• Non ci sono risultati.

LA TEORIA NEUROBIOLOGICA DELLA COSCIENZA DI KOCH

2 LA RELAZIONE TRA ATTENZIONE E COSCIENZA

2.4 LA TEORIA NEUROBIOLOGICA DELLA COSCIENZA DI KOCH

Tra le obiezioni che sono state rivolte all'ipotesi della necessità dei processi attentivi top-down ai fini dell'emergere della coscienza vi è quella di Christof Koch, neuroscienziato conosciuto principalmente per la ricerca sui correlati neurali della coscienza. Nell'articolo scritto insieme a Tsuchiya ed intitolato «Attention and

consciousness»187 sostiene, infatti, che attenzione (in questo caso si riferisce a quella di tipo top-down) e coscienza sono due processi distinti in quanto hanno funzioni differenti e possono verificarsi l'uno indipendentemente dall'altro; questo sarebbe fondamentale per comprendere che anche le rispettive basi neurobiologiche sono differenti. Riporto uno degli esempi di Koch a sostegno della sua ipotesi: «When I stare intently at a distant wall to determine its exact shape and decide whether it has enough holds to be climbed, the rest of the world doesn't turn an indistinct gray. The universe is not reduced to the

187 Koch, C., Tsuchiya, N. (2006) Attention and Consciousness: two distinct brain processes, Trends in

area illuminated by the attentional spotlight»188.

Vi sarebbero quindi fenomeni che richiedono l'uso dell'attenzione senza che si abbia coscienza, come il priming, e, viceversa, oggetti che percepiamo coscientemente anche in assenza di attenzione top-down. In relazione a quest'ultimo caso viene fornito l'esempio di un esperimento riguardante la percezione di un oggetto isolato al centro di uno schermo. Si argomenta, infatti, che in assenza di oggetti conflittuali rispetto alla percezione, la funzione dell'attenzione top-down sarebbe nulla e, quindi, non risulterebbe necessaria affinché l'oggetto venga percepito coscientemente. Il principio che sta alla base di questa conclusione è naturalmente il ruolo differente che l'attenzione svolge rispetto alla coscienza: se, da una parte, ci affidiamo all'attenzione al fine di selezionare, tra gli innumerevoli input che riceviamo, quelli che ci interessano e sono utili ai nostri obiettivi, dall'altra la coscienza ha una funzione che potremmo definire integrativa:

Consciousness is surmised to have substantially different functions from attention. These include summarizing all information that pertains to the current state of the organism and its environment and ensuring this compact summary is accessible to the planning areas of the brain, and also detecting anomalies and errors, decision making, language, inferring the internal state of other animals, setting long-term-goals, making recursive models and rational thought189.

D'altronde il carattere integrativo della coscienza emerge anche a livello

188 Koch, C. The quest for Consciousness, cit. p. 163.

neuronale. In «Towards a neurobiological theory of consciousness»190, Koch, insieme a Francis Crick, ha avanzato l'ipotesi che la coscienza, in tutte le sue varie forme, sia correlata ad uno speciale tipo di attività di un sottoinsieme di neuroni corticali. Il carattere unitario della percezione suggerisce che i vari neuroni rispondenti alle differenti caratteristiche sensoriali dell'oggetto si attivino allo stesso momento collegandosi gli uni con gli altri; si tratterebbe della soluzione al cosiddetto binding

problem. Secondo gli autori, esistono diversi tipi di binding o integrazione; tra gli altri,

ve ne è uno che si applica ad oggetti la cui combinazione di caratteristiche ci risulta nuova. Quest'ultimo dipende da un meccanismo attenzionale che permette alle percezioni di raggiungere la coscienza ma che è, a sua volta, probabilmente inconscio. Nel caso della consapevolezza visiva, l'attenzione svolge il ruolo di localizzare a livello spaziale l'oggetto a cui siamo interessati. Una volta avvenuta la localizzazione, gli input sensoriali provocano una sincronizzazione intorno ai 40 Hz dei neuroni coinvolti. Il tipo di consapevolezza generato da tale meccanismo attenzionale viene definito dagli autori

working awareness, in quanto gli oggetti così percepiti vengono immagazzinati nella

memoria di lavoro.

Tuttavia, come abbiamo già visto nell'esempio di Koch, nel momento in cui focalizziamo la nostra attenzione su un oggetto, siamo coscienti non solo di quest'ultimo ma anche di tutto quello che lo circonda; questo naturalmente garantisce e permette la ricchezza della percezione. È stato ipotizzato da Crick e Koch che questo tipo di consapevolezza, denominata fleeting awareness perché molto breve e transitoria, non richieda l'impiego dell'attenzione ma che sia, piuttosto, associata alla memoria iconica

190 Koch, C., Crick, F. (1990) Towards a neurobiological theory of consciousness, The Neuroscience, 2, pp. 263-275.

(tipo di memoria sensoriale visiva che permette di trattenere un grande quantitativo di informazioni per un breve lasso di tempo). Sebbene la fleeting awareness non permetta di risolvere il tipo di binding problem esposto precedentemente, ha però la capacità di rappresentare le caratteristiche di un oggetto di cui abbiamo già avuto esperienza.

Fino ad ora ci siamo prevalentemente riferiti all'attenzione top-down, in quanto risulta essere quella più interessante da indagare per gli studiosi in questione. Tuttavia, rivolgendoci all'attenzione bottom-up, potremmo chiederci secondo quali criteri il nostro cervello giudica la salienza e l'importanza di alcuni stimoli sensoriali, ossia in che modo la nostra attenzione possa venire attratta da oggetti che non stavamo cercando. L'idea di Koch191 consiste nel porre una distinzione tra due tipologie di mappe cerebrali: quelle che si occupano di elaborare le singole caratteristiche degli oggetti (colore, forma, movimento etc.) e la mappa della salienza, che integra le singole caratteristiche degli oggetti in una sola mappa al fine di giudicarne la conspicuity, ossia il grado di rilevanza rispetto agli oggetti vicini. Il modo in cui tali mappe operano è così descritto: «[…] the brain has some sort of topographic saliency map that codes for the conspicuousness of locations in the visual field in terms of generalized center-surround operations. This map would derive its input from the individual feature map and give a very “biased” view of the visual environment, emphasizing locations where objects differed in some perceptual dimension, i.e. color, motion, depth, from objects at neighoring locations»192.

191 Koch, C., The quest for consciousness; cit. pp. 161-162.