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Scelta di legge e tutela della parte debole nel diritto comunitario: le disposizioni imperative

La scelta della legge applicabile e del foro competente

3. Scelta di legge e tutela della parte debole nel diritto comunitario: le disposizioni imperative

La Convenzione di Roma pone alcuni limiti espressi alla scelta di legge applicabile sulla base del tipo di contratto di cui si tratta. Nel presente paragrafo si intende analizzare le modalità con cui le Convenzione limita l’autonomia delle parti, con particolare riguardo ai contratti conclusi dalle parti deboli, cercando altresì di pervenire a una sistematizzazione dell’ampio numero di disposizioni poste in questo ambito.

3.1 Le disposizioni inderogabili

La norma generale è contenuta nell’art. 3, par. 3, il quale, come ricordato, stabilisce che la scelta di legge contenuta in un contratto meramente interno non può pregiudicare le disposizioni imperative dell’unica legge con la quale il rapporto ha collegamenti. In forza della definizione ivi contenuta, le disposizioni imperative sono quelle che non possono essere derogate dalle parti499. La dottrina500 ha lungamente discusso il significato di questa disposizione, che Pataut E., 2004, Paris, p. 247), ma almeno vengono garantiti alla parte debole un significativo nesso fra fattispecie e legge, nonché una probabile conoscenza – o almeno più facile conoscibilità – della legge applicabile.

498 Si noti, inoltre, che le direttive fanno salvi i sistemi di diritto internazionale privato degli Stati membri in materia di obbligazioni contrattuali, salvo quanto particolarmente previsto dalle direttive stesse. Ci si deve chiedere cosa si intenda con questo richiamo, dal momento che le direttive disciplinano compiutamente gli aspetti internazionalprivatistici dei rapporti assicurativi, consentendo la scelta di legge, individuando la legge applicabile in mancanza di scelta, facendo salve le disposizioni imperative nei contratti interni, risolvendo addirittura il problema degli ordinamenti plurilegislativi. La salvezza degli ordinamenti interni potrebbe, allora, consistere nella disciplina di alcuni aspetti specifici del contratto di assicurazione che non sono stati presi in considerazione dalla direttiva, quali la capacità e la forma. La stessa Convenzione di Roma, del resto, conosce la differenza fra legge applicabile al contenuto del rapporto e legge applicabile ad altri aspetti, e, pertanto, una medesima differenziazione potrebbe sussistere anche nel campo del contratto di assicurazione. Tuttavia, questa salvezza dei sistemi nazionali potrebbe anche intendersi in senso ampio, lasciando cioè impregiudicate le disposizioni generali di diritto internazionale privato, quali quelle sul rinvio – sempre limitatamente alle obbligazioni contrattuali. Accettando una tale interpretazione delle disposizioni in esame, si concluderebbe facilmente che il rinvio sarebbe sempre escluso, sia in forza dell’art. 15 della Convenzione di Roma, che evidentemente costituisce una norma generale di diritto

internazionale privato in materia di obbligazioni contrattuali, in parte in forza dei richiami che diversi Stati hanno

effettuato alla medesima Convenzione per la sua applicazione o generalizzata (si veda l’art. 57 l. 218/95) o all’interno dello stesso Stato membro (v. Contracts (Applicable Law) Act 1990 del Regno Unito).

499 E’ interessante la lettura della Relazione Giuliano - Lagarde sul punto. Si mette in luce la natura compromissoria della disposizione in esame, frutto di due tendenze che si erano manifestate in sede di discussione della Convenzione. Da un lato, taluni esperti avrebbero voluto limitare la scelta delle parti nel senso che essa non avrebbe avuto effetto se il contratto fosse stato qualificabile come meramente interno; dall’altro lato, si è invece rilevata l’esigenza di soddisfare le aspettative delle parti che liberamente e in buona fede avessero attuato una scelta di legge.

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risulterebbe sostanzialmente immodificata anche nel regolamento “Roma I”501. I maggiori

problemi interpretativi nascono non tanto dalla formulazione dell’art. 3, par. 3, ma dal fatto che la stessa locuzione è utilizzata anche in altre disposizioni con significati apparentemente diversi502.

In ogni caso si può affermare che la disposizione in esame non abbia ad oggetto la tutela di una parte considerata debole. Le disposizioni imperative dell’art. 3, par. 3 altro non sono che le norme inderogabili di diritto interno, quelle che si impongono alle parti nonostante una loro contraria volontà, anche espressa. Pertanto, la disposizione in esame ha la funzione principale di evitare che i contraenti, attraverso la scelta della legge, eludano l’applicazione delle norme considerate inderogabili da parte dell’unico ordinamento con cui la fattispecie presenta dei collegamenti503. La scelta della legge deve essere, pertanto, effettuata in buona fede, per utilizzare l’espressione anglosassone, deve rispondere cioè a motivi di effettiva convenienza delle parti e non fraudolenti504.

La disposizione in esame conferma, altresì, la tesi precedentemente esposta circa la valenza dell’autonomia internazionalprivatistica. Al di fuori del comune limite delle disposizioni imperative, come l’autonomia negoziale, essa può esprimersi liberamente, risultando quindi una

501 Il documento presentato dal Consiglio e il parere del Parlamento utilizzano l’espressione disposizioni alle quali

non si può derogare convenzionalmente. 502 Si veda infra, questo paragrafo.

503 Il contratto interno, per essere tale, deve presentare elementi di fatto che si riferiscano tutti a un unico Paese, anche a prescindere dalla scelta del giudice competente. Ci si può chiedere se un elemento poco significativo della fattispecie (come, ad esempio, una cittadinanza non effettiva) possa far condurre a ritenere il contratto transnazionale. La formulazione perentoria dell’art. 3, par. 3 sembra far propendere per una risposta affermativa, ma tuttavia si ritiene che l’interpretazione della norma debba essere maggiormente elastica. E’ interno il contratto i cui elementi significativi si ricollegano a un solo ordinamento, anche se esistono contatti, magari anche labili, con un altro Stato. E’ interessante sottolineare che sulla base della definizione dell’art. 3, par. 3, la sola proroga del foro non consente di qualificare il contratto come internazionale. Tuttavia, già una tale situazione è idonea a configurare un conflitto di leggi ai sensi dell’art. 1, par. 1 della Convenzione: in tal senso già LAGARDE P., Le nouveau droit

international privé des contrats après l’entrée en viguer de la Convention de Rome du 19 juin 1980, in Revue critique de droit International privé, 1991, p. 294. GIULIANO M., op. cit., p. 225, afferma che la nozione di contratto internazionale è “sans doute un peu floue”, che può essere precisata solo affermando che si tratta di un contratto che presenta uno o più elementi di estraneità che attribuiscono a più leggi vocazione ad applicarsi. L’esistenza degli elementi di transnazionalità deve essere apprezzata dal giudice, e solo rispetto al giudice adito è possibile rilevare se la situazione debba considerarsi meramente interna o internazionale.

504 Ci si è, quindi, chiesti, quale legge debba applicarsi nei casi in cui la lex causae sia conforme alle disposizioni imperative della legge altrimenti applicabile, ma predisponga comunque una disciplina diversa per giungere allo stesso risultato. La soluzione pare dipendere da un’analisi specifica della fattispecie e delle leggi in concorso, piuttosto che da principi generalmente ricavabili dal sistema. Se la legge scelta dovesse essere più rigorosa, allora questa dovrebbe, a nostro avviso, applicarsi. Come già visto per il caso di conflitto fra norme di applicazione necessaria del foro e lex causae nel sistema delle norme di conflitto a carattere materiale (v. supra, cap. III, par. 2.3), in questo modo si creerebbe una situazione giuridica che più facilmente potrebbe circolare in diversi ordinamenti. Questa soluzione pare ancora più corretta in questo caso, dal momento che si tratta di norme inderogabili, le quali esprimono certo un obiettivo di politica sociale dello Stato, ma non in maniera così stringente come le norme di applicazione necessaria. Inoltre, è evidente che le parti non hanno intenti fraudolenti, per cui nulla pare ostare all’applicazione della legge scelta.

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species del genus autonomia privata. La disposizione ci conferma, cioè, che la libertà di scelta di

legge altro non costituisce che libertà nella determinazione del contenuto e degli effetti del contratto in modo autonomo rispetto a quella che sarebbe la legge applicabile in assenza di scelta. Il risultato che si ottiene consiste in entrambi i casi nella libera determinazione del contenuto del contratto; nell’esercizio dell’autonomia internazionalprivatistica tale volontà si esercita in modo particolare, ma produce le medesime conseguenze, una disciplina sostanziale derogatoria alle disposizioni non imperative della legge altrimenti applicabile505.

3.2 I contraenti deboli

Parte della dottrina506 ha correttamente rilevato che l’autonomia privata nella scelta di legge applicabile costituisce in campo contrattuale un principio al quale è possibile rinunciare solo per tutelare ulteriori esigenze di particolare rilievo. Negare del tutto la possibilità di concordare una scelta di legge anche nei contratti conclusi dalle parti deboli pare una soluzione eccessiva rispetto all’obiettivo che si vuole raggiungere, ovvero quello di evitare che la parte debole subisca la scelta unilateralmente operata dall’altro contraente, rischiando, così, di eludere la tutela minima garantita dalla legge altrimenti applicabile. Infatti, in taluni casi anche il contraente debole potrebbe comunque godere di un certo potere negoziale – e si pone l’esempio di un lavoratore altamente qualificato e specializzato, che potrebbe richiedere l’applicazione di una determinata legge al proprio rapporto di lavoro; in alcuni casi lo stesso datore di lavoro potrebbe preferire di applicare ai rapporti di lavoro leggi diverse, più favorevoli ai lavoratori, per ottenere la fidelizzazione del dipendente. L’esclusione dell’autonomia privata non pare poter essere giustificata esclusivamente sulla base dell’esigenza di tutelare la parte debole507. Ne consegue che la scelta di legge deve essere ammessa solo limitatamente. Infatti, attribuire alla legge scelta sulla base dell’autonomia privata il compito di provvedere alla tutela del contraente debole significa rimettere le esigenze della parte debole nelle mani del contraente forte508.

505 Anche l’art. 3, par. 4 della Convenzione di Roma può confermare che la scelta di legge altro non costituisce che espressione dell’autonomia negoziale delle parti. Infatti, la clausola di scelta della legge è sottoposta alla legge che disciplina il contratto, equiparando così l’accordo sulla legge alle altre clausole contrattuali.

506 POCAR F., La protection de la partie faible en droit international privé, in Recueil des cours de l’Académie de

droit international, 1984, tomo 188, p. 372.

507 Secondo l’Autore (op. cit., p. 375) una giustificazione potrebbe essere rinvenuta nel fatto che si ritiene opportuno regolare certe situazioni giuridiche in maniera uniforme.

508 LECLERC F., op. cit., p. 538. L’Autore menziona una sentenza della Corte di Cassazione francese (Cour de Cassation, Ch. Soc., 6 novembre 1985, in Revue critique de droit international privé, 1986, p. 501), nella quale si è affermato che il lavoratore non poteva beneficiare del periodo di preavviso stabilito dalla legge francese, più lungo rispetto a quello del Ghana, legge applicabile in mancanza di scelta delle parti, nonostante il fatto che l’impresa avesse sede in Francia. Con questo esempio l’Autore vuole sottolineare come la parte forte non abbia in realtà

177 Uno dei metodi di limitazione dell’esercizio dell’autonomia privata consiste nel prevedere una ventaglio limitato di leggi che possono essere scelte509.

Questa è la soluzione oggi accolta dalle direttive sui servizi assicurativi. Infatti, ai sensi dell’art. 7 dir. 88/357, se il contraente non ha la residenza abituale (o l’amministrazione centrale, se persona giuridica) nello Stato in cui è localizzato il rischio, le parti possono alternativamente scegliere o la legge della residenza abituale (o dell’amministrazione centrale), o la legge del luogo in cui il rischio è situato. Se il contraente esercita attività professionale e il contratto si riferisce a più rischi, allora può essere scelta la legge di uno degli Stati tali rischi sono localizzati, oppure quella del luogo di residenza abituale (o dell’amministrazione centrale) del contraente assicurato. Si noti che l’art. 7, par. 1, lett. d) pone una clausola di flessibilità, nel senso che una maggiore libertà di scelta è ammessa se consentita dalla legge applicabile al contratto. Questo rinvio agli ordinamenti interni potrebbe pregiudicare l’effettiva tutela della parte debole, dal momento che questa dipende dalle legislazioni nazionali e non più da limiti imposti a livello comunitario510. La direttiva sulle assicurazioni vita è più esplicita nel voler fornire una tutela alla parte debole, dal momento che l’art. 32, par. 2 prende in espressa considerazione il caso del contraente – persona fisica. Infatti, la scelta è limitata alla legge dello Stato di cittadinanza, nel caso in cui non corrisponda con il paese di residenza. In questa ipotesi la limitazione del novero delle leggi che possono essere scelte è finalizzata all’applicazione di una legge che, con maggiori probabilità, è conosciuta dalla parte debole.

Il metodo di tutela del contraente assicurato non cambierebbe se il regolamento “Roma I” fosse approvato nei termini proposti dal Consiglio nel documento del giugno 2007. Infatti, per i contratti di assicurazione relativi a rischi diversi dai grandi rischi, dai contratti di riassicurazione e di assicurazione obbligatoria, la scelta è limitata a un numero determinato di leggi511. Questa caratteristica e la circostanza che possono essere scelte delle leggi che la parte contrattuale debole dovrebbe conoscere (quale la legge del paese di residenza abituale o di cittadinanza), può interesse a scegliere una legge applicabile che tuteli l’altro contraente, nemmeno se ciò comporti la scelta della legge della sede del datore di lavoro.

509 POCAR F., La protection de la partie faible, cit., p. 378 rileva come anche questa tecnica potrebbe non essere sufficiente, dal momento che altre leggi in conflitto, ma non contemplate fra quelle eligibili, potrebbero essere maggiormente favorevoli alla parte debole.

510 V. supra, cap. III, par. 3.1.

511 V. supra, cap. III, nota 59. Si riporta nuovamente l’art. 5bis, par. 3, II per. della proposta del Consiglio per motivi di maggior chiarezza: “Le parti possono scegliere come legge applicabile al contratto di assicurazione

conformemente all'articolo 3: a) la legge del paese nel quale il rischio è situato al momento della conclusione del contratto; b) la legge del paese nel quale il contraente assicurato ha la residenza abituale; c) [in caso di assicurazione sulla vita,] la legge del paese di cui il contraente assicurato ha la cittadinanza, se il contraente assicurato è una persona fisica e, al momento della conclusione del contratto, ha la residenza abituale in un paese diverso da quello di cui ha la cittadinanza; [d) per un contratto di assicurazione limitato a eventi che si verifichino in un dato paese, la legge di tale paese]”.

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offrire un minimo di tutela al contraente dell’assicurazione. In tal caso, infatti, la parte forte del rapporto contrattuale non può imporre la propria volontà quanto alla scelta di legge applicabile, avendo dei limiti che o richiamano una legge facilmente conoscibile dalla parte debole, o che almeno garantiscono una significativa localizzazione del rapporto512.

Un sistema diverso è quello previsto dagli artt. 5 e 6 in materia di contratti conclusi dal consumatore e dal lavoratore. In entrambi i casi, la scelta di legge non può privare la parte debole della protezione garantitagli dalla legge che sarebbe applicabile in mancanza di scelta, quindi quella della residenza abituale del consumatore e quella del luogo di abituale svolgimento dell’attività lavorativa o della sede di assunzione (art. 5, par. 2; art. 6, par. 1)513. La funzione di queste disposizioni è evidente. La parte debole non deve essere privata della tutela accordatale dalla legge applicabile in mancanza di scelta, altrimenti l’autonomia privata diverrebbe uno strumento nelle mani dell’altro contraente per imporre una legge a lui del tutto favorevole. Non avendo la parte debole alcun potere negoziale, si vedrebbe costretta ad accettare la clausola della scelta di legge anche se, per ipotesi, capisse che questo equivarrebbe a una rinuncia dei diritti riconosciutigli dalla legge altrimenti applicabile. Per evitarlo, l’unica soluzione consisterebbe nel non concludere il contratto, ipotesi che, evidentemente, è ancora più contraria ai suoi interessi. Pertanto, siffatte disposizioni consentono di riequilibrare le posizioni contrattuali delle parti. Se la legge scelta non conosce un sistema di protezione della parte debole, ovvero esso non è sufficientemente evoluto, allora si applicano le disposizioni della legge competente in mancanza di scelta514.

512 Inoltre, è importante rilevare la differenza rispetto ai contratti di assicurazione grandi rischi, di riassicurazione, per i quali la scelta di legge sarebbe libera ai sensi dell’art. 3. Non avrebbe, poi, significato una scelta di legge nel caso di assicurazione obbligatoria, dal momento che la stessa obbligatorietà dipende dalla legge applicabile. Infatti, ai sensi dell’art. 5bis, par. 2 del documento del Consiglio: “Il contratto d'assicurazione che copre un rischio per il

quale un paese impone un obbligo di assicurazione è disciplinato dalla legge di tale paese”. Tuttavia, anche in tal

caso vi è un rinvio all’ordinamento interno, qualora questo accordi libertà negoziale alle parti nonostante l’obbligatorietà dell’assicurazione. Stabilisce, infatti, l’art. 5bis, par. 2, II per.: “Se tale paese, nel caso di un

contratto che copre un rischio ai sensi del paragrafo 1, accorda la libertà di scelta della legge applicabile al contratto, le parti possono scegliere qualsiasi legge conformemente alle disposizioni dell'articolo 3 e, indipendentemente dalla legge scelta, devono conformarsi alle disposizioni della legge di tale paese alle quali non è permesso derogare convenzionalmente”. La salvezza delle disposizioni imperative è finalizzata alla salvaguardia

del carattere obbligatorio del contratto.

513 Anche in questo caso la disciplina protettiva dell’art. 5 è applicabile solo per certi tipi di contratti conclusi dal consumatore, purché siano rispettate determinate condizioni. Per il loro esame si veda supra, cap. III, par. 3. Nel senso che le disposizioni imperative della lex fori non sono applicabili se la legge regolatrice del contratto in mancanza di scelta non è, appunto, la lex fori: Bundesarbeitsgericht 29 October 1992, in IPRax, 1994, p. 123. Proprio per il diverso metodo adottato, le direttive sui servizi assicurativi non fanno riferimento alle disposizioni inderogabili della legge applicabile in mancanza di scelta, salvo quanto visto nella nota precedente per i contratti di assicurazione obbligatoria.

514 POCAR F., La protection de la partie faible, cit., p. 382 critica anche questo metodo dal momento che non riuscirebbe a garantire sufficiente prevedibilità, e perché può richiedere il difficile compito del confronto fra i risultati materiali che si raggiungerebbero attraverso l’applicazione di due leggi straniere, ma tuttavia riesce, a

179 Queste disposizioni hanno una funzione di carattere materiale. Diversamente dall’art. 3, par. 3 e dall’art. 7 della Convenzione, la loro formulazione letterale non è nel senso che le disposizioni imperative devono comunque applicarsi, ma piuttosto che la protezione da queste accordate non è derogabile. A nostro avviso la differenza è rilevante. Così, se la legge scelta non conosce un adeguato sistema di tutela della parte debole, questa si vedrà protetta dalle norme della legge applicabile in mancanza di scelta515: la lex contractus rimarrà pur sempre quella scelta, ma sarà integrata dalle disposizioni imperative della legge altrimenti applicabile516.

nostro avviso, a contemperare le esigenze di tutela con il metodo internazionalprivatistico. PATOCCHI P.M., op. cit., p. 300 precisa che la limitazione della volontà è giustificata da motivi di carattere materiale. Secondo LECLERC F.,

op. cit., p. 391 si tratta di norme che contengono in sé la loro eccezione, ovvero un limite di ordine pubblico. In

generale: BONOMI A., Le norme imperative nel diritto internazionale privato, 1998, Zürich, p. 140.

515 Si noti che nei sistemi che richiedono la prova da parte dell’interessato del contenuto della legge straniere, nei – rari – casi di non coincidenza fra forum e ius, sarà presumibilmente la parte debole a dover dimostrare il carattere maggiormente favorevole della legge applicabile in mancanza di scelta, perdendosi così conseguentemente una parte della stessa tutela predisposta: un tale onere della prova, infatti, può essere complesso da soddisfare e richiede ulteriori spese da affrontare a carico della parte debole. Per la Francia si veda, ad esempio, l’analisi offerta da COURSIER P., op. cit., pp. 214 e 247, per cui inizialmente la Corte di Cassazione richiedeva che il lavoratore dimostrasse che la legge applicabile al contratto fosse maggiormente favorevole, ma successivamente si è imposta l’applicazione d’ufficio delle norme a carattere imperativo (le disposizioni imperative). Più recentemente la giurisprudenza francese ha offerto una soluzione più favorevole al lavoratore, nel senso che egli non deve dimostrare il favor della legge del luogo di svolgimento abituale dell’attività (Cour de Cassation, Soc., 20 octobre 2004, citata daJAULT-SESEKE F., L’office du juge dans l’application de la règle de conflit de lois en matière de

contrat de travail, in Revue critique de droit international privé, 2005, p. 282); tuttavia, la stessa Corte di