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Il Trattato di Firenze

Il Granduca infine intavolò lunghe e complesse trattative con i duchi di Lucca e di Modena. Il 28 Novembre 1844 giunsero alla firma di un accordo, il cosiddetto Trattato di Firenze, alla presenza anche dell'ambasciatore sabaudo, in quanto si ritenne necessario l'intervento alle sedute di un rappresentante del Regno di Sardegna, comportando il progetto in discussione un cambiamento di stati limitrofi al territorio piemontese, e di quello asburgico, sia perché l'imperatore Ferdinando I accettò di intervenire alla conferenza per conciliare le pretese dei vari duca membri della famiglia imperiale ed inoltre perché i diritti dell'Austria non subissero lesioni.

Per volontà della corte di Vienna tale accordo fu mantenuto segreto: la segretezza assoluta dei negoziati e del trattato che ne sarebbe derivato, anzitutto doveva esserci per un doveroso riguardo alla Duchessa di Parma Maria Luigia, sorella dell'imperatore d'Austria, la quale sicuramente avrebbe sofferto di vedere trattare una questione che era intimamente connessa alla sua esistenza.

L'art.99 del Congresso di Vienna sanzionava infatti l'assoluta sovranità dell'imperatrice Maria Luigia vedova di Napoleone, sui Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla, esclusi alcuni distretti sulla sinistra del Po. Tuttavia, in virtù dell'art.3 del Trattato di Parigi del 10 giugno 1817, dopo la morte dell'Arciduchessa Maria Luigia i Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla sarebbero passati all'infante di Spagna Don Carlo ed ai suoi discendenti in linea diretta e mascolina.

Inoltre Vienna decise di non rendere noto l'accordo per non suscitare false interpretazioni del corpo diplomatico di Firenze, sede delle conferenze46.

Si giunse ad uno scambio di territori. Nella lettera che la Camera di Soprintendenza Comunicativa di Pisa spedì al cancelliere di Pietrasanta, in data 30 ottobre 1847 possiamo leggere:

che i Vicariati di Pietrasanta e di Barga, ad eccezione di piccole frazioni di territorio per una più congrua configurazione debbano restare a far parte del Granducato di Toscana, nonostante le

45 ACP, Deliberazioni del Magistrato, fondo Partiti, registro H53, c.252v.-253v.

46 L. Marchetti, Il trattato di Firenze del 1844, in «Annali di Scienze politiche», Vol.10, n.1/2, Marzo-Giugno 1937, pp.1-56.

disposizioni contenute nel più antico Trattato di Vienna47.

La Toscana riuscì così a conservare Pietrasanta e Barga ma dovette sacrificare la Lunigiana, cedendo Fivizzano nonché le quattro enclaves lucchesi di Gallicano, Minucciano, Montignoso e del Lago di Porta a Modena. Pontremoli fu annessa a Parma, che a sua volta avrebbe ceduto i territori del Ducato di Guastalla e le terre poste a destra del fiume Enza ai modenesi.Tutto ciò doveva avvenire nel momento in cui Carlo Ludovico rientrasse a Parma e Lucca venisse annessa alla Toscana.

Il territorio lucchese fu annesso il 4 ottobre 1847 e Pietrasanta vide esaudito il suo desiderio di conservarsi Toscana, se pur l'articolo 4 del trattato di Firenze così recitava:

che una strada carreggiabile venga aperta e conservata a spese della Toscana a traverso del Vicariato di Pietrasanta dalla postale sino al confine con la Garfagnana in prossimità della petroniana, e sia essa perpetuamente libera al transito degli estensi e delle loro merci, come quella comunicazione che è più comoda tra Massa e la Garfagnana48.

Vi era inoltre subbuglio per aver dovuto cedere al Duca estense i forti a difesa del territorio, ovvero quello del Cinquale e di Porta, essendo Pietrasanta un paese di frontiera molto importante dal punto di vista strategico ed essendosi creata una situazione di attrito tra i governi di Modena e di Firenze al momento di attuazione del trattato del 1844.

Le truppe estensi, infatti, avevano occupato con la forza Fivizzano prima del giorno stabilito e si erano poi ammassate minacciosamente in quel di Massa, presso la frontiera del Granducato. Con ciò avevano provocato l'accorrere a Pietrasanta di gran parte dell'esercito toscano49. Per tali motivi il Gonfaloniere di Pietrasanta, cavalier Amadeo Digerini Nuti, sin dai primi mesi del 1847, richiamò l'attenzione della magistratura cittadina sull'urgenza di armare la neocostituita Guardia Civica della Comunità. Per meglio contribuire allo scopo preavvertito, Nuti riteneva opportuno che l'erario comunitativo elargisse sovvenzioni a favore di tale istituzione, da lui definita santissima e ricca di speranze per la patria50.

Immediatamente il capitano della Guardia Civica, Francesco Carli, inviò una missiva al Gonfaloniere, col quale condivideva le preoccupazioni e contribuiva a sostenere l'iniziativa:

Illustrissimo Signore. (…) Pietrasanta è la frontiera che più facilmente di ogni altra può essere attaccata da forze nemiche, e Dio volesse se fossero solamente straniere! E Pietrasanta deve

47 ACP, Ministeriali della Regia Camera di Pisa, filza C80 c.624. 48 L. Marchetti, Il trattato di Firenze, cit., pp.47- 48.

49 D. Orlandi, Pietrsanta tra granducato e risorgimento, cit., pp.21-22. 50 ACP, Deliberazioni del Magistrato, fondo Partiti, registro H54, p.243.

armarsi e per l'onore nazionale e per la gratitudine speciale al Principe che la volle redenta dal Congresso di Vienna. Io offro fucili venticinque a percussione in dono all'armamento della Compagnia che avrò l'onore di comandare. Restringendo la mia offerta alla mia Compagnia ho solo in mira di facilitare l'armamento in questa città, ove parmi più necessario che altrove. Accolga Vostra Signoria Illustrissima insieme ai suoi rispettabili colleghi i sentimenti del mio rispetto51.

La lettera non mancò di fare il suo effetto sul Magistrato civico, il quale decretò l'acquisto di cento fucili a percussione a spese dell'amministrazione comunitativa52.

Nello stesso tempo, il 25 ottobre 1847, circolò a Pietrasanta un manifesto del Gonfaloniere, in cui si leggeva che il «magnanimo Principe» di Toscana era stato mosso dal grande amore di salvare i suoi figli. Essi pertanto lo salutavano «Benefattore» e «Salvatore», in quanto si era mostrato amoroso principe e padre.

Con il suddetto manifesto il gonfaloniere pietrasantino, cogliendo occasione dall'indicibile benefizio con il quale i Versiliesi erano stati serbati uniti alla Toscana famiglia, lanciò anche l'idea di dedicare a Leopoldo II il futuro ospedale, per cui si attendeva, in quei giorni, il beneplacito del Sovrano, che lo concesse, in via di massima, con rescritto del 18 novembre di quello stesso anno. Il Gonfaloniere scrisse anche che sarebbe stato un monumento più imperituro del suo «augusto simulacro» che si era precedentemente deciso di erigergli in Piazza Maggiore, scolpito da Vincenzo Santini53.

51 Ibidem., p.244. 52 Ibidem., p.245.