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La teoria del riconoscimento dei diritti acquisiti

diritti acquisiti

2. La teoria del riconoscimento dei diritti acquisiti

Anche il metodo del riconoscimento dei diritti e delle situazioni create all’estero si differenzia dalla teoria classica per il suo carattere funzionale, nella ricerca del massimo coordinamento fra foro e ordinamento da cui proviene l’atto da riconoscere o eseguire.

Tuttavia, a nostro avviso, il metodo del riconoscimento dei diritti acquisiti si discosta anche dal rinvio all’ordinamento giuridico competente, pur avendo tale matrice comune. Il riconoscimento delle situazioni acquisite si colloca in una fase successiva a quella del merito, essendo necessario far produrre nel foro gli effetti propri a una situazione o a un diritto già costituiti o riconosciuti in un altro Stato. Il metodo del riconoscimento si pone, pertanto, a valle e costituisce uno strumento complementare al rinvio all’ordinamento giuridico competente251.

Il principio cardine del metodo consiste infatti nel riconoscimento di tutte le situazioni giuridiche che si sono prodotte o che sono considerate efficaci nell’ordinamento competente252. Questo significa che non solo le situazioni giuridiche createsi in quell’ordinamento sono riconoscibili ed eseguibili, ma che anche gli atti stranieri, che ivi hanno ottenuto il riconoscimento o l’esecuzione, sono a loro volta riconoscibili o eseguibili nello Stato del foro. Ai fini del riconoscimento rilevano solo gli effetti di quella situazione nell’ordinamento competente.

Questo metodo ci pare essere uno sviluppo della teoria dei vested (o acquired) rights. Come chiarito dalla dottrina di origine anglosassone253, la teoria si basa sul principio della territorialità, nel senso che il giudice non può riconoscere ed applicare la legge straniera, né eseguire i giudicati provenienti da altri Stati, dal momento che solo la legge territoriale regola tutti i casi che richiedono una sua decisione. Nemmeno il carattere transnazionale della fattispecie è elemento che può costituire un’eccezione a tale teoria; tuttavia, è riconosciuto al giudice il potere di proteggere i diritti che siano stati riconosciuti all’attore dalla legge o da una sentenza straniera. Un effetto extraterritoriale sarebbe così attribuito non alla legge, ma al diritto

251 Questa differenza pare ulteriormente poter legittimare la distinzione che si è qui proposta fra le due teorie come due metodi separati per la risoluzione dei conflitti internazionalprivatistici.

252 Si noti come già MORELLI G., Diritto processuale civile internazionale, 1954, Padova, p. 278, analizzando il giudizio di delibazione, sottolineava come gli ordinamenti giuridici fossero improntati a un eccessivo separatismo, che non consentiva, se non nei casi in cui fossero concluse specifiche convenzioni internazionali, di riconoscere immediatamente le sentenze straniere, magari come fatto giuridico in senso stretto.

253 NORTH P.M., FAWCETT J.J., op. cit., p. 20. Negli Stati Uniti, il metodo è stato compiutamente teorizzato da BEALE J.H., A Treatise on theConflict of Laws, vol. I, 1935, New York, anche se nella prospettiva degli interstate conflicts; nel Regno Unito da DICEY A.V., Digest of the Law of England with reference to the conflict of laws, 1896, London, ove si legge: “Any right which has been duly acquired under the law of any civilised country is

recognised and, in general, enforced by English Courts, and no right which has not been duly acquired is enforced or, in general, recognised by English Courts” (p. 23). Per ulteriori approfondimenti, si rinvia a: FRANCESCAKIS P.,

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che è stato creato attraverso l’applicazione di tale legge254. La stessa dottrina di common law è, oggi, piuttosto critica nei confronti di questa teoria, pur riconoscendo che essa è in grado di assicurare il raggiungimento di uno degli obiettivi principali del diritto internazionale privato, la protezione dei diritti acquisiti anche se creatisi all’estero255.

La teoria del riconoscimento dei diritti acquisiti in forma moderna è diretta conseguenza della premessa, vista nel paragrafo precedente, per il quale in questi casi non si pone una questione di conflitto di leggi, quanto piuttosto di potenziale concorso fra ordinamenti giuridici. Pertanto, anche la sentenza civile costituisce una regola concreta dell’ordinamento di origine che viene introdotta nello Stato del foro attraverso il criterio di collegamento. Il fatto di prendere in considerazione l’ordinamento nel suo insieme consente un’automatica efficacia anche dei provvedimenti particolari, quali appunto le sentenze, e non si limita a rendere applicabile la legge straniera ad una fattispecie che presenti caratteri di estraneità256.

254 Si noti che la teoria è indifferente al conflitto mobile, dal momento che variazioni degli elementi fattuali non incidono sulla situazione giuridica che, una volta costituita, deve essere considerate alla stregua di un fatto e pertanto essere riconosciuta (FRANCESCAKIS P., op. cit., p. 190; RIGAUX F., FALLON M., op. cit., p. 252). In senso contrario, BATIFFOL H., LAGARDE P., op. cit., p. 526. Sulle problematiche relative al fattore tempo nella teoria qui discussa si veda la precisa analisi di MUIR-WATT H., Quelques remarques sur la théorie anglo-américaine des

droits acquis, in Revue critique de droit international privé, 1986, p. 425. Tuttavia, secondo l’impostazione che si è

preferita nel corso del presente lavoro, nell’ambito della teoria dei diritti acquisiti non vi è questione di costituzione di nuovi diritti o di creazione di situazioni giuridiche, ma di solo riconoscimento di un diritto già costituitosi all’estero tramite atto autoritativo.

255 NORTH P.M., FAWCETT J.J., op. cit., p. 21. Si accenna, qui, alle principali critiche che vengono esposte dagli Autori alla teoria in esame. In primo luogo, è contraddittorio ritenere che la legge straniera si applichi solo all’interno della giurisdizione territoriale e al contempo ammettere il suo riconoscimento attraverso l’esecuzione delle sentenze che provengono da quell’ordinamento o che applicano la legge straniera. In secondo luogo, l’affermazione che devono essere tutelati i diritti acquisiti all’estero non risolve il problema internazionalprivatistico alla base, nel senso che non indica quale sia l’ordinamento competente. Infatti, solo se la sentenza è stata emanata dall’ordinamento che è riconosciuto competente dal foro, la situazione sarà immediatamente tutelabile, mentre più complesso è il caso in cui il diritto sia stato costituito in un terzo Stato. Inoltre, il metodo non è sempre utilizzabile, dal momento che i sistemi di common law potrebbero richiedere il riconoscimento di diritti o di situazioni che, invece, sono stati rifiutati all’estero. L’Autore citato indica questo esempio. Nel caso di una successione su un fondo situato in territorio inglese di una vedova di cittadinanza francese, il giudice inglese potrebbe qualificare la fattispecie come relativa alla successione o al regime patrimoniale dei coniugi. In tale seconda ipotesi, dovrebbe riconoscere alla vedova tutti i diritti garantiti dalla legge francese. Tuttavia, il diritto francese qualificherebbe la fattispecie come di successione mortis causa, e il giudice inglese riconoscerebbe dei diritti che non sarebbero ammessi in Francia. LAGARDE P., Le principe de proximité

dans le droit international privé contemporain, in Recueil des cours de l’Académie de droit international, 1986,

tomo 196, p. 162 rileva, inoltre, che non vi è sempre un solo foro preponderante, il cui ordinamento può essere considerato competente, ma vi sono generalmente più fori che possono presentare eguale titolo a conoscere una controversia.

256 Si deve notare come la diversa impostazione teorica sia in grado di superare almeno due delle obiezioni sollevate alla teoria dei vested rights viste nella nota precedente. In primo luogo, non si parte dalla premessa secondo la quale il diritto straniero ha efficacia solamente territoriale. Infatti, il metodo accetta e anzi postula l’applicazione della legge straniera, intesa addirittura come ordinamento complessivo. Il diritto costituito all’estero è riconosciuto nel foro proprio perché parte di un ordinamento straniero che viene ad applicarsi – con i limiti e la precisazioni viste nel testo – nello Stato del foro. La sentenza o l’atto autoritativo altro non costituisce che un comando concreto all’interno dell’ordinamento competente. In secondo luogo, non si pone qui un problema di legge applicabile negli stessi termini del common law. Infatti, negli ordinamenti continentali il problema internazionalprivatistico, la

83 Il metodo si pone, pertanto, l’obiettivo di favorire al massimo il coordinamento, accettando di attribuire efficacia a tutte le situazioni che provengono dall’ordinamento straniero, indipendentemente dal fatto che esse siano ivi create. Le situazioni giuridiche sono riconosciute per il solo fatto che esse producono effetti nell’ordinamento competente. Il giudice richiesto del riconoscimento non è tenuto a operare alcun controllo, nemmeno relativo alla competenza indiretta e la legge applicabile, ma accetta le valutazioni compiute dall’ordinamento competente e il punto di vista di quest’ultimo257.

L’automatico riconoscimento e l’attribuzione di effetti alla situazione creatasi all’estero non esclude la necessità di attivare uno specifico procedimento, di carattere giurisdizionale o amministrativo258. Ciò non significa, infatti, frapporre ostacoli alla circolazione della sentenza nello Stato membro richiesto del riconoscimento. In primo luogo, infatti, potrà essere necessario verificare che nell’ordinamento giuridico competente quella situazione sia effettivamente esistente e valida; inoltre, non necessariamente gli Stati sono disposti ad accettare sic et

simpliciter tutti i valori provenienti da altri ordinamenti, i quali sono valutati quantomeno alla

stregua della compatibilità con l’ordine pubblico del foro.

determinazione dell’ordinamento competente, è operata a priori dai legislatori nazionali. Pertanto, se la situazione da riconoscere proviene dal sistema giuridico indicato dal foro, essa è riconoscibile così come costituita nel sistema d’origine. Per quanto attiene l’ultima obiezione, relativa a possibili differenze fra ordinamenti nel momento in cui si effettua il riconoscimento, si deve ammettere che si tratta di un problema generale di diritto internazionale privato, che dipende dalle diverse qualificazioni che la stessa fattispecie riceve in diversi ordinamenti giuridici e costituisce un margine di variabilità all’interno della disciplina (per questi aspetti: TONOLO S., Il rinvio di qualificazione nei

conflitti di legge, 2003, Milano; per il sistema comunitario, che supera, almeno in parte, queste problematiche, v. supra, cap. introduttivo, par. 3).

257 E’ interessante notare come lo stesso PICONE P., Les méthodes de coordination entre les ordres juridiques en

droit international privé, cit., p. 132 rilevi una difficoltà in cui può incorrere l’interprete quando si tratti di

verificare se la norma di diritto internazionale privato accolga il metodo del riconoscimento delle situazioni giuridiche, ovvero la teoria classica. La differenza si concentra nella nozione di legge che viene utilizzata dal diritto internazionale privato. Nel metodo del riconoscimento, per legge deve intendersi l’ordinamento nella sua integralità, per cui la situazione giuridica sarà riconosciuta così come esistente e valida nell’ordinamento straniero. Se, invece, il parametro per la riconoscibilità è costituito dalla legge in concreto applicata, allora non avrà rilevanza in quale ordinamento quella situazione si sia formata, non essendo nemmeno necessario che essa sia riconosciuta come valida ed esistente nell’ordinamento considerato competente.

258 PICONE P., Les méthodes de coordination entre les ordres juridiques en droit international privé, cit., p. 133 rileva che il metodo in esame può operare automaticamente, attraverso un mero rinvio all’ordinamento giuridico competente, oppure attraverso dei procedimenti ad hoc. In Italia, prima della legge di riforma del 1995, in rinvio si riteneva operare in deroga al procedimento di delibazione di cui agli artt. 796 sgg. c.p.c. nei casi in cui le situazioni giuridiche create all’estero in forza di una sentenza, di un atto di volontaria giurisdizione o di un atto amministrativo fossero almeno riconosciute nell’ordinamento la cui legge veniva richiamata dal sistema italiano. Attualmente, questo metodo è accolto nell’art. 65 della legge 218/95 (Legge 31 maggio 1995, n. 218, di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in GURI, suppl. ord., 3 giugno 1995, n. 128), ai sensi del quale: “Hanno effetto in Italia i provvedimenti stranieri relativi alla capacità delle persone nonché all’esistenza di

rapporti di famiglia o di diritti della personalità quando essi sono stati pronunciati dalle Autorità dello Stato la cui legge è richiamata dalle norme della presente legge o producono effetti nell’ordinamento di quello Stato, anche se pronunciati da autorità di altro Stato, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa”.

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Il provvedimento che conclude il procedimento nello Stato del riconoscimento non può, tuttavia, avere carattere costitutivo, ma meramente dichiarativo. Infatti, l’ordinamento richiesto non costituisce nuovamente la stessa situazione giuridica al proprio interno, ma si limita a riconoscere gli effetti che quella situazione produce nell’ordinamento di origine, consentendo che essi si dispieghino anche al proprio interno. Ne è chiaro esempio il sistema di esecuzione delle sentenze straniere predisposto dallo stesso reg. n. 44/2001, nella cui Sezione 2 del Capo III chiaramente si fa riferimento a una dichiarazione di esecutività, e non alla costituzione di effetti esecutivi nello Stato richiesto.

Il risultato più importante che questo metodo riesce a raggiungere consiste nell’evitare che si creino situazioni claudicanti anche nel momento del riconoscimento e dell’esecuzione. Se, infatti, la situazione non fosse riconosciuta nell’ordinamento richiesto, o lo fosse solo parzialmente, il diritto conseguito sarebbe ineffettivo, in quanto non eseguibile o riconoscibile in Stati diversi da quello in cui esso è stato costituito.

Tuttavia, anche se il riconoscimento degli effetti della sentenza fosse solo parziale, il principio del coordinamento fra gli ordinamenti sembrerebbe di fatto disconosciuto. Infatti, nello Stato richiesto si produrrebbe una situazione in parte diversa da quella esistente nell’ordinamento d’origine: l’effetto del riconoscimento non sarebbe più dichiarativo, ma costitutivo di una situazione nuova che solo trae origine dalla sentenza straniera e dal diritto ivi accertato. Attraverso il riconoscimento lo Stato richiesto sarebbe così in grado di incidere nel merito di una situazione giuridica creatasi all’estero e per la quale esso potrebbe non avere alcuna competenza diretta. La situazione risultante sarebbe, in ogni caso, almeno parzialmente claudicante, perché gli effetti propri nei due ordinamenti coinvolti – quello del merito e quello richiesto del riconoscimento – sarebbero diversi.

Invece, riconoscere piena efficacia alla situazione o al diritto creatosi o riconosciuto all’estero in forza di un atto autoritativo straniero significa non solo, tecnicamente, promuovere efficacemente il coordinamento fra gli ordinamenti coinvolti, ma anche consentire che quella situazione e quel diritto abbiano la stessa efficacia in qualsiasi Stato in cui, in futuro, potrà essere rilevante farli valere.

E’ evidente che l’obiettivo di assicurare efficacia e validità alle situazioni giuridiche createsi in uno Stato anche in altri ordinamenti risulta ancora più importante nel sistema comunitario, dal momento che la libera circolazione delle persone è senz’altro facilitata se vengono riconosciuti gli status personali e i diritti conseguiti negli altri Stati membri. Come

85 messo in rilievo dalla dottrina259, questo metodo è particolarmente funzionale quando debbano riconoscersi situazioni di stato personale e diritti reali. Ne è conferma l’art. 21 del reg. n. 2201/2003260, relativo alla materia matrimoniale e alla responsabilità genitoriale, che pone il principio dell’automatico riconoscimento in tutti gli altri Stati membri261, senza che sia necessario ricorrere ad alcun procedimento.

Nel sistema comunitario la possibilità di assicurare la libera circolazione delle decisioni giudiziarie anche in materia contrattuale è non meno rilevante. Infatti, l’obiettivo di stimolare la libera circolazione delle persone e l’offerta di servizi in più Stati membri comporta con sé la necessità di garantire una tutela giurisdizionale effettiva anche nelle controversie internazionali; ne consegue la possibilità di eseguire una decisione emanata in uno Stato membro in qualsiasi altro Stato membro senza che sia necessario attivare procedimenti di carattere costitutivo che potrebbero sfociare in un nuovo esame nel merito.

Pertanto, lo stesso reg. n. 44/2001 basa il sistema del riconoscimento e dell’esecuzione delle leggi straniere su principi analoghi – ma, come si vedrà, non perfettamente coincidenti – a quelli del metodo del riconoscimento delle situazioni giuridiche straniere, tanto da potersi parlare di un principio di mutuo riconoscimento delle sentenze straniere emanate negli Stati membri.

259 PICONE P., Les méthodes de coordination entre les ordres juridiques en droit international privé, cit., p. 137, il quale lo ritiene, tuttavia, utilizzabile per tutte le situazioni giuridiche.

260 Regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, in GU n. L 338 del 32 dicembre 2003, p. 1.

261 Gli articoli successivi pongono dei motivi ostativi al riconoscimento automatico, a seconda che la decisione riguardi il divorzio, la separazione personale, l’annullamento del matrimonio, ovvero la responsabilità genitoriale. E’ interessante notare che oltre all’espresso divieto di riesame nel merito, presente anche all’art. 36 reg. n. 44/2001, e del riesame della competenza indiretta (cfr. art. 35, par. 3 reg. n. 44/2001), l’art. 25 del reg. n. 2201/2003 stabilisce anche che il riconoscimento di una decisione non può essere rifiutato per il fatto che il divorzio, la separazione personale o l’annullamento del matrimonio non sono conosciuti nello Stato richiesto. Questa norma mette bene in luce il principio del riconoscimento delle situazioni giuridiche create all’estero. Esse, infatti, devono aver efficacia e validità anche in quegli Stati membri che non conoscono il medesimo istituto, senza che questa divergenza fra ordinamenti giuridici possa costituire legittima causa di mancato riconoscimento. Tali disposizioni resterebbero immutate anche a seguito dell’entrata in vigore del regolamento che modifica il reg. n. 2201/2003, al momento ancora in fase di discussione (Proposta di regolamento del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 2201/2003 limitatamente alla competenza giurisdizionale e introduce norme sulla legge applicabile in materia matrimoniale, presentata dalla Commissione il 17 luglio 2005, 2006/135(CNS)). V. PICONE P., Diritto

internazionale privato comunitario e metodi di coordinamento tra ordinamenti, in Diritto internazionale privato e diritto comunitario, a cura di Picone P., 2004, Padova, p. 513.

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