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Motivazione storica del bassorilievo

2. Monumento a Leopoldo II

3.1 I bassorilievi: la politica granducale allo specchio

3.2.2 Motivazione storica del bassorilievo

Come già annunciato, nel novembre 1842, fu stabilita l'erezione della Scuola di Belle Arti pietrasantina, il cui obiettivo era quello di formare delle maestranze capaci di lavorare il marmo.

Dalla seconda metà del Settecento, come ricordato da un rapporto di un grande possidente del luogo Francesco Campana, la manifattura del marmo e la statuaria erano del tutto inesistenti in Versilia.

Nel periodo della Restaurazione questo stato di cose vigeva ancora a Pietrasanta, sebbene secoli prima il lavoro del marmo avesse costituito un'attività notevole che aveva toccato livelli di

eccellenza dalla fine del XIV secolo alla fine del XVI.

Tuttavia, come vedremo, a partire dagli anni Venti dell'Ottocento l'attività di escavazione e commercio dei marmi decollò nel territorio di Seravezza: estratto il minerale nello Stazzemese, esso veniva poi trasportato allo scalo marittimo di Forte dei Marmi, dove, grazie a questo commercio, il traffico dei navicelli con Livorno ed anche con porti esteri andava facendosi sempre più intenso.

Lo stesso Vincenzo Santini quando volle apprendere a lavorare il marmo si recò da ragazzo a Seravezza da un parente materno93.

Pietrasanta, dal canto suo, potrà avere il suo nucleo di artigiani capaci di lavorare il marmo e avviare su una nuova strada l'economia locale in seguito all'istituzione della Scuola di Belle Arti.

Quando nell'ottobre 1843 fu interpellata la personalità che aveva consigliato il Governo ad istituire la Scuola, Antonio Ramirez de Montalvo, all'epoca direttore della Galleria degli Uffizi e presidente dell'Accademia di Belle Arti di Firenze, così rispose:

Lo spirito di questa istituzione è di favorire l'industria dei marmi, di richiamare le commissioni che ora si dànno a Carrara di sbozzare statue, di far caminetti e diversi membri di architettura e di ornativa; è poi evidente che non si tratti del solo disegno di figura, che condurrebbe tutto al più a mandare dei principianti ad un'accademia, i quali nulla gioverebbero all'industria patria; ma si tratta di insegnare a lavorare bene il marmo94.

A sostegno di questa tesi, il “Giornale del Commercio” del 15 ottobre 1845 pubblicò un articolo del dottor Giovan Battista Masini, nel quale, fra l'altro, si diceva:

Un Tiziano, un Raffaello farebbero certamente di Pietrasanta la terra più gloriosa dell'Universo, ma non costituirebbero un paese felice, prospero, industrioso. Cento lavoranti di marmi per architettura, ornato, figura, sbozzatura formerebbero invece un'industria permanente, collegata alle nostre condizioni geologiche: insomma formerebbero una ricchezza nostra, ed a questo dobbiamo tendere a costo di un qualunque sagrifizio95.

Su questo punto il Santini, nel gennaio 1863, tenne a riaffermare:

La scuola di Elementi di Scultura dunque, fu fondata come Tecnica Istituzione, e collegata perciò direttamente alle condizioni geologiche del paese. Il suo fine costitutivo fu quello di procurare alla Città e Comune di Pietrasanta, lo sviluppo della lavorazione dei marmi in tutte le diverse sezioni e di richiamare delle commissioni nell'interesse della popolazione96.

93 D. Orlandi, La Versilia nel Risorgimento, cit., pp.111-112. 94 Ibidem, p.114.

95 Ivi.

Dunque a Pietrasanta non si volle affatto costituire un'Accademia, ma una scuola tecnica, con intenti oltre che artistico culturali, soprattutto sociali, dove tuttavia, osservando l'offerta didattica della Scuola, era ancora percepibile uno stretto legame tra le esigenza per la formazione di un artigiano e di un artista.

Sotto la guida di Vincenzo Santini, la Scuola di Belle Arti di Pietrasanta riuscì così sia a favorire la politica di rilancio dell'economia cittadina che stava alla base della sua istituzione, che a formare una compagine di artisti di tutto rispetto.

Nei nuovi laboratori pietrasantini fu così dato un riscontro puntuale e eccellente, non solo alle domande di opere marmoree che giungevano dal mondo religioso, ma anche alle numerose richieste di monumenti pubblici e di scultura celebrativa provenienti da enti, istituzioni e comitati e, soprattutto, ai ricordi funerari destinati ai cimiteri cittadini, oggetto del desiderio della nuova committenza borghese.

Nel 1863 erano ormai aperti a Pietrasanta undici laboratori di marmi, ed uno di essi funzionava nell'ambito della scuola stessa impiegando 17 marmisti. In quattordici anni questo laboratorio eseguì ordinazioni per 62.400 lire per conto di terzi. Erano state aperte anche due segherie nei pressi di Pietrasanta. I giovani che, bene o male, avevano frequentato la scuola o il laboratorio annesso erano stati 219. Nei laboratori locali erano impiegati 86 marmisti, mentre altri 20 pietrasantini lavoravano il marmo fuori dalla propria terra97.

In questo modo la Scuola di Belle Arti contribuì in maniera determinante allo sviluppo di laboratori di marmo e fonderie che ad oggi forniscono un importante contributo per l'economia locale, oltre ad aver dato vita ai sogni di artisti del calibro di Botero e Mitoraj.

Oggi la traccia della permanenza in Pietrasanta degli scultori che nella cittadina hanno concepito i loro capolavori, è conservata nel chiostro di Sant'Agostino, adiacente alla Piazza Maggiore della città, dove è stato allestito un museo permanente chiamato Museo dei Bozzetti, dove vengono appunto conservati i bozzetti delle opere qui create e diffuse in tutto il mondo.

Meta prediletta di artisti e intellettuali internazionali, Pietrasanta è oggi chiamata la Piccola Atene, in quanto da qualche anno sta vivendo una notevole fioritura artistica e culturale.

3.3 “Il discoprimento delle cave”

3.3.1 Analisi artistica del bassorilievo

Il soggetto del bassorilievo è la riapertura di un agro marmifero, la quale comporta l'investimento di un interessato e la partecipazione di maestranze atte a sopportare la fatica di questo lavoro.

Per quanto riguarda la lettura della rappresentazione, dal centro lo sguardo passa a sinistra per soffermarsi prima sul personaggio a sedere, per passare poi sull'ingresso della cava che ci fa intravedere l'esterno, infine si passa ad osservare il lato destro della composizione con la figura più esterna, per poi terminare con il cavatore sullo sfondo.

La composizione è fortemente simmetrica, il cui asse è costituito dalla figura centrale, che divide il momento della narrazione di sinistra da quello di destra. Il peso compositivo in questo caso coincide con l'asse di simmetria. Gli sguardi della figura centrale e dei due personaggi di destra sono rivolti verso la figura seduta a sinistra, come se il dialogo di questa con la figura al centro interessasse gli altri. Tutta la rappresentazione ha lo scopo di comunicare significati realistici tramite figure simboliche con il probabile investitore (al centro), circondato da lavoratori, il tutto concepito all'interno di un agro marmifero dove, per rendere l'effetto della pietra, l'artista, oltre che con il rilievo, si cimenta anche con l'incisione della superficie.

Come indicatori spaziali fondamentalmente si utilizza la differenza delle altezze dei personaggi,

Illustrazione XIII: Vincenzo Santini, Bassorilievo alla base del monumento a Leopoldo II: Il discoprimento delle cave, 1848-49, Pietrasanta, Piazza Duomo.

e decisivo è l'antro della cava che ci fa percepire la vegetazione esterna.

In questa opera i ritmi principali sono dati dai panneggi dei vari personaggi che, con il loro incresparsi, creano anche un effetto pittorico (alternanza di luci e ombre) accentuato dalle linee spezzate delle pareti di pietra sulla sfondo.

Tutti i personaggi di per sé sono simboli che vogliono farci comprendere il tema del lavoro in cava, creando un contrasto con il personaggio centrale, ben vestito e in posizione rilassata, in opposizione alla nudità e allo sforo delle maestranze con i loro strumenti di lavoro.

Il movimento è suggerito dalle membra, braccia e piedi, rialzate, incrociate, sollevate, abbassate, e dall'increspatura delle vesti e dalla rotazione di alcune teste: in particolare il personaggio in ultimo piano a destra mentre piccona ruota la testa in senso contrario al corpo, come attratto dal dialogo che si svolge in primo piano.

Possiamo riscontrare come linee di forza una sola linea verticale nel personaggio centrale e linee curve sia a sinistra, con l'uomo a sedere che idealmente prosegue nell'ingresso dell'antro, sia nelle figure di destra, seppur di minor intensità. Le linee di forza e il movimento ci suggeriscono così una dinamicità a destra e a sinistra che concorre ad accentuare la staticità della parte centrale.

Nel modellato dei corpi abbiamo una certa plasticità, contenuta però rispetto agli altri tre bassorilievi che incontriamo sul piedistallo del monumento, in questo prevale invece un effetto pittorico suggerito sia dai panneggi delle figure che dalla superficie increspata del fondo. Tutte le figure si stagliano su di un fondo inciso e sfaccettato che ci fa percepire l'ambiente angusto della cava, mentre solo alcuni alberi rappresentati sull'ingresso ci suggeriscono lo spazio esterno.

Dei quattro bassorilievi questo è quello che possiede uno stile più moderno, con meno rimandi all'antichità classica, del resto, nel XIX secolo, una nuova sensibilità romantica si stava diffondendo. Sicuramente ad influire sullo stile è stato anche il tema della raffigurazione: non a caso la formella con maggiori richiami al classicismo è “La fondazione della Scuola di Belle Arti”.

3.3.2 Motivazione storica del bassorilievo

Alcune affermazioni dello stesso Santini confermano come, fino agli anni Quaranta dell'Ottocento, l'artigianato del marmo a Pietrasanta fosse pressoché assente:

Qui non più esistevano che tre scarpellini da scalini e da pile da olio; le antiche cave, a tre chilometri di distanza98, erano sepolte sotto gli oliveti, ignorate ai presenti e note a me per le

ricerche fatte in questo Archivio Comunale onde scrivere la storia di Pietrasanta99.

98 Il Santini si riferiva alle cave situate nella località di Solaio.

Fin dal 1513, con il Lodo che fu alla base della formazione della Versilia, papa Leone X aveva assegnato ai fiorentini Pietrasanta e tutto il territorio del Capitanato100 sulle cui montagne si trovavano abbondanti giacimenti di marmo bianco. La signoria di Firenze mostrò subito un forte interesse per quei marmi, ma per poter avviare l'escavazione e aprire le strade necessarie, investendo ingenti capitali, occorreva che le comunità locali, legittime proprietarie dei monti e dei luoghi, ne disponessero la cessione a Firenze con un atto pubblico di donazione che desse facoltà e autorità alla stessa Signoria di cavare e far cavare il marmo a proprio piacimento. Ciò avvenne nel maggio del 1515 e durante tale secolo le escavazioni si intensificarono con risultati molto positivi, in particolare sul Monte Altissimo dove si troverà ad operare lo stesso Michelangelo101. Tuttavia la privativa granducale impedì di fatto l'espansione dell'industria e del commercio dei marmi mediante la libera iniziativa, cosicché le attività estrattive, a causa degli ingenti costi derivanti dalla distanza e dalla difficoltà di accesso, andarono progressivamente indebolendosi nel corso del Seicento e del Settecento102.

Nel 1820 la comunità di Seravezza per incentivare le escavazioni di marmo decise di verificare, attraverso accurati controlli da parte del Magistrato comunitativo, la situazione delle proprietà pubbliche, delle concessioni e delle occupazioni illegittime nelle aree marmifere: molti risultarono gli usurpatori, coloro cioè che avevano esercitato attività estrattive nelle cave di proprietà granducale senza corrispondere nessun canone di indennizzo. A quel punto il Granduca Ferdinando III autorizzò la comunità di Seravezza a stabilire un accomodamento per sanare quegli abusi, che furono condonati mediante un regolare atto di acquisto. Restarono inoltre disponibili grandi appezzamenti di terreno marmoreo e pascolativo, e il Granduca consentì alla Comunità di Seravezza di venderli ai privati che ne avessero fatto richiesta, previa autorizzazione granducale. Tra i primi ad approfittare di questa favorevole opportunità vi fu Marco Borrini, che acquistò dalla Comunità di Seravezza un appezzamento di terra nel Monte Altissimo di staia 275 al prezzo complessivo di 303 lire, 7 soldi e 8 denari.

Per il ripristino della strada che dalle cave conduceva alla via di marina, fatta costruire da Cosimo I Medici nel 1567, occorrevano però notevoli finanziamenti che il Borrini, confidando nelle sue buone relazioni con la burocrazia governativa, si affrettò a richiedere al Granduca di Toscana.

100 Pietrasanta diverrà Vicariato nel 1776 con la riforma attuata da Pietro Leopoldo che ordinava un nuovo assetto economico-amministrativo del territorio.

101 Per volontà di Papa Leone X di realizzare la facciata della basilica di San Lorenzo con i marmi di Seravezza, Michelangelo, agli inizi del 1518, dovette abbandonare le cave di Carrara e trasferirsi a Pietrasanta. Vi resterà fino al 1520, quando, dallo stesso Papa, fu sollevato dall'incarico.

102 C. Paolicchi, Nel nome della rosa. Storia arte cultura economia di Seravezza e delle sue comunità, Tipografia Bendecchi e Vivaldi, Pontederea, 2016, pp.49-69.

La risposta di Ferdinando III fu favorevole: con rescritto trasmesso dalla Segreteria di Stato il 5 gennaio 1821 il Granduca concesse a Marco Borrini un contributo di ventiquattromila lire, di cui diecimila furono date a titolo gratuito e le altre quattordicimila in prestito fruttifero al 4%.

Quasi contemporaneamente, ovvero il 20 gennaio 1821, il Borrini costituì una società con Jean Baptiste Alexandre Henraux103 per lo sfruttamento degli agri marmiferi dell'Altissimo. Le cave entrarono subito in attività apportando immediato beneficio all'aumento della produzione e dell'occupazione. Suscitarono anche un vivo interesse generale, in quanto lo statuario dell'Altissimo si presentava di qualità così eccellente da fare concorrenza ai marmi carraresi del medesimo tipo. Numerosi furono così i visitatori: scultori interessati all'acquisto di marmo per le loro opere, geologi e naturalisti, imprenditori, viaggiatori italiani e stranieri104.

Questo fatto ebbe un'eco favorevole presso la corte granducale, tanto che nel 1833, Leopoldo II, allora regnante, condonò il prestito di quattordicimila lire fatto al Borrini in considerazione dei vantaggi che la sua attività apportò all'economia versiliese.

Come ricordato precedentemente, nonostante il paesaggio impervio, lo stesso Leopoldo II visitò personalmente le cave infondendo entusiasmo nei lavoranti. Ciò ce lo ricorda il geografo e storico Emanuele Repetti, autore del Dizionario geografico della Toscana, il quale visitò le cave nel 1823 e nel 1824. Dalle sue osservazioni compilò poi lo studio che nell'agosto 1825 espose all'Accademia dei Georgofili in Firenze. Riguardo al Monte Altissimo egli annotò, fra l'altro, che una delle sue cave, quella della Polla richiamava l'attenzione degli artisti e dei commercianti per il bel marmo che vi era stato scoperto. Inoltre riferì che, in quel tempo, nuove cave erano state aperte anche in altre località della zona, come, ad esempio, sulle pendici settentrionali del Monte Costa, da dove cominciarono ad estrarsi marmi bianchi ordinari, giudicati ottimi per la lavorazione dell'architettura105.

L'interesse del Granduca riguardo alle cave è attestata anche da una lettera che il 13 maggio 1848 il Prefetto scrisse al Cancelliere Comunitativo di Pietrasanta:

È piaciuta a S. A. Reale il Granduca di accogliere benignamente le istanze che gli sono state avanzate per la riapertura delle cave del Monte alla Costa presso la Terra di Seravezza sperando che ivi possano trovare lavoro quelli operanti che ne mancano altrove per il ristagno che soffre

103 Jean Baptiste Alexandre Henraux, ufficiale della cavalleria francese giunto in Italia nel 1769 al seguito delle armate napoleoniche, fu incaricato delle confisca dei marmi di Carrara, ordinata da Bonaparte quale contribuzione fiscale della città alle truppe d'occupazione. In seguito divenne “Agente importatore dei marmi d'Italia”, carica che ricoprì ufficialmente fino al 1824. In qualità di Agente importatore, l'Henraux si era stabilmente domiciliato a Carrara a partire dal 1806.

104 C. Paolicchi, Nel nome della rosa, cit., pp.89-105. 105 D.Orlandi, La Versilia nel Risorgimento, cit., pp.201-204.

attualmente il commercio dei marmi106.

In essa si leggono poi le disposizioni che il Granduca impartì all'affittuario del Monte, il negoziante Dalgas, cercando di conciliare l'incremento dell'industria con la tutela del paesaggio e dei suoi abitanti107.

Anche Vincenzo Santini nella sua autobiografia, a lui sollecitata dall'amico Oreste Raggi, direttore dell'Accademia di Belle Arti di Carrara, e pubblicata postuma da Giovanni Sforza nel 1886, ci da notizie riguardo alla riapertura di cave nel territorio di Pietrasanta, ovvero quelle di Solaio. Egli descrive questo fatto come conseguenza dell'apertura della Scuola di Belle Arti di Pietrasanta:

Pietrasanta ha visto riaperte le sue cave di marmo a Solaio, due edifici di segheria sotto le mura, che van pari per meccanismo ai carraresi e ai seravezzesi, e più di dodici studi nella città, ove si lavora figura, ornato e architettura, sia per commercio, sia anche per lavori ricercati, come per statue da gabinetto, quando ne mandano i modelli108.

Tuttavia la stessa fondazione della Scuola d'arte fu una conseguenza della riapertura delle cave marmifere sulle Apuane. Fu infatti Marco Borrini assieme al pietrasantino Giovan Battista Masini a promuovere a Firenze in ambiente granducale l'idea di aprire una scuola d'arte che ponesse le basi per il decollo della lavorazione artistica e industriale del marmo in Versilia. Così leggiamo in una lettera che quest'ultimo inviò al Santini nell'agosto 1842:

Caro Vincenzo,

il tre del corrente questo Magistrato Municipale accedeva alla proposta dell'ottimo Principe che te destinava, sebbene zoppo, ad insegnare a camminare nella via del progresso e dell'industria i tuoi concittadini. Se Marco Borrini ed io che promuovemmo la misura, si godesse di gioia pubblica e privata, te lo puoi immaginare. Io non ti scrivo per avere un complimento, ma solo perché del tuo bene, che considero mio, se ne gioisca insieme…

Pietrasanta 5 agosto 1842.

Il tuo amico Giovan Battista Masini109.

106 ACP, Ministeriali della Regia Camera di Pisa, filza C81, c.679. 107 Ivi.

108 G. Sforza, Autobiografia del Cav. Vincenzo Santini di Pietrasanta, cit., p.8. 109 ACP, fondo Vincenzo Santini, filza I.163 pp.152-153.

Non a caso a Seravezza, per intervento del Borrini, era stato tentato sin dagli anni Venti dell'Ottocento un laboratorio-studio di scultura, dove lo stesso Santini apprese i primi rudimenti dell'arte di lavorare il marmo. Dunque quando il Borrini venne a conoscenza dell'infortunio del Santini, sia per amicizia che per interesse commerciale, si interessò all'apertura di una Scuola d'arte in cui poter impiegare lo scultore.

La scuola fu deciso di aprirla a Pietrasanta in quanto capoluogo politico-amministrativo dell'area versiliese, sede dunque più opportuna per un'istituzione scolastica rispetto alla vicina Seravezza.

Tuttavia anche quest'ultima, dai primi decenni dell'Ottocento, si trasformò in un importante centro dal punto di vista sociale e culturale, grazie sia al già ricordato circolo artistico letterario di Luisetta Gherardi Angiolini, nonché sito privilegiato della lavorazione del marmo per la sua vicinanza con le cave110.

3.4 “Il libero commercio”

3.4.1 Analisi artistica del bassorilievo

Il commercio vuol dire attività in fermento, questo si svolge in città, con il fiorire di studi di scultura, la vendita di cereali, di olio e di vino, la presenza di commercianti che trattano gli affari, nonché il benessere per la comunità, derivante dalle tasse pagate.

Nel bassorilievo sopra riportato, lo sguardo si focalizza inizialmente sullo scultore raffigurato al centro, per poi proseguire, su suggerimento della sua stessa posizione, verso destra, sulla figura del trasportatore di sacco, per poi spostarsi a sinistra sopra i due personaggi che si scambiano la mano ed infine si percepiscono le figure in secondo piano. Per ultimo notiamo la torre a sinistra e gli arredi in basso a destra.

La composizione è asimmetrica, la linea ideale che passa tra i due personaggi di sinistra e i quattro di destra divide la composizione. In questo caso il peso compositivo non coincide con l'asse di simmetria, ma è evidente come il peso sia centralizzato sulla figura più dinamica, che è lo

Illustrazione XIV: Vincenzo Santini, Bassorilievo alla base del monumento a Leopoldo II: Il libero commercio, 1848-49, Pietrasanta, Piazza Duomo.

scultore con il braccio alzato, il quale stringendo il mazzuolo sta per colpire la subbia posta sul blocco di marmo. Il tutto è accentuato da una plasticità che nel braccio con il mazzuolo e la testa raggiunge un effetto di altorilievo.

Sulla sinistra i due personaggi sono in stretto rapporto sia nello sguardo che nell'atteggiamento e ciò lo dimostrano sia lo stringersi la mano, in rappresentanza di come si concludeva un contratto a