativa che caratterizzerà le statue erette negli spazi urbani a partire dagli anni Ottanta-Novanta dell'Ottocento, quando assumeranno il compito di elementi costitutivi dell'idea di nazione. Per questo motivo in breve tempo sui monumenti innalzati in epoca preunitaria si concretizzerà la cosiddetta esperienza dell'«invisibilità», ovvero finiranno per non essere più visti da chi quotidianamente vi passa davanti: fenomeno che colpisce i monumenti privi della cosiddetta «ricarica sacrale», la quale viene conferita attraverso la loro utilizzazione nelle manifestazioni politiche66.

Quella che qui andrò ad analizzare è la statua di Leopoldo II, collocata nella Piazza del Duomo della città di Pietrasanta, l'opera è realizzata in marmo bianco delle Apuane, con la tecnica del tuttotondo.

Di stile neoclassico, in questa opera si recuperano le forme antiche-classiche e della tradizione scultorea locale. Il soggetto, ovvero Leopoldo II, è raffigurato in piedi, con la gamba sinistra che sostiene il peso del corpo, mentre la destra è lievemente piegata in avanti. Il braccio sinistro è poggiato sul fianco, mentre con la mano destra sorregge un rotolo di pergamena, che indica non solo l'uomo politico, ovvero colui che in qualità di governante ha la facoltà di legiferare, ma anche l'uomo di cultura. Accanto al piede sinistro invece possiamo osservare una cornucopia, metafora di benessere delle terre sotto il suo regno.

La figura è imponente, ben analizzata in tutti i suoi particolari: dal fedele ritratto con la folta chioma e le poderose basette, alla veste costituita da una lunga tunica legata in vita da una cintura in

64 G. L. Mosse, La nazionalizzazione delle masse, cit., p.59. 65 V. Fiorino, S. Renzoni, La patria in marmo, cit., p.15. 66 C. Brice, Il Vittoriano, cit., p.17.

stoffa e coperta a sua volta da un'altrettanto lunga stola di pelliccia. Sulle spalle indossa invece una corta mantellina circolare, riccamente decorata con stemmi e onorificenze ricevute.

Il peso compositivo è volutamente posto nella parte alta della scultura, sul volto, incorniciato dal ricco mantello. Lo sguardo è frontale, leggermente abbassato, come ad osservare bonariamente una folla sulla piazza antistante.

Nonostante di fatto si tratti di una figura senza eccessi di movimento, i leggeri movimenti delle vesti e delle membra donano una certa dinamicità all'opera. Anche la forte plasticità della figura, derivante dalla tridimensionalità, risulta essere in perfetto equilibrio con l'effetto pittorico, conferito invece dai profondi vuoti e dalla ricercatezza dei particolari.

Da questo monumento si può prendere spunto per sviluppare un'analisi dell'epoca di Leopoldo II sia dal punto di vista della politica granducale che dal punto di vista della politica cittadina.

Attraverso l'erezione di tale statua la comunità di Pietrasanta intese conservare la memoria ed il rispetto nei confronti del Granduca, non è dunque un caso che sul piedistallo del monumento siano rappresentante le opere intraprese dal sovrano su questa terra che fu da lui visitata più volte e che cercò di far crescere e sviluppare.

Illustrazione VIII: Monumento a Leopoldo II, fronte, 1848-1849, Pietrasanta, Piazza Duomo.

Illustrazione IX: Illustrazione IX: Vincenzo Santini, Monumento a Leopoldo II, retro, 1848-1849, Pietrasanta, Piazza Duomo.