• Non ci sono risultati.

Le caratteristiche della regolazione per la sostenibilità 169

Dopo aver fornito alcune argomentazioni a favore della tesi della necessità della regolazione per la sostenibilità, delineiamone adesso le principali caratteristiche. A tal fine viene proposta una revisione e un rafforzamento dell’impianto regolatorio esistente, in una prospettiva transdisciplinare e secondo il paradigma della sostenibilità ecosistemica, per la creazione di un sistema organico di regolazione per la sostenibilità. Certamente il compito di presentare una nuova cornice regolatoria per la sostenibilità non è né semplice né di poca importanza. Va infatti tenuto presente che “il diritto è profondamente modificato dall’incontro con i problemi ecologici” e che questi “con difficoltà possono essere accolti

922 T. Jackson, Motivating Sustainable Consumption. A review of evidence on consumer behaviour and

behavioural change, cit., p. xii e p. xiii.

923 R. Davidson, A. C. Pacek e B. Radcliff, Public Policy and Human Happiness: The Welfare State and the

Market as Agents of Well-Being, in H. Brockmann e J. Delhey (a cura di), Human Happiness and the Pursuit

of Maximization, cit., pp. 163-175, p. 173.

924 R. Beddoe et al, Overcoming systemic roadblocks to sustainability: The evolutionary redesign of

worldviews, institutions, and technologies, cit., p. 2488.

925 R. Costanza, Stewardship for a “Full” World, cit., p. 30. Costanza et al hanno proposto i cosiddetti

“Lisbon principles” per una nuova governance. Si veda pp. 34-35 ss. del citato articolo.

dalle strutture giuridiche tradizionali”.927 Una profonda operazione di modifica e

adattamento è quindi necessaria.

Innanzitutto, dal punto di vista metodologico, il diritto dovrà confrontarsi con la complessità dei sistemi socio-ecologici e, quindi, con problemi privi di inquadramento disciplinare ben definito.928 Ma per poter fare ciò la complessità va prima approcciata in

maniera adeguata, va compresa, pensata, fatta propria ed elaborata. È quindi riduttivo pensare di misurarsi con questa sfida ricorrendo al tradizionale modo di pensare e di agire settorialmente, per compartimenti stagni, sostanzialmente proprio del diritto dell’ambiente. È invece essenziale, come detto, impostare il ragionamento su un livello di transdisciplinarietà che riconosca adeguatamente e proficuamente il valore dei contributi delle diverse discipline e che si apra, pur nel mantenimento di una regolazione per settori, a considerazioni più ampie. Come dice Cullinan, se le leggi devono essere effettive è necessario che riconoscano l’intrinseca natura e le caratteristiche di ciò che deve essere governato.929 Si tratta dell’impegnativo compito di rendere “moderne le leggi e

l’amministrazione dei beni collettivi, aggiornando duemila anni di diritto in cui ha spazio soltanto la difesa dei beni privati”.930

In secondo luogo, sarà necessario effettuare uno shift imprescindibile per la sostenibilità: abbandonare la miope prospettiva del breve termine economico a favore di una regolazione modellata sul medio-lungo termine ecologico. In tale ottica, “la teoria dello sviluppo sostenibile, che si fonda sull’analisi dell’interazione tra tempo ecologico e tempo economico deve abbandonare la concezione tradizionale del tempo economico ed adottare quella ecologica”.931 Sempre più spesso, infatti, siamo spettatori di “politiche del

subito”, che sacrificano la sostenibilità sull’altare del ritorno immediato. La “politica dell’emergenza”, attraverso la quale si è sviluppata anche buona parte del diritto internazionale, dovrebbe essere sostituita dalla “politica della lungimiranza”.

Dal punto di vista sostanziale, la regolazione per la sostenibilità potrebbe articolarsi in una serie di fasi successive, sintetizzabili come segue: individuazione di un corpus di principi giuridici per la sostenibilità ecosistemica, ricomposizione della frattura tra norme

927 M. Tallacchini, Diritto per la natura. Ecologia e filosofia del diritto, cit., p. 169. 928 M. Tallacchini, Diritto per la natura. Ecologia e filosofia del diritto, cit., p. 186. 929 C. Cullinan, Wild Law. A Manifesto for Earth Justice, cit., p. 27.

930 G. Nebbia, La società dei rifiuti, Edipuglia, 1990, p. 29.

ispirate alla promozione del commercio e degli investimenti internazionali e norme ispirate alla sostenibilità, valutazione comparativa degli esistenti strumenti di regolazione, proposizione di strumenti di regolazione innovativi.

Per quanto riguarda il primo punto, sarebbe innanzitutto opportuno procedere alla sistematizzazione nella forma di principi giuridici932 di tutti quei valori che, direttamente o indirettamente, si configurano quali essenziali strumenti per la sostenibilità ecosistemica. Si tratta dei valori individuati nella Parte Prima, alcuni dei quali si possono già riconoscere in principi giuridici quali quello di precauzione, di integrazione, di equità intergenerazionale e intragenerazionale e dello sviluppo sostenibile. Tali principi sono più volte serviti ad integrare le preoccupazioni per la tutela ambientale con le istanze economiche e le ragioni dell’equità sociale. Purtroppo però, ancor più spesso, non sono stati sufficienti a garantire un adeguato bilanciamento degli interessi in gioco a favore di politiche e normative realmente finalizzate al perseguimento di comportamenti sostenibili. Un loro rafforzamento sarebbe pertanto importante.

Un discorso a parte merita il principio dello sviluppo sostenibile, che rappresenta il “più importante punto di riferimento per il diritto internazionale dell’ambiente”.933 Il diritto è

infatti oggi legato, più che alla sostenibilità, al principio dello sviluppo sostenibile e la discussione in dottrina ruota intorno al ruolo che deve essere a questo riconosciuto: c’è chi lo considera un principio morale, atto a indirizzare un comportamento ma non a sostanziare un dovere pur essendo contenuto in uno strumento giuridicamente vincolante (è quanto avviene allo sviluppo sostenibile nella Convenzione sul cambiamento climatico),934

chi un meta-principio che agisce su altre norme e principi,935 chi un concetto che è entrato a far parte del diritto internazionale consuetudinario.936 Secondo Bosselmann, nonostante lo

sviluppo sostenibile non abbia raggiunto un pieno status giuridico a livello internazionale, come è invece avvenuto per il principio di precauzione, è comunque un principio

932 Per un approfondimento sulla natura dei principi giuridici si vedano S. Pozzolo, Neocostituzionalismo e

positivismo giuridico, Giappichelli, 2001, pp. 43 ss. e G. Bongiovanni, Il neocostituzionalismo: i temi e gli autori, in G. Pino, A. Schiavello e V. Villa (a cura di), Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero

giuridico e al diritto positivo, Giappichelli Editore, 2013, pp. 84-116, pp. 92-95.

933 M. Montini, Evoluzione, principi e fonti del diritto internazionale dell’ambiente, cit., p. 37. 934 K. Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 45

935 V. Lowe, Sustainable Development and Unsustainable Arguments, in A. Boyle e D. Freestone (a cura di),

International Law and Sustainable Development: Past achievements and Future Challenges, Oxford University Press, 1999, pp. 19-37, p. 31, citato in Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 50.

936 P. Sands, Principles of International Environmental Law, II ed, Cambridge University Press, 2003, p. 254,

giuridico.937 Per la precisione è qualcosa di più di un principio giuridico ma qualcosa di

meno di una norma perché manca della capacità di dettare conseguenze legali.938

Bosselmann riconosce anche alla sostenibilità lo status di principio giuridico, poiché sembra presentarne tutte le caratteristiche: l’essere espressione di una fondamentale moralità (il rispetto dell’integrità ecologica), il richiedere un’azione (protezione e ripristino) e la capacità di generare degli effetti legali.939 Anzi, secondo Bosselmann è la

sostenibilità che conferisce il rango di principio allo sviluppo sostenibile ed è, a sua volta, il più fondamentale di tutti i principi giuridici ambientali nonostante il diritto e la

governance non lo abbiano ancora riconosciuto.940 Condivide quindi le caratteristiche dei

principi fondamentali, prima fra tutte la loro indispensabilità per guidare la politica pubblica.941

Entro tale ragionamento, potremmo forse spingerci a dire che il paradigma della sostenibilità ecosistemica potrebbe diventare una sorta di “grundnorm morale” di riferimento. La norma fondamentale, o grundnorm, elaborata da Kelsen, “non è posta mediante un atto giuridico positivo, bensì è presupposta. […] istituisce la fattispecie fondamentale per la produzione del diritto […] La funzione della norma fondamentale è di dare un fondamento alla validità di un ordinamento giuridico positivo, cioè di un ordinamento coercitivo statuito con atti della volontà umana ed efficace nelle sue grandi linee”.942 Però, mentre la grundonorm di Kelsen non è una norma morale ma puramente

giuridica, la sostenibilità ecosistemica potrebbe rappresentare una nuova “grundnorm morale” in grado di sanare le criticità del diritto positivo, lo ius positivum, cioè l’insieme delle norme poste, prodotte, istituite dall’uomo (in contrapposizione al diritto naturale del giusnaturalismo, cioè il diritto dato come permanente e immutabile).943 In tal modo si

937 D. Tladi, Sustainable Development in international Law, Pretoria University Press, 2007, p. 112, citato in

Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 57.

938 Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 54. 939 Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p.53. 940 Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 57 e p. 62. 941 Bosselmann, The principle of sustainability. Transforming law and governance, cit., p. 63.

942 H. Kelsen, (Reine Rechtslehre) La dottrina pura del diritto, Einaudi, (1934) 1966, p. 59, p. 223 e pp. 226-

227.

943 Con giusnaturalismo si intende ogni dottrina basata sull’esistenza di un “diritto naturale” insito sia nella

natura del cosmo che nella natura umana e vincolante per gli uomini in quanto tali. In tal senso si vedano P. Chiassoni, Positivismo giuridico, in G. Pino et al (a cura di), Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero giuridico e al diritto positivo, cit., pp. 32-83, p. 33; D. Ippolito, Giusnaturalismo: elementi filosofici

ed lineamenti storici, in G. Pino et al (a cura di), Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero

giuridico e al diritto positivo, cit., pp. 3 -20, p. 4. La locuzione “diritto naturale” è stata declinata in diverse accezioni. Secondo Bobbio, l’elemento che accomuna tutte le varie interpretazioni del giusnaturalismo sarebbe una “teoria della morale”: “la tesi principale […] e’ che il giusnaturalismo sia rettamente inteso solo

supererebbe il formalismo del giuspositivismo che, fondato sulla separazione tra diritto e morale, concentra tutta l’attenzione su un’applicazione formalistica del principio di legalità a scapito dei contenuti delle norme e dei problemi di valore o di giustizia. In tal senso Bobbio afferma che, entro una concezione positivistica del diritto, il criterio formale permette di distinguere le leggi valide da quelle invalide ma non quelle giuste da quelle ingiuste.944 Il diritto positivo, infatti, si è ripiegato nelle procedure che, “come vuoti recipienti, sono capaci di accogliere qualsiasi contenuto.”945 Si ravvisa quindi la potenziale

rischiosità di un diritto positivo che concepisce il diritto come slegato da qualsiasi morale946 (si potrebbe leggere in tali affermazioni un richiamo alla problematica della “non

sostenibilità della giuridificazione” sopra analizzata). Se è vero, come affermato dal giusnaturalismo, che il diritto deve trovare sempre una giustificazione, cioè un “fondamento che lo fa giusto” poiché il volere della imposizione non è sufficiente a

fondare il valere della prescrizione come diritto, 947 e che, come dice il

neocostituzionalismo,948 vi è l’obbligo di conformarsi alla legge soltanto quando questa sia

moralmente giusta, allora la sostenibilità ecosistemica potrebbe forse proporsi come candidata per un tale ruolo. Il paradigma della sostenibilità ecosistemica potrebbe cioè diventare la grundnorm morale in grado di legittimare, prima, e guidare, poi, l’azione regolatoria. Tale tesi sembra trovare un parziale sostegno in Bosselmann, secondo il quale una volta che la sostenibilità verrà riconosciuta come principio legale, allora informerà di sé l’intero sistema giuridico e non soltanto le leggi ambientali.949

quando ci si renda conto che esso non e’ una morale ma una teoria della morale”. Si veda N. Bobbio,

Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Laterza, (1965) 2011, p. 157.

944 N. Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, cit., p. 14. 945 N. Irti, Fenomenologia del diritto debole, 2001, cit., p. 34.

946 Si pensi in tal senso che la responsabilità dell’olocausto è stata attribuita alla deferenza dei giuristi

tedeschi nei confronti del diritto positivo. Sul punto si veda M. Barberis, Il giusnaturalismo. Tendenze e

problemi attuali, in G. Pino et al (a cura di), Filosofia del diritto. Introduzione critica al pensiero giuridico e

al diritto positivo, cit., pp. 21-31, p. 22. Secondo Bobbio, pero’, “in Italia, negli anni delle dittatura fascista, la resistenza all’arbitrio fu condotta dai giuristi in nome dei postulati etici del positivismo giuridico”. Si veda N. Bobbio, Giusnaturalismo e positivismo giuridico, cit., p. 98.

947 N. Irti, Fenomenologia del diritto debole, cit.

948 L’origine del termine “neocostituzionalismo” viene attribuita a Pozzolo. Si vedano S. Pozzolo,

Neoconstitucionalismo y especificidad de la interpretación constitucional, in Doxa, 1998, vol. 21, fasc. 2, pp.

339-353.; S. Pozzolo, Neocostituzionalismo. Breve nota sulla fortuna di una parola, in Materiali per una storia della cultura giuridica, 2008, 2, pp. 405-418. Si veda anche S. Pozzolo, Neocostituzionalismo e

positivismo giuridico, cit. Il neocostituzionalismo è un “tertium genus” rispetto al positivismo e al

giusnaturalismo che si concentra più sui valori che sulle norme. Infatti, secondo il neocostituzionalismo, “la dimensione normativa della costituzione è legata alla presenza di valori giuridici e morali che fanno riferimento sia ai diritti individuali, sia a obiettivi generali e collettivi”. In tal senso, G. Bongiovanni, Il

neocostituzionalismo: i temi e gli autori, cit., p. 87. Sul neocostituzionalismo si veda anche G. Pino, Principi, ponderazione, e la separazione tra diritto e morale. Sul neocostituzionalismo e i suoi critici, in

Giurisprudenza costituzionale, 2011, vol. 56, fasc. 1, pp. 965-997.

Sarà poi necessario un ulteriore sforzo per cercare di ricomporre il contrasto tra libero commercio, investimenti internazionali ed internazionalizzazione delle imprese da un lato, e tutela delle risorse naturali e dell’equità dall’altro. Secondo Tallacchini, “la liberalizzazione del commercio internazionale […], pone non pochi problemi, poiché non è infrequente che normativa ambientale e normativa sul libero mercato diano luogo a conflitti irrisolti: la necessità di una gerarchizzazione tra valori ambientali ed economici che dovrebbe essere introdotta attraverso un’espressa revisione di alcuni accordi internazionali950 è invece per lo piu sostituita da una ipotizzata armonizzazione spontanea

di cui il mercato sarebbe capace. […] Ma il problema del libero mercato resta un’esemplificazione della più generale questione del riduzionismo economicistico, vale a dire l’identificazione dei problemi ecologici unicamente come problemi economici.951

L’approccio economico ai problemi ecologici diviene così economicismo, che riduce la crisi unicamente a questione economica”.952 Si tratterà quindi di individuare gli strumenti

di regolazione più idonei a garantire una complessiva sostenibilità ecosistemica. Per fare ciò, potrebbe essere utile procedere a una valutazione comparativa degli strumenti di regolazione già esistenti, distinguendo tra la tipologia command and control e quella

market based e verificandone punti di forza e di debolezza, soprattutto nell’ottica della

internalizzazione delle esternalità negative. In tal senso appare importante considerare anche che l’assenza di mercati dedicati ai servizi ecosistemici, insieme al contestuale prodursi di esternalità negative, inficia la validità del classico strumento di misurazione statistica, il prodotto interno lordo. Infatti, dal momento che tale indicatore tradizionale non considera il valore degli impatti ambientali come fattore negativo ma, anzi, annovera tra le voci positive le spese sostenute per porre rimedio alle esternalità ambientali negative, non può più essere considerato uno strumento adatto a guidare e valutare scelte che dovrebbero informarsi ai criteri della sostenibilità ecosistemica. Il ruolo degli indicatori è però di fondamentale importanza, soprattutto per guidare le scelte dei decisori e sembra quindi difficilmente possibile prescinderne. La sfida allora sta, come da più parti richiesto, nel ripensamento degli indicatori tradizionali e nella elaborazione di indici innovativi che

950 S. L. Walker, Environmental Protection versus Trade Liberalization: Finding the Balance. An

Examination of the Legality of Environmental Regulation Under International Trade Law Regimes,

Publications des Facultés universitaires Saint-Louis, 1993, p. 141.

951 In tal senso si vedano, per esempio, W. Baxter, People or Penguins: The Case for Optimal Pollution,

Columbia University Press, 1974, p. 17: ‘Environmental problems are economic problems, and better insight

can be gained by the application of economic analysis”; H. J. M. Boukema, A Philosophical View of Ecology, in Rechtstheorie, 1982, vol. 13, pp. 337-357, p. 357: “Ecological problems should be perceived as economic problems and (…) economic logic leads to the conclusion that human ingenuity is capable of devising ways and means for resuring the environment”.

meglio rappresentino i valori della sostenibilità.953 Accanto a nuovi indicatori, pare infine

opportuno riflettere anche sulla possibilità di pensare ed introdurre nell’ordinamento giuridico meccanismi di regolazione innovativi atti a rispondere alle sfide poste dalla sostenibilità ecosistemica.954

953 Sui nuovi indicatori proposti in alternativa al prodotto interno lordo si vedano Y. Goossens, A. Mäkipää,

P. Shepelmann, I. van de Sand, M. Kuhndtand e M. Herrndorf, Alternative Progress Indicators to Gross

Domestic Product (GDP) as a Means Towards Sustainable Development, European Parliament, Policy

Department A: Economic and Scientific Policy, 2007.

954 Per un esempio di strumento di regolazione innovativo si veda M. Montini, Towards a new instrument for

promoting sustainability beyond the EIA and the SEA: the Holistic Impact Assessment (HIA), in C. Voigt (a

Cap. IX – Risparmio energetico ed efficienza energetica

nell’Unione Europea: una “confusione insostenibile”

955

“Il rafforzamento dell'efficienza energetica

comporterà una riduzione del consumo energetico per prestazione, servizio o bene, ma non necessariamente un risparmio di energia

in quanto tendiamo a riscaldare o raffreddare più case,

percorrere in automobile più chilometri e utilizzare più dispositivi elettrici.”

Commissione Europea *