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IV.III Un nuovo paradigma: la “sostenibilità ecosistemica” 104

IV.III.II La sostenibilità debole e la sostenibilità forte 106

La distinzione tra sostenibilità debole e sostenibilità forte (in inglese weak e strong

sustainability)599 è sostanzialmente basata sulle nozioni di capitale fatto dall’uomo e

capitale naturale.600

Con capitale naturale601 si intende lo stock degli assets ambientali (quali il suolo, le

foreste) che forniscono un flusso (il reddito naturale) di beni o servizi utili nel tempo.602

Varie sono le classificazioni che sono state applicate al capitale naturale. Tra queste ricordiamo quelle che distinguono tra rinnovabile (biologico) e non rinnovabile (geologico)603 e tra risorse non rinnovabili, capacità limitata dei sistemi naturali di produrre

risorse rinnovabili e capacità dei sistemi naturali di assorbire le emissioni antropogeniche.604 Il capitale naturale, poi, è stato anche ulteriormente caratterizzato nella

forma di capitale naturale endosomatico ed esosomatico.605 Il primo termine si riferisce a

quegli strumenti che sono parte di un organismo dalla nascita, mentre il secondo termine indica gli strumenti che l’uomo produce (si pensi, ad esempio, agli utensili di uso comune).

Il capitale fatto dall’uomo, invece, è creato a partire dagli input di lavoro e di capitale naturale e, insieme al lavoro, funge da agente di trasformazione del flusso di risorse in beni

599 Vi è anche una terza categoria, detta da Goodland sostenibilità ambientale assurdamente forte e da

Opschoor sostenibilità superstrong, secondo la quale le risorse non rinnovabili non dovrebbero essere usate. Sul punto si vedano R. Goodland, The Concept of Environmental Sustainability, cit., p. 15 e J. B. Opschoor,

The Environmental Space and Sustainable Resource Use, in F. J. Duijnhouwer, G. J. van der Meer e H.

Verbruggen (a cura di), Sustainable Resource Management and Resource Use. Policy questions and research needs, Netherlands Advisory Council for Research on Nature and Environment (RMNO), 1994, pp. 33-67.

600 Pearce aggiunge a questi anche il capitale sociale, inteso come insieme di relazioni sociali considerate

rilevanti per lo sviluppo sostenibile. Si veda D. Pearce, Substitution and sustainability: some reflections on

Georgescu-Roegen, in Ecological Economics, 1997, vol. 22, fasc. 3, pp. 295-297, p. 296. Goodland e Daly

parlano anche di capitale naturale coltivato (cultivated natural capital), riferendosi, ad esempio, alle foreste coltivate o all’agricoltura. Si vedano H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable

Development, cit., p. 80 e R. Goodland, The Concept of Environmental Sustainability, cit., p. 14. Goodland,

però, rileva che il capitale naturale coltivato è in realtà a sua volta nuovamente scomponibile in capitale manufatto e capitale naturale.

601 Il concetto di “natural capital” è stato diffuso essenzialmente grazie al lavoro di Pearce. Si vedano D.

Pearce e R. K. Turner, Economics of natural resources and the environment, Johns Hopkins University Press, 1990 e D. Pearce, E. Barbier e A. Markandya, Sustainable development: Economics and environment

in the third world, Earthscan Publications, 1990. Sulle diverse forme di capitale si vedano anche P. Ekins, Key issues in environmental economics, in E. C. van Ierland, J van der Straaten e H. Vollebergh (a cura di),

Economic Growth and Valuation of the Environment. A Debate, Edward Elgar, 2001, pp. 90-133, pp. 94 ss. e P. Ekins, A Four-Capital Model of Wealth Creation, in P. Ekins e M. Max-Neef (a cura di), Real-Life Economics: Understanding World Creation, Routledge, 1992.

602 R. Goodland, The Concept of Environmental Sustainability, cit., p. 14. Per un approfondimento sulle

nozioni di capitale e reddito naturali e sul loro rapporto si veda R. Costanza e H. Daly, Natural Capital and

Sustainable Development, cit., p. 38.

603 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit., p. 80.

604 M. Roseland, Sustainable community development: Integrating environmental, economic, and social

objectives, in Progress in Planning, 2000, vol. 54, fasc. 2, pp. 73-132, p. 78

605 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit., p. 77. L’introduzione delle

nozioni di “strumento endosomatico” e “strumento esosomatico” si deve a Lotka. A. J. Lotka, The Law of

e servizi.606 Anche questo può essere differenziato in due forme: una, il capitale manufatto,

comprende gli artefatti fisici associati al capitale (industrie, edifici, etc.); l’altra, che va sotto il nome di capitale umano, si riferisce alla conoscenza, l’educazione e la cultura degli esseri umani.607

In maniera semplificata possiamo dire che la sostenibilità debole (detta anche Solow-

Hartwick sustainability dal nome dei due studiosi al cui lavoro è associata) consiste nel

mantenere costante la somma del capitale fatto dall’uomo e del capitale naturale, assumendo che il capitale naturale e il capitale fatto dall’uomo siano sostituibili e che sia quindi possibile e accettabile “saccheggiare” il capitale naturale a fronte di un corrispondente investimento nell’altra forma di capitale.608 Si tratta cioè di mantenere

intatta609 la capacità produttiva del capitale nella sua totalità, sostanzialmente rifacendosi

alla regola di Hartwick, in base alla quale investire tutti i redditi ottenuti dallo sfruttamento delle risorse esauribili in capitale riproducibile può consentire di mantenere un flusso costante nel tempo di consumo pro-capite.610 La sostenibilità forte si propone invece come

la teoria della non sostituibilità tra capitale naturale e capitale manufatto, ritenendo tali forme di capitale complementari. Dal riconoscimento della complementarietà tra le due forme di capitale discende che il fattore più scarso è quello limitante.611

Il problema centrale del mantenere costante la somma del capitale riguarda la sostituibilità tra le diverse forme di capitale, in considerazione del fatto che il capitale naturale (soprattutto nella sua forma di risorse non rinnovabili) tende a esaurirsi. La famosa tesi di Daly al riguardo è che il mondo sta passando da un’era caratterizzata dal capitale manufatto quale fattore limitante a un’era nella quale è invece il rimanente capitale naturale a diventare l’elemento limitante. 612 Sul punto si sono alternati pareri

606 T. Haavelmo e S. Hansen, On the strategy of trying to reduce economic inequality by expanding the scale

of human activity, in R. Goodland, H. E. Daly e El Serafy (a cura di), Population, Technology Lifestyle: The

transition to Sustainability, cit., pp. 38-51, p. 39.

607 Si veda R. Costanza e H. Daly, Natural Capital and Sustainable Development, cit., p. 38.

608 Per un approfondimento sulla sostenibilità debole si veda M. C. Gutes, The concept of weak sustainability,

in Ecological Economics, 1996, vol. 17, fasc. 3, pp. 147-156. Per un approfondimento sulla sostituibilità dal punto di vista economico ed ecologico si vedano B. Norton e M. A. Toman, Sustainability: Ecological and

Economic Perspectives, in Land Economics, 1997, vol. 73, n. 4, pp. 553-568; A. M. H. Clayton e N. J.

Radcliffe, Sustainability: A Systems Approach, cit., pp. 77 ss.; H. E. Goeller e A. M. Weinberg, The Age of

Substitutability, in Science, 1976, vol. 191, n. 4228, pp. 683-689.

609 Intatta o costante. “Costante è la forma contratta per non decrescente”, in F. Pulselli et al, La soglia della

sostenibilità. Quello che il PIL non dice, cit., p. 41.

610 J. M. Hartwick, Intergenerational Equity and the Investing of Rents from Exhaustible Resources, in

American Economic Review, 1977, vol. 66, fasc. 5, pp. 972-974.

611 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit, p. 78. 612 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit, p. 78 ss.

contrastanti.613 Stiglitz, ad esempio, ritiene che le risorse naturali non siano sostanzialmente

differenti dagli altri fattori di produzione e che vi siano estensive possibilità di sostituzione,614 ma riconosce anche che il modello di sostituibilità proposto ha comunque

una validità limitata a un orizzonte temporale di medio termine di circa 50-60 anni.615

Anche Solow si pone su posizioni simili, affermando che, per raggiungere la sostenibilità, è sufficiente rimpiazzare le risorse naturali consumate con altre forme di capitale sociale, in modo da mantenere intatto il capitale aggregato. Solow riconosce comunque che con gli

assets ambientali il ragionamento è complesso poiché non sempre la sostituibilità può

operare.616

Clayton, Radcliff e Pearce introducono la nozione di capitale naturale “critico” o “essenziale” per i processi produttivi, facendo riferimento agli elementi naturali particolarmente scarsi, importanti o irrecuperabili e limitano la non sostituibilità a questa particolare forma di capitale naturale.617

Georgescu-Roegen e Haavelmo, invece, ritengono che il capitale manufatto e il capitale naturale non siano sostituibili bensì complementari, poiché vi sono alcuni servizi che solo il capitale naturale può fornire (si pensi, ad esempio, alla regolazione climatica o alla fotosintesi).

Le funzioni di produzione neoclassiche reputano ogni fattore sostituibile (sostanzialmente grazie al ricorso alla tecnologia) fino al punto in cui, secondo Nordhaus, la produzione può essere liberata dalla dipendenza dalle risorse esauribili.618 Famoso il

punto di vista di Daly in merito, secondo il quale affermare la possibilità di fare a meno delle risorse naturali equivarrebbe alla ricetta di un dolce i cui ingredienti sono soltanto il cuoco e la cucina, potendo fare a meno della farina, delle uova, del gas, etc.619 Secondo

Georgescu-Roegen, dire che il mondo può andare avanti senza risorse naturali equivale a

613 Per una panoramica sull’argomento si rimanda a C. J. Cleveland e M. Ruth, When, where, and by how

much do biophysical limits constrain the economic process? A survey of Nicholas Georgescu-Roegen’s contribution to ecological economics, cit., pp. 203-223.

614 J. E. Stiglitz, A neoclassical analysis of the Economics of Natural Resources, cit., p. 64.

615 J. E. Stiglitz, Georgescu-Roegen versus Solow/Stiglitz, in Ecological Economics, 1997, vol. 22, fasc. 3,

pp. 269-270, p. 269.

616 R. Solow, An almost practical step towards sustainability, cit., p. 170-171.

617 A. M. H. Clayton e N. J. Radcliffe, Sustainability: A Systems Approach, cit., p. 78 e D. Pearce,

Substitution and sustainability: some reflections on Georgescu-Roegen, cit., p. 296.

618 W. D. Nordhaus, The allocation of energy resources, in Brookings Papers on Economic Activity, 1973,

vol. 3, pp. 529-576, citato in R. Solow, The economics of resources or the resources of economics, in American Economic Review, 1974, vol. 64, n. 2, pp. 1-14, p. 11.

619 H. E. Daly, Georgescu-Roegen versus Solow:Stiglitz, in Ecological Economcs, 1997, vol. 22, fasc. 3, pp.

ignorare la differenza tra il mondo reale e il giardino dell’Eden.620 In particolare, Solow

sembra non prestare la dovuta attenzione alla distinzione, sottolineata tra gli altri da Georgescu-Roegen, tra flussi (la quantità di materiali qualitativamente trasformati in un processo) e fondi (gli agenti di trasformazione di un certo set di inflows in un certo set di

outflows) nel processo di produzione materiale. In questo senso è chiarificatrice la seguente

spiegazione fornita da Daly:621 le risorse sono la causa materiale del prodotto finito, mentre

il capitale è la causa efficiente, è cioè l’agente di trasformazione del flusso delle risorse naturali dalla materia prima al prodotto finito. Una causa materiale può essere sostituita con un’altra (qui Daly porta l’esempio dei mattoni sostituibili con il legno) e una causa efficiente può essere sostituita da un’altra (una sega elettrica con una sega a mano), ma la causa efficiente e la causa materiale sono complementari e non sostituti. Se il capitale manufatto è complementare con il flusso delle risorse naturali, allora sarà complementare anche con lo stock di capitale naturale che produce quel flusso.622 In altre parole, “i fondi di

lavoro e capitale sono ‘logorati’ e sostituiti nel lungo periodo. I flussi di risorse sono ‘consumati’, o piuttosto trasformati in prodotti, nel breve periodo. Se tra i due fondi di lavoro e capitale ci può essere una possibilità effettiva di sostituzione reciproca, come pure tra diversi flussi di risorse (per esempio tra alluminio e rame, o tra carbone e gas naturale), la possibilita di sostituzione tra fondi e flussi è assai limitata.”623 Inoltre, Daly rileva che,

poiché non ci sono altri fattori al di fuori delle risorse naturali, produrre una quantità maggiore del presunto sostituto (capitale manufatto) richiede una quantità maggiore di ciò che è sostituito (capitale naturale).624 Come notato da Tisdell, il capitale manufatto ha poi a

sua volta bisogno di risorse naturali, oltrechè di investimenti, per il proprio mantenimento.625 Va infine considerato che le risorse, una volta usate, non scompaiono ma

tornano all’ambiente sotto forma di rifiuti, i quali hanno un impatto sugli ecosistemi e sui servizi di supporto alla vita da questi forniti.

620 Georgescu-Roegen, Energy and Economic Myths, cit., p. 361.

621 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit., p. 76. Anche altri, tra cui

Costanza, Kaufmann e Ayres, hanno fornito alcune dimostrazioni della non sostituibilità tra capitale manufatto e capitale naturale, con particolare riferimento all’acqua potabile, all’ossigeno e ai nutrienti necessari per la sopravvivenza. In tal senso si vedano R. Costanza e H. Daly, Natural Capital and

Sustainable Development, cit., p. 41; R. K. Kaufmann, The economic multiplier of environmental life support: can capital substitute for a degraded environment?, in Ecological Economics, 1995, vol. 12, fasc. 1,

pp. 67-79; R. Ayres, On the practical limits to substitution, in Ecological Economics, 2007, vol. 1, fasc. 1, pp. 115-128, pp. 116 ss.

622 H. E. Daly, Fostering environmentally sustainable development: four parting suggestions for the World

Bank, cit., p. 185, nota n. 4.

623 H. E. Daly e J. B. Cobb jr, Un’economia per il bene comune. Il nuovo paradigma economico orientato

verso la comunità, l’ambiente e un futuro ecologicamente sostenibile, cit., p. 274.

624 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit., p. 76.

625 C. Tisdell, Capital/natural resource substitution: the debate of Georgescu-Roegen (through Daly) with

Il progresso tecnologico può sicuramente giocare un ruolo importante nella riduzione della dipendenza dagli input di materia(li) ed energia per la produzione del medesimo bene o servizio, ma anche le innovazioni tecnologiche sono sottoposte agli effetti rebound e alle leggi della termodinamica che ne limitano la portata. 626 Ancora più sostanziale è il rilievo

fatto da Callicott e Mumford secondo cui il problema non sta tanto nel trovare dei sostituti al capitale naturale, quanto ai servizi ecologici quali l’impollinazione, la fissazione del nitrogeno o la purificazione delle acque.627 Daly, a questo proposito, si domanda quanto il

capitale endosomatico (entro la pelle) rappresentato dal sistema respiratorio possa essere goduto senza il capitale esosomatico (al di fuori della pelle) costituito dalle piante che regolano il mix di gas nell’atmosfera.628

Ogni consumo basato sullo sfruttamento del capitale naturale non è reddito e non dovrebbe essere trattato come tale, a differenza di quanto invece avviene nel modello economico dominante.629 Se tale atteggiamento poteva essere comprensibile in un

momento storico caratterizzato da un’abbondanza di capitale naturale mascherata da infinitezza, non è più sostenibile oggi che il capitale naturale è diventato il fattore limitante. La logica economica, che cerca una massimizzazione della produttività del fattore limitante nel breve periodo e un aumento della sua disponibilità nel lungo periodo, dovrebbe dunque prendere in considerazione questo dato e investire nel capitale naturale per una sua massimizzazione. L’effettivo comportamento della macchina economica, che cerca la massimizzazione del capitale manufatto invece che di quello naturale, sembra quindi essere anti-economico. Sebbene, come notato da Neumayer, nella sostenibilità debole si esprima (quantomeno) la volontà dei suoi fautori di prendere seriamente in considerazione il capitale naturale sia come input della produzione sia come fonte di benessere,630 proprio il fatto che il modello economico neoclassico sia basato sulla

sostenibilità debole, e quindi sull’idea della (quasi perfetta) sostituibilità tra capitale manufatto e capitale naturale (essenzialmente tramite il ricorso alla tecnologia), rappresenta la fondamentale spiegazione e giustificazione della illusoria idea della possibilità di una crescita illimitata.

626 Sugli effetti rebound si confronti il par. IX.V e sui limiti alla tecnologia posti dalla termodinamica si

confrontino le pp. 55-56.

627 J. B. Callicott e K. Mumford, Ecological Sustainability as a Conservation Concept, cit., p. 35. 628 H. E. Daly, Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, cit., p. 77

629 R. Goodland, The Concept of Environmental Sustainability, cit., p. 14.

630 E. Neumayer, Weak Versus Strong Sustainability: Exploring the Limits of Two Opposing Paradigms,