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La struttura dell'occupazione in Piemonte

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1974 (pagine 41-52)

Giulio Fabbri

1. I primi risultati del 5° Cen-simento industriale e commercia-le, pubblicati dall'Istituto Cen-trale di Statistica, sebbene prov-visori e parziali, già consentono interessanti osservazioni in me-rito alle strutture delle singole economie provinciali e regionali e ai movimenti evolutivi che le hanno caratterizzate durante l'ul-timo decennio. Le note che se-guono intendono delineare i trat-ti essenziali dell'apparato occu-pazionale del Piemonte e della sua dinamica, sia con

riferimen-to alla distribuzione per setriferimen-tori produttivi e classi di ampiezza di unità locali, sia nei riguardi dell'articolazione territoriale a li-vello di provincia.

Ai fini di un preciso colloca-mento del Piemonte nel contesto nazionale è opportuno far pre-cedere una rapida e sommaria ri-cognizione di quanto avvenuto nelle diverse regioni italiane nel corso degli anni sessanta, e per una prospettiva temporale più ampia, di quelli cinquanta. Si so-no pertanto raccolti nella tav. 1

i dati regionali dell'occupazione extragricola accertati alle epoche dei censimenti 1951, 1961 e

1971, nonché le variazioni per-centuali relative ai due periodi intercensuari. Queste ultime, per una lettura immediata e simulta-nea, sono state riportate su una sorta di carta dello sviluppo com-parato (fìg. 1), da cui è rilevabile il cammino percorso nell'arco dei venti anni considerati da cia-scuna regione, vuoi in assoluto, vuoi in rapporto ad ogni altra e all'intero Paese.

TAVOLA 1. — ADDETTI ALLE ATTIVITÀ EXTRAGRICOLE DISTRIBUITI PER REGIONI

Regioni Dati assoluti Variazioni % % sul totale Italia 1951 1961 1971 '61/'51 '71/'61 1951 1961 1971 ITALIA NORD-OCC.LE 3.002.513 3.948.594 4.401.182 + 31,5

+

11,5 43,0 41,8 40,0 Piemonte 883.597 1.142.422 1.285.517 + 29,3

+

12,5 12,6 12,1 11,7 Valle d'Aosta 24.209 27.386 26.899 + 13,1 1,8 0,4 0,3 0,2 Lombardia 1.739.990 2.334.612 2.651.247 4- 34,2 + 13,6 24,9 24,7 24,1 Liguria 354.717 444.174 437.519 + 25,2 1,5 5,1 4,7 4,0 ITALIA NORD-ORIEN 1.347.465 1.965.210 2.405.267 + 45,8 + 22,4 19.2 20,7 21,9 Trentino-Alto Adige 119.620 153.860 183.559 + 28,6 + 19,3 1,7 1,6 1,7 Veneto 530.619 774.021 957.831 + 45,9 + 23,7 7,6 8,2 8,7 Friuli-Venezia Giulia 205.895 250.052 293.516 + 21,4 + 17,4 2,9 2,6 2,7 Emilia-Romagna 491.331 787.277 970.361

+

60,2 + 23,2 7,0 8,3 8,8 ITALIA CENTRALE 1.188.166 1.666.001 2.094.654

+

40,2

+

25,7 17,0 17,6 19,0 Toscana 501.900 729.198 850.030 + 45,3 + + 16,6 7,2 7,7 7,7 Umbria 89.423 111.323 146.332 + 24,5 + + 31,4 1,3 1,2 1,3 Marche 143.100 201.922 270.426 + 41,1 + 33,9 2,0 2,1 2,5 Lazio 453.743 623.558 827.866 + 37,4

+

32,8 6,5 6,6 7,5 ITALIA M E R I D . E INS 1.456.806 1.883.652 2.095.833

+

29,3 + 11,3 20,8 19,9 19,1 Abruzzi e Molise i 129.705 163.649 195.557

+

26,2

+

19,5 1,8 1,7 1,8 Campania 417.039 550.019 594.237 + 31,9 + 8,0 6,0 5,8 5,4 Puglia 253.519 338.816 428.037 + 33,6 + 26,3 3,6 3,6 3,9 Basilicata 39.818 51.181 57.422

+

28,5 + 12,2 0,6 0,5 0,5 Calabria 132.957 167.228 158.522 + 25,8 5,2 1,9 1,8 1,5 Sicilia 359.279 458.556 476.137 + 27,6

+

3,8 5,1 4,9 4,3 Sardegna 124.489 154.203 185.921 + 23,9

+

20,6 1,8 1,6 1,7 T O T A L E ITALIA 6.994.950 9.463.457 10.996.936 • + 35,3

+ .

16,2 100,0 100,0 100,0

S V I L U P P O C O M P A R A T O R E G I O N A L E D E L L ' O C C U P A Z I O N E E X T R A G R I C O L A

Fi*, i.

Al riguardo è da precisare che:

— sull'asse delle ascisse sono collocate le variazioni per-centuali 1 9 6 1 / 5 1 dell'occupazio-ne, sulle ordinate quelle 1 9 7 1 /

1961;

— le regioni, l'Italia in complesso e le sue grandi riparti-zioni geografiche (Italia nord-oc-cidentale, nord-orientale, centra-le e sud-insulare) sono rappre-sentate da punti le cui coordinate esprimono le variazioni interve-nute nei due decenni;

— la bisettrice dell'angolo formato dall'incrocio degli assi cartesiani raffigura la linea dello

sviluppo costante, che si verifica

quando il saggio di incremento occupazionale 1 9 7 1 / 1 9 6 1 è u-guale a quello 1 9 6 1 / 5 1 ;

— le coordinate relative all'Italia (a tratteggio) costitui-scono le linee dello sviluppo

equilibrato, pari cioè alla media

accertata per il Paese: equili-brio nel decennio 1951-1961, se i punti giacciono sulla ordina-ta, equilibrio nel decennio 1961-1971, se essi cadono sull'ascissa;

— i quattro quadranti de-terminati dalle coordinate di cui sopra individuano i prosegui-menti (quadranti nord-est e sud-ovest) e le inversioni (quadranti sud-est e nord-ovest) nel secondo decennio delle tendenze emerse durante il primo decennio ad uno

sviluppo più o meno sostenuto di quello italiano.

Ciò premesso si rileva quanto segue:

a) una regione soltanto,

l'Umbria, ha accelerato negli an-ni sessanta il suo processo di cre-scita (il punto è situato al di so-pra della bisettrice), mentre tutte le restanti hanno accusato un ral-lentamento;

b) per undici regioni

l'au-mento è risultato più consistente di quello medio italiano durante il decennio 1961-1971, dato che i rispettivi punti cadono al di sopra dell'ascissa tratteggiata. Esse hanno quindi accresciuto la loro incidenza sul totale

naziona-le nei confronti del precedente decennio (nell'ordine: Marche, Lazio, Umbria, Puglia, Veneto, Emilia-Romagna, Sardegna, A-bruzzi e Molise, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Toscana). Le rimanenti (al di sotto dell'ascissa tratteggiata) hanno registrato una diminuzio-ne di peso, avendo presentato sviluppi inferiori alla media (Lombardia, Piemonte, Basilica-ta, Campania e Sicilia), o addi-rittura un calo di occupati (Li-guria, Valle d'Aosta e Calabria);

c) riguardo alle tendenze, le summenzionate regioni che hanno assottigliato la loro quota di occupati nel periodo 1961-1971 avevano già perduto terre-no nel decennio precedente (qua-drante sud-ovest). Allo stesso modo Marche, Lazio, Veneto, Emilia-Romagna e Toscana han-no mantenuto la propensione ad espandersi più che proporzional-mente (quadrante nord-est). Um-bria, Puglia, Sardegna, Abruzzi e Molise, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, in ritar-do negli anni cinquanta, hanno invece allungato il passo (qua-drante nord-ovest). È interessan-te notare come nessuna regione abbia invertito la marcia in sen-so negativo, vale a dire sia pas-sata da uno sviluppo più rapido di quello italiano ad uno meno rilevante (quadrante sud-est vuoto).

Più in generale, tutte e quat-tro le ripartizioni geografiche hanno subito flessioni nel tasso di crescita tra il primo decennio (periodo del « boom » economi-co) e il secondo (caratterizzato dalle recessioni 1961-1965 e 1970-1971). Il colpo di freno è stato piuttosto pesante per l'Ita-lia nord-occidentale e quella me-ridionale-insulare, in fase di

de-celerazione anche negli anni cin-quanta. Circa la prima ripartizio-ne le cause sono da cogliersi, ol-tre che nei riflessi particolarmen-te gravosi delle accennaparticolarmen-te due crisi congiunturali, nelle resisten-ze che solitamente i sistemi eco-nomici avanzati oppongono al mantenimento di elevati ritmi di ascesa occupazionale. Basti pen-sare all'introduzione nei proces-si produttivi di tecnologie sem-pre più evolute (investimenti « labour-saving ») e gli altri fat-tori che concorrono alla riduzio-ne del tasso di attività della po-polazione. Riguardo al meridio-ne e alle isole i motivi sono di-versi, non avendo in queste re-gioni lo sviluppo ancora supera-to la soglia al di là della quale si mettono in moto meccanismi di autoalimentazione (« feed-back »). Gli stessi provvedimen-ti miranprovvedimen-ti a favorire il decollo industriale delle zone depresse del sud si sono concretate in ini-ziative ad alto contenuto di capi-tale, che hanno assorbito modesti contingenti di manodopera e non sono state di stimolo al sorgere di una rete di intraprese collate-rali e satelliti.

Più contenuto si è invece mo-strato il rallentamento nell'Italia nord-orientale e nell'Italia cen-trale, le quali hanno conservato per tutto il ventennio la tenden-za a progredire più della media e quindi ad allargare la propria partecipazione sul totale nazio-nale. Queste aree, pur avendo da tempo raggiunto un buon grado di industrializzazione, non si so-no ancora avviate, a differenza di quelle nord-occidentali, verso i modelli di strutture produttive propri delle economie mature, per cui dispongono ancora di largo spazio per imprimere al-l'aumento dell'occupazione una cadenza sostenuta.

2. Dopo questo accenno di carattere introduttivo è il mo-mento di passare all'esame della situazione piemontese. Secondo il censimento 1971 sul territorio della regione operano nell'indu-stria, nel commercio e negli altri rami terziari 214.388 unità lo-cali, dove prestano la propria at-tività lavorativa 1.285.517 ad-detti. Dieci anni prima le unità locali erano risultate 191.899 e gli occupati 1.142.422: le pri-me sono quindi aupri-mentate del-l'I 1 , 7 % , mentre i secondi han-no fatto registrare una crescita pari al 1 2 , 5 % . A livello nazio-nale si sono appurate variazioni positive sensibilmente più ele-vate, rispettivamente del 16,6% e del 1 6 , 2 % . Pertanto il Piemon-te ha visto scemare nel corso del decennio la propria rilevanza nel Paese, sia nei riguardi delle uni-tà locali (dal 9 , 2 % all'8,8%), sia relativamente agli addetti (dal

12,1% all'I 1 , 7 % ) .

A proposito del limitato in-cremento dell'occupazione pie-montese significativo si presenta il raffronto tra dinamica effetti-va e obiettivi fissati dal Piano di sviluppo economico regionale

1966-1970. La consistenza occu-pazionale dell'apparato produtti-vo industriale e terziario (esclu-sa la Pubblica Amministrazione) avrebbe dovuto raggiungere nel 1970 1.531.600 unità, mentre in realtà l'ammontare degli addetti non è riuscito a toccare, tra l'al-tro a fine 1971 (un anno cioè che ha segnato un sia pur lieve au-mento rispetto al precedente),

1.300.000 unità.

Notevoli scostamenti dalle li-nee previsionali si erano già de-terminati nei primi tre anni del periodo di validità del Piano, non solo a riguardo dell'occupa-zione, ma anche nei confronti del valore aggiunto. Secondo l'IRES

TAVOLA 2 . — A D D E T T I P E R R A M O D I A T T I V I T À E C O N O M I C A I N I T A L I A E P I E M O N T E

Rami

ITALIA P I E M O N T E

Rami Dati assoluti Variaz.

%

'71/'61

% sul totale Dati assoluti Variaz.

%

'71/-61

% sul totale Quozienti di localizzazione Rami 1961 1971 Variaz. % '71/'61 1961 1971 1961 1971 Variaz. % '71/-61 1961 1971 1961 1971 FNDUSTRIA 5.749.852 6.628.320 + 15,3 60,74 60,28 812.817 902.586 + 11,0 71,15 70,22 1,17 1,16 Agricoltura, foreste, caccia, ecc. . . . 147.057 114.194 — 22,3 1,55 1,04 8.466 4.956 — 41,5 0,74 0,39 0,48 0,37 Estrattiva 102.986 72.682 — 29,4 1,09 0,66 5.568 4.368 — 21,5 0,49 0,34 0,45 0,51 Manifatturiera . . . 4.492.911 5.286.683 + 17,7 47,47 48,07 694.919 787.772 + 13,4 60,83 61,28 1,28 1,27 Costruz. e installaz. impianti . . . . 894.407 1.002.487 + 12,1 9,45 9,12 91.230 87.658 — 3,9 7,98 6,82 0,84 0,75 Energia eletti'., gas,

ac-qua 112.491 152.274 + 35,4 1,18 1,39 12.634 17.832 + 41,1 1,11 1,39 0,94 1,00 C O M M E R C I O . . . . 2.431.059 2.750.678 + 13,1 25,69 25,01 220.123 242.222 + 10,0 19,27 18,84 0,75 0,75 A L T R E ATTIVITÀ . . . 1.282.546 1.617.938 + 26,1 13,57 14,71 109.482 140.709 + 28,5 9,58 10,94 0,71 0,74 Trasporti e comuni-cazioni 739.171 877.989 + 18,8 7,81 7,98 61.270 74.783 + 22,0 5,36 5,82 0,68 0,73 Credito, assicurazioni, ecc 211.287 286.696 + 35,7 2,25 2,61 18.749 27.443 + 46,4 1,64 2,13 0,73 0,82 Servizi 332.088 453.253 + 36,5 3,51 4,12 29.463 38.483 + 30,6 2,58 2,99 0,73 0,73 TOTALE 9.463.457 10.996.936 + 16,2 100,00 100,00 1.142.422 1.285.517 + 12,5 100,00 100,00

le cause degli « scarti » sono da ascrivere:

a) « alle difficoltà

conse-guenti alla crisi congiunturale (1961-1965) che ha comportato un ritardo nell'espansione pro-duttiva della regione (particolar-mente accentuata in alcuni set-tori), con ripercussioni sul volu-me degli investivolu-menti, sul livello di occupazione e sulla stessa cre-scita della produttività;

b) all'assenza di una

poli-tica di piano (predisposizione degli strumenti, ecc.) volta a rea-lizzare gli obiettivi fìssati, specie con riferimento all'assetto terri-toriale della regione, oltreché a motivi di tipo specifico, che sono da ricercarsi nelle deficienze di finanziamenti per il settore degli investimenti pubblici e dei servi-zi sociali, sicché il volume di in-vestimenti realizzati ad opera de-gli enti locali e dello Stato è no-tevolmente inferiore a quello in-dicato come necessario nel pro-getto di piano regionale » (')•

Spostando ora l'attenzione sui dati censuari articolati per gran-di comparti gran-di attività economica (tav. 2), si constata che l'indu-stria assorbe il 7 0 , 2 % degli ad-detti e che tra i rami del secon-dario il primo posto spetta al ma-nifatturiero, in cui si accentra il 6 1 , 3 % degli occupati. Seguo-no oltremodo distanziati, sem-pre nel campo dell'industria, i settori delle costruzioni ( 6 , 8 % ) , dell'energia elettrica, gas e ac-qua ( 1 , 4 % ) e, con percentuali minime, delle attività connesse con l'agricoltura ed estrattivo. Il commercio, invece, conta per il 18,8% e le altre attività terzia-rie per il 1 0 , 9 % , dove il ramo dei trasporti ( 5 , 8 % ) precede quello dei servizi ( 3 % ) e del credito ( 2 , 1 % ) .

È chiaro pertanto come la struttura piemontese poggi essen-zialmente sul secondario, la cui preminenza è davvero dominante con riferimento alle attività ma-nifatturiere. Alquanto limitato appare invece il rilievo delle

at-tività terziarie, non certo all'al-tezza del potenziale economico di una regione che figura tra le più sviluppate d'Italia. In Pie-monte la rappresentanza del ter-ziario è infatti inferiore a quel-la delle altre regioni del triango-lo, nonché dell'intera nazione.

Le cifre testé riferite, quan-tunque indubbiamente interes-santi, non rivelano tuttavia al-cunché di nuovo. È infatti risa-puto che i progressi compiuti dal Piemonte dal dopoguerra in poi sono frutto soprattutto dell'impe-tuosa crescita dell'industria ma-nifatturiera ed è altresì noto co-me nella nostra regione, a causa dell'indole poco mercantile e fi-nanziaria degli abitanti e della posizione geografica decentrata rispetto al complesso italiano, se-parata dal resto dell'Europa dal-la barriera alpina e non percor-sa da grandi vie di

comunicazio-<') IRES, Confronto fra previsioni di piano e dinamica effettiva 1966-1968 in Piemonte, Studio effettuato per conto del CRPE del Piemonte.

ne, il terziario non abbia avuto modo di espandersi convenien-temente.

Ciò che invece più importa verificare è se e in quale misura l'economia abbia negli ultimi dieci anni accennato a muoversi verso un maggiore equilibrio, op-pure se la presenza dell'industria si sia ulteriormente accentuata. Ebbene, di fronte ad un incre-mento globale di addetti pari al 1 2 , 5 % , l'occupazione dell'indu-stria è salita dell'I 1 % , mentre i settori terziari hanno denotato nell'insieme uno sviluppo del 16,2%. Tale dinamica ha com-portato un abbassamento dell'in-cidenza della prima (dal 7 1 , 2 % al 7 0 , 2 % ) ed un ampliamento della quota relativa ai secondi (dal 2 8 , 8 % al 2 9 , 8 % ) .

Sembrerebbe quindi essersi delineata una positiva tendenza ad una crescita maggiormente bi-lanciata sotto l'aspetto struttura-le. Sennonché guardando ai dati disaggregati a livello di ramo, si ha modo di appurare che il di-minuito intervento dell'industria è imputabile al calo subito dai settori delle costruzioni, estratti-vo e agricolo e non certo al com-parto manifatturiero, il quale ha viceversa migliorato le pro-prie posizioni nei confronti del

1961 (dal 6 0 , 8 % al 6 1 , 3 % ) . D'altro canto, nell'ambito delle attività terziarie, il progresso non è risultato generalizzato, avendo interessato soltanto i rami dei trasporti, del credito e dei servi-zi. Le attività commerciali han-no infatti ulteriormente ridotto la loro già esigua porzione di ad-detti dal 19,3% al 1 8 , 8 % .

Precisi e significativi elemen-ti di conoscenza in ordine ai con-notati peculiari dell'apparato produttivo piemontese possono trarsi dall'analisi dei cosiddetti quozienti di localizzazione, co-struiti sulla base degli addetti

(tav. 2). Essi mettono a raffron-to la quota parte degli occupati di ciascun ramo o classe di atti-vità economica in una

determina-ta area con la corrispondente quota nell'ambito nazionale, se-condo la formula:

dove:

Qi è il quoziente di localiz-zazione per l'attività i;

R, il numero degli addetti all'attività i nell'area conside-rata;

R il numero totale di addet-ti dell'area;

Ni il numero di addetti al-l'attività i nello Stato;

N il numero di addetti in complesso dello Stato.

A seconda che assumano va-lori superiori o inferiori all'uni-tà, tali quozienti indicano rispet-tivamente specializzazione o ca-renza dell'area nelle attività in oggetto. Nel caso del Piemonte soltanto all'industria nel suo complesso ed al settore manifat-turiero in particolare competono quozienti superiori all'unità. Per tutti i restanti rami del seconda-rio (ad eccezione delle costru-zioni, cui spetta valore uno) e per quelli delle attività terziarie i rapporti risultano nettamente inferiori all'unità. Va aggiunto che nessuna variazione di rilie-vo si è manifestata nei confronti dei quozienti riferiti al 1961.

3. Dal momento che l'indu-stria manifatturiera costituisce

l'elemento portante dell'econo-mia regionale giova soffermarsi a tratteggiarne la struttura e la dinamica settoriale, quali emer-gono dai dati contenuti nella tav. 3. Al riguardo balza subito

evi-dente l'enorme importanza del gruppo metalmeccanico, che da solo copre oltre la metà (per l'esattezza il 5 5 , 1 % ) dell'intera occupazione manifatturiera. Il settore meccanico rappresenta infatti il 3 0 , 2 % del totale, se-guito da quello dei mezzi di tra-sporto col 19,5% e dalla metal-lurgia, che vale per il 5 , 4 % (fig. 2).

Non sorprende certo che alle attività metalmeccaniche sia do-vuto un posto di tanto rilievo, dato che proprio a produzioni come quelle degli autoveicoli, dei cuscinetti a rotolamento e delle macchine per ufficio è legata la fama del Piemonte quale regione altamente industrializzata. Pre-me tuttavia accertare se la tipica specializzazione piemontese è ve-nuta attenuandosi nel corso degli anni sessanta, se in altre parole abbia preso l'avvio quel processo di diversificazione produttiva che da parte di molti si auspica e che varrebbe a sottrarre il si-stema economico dagli effetti troppo estesi e deleteri di even-tuali crisi nei settori motori.

Alla luce dei risultati censuari si deve concludere che ciò non si è minimamente verificato: nel

1961, infatti, alla metalmeccani-ca spettava una quota di occu-pati pari al 4 5 , 7 % , contro l'at-tuale 5 5 , 1 % . In particolare, mentre il settore metallurgico ha mantenuto invariato il suo peso, lo hanno sensibilmente accre-sciuto il meccanico (dal 2 6 , 2 % al 3 0 , 2 % ) e quello dei mezzi di trasporto (dal 14,1% al 1 9 , 5 % ) . Notevolissimo quindi l'exploit compiuto da quest'ultimo com-parto, che ha visto aumentare gli addetti di ben il 5 7 % .

Tra le rimanenti industrie la tessile è quella che trattiene par-te più cospicua di occupati, q u a n t u n q u e la sua importanza si sia notevolmente ridotta

ri-QUOZIENTI DI LOCALIZZAZIONE DEL PIEMONTE (sulla base degli addetti alle diverse classi d'industria manifatturiera)

. 1 9 6 1

. 1 9 7 1

1 mezzi di trasporto 2 cellulosa e fibre chimiche 3 gomma

4 metallurgiche 5 tessili

6 manifatturiere varie 7 prodotti delle materie plastiche 8 meccaniche 9 carta 10 poligrafiche-edi'toriali 11 vestiario e abbigliamento 12 alimentare 13 legno 14 pelli e cuoio

15 lavorazione minerali non metalliferi 16 chimiche 17 fotofonocinematografiche 18 mobilio 19 calzature 20 tabacco Fig. 2. TAVOLA 3 . — A D D E T T I P E R C L A S S E D I I N D U S T R I A M A N I F A T T U R I E R A I N I T A L I A E P I E M O N T E Classi I T A L I A P I E M O N T E

Classi Dati assoluti

Var. % •71/'61

% sul totale Dati assoluti Var. % '71/'61

% sul totale Quoziente di localiz. Classi 1961 1971 Var. % •71/'61 1961 1971 1961 1971 Var. % '71/'61 1961 1971 1961 1971 Alimentari 3 9 8 . 6 5 6 3 8 0 . 7 6 1 — 4 , 5 8 , 8 7 7 , 2 0 3 6 . 1 3 5 3 6 . 5 7 3 + 1 , 2 5 , 2 0 4 , 6 4 0 , 5 9 0 , 6 4 Tabacco 2 6 . 5 6 1 2 1 . 4 4 5 — 1 9 , 3 0 , 5 9 0 , 4 1 8 9 0 4 9 8 — 4 4 , 1 0 , 1 2 0 . 0 6 0 , 2 0 0 , 1 5 Tessile 5 9 7 . 8 2 2 5 4 2 . 9 0 8 — 9 , 2 1 3 , 3 1 1 0 , 2 7 1 3 1 . 2 1 1 9 3 . 6 0 3 — 2 8 , 7 1 8 . 8 9 1 1 , 8 8 1 , 4 2 1 , 1 6 Vestiario e abbigliam. . 3 3 9 . 0 8 4 4 1 6 . 2 0 2 + 2 2 , 7 7 , 5 5 7 , 8 7 3 7 . 0 6 1 4 1 . 4 2 2 4 - 1 1 , 7 5 , 3 3 5 , 2 6 0 , 7 1 0 , 6 7 Calzature 1 7 4 . 3 0 6 1 7 1 . 7 6 4 — 1 , 5 3 , 8 8 3 , 2 5 1 0 . 9 5 1 6 . 8 2 2 — 3 7 , 8 1 , 5 8 0 , 8 7 0 , 4 1 0 , 2 7 Pelli e cuoio . . . . 5 0 . 0 8 4 5 6 . 9 4 0 + 1 3 , 7 1 , 1 1 1 , 0 8 7 . 8 3 9 4 . 8 0 8 — 3 8 , 7 1 , 1 3 0 , 6 1 1 , 0 2 0 , 5 6 Legno 2 4 4 . 3 3 8 2 2 4 . 3 6 7 — 8 , 2 5 , 4 4 4 , 2 4 2 3 . 9 8 9 2 0 . 4 2 2 — 1 4 , 9 3 , 4 5 2 , 5 9 0 , 6 3 0 , 6 1 Mobilio 1 3 6 . 9 1 3 1 7 1 . 8 6 3 4 - 2 5 , 5 3 , 0 5 3 , 2 5 9 . 1 3 5 6 . 9 9 7 — 2 3 , 5 1 , 3 1 0 , 8 9 0 , 4 3 0 , 2 7 Metallurgiche . . . . 2 0 2 . 8 0 3 2 4 1 . 7 5 4 4 - 1 9 , 2 4 , 5 1 4 , 5 7 3 7 . 6 7 3 4 2 . 2 3 6 4 - 1 2 , 1 5 , 4 2 5 , 3 6 1 , 2 0 1 , 1 7 Meccaniche 1 . 1 2 4 . 4 3 2 1 . 5 6 9 . 1 7 3 4 - 3 9 , 5 2 5 , 0 3 2 9 , 6 8 1 8 2 . 0 9 6 2 3 8 . 1 7 0 4 - 3 0 , 7 2 6 , 2 0 3 0 , 2 3 1 , 0 5 1 , 0 2 Mezzi di trasporto . . 2 3 7 . 9 7 6 3 3 4 . 6 5 9 + 4 0 , 6 5 , 3 0 6 , 3 3 9 8 . 0 4 3 1 5 3 . 9 7 6 4 - 5 7 , 0 1 4 , 1 1 1 9 , 5 5 2 , 6 6 3 , 0 9 Lavoraz. di minerali non

metalliferi . . . . 3 1 9 . 4 7 4 3 2 4 . 3 4 5 4 - 1 , 5 7 , 1 1 6 , 1 4 3 0 . 0 0 1 2 4 . 0 6 0 — 1 9 , 9 4 , 3 2 3 , 0 6 0 , 6 1 0 , 5 0 Chimiche . . . . 2 3 4 . 5 1 6 2 6 8 . 1 5 1 4 - 1 4 , 3 5 , 2 2 5 , 0 7 1 9 . 9 6 9 1 9 . 0 9 4 — 4 , 4 2 , 8 7 2 , 4 2 0 , 5 5 0 . 4 8 G o m m a 5 2 . 4 4 8 8 4 . 5 2 2 4 - 6 1 , 1 1 , 1 7 1 , 6 0 1 3 . 9 3 2 2 5 . 2 3 8 4 - 8 1 , 1 2 , 0 0 3 , 2 0 1 , 7 1 2 . 0 0 Cellulosa e fibre chini. 3 4 . 0 8 6 4 2 . 4 1 0 4 - 2 4 . 4 0 , 7 6 0 , 8 0 1 0 . 7 3 5 1 3 . 5 1 6 4 - 2 5 , 9 1 , 5 5 1 , 7 2 2 , 0 4 2 , 1 5 Carta 8 4 . 2 0 8 9 4 . 5 2 4 4 - 1 2 , 2 1 , 8 7 1 , 7 9 1 4 . 3 3 5 1 4 . 3 4 6 4 - 0 , 1 2 , 0 6 1 , 8 2 1 , 1 0 1 , 0 2 Poligrafiche-editoriali 1 1 0 . 2 1 2 1 3 8 . 8 7 4 4 - 2 6 , 0 2 , 4 5 2 , 6 3 1 3 . 1 1 3 1 5 . 6 1 5 4 - 1 9 , 0 1 , 8 9 1 , 9 8 0 , 7 7 0 , 7 5 Foto-fono-einematograf. 2 1 . 6 7 0 2 2 . 9 4 2 4 - 5 , 9 0 , 4 8 0 , 4 3 1 . 3 4 4 1 . 4 7 2 4 - 9 , 5 0 , 1 9 0 , 1 9 0 , 4 0 0 , 4 4 Prod. delle materie plast. 4 4 . 2 1 4 1 0 2 . 7 3 6 4 - 1 3 2 , 4 0 , 9 8 1 , 9 4 7 . 5 2 0 1 6 . 3 6 3 4 - 1 1 7 , 5 1 , 0 9 2 , 0 8 1 , 1 1 1 , 0 7 Manifatturiere varie . . 5 9 . 1 0 8 7 6 . 3 4 3 4 - 2 9 , 2 1 , 3 2 1 , 4 5 8 . 9 4 7 1 2 . 5 4 1 4 - 4 0 , 1 1 , 2 9 1 , 5 9 0 , 9 8 1 , 1 0

spetto a un tempo, quando cioè costituiva un valido e tradizio-nale contrappeso alla metalmec-canica. Assillata da difficoltà di ordine strutturale, cui si sono sovrapposte frequenti crisi di ti-po congiunturale, essa ha denun-ciato nel decennio una flessione di addetti pari al 2 8 , 7 % , portan-do la sua partecipazione dal 18,9% a solo l'I 1,9%. Mode-stissimo è stato, nel frattempo, l'incremento occupazionale della industria alimentare ( + 1,2%), che ha risentito e risente di una scarsa elasticità dei consumi ri-spetto al reddito. Attualmente le aziende alimentari accolgono il 4 , 6 % dei lavoratori, di fronte al 5 , 2 % del 1961.

Un arretramento hanno denun-ciato numerosi altri settori indu-striali, o perché i loro livelli di occupazione si sono abbassati (tabacco, pelli e cuoio, calzature, legno, mobili, lavorazione di mi-nerali non metalliferi, chimici), o in quanto gli aumenti sono sta-ti — com'è accaduto per il com-parto alimentare — inferiori a quello medio dell'industria ma-nifatturiera (vestiario e abbiglia-mento, carta).

In definitiva gli unici com-parti che, oltre al metalmeccani-co, abbiano progredito sono ri-sultati quelli della gomma, dei prodotti in materia plastica, delle fibre artificiali e sintetiche, poli-grafico-editoriale e degli articoli vari. Se si tiene conto poi che i primi due sono intimamente (gomma) o in buona parte (pro-dotti in plastica) collegati con l'industria automobilistica, risul-ta chiaro quanto esiguo sia il nu-mero dei settori in sviluppo e nel contempo non interessati, né di-rettamente né indidi-rettamente, alle attività metalmeccaniche.

Come si caratterizza la strut-tura dell'industria manifatturie-ra piemontese nel contesto del

Paese? In quali classi di attivi-tà il Piemonte si affaccia propor-zionalmente più munito, in qua-li si presenta più manchevole? Al riguardo torna utile ricorrere di nuovo ai quozienti di localiz-zazione, dai quali in breve si de-sume che:

a) relativamente a nove

classi di attività economica (su venti) i rapporti assumono va-lori superiori all'unità, con ver-tici massimi per i mezzi di tra-sporto (3,09), le fibre chimiche (2,15) e la gomma (2);

b) nei confronti delle

re-stanti undici classi non si giunge all'unità. Fortemente in difetto appare il Piemonte quanto a in-dustrie del tabacco (0,15), delle calzature (0,27), dei mobili (0,27), degli apparecchi foto-fono-cinematografici (0,44) e dei prodotti chimici (0,48);

c) soltanto per i tre settori citati al punto a) e in più per quelli alimentari, degli apparec-chi foto-fono-cinematografìci e dei prodotti manifatturieri vari rapporti segnano un aumento tra 1961 e 1971.

4. Circa la distribuzione de-gli addetti tra le diverse classi di ampiezza di unità locali (tav. 4), merita innanzitutto chiarire co-me essa si raffigura in rapporto al complesso delle attività econo-miche. Si ha modo di constatare che in Piemonte le grosse unità, quelle cioè con oltre 500 addetti, assumono un'importanza fonda-mentale poiché rappresentano il 2 9 % dell'occupazione globale, quota nettamente superiore alla corrispondente rilevata per il complesso del Paese ( 1 5 , 3 % ) . Tuttavia, accanto alla forte pre-senza delle grandi imprese, un peso considerevole continuano ad esercitare le unità artigianali (fino a 9 addetti) e di piccole

di-mensioni (da 10 a 99 addetti), che occupano rispettivamente il 3 1 , 8 % e il 2 2 , 5 % della manodo-pera, mentre quelle di media di-mensione (da 100 a 499 addetti) non raggiungono aliquote molto rilevanti (16,7%).

Detta configurazione è da cor-relare con l'elevato grado di svi-luppo raggiunto dal sistema piemontese e con la sua partico-lare struttura. È noto infatti che man mano si procede lungo i sen-tieri del progresso economico si accentuano quasi automatica-mente — per la convenienza di avvalersi il più possibile delle economie di scala — anche le tendenze alla concentrazione oc-cupazionale. Parimenti l'ancor notevole dispersione di addetti in unità artigianali o comunque di piccole dimensioni è dovuta al fatto che l'economia della regio-ne è specializzata ed insieme ac-centrata nelle attività industriali meccaniche, nel cui ambito tali unità si pongono come costella-zioni di poche imprese giganti (le motrici) per conto delle quali

Nel documento Cronache Economiche. N.003-004, Anno 1974 (pagine 41-52)