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LA NEUROPSICOLOGIA DELL’ATTENZIONE

2 LA RELAZIONE TRA ATTENZIONE E COSCIENZA

2.1 LA NEUROPSICOLOGIA DELL’ATTENZIONE

Le ricerche nell’ambito della neuropsicologia clinica, ossia il settore che si occupa di studiare gli effetti delle lesioni cerebrali sui processi cognitivi come il linguaggio, la memoria ed il ragionamento, diedero un contributo sostanziale all’indagine sui meccanismi dell’attenzione. Infatti, gli esperimenti condotti sui pazienti affetti da tali lesioni hanno permesso di avanzare degli iniziali tentativi di localizzazione cerebrale dei processi cognitivi, compito che è stato successivamente portato avanti dalle tecniche moderne di neuroimmagine. Per quanto riguarda la ricerca sui processi attentivi, ad esempio, furono rilevanti gli studi condotti per la comprensione del disturbo denominato «negligenza spaziale unilaterale» o anche «sindrome neglect». Esso è un disturbo associato a lesioni della corteccia parietale, temporale e frontale e si manifesta con la difficoltà da parte del paziente di orientare la propria attenzione verso gli oggetti presenti nel campo visivo controlaterale alla lesione; nel caso di un danno alla corteccia cerebrale sinistra, quindi, per il soggetto sarà più difficile percepire ed avere coscienza degli stimoli presenti nel suo campo visivo destro. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, il neglect deriva da una lesione all’emisfero destro, dato che in esso hanno origine i principali collegamenti neurali da cui dipende l’attenzione spaziale.

Un fenomeno simile e spesso associato al neglect è quello dell’«estinzione», per cui il paziente non è capace di rilevare un oggetto controlesionale quando ne è presente uno, altrettanto saliente, nel campo ipsilesionale. Ciò significa che, quando si presentano degli stimoli importanti in entrambi i campi visivi, tra di essi si crea una

competizione per ottenere il focus dell’attenzione; il disturbo dell’estinzione comporta che l’oggetto controlesionale perda tale competizione. A differenza del neglect, tuttavia, il paziente non dimostra alcuna difficoltà a percepire gli oggetti controlesionali quando non si presentano degli stimoli conflittuali. Sia il fenomeno del neglect che quello dell’estinzione sono stati esaminati dagli studiosi dell’attenzione perché evidenziano un collegamento tra le lesioni cerebrali alla corteccia parietale posteriore e la capacità dell’attenzione di orientarsi verso il campo visivo controlesionale o, più generalmente, di rilevarvi gli stimoli visivi presenti.

Nel 1984, infatti, nell’articolo «Effects of parietal injury on covert orienting of attention»142 Posner analizzò questi fenomeni collegandoli alla sua ricerca sull’orientamento dell’attenzione che ho esposto nel paragrafo precedente ed applicandovi gli esperimenti che facevano uso dei suggerimenti visivi validi, invalidi e neutrali. Lo scopo dell’articolo di Posner e degli altri autori era quello di esaminare gli effetti delle lesioni parietali posteriori143 sul covert orienting dell’attenzione, ossia l’orientamento che ha luogo senza il movimento della testa e degli occhi e che ha come vantaggio la velocità di elaborazione delle informazioni visive. Uno dei punti di partenza della ricerca consisteva nel concepire l’atto di orientare l’attenzione come composto da tre meccanismi più semplici:

[...]disengaging from the current focus of attention, moving attention to the location of the target, and engaging the target. Consider a person facing a blank

142 Posner, M.I., Walker, J.A., Friedrich, F.J., Rafal, R.D. (1984) Effects of parietal injury on covert orienting of attention, The Journal of Neuroscience, 4(7), pp. 1863-1874.

143 «Both the monkey and patient studies suggest that parietal cells are closely involved in attention in some way. However, they have not provided us a detailed account of exactly how these areas of the brain control visual attention». Ivi, p. 1863.

visual display. If a cue is given to expect a target at some location and sufficient time is also given to orient attention there, then the only remaining operation required when the target appears is to engage it. If the person facing the blank screen is given no cue, when the target arrives attention must be moved to the target location, and then the target can be engaged. Finally, if a cue is first given and a target subsequently appears at a location other than the cued one, the person must first disengage attention from the cued location, move it to the target location, and engage the target144.

Stando a tale presupposto, la tecnica del suggerimento visivo di Posner applicata ai pazienti con danni alla corteccia parietale posteriore, dovrebbe ottenere dei risultati che evidenzino una difficoltà maggiore e, quindi, un aumento dei tempi di reazione nei casi di suggerimento neutrale e di suggerimento invalido. Nella prima condizione, infatti, le operazioni da compiere sono due, ossia il movimento dell’attenzione verso il luogo in cui si trova il target e l’approccio al target; nella condizione di suggerimento errato, invece, si aggiunge anche il distaccamento dall’attuale focus dell’attenzione. L’esito dell’esperimento, infatti, rilevò dei tempi di reazione minori nei casi di suggerimento valido e maggiori nelle altre due condizioni; oltre a ciò, è importante specificare che, mentre l’effetto di facilitazione dato dal suggerimento valido era simmetrico, il rallentamento causato dalla condizione neutrale e da quella invalida mostrava delle differenze consistenti in tempi di reazione marcatamente maggiori quando il target appariva nel campo visivo controlaterale, evidenziando, così, un fenomeno simile a quello dell’estinzione.

Nelle loro conclusioni gli autori esprimono una sorta di scetticismo nel considerare la corteccia parietale posteriore coinvolta in tutti i tre meccanismi dell’orientamento dell’attenzione: essa sembrerebbe, piuttosto, avere un ruolo importante solo per il distaccamento dell’attenzione dal focus attuale. Nel caso del movimento dell’attenzione verso il target dovrebbero, invece, essere coinvolte altre strutture cerebrali: «If parietal lesions affected this component, we would expect attention to move slowly to contralateral cues irrespective of the degree to which attention was engaged at its current focus. Since no such effects are found on valid trials, it appears that the parietal lesion is not slowing the attention movement»145.

La sindrome del neglect è stata definita da Kenneth Heilman146 in questo modo: «Neglect is the failure to report, respond, or orient to meaningful or novel. This failure is primarily for stimuli or actions that occur on the side cotralateral to a hemispheric lesion. If this failure can be accounted for by either an elemental sensory or motor defect, then the failure is not considered to be neglect»147. Ed infatti l’aspetto interessante di questo fenomeno consiste proprio nel fatto che i recettori sensoriali visivi dei pazienti sono totalmente funzionanti; ossia, la mancanza di consapevolezza degli stimoli presentati nel campo controlesionale non dipende da una lesione a livello sensoriale. Alcuni studiosi hanno tentato di dare una spiegazione a questo fenomeno sostenendo che il processo percettivo, sebbene si fondi principalmente sulla capacità del soggetto di ricevere gli input esterni tramite i recettori sensoriali, dipende anche dalla possibilità di dirigere l’attenzione verso ciò che ci interessa maggiormente. Dunque, nel

145 Ivi, p. 1872.

146 Heilman, K. M., Valenstein, E., Watson, R. T. (2000) Neglect and related disorders, Seminars in

Neurology, 20(4), pp. 463-70.

caso dei pazienti affetti da neglect questa possibilità sarebbe fortemente e patologicamente limitata allo spazio ipsilesionale: «It is tempting to suggest that such patients may neglect left-sided information because their attention is pathologically locked onto right-sided information»148.

Non tutte le ipotesi riguardanti le cause del neglect si riferiscono ad un disturbo dell’attenzione; alcune, infatti, identificano il problema con l’incapacità di costruire delle rappresentazioni interne dello spazio controlesionale, come si cerca di dimostrare nell’esperimento di piazza del Duomo di Milano di Edoardo Bisiach e Claudio Luzzatti149. In esso erano stati coinvolti dei pazienti affetti da sindrome neglect che avevano familiarità con la struttura del Duomo di Milano; ad essi veniva richiesto di immaginarsi in punti diversi della piazza e di descrivere ciò che vedevano, anche se non vi si trovavano fisicamente. Come risultato gli autori ebbero soltanto delle descrizioni della parte destra, secondo il punto di vista del soggetto, della piazza; tuttavia, se venivano uniti tutti i punti di vista con le relative descrizioni ciò che ne risultava era un’immagine completa della piazza. Questo dimostrava che i soggetti conoscevano l’intera struttura della piazza ma riuscivano a creare una rappresentazione interna solo della parte ipsilesionale, ossia quella destra.

Il fenomeno dell’estinzione farebbe propendere, invece, per una spiegazione di tipo attenzionale. Come abbiamo visto, nei pazienti che soffrono della sindrome dell’estinzione non è possibile avere coscienza degli stimoli nello spazio controlesionale quando è presente una situazione di competizione con degli stimoli ipsolesionali. Tale fenomeno fornisce un chiaro esempio della propensione dell’attenzione a rimanere 148 Driver, J., Vuilleumier, P. (2001) Perceptual awareness and its loss in unilateral neglect and

extinction, Cognition, 79, pp. 39-88, cit. p. 49.

orientata verso lo spazio ipsilesionale: «We take the position that while extinction is by no means the whole story for neglect, it encapsulates a critical general principle that applies for most aspects of neglect, namely that the patients’ spatial deficit is most apparent in competitive situations, where information further towards the “good” ipsilesional side comes to dominate information that would otherwise be acknowledged towards the contralesional side»150.

Molti studi hanno rivelato che le informazioni presenti nel campo controlaterale, di cui il soggetto è inconsapevole, vengono comunque elaborate ad un livello preattentivo. A questo stadio, in situazioni normali e non patologiche, avviene un’analisi degli input sulla cui base viene fondata la scelta da parte dell’attenzione riguardo a quali di essi meritano di arrivare alla coscienza del soggetto. I pazienti affetti dalle sindromi del neglect e dell’estinzione, come abbiamo visto, non hanno tale possibilità di scelta in quanto l’attenzione è patologicamente rivolta allo spazio ipsilesionale. Nonostante ciò, è stato dimostrato tramite numerosi esperimenti che l’analisi preattentiva ha luogo e che, in alcuni casi specifici, può arrivare a modulare o impedire l’estinzione visiva.

Un esempio è dato dalla dimostrazione che i meccanismi preattentivi di raggruppamento continuano ad operare anche nello spazio controlaterale alla lesione; infatti, nelle situazioni in cui i due stimoli in competizione possono essere percepiti come un’unità piuttosto che come due entità distinte, il fenomeno dell’estinzione viene ridotto ed il paziente può arrivare a percepire anche la parte dell’oggetto situata nello spazio controlesionale. Jon Driver e Patrik Vuilleumier notano che l’esito di questi test indica l’esistenza di un tipo diverso di fenomeno dell’estinzione e del neglect, infatti:

«[…] “preattentive” grouping processes still take place on contralesional inputs despite the lesion and associated spatial bias of the patients, and that visual extinction reflects “attentional” competition between segmented objects, not just between particular points on the retina»151.

In questo caso si fa riferimento all’object-based neglect, differente da quello a cui ci siamo riferiti fino ad ora (negligenza spaziale), e nato dalla necessità di differenziare un fenomeno che, per la sua complessità e varietà, non poteva più essere concepito come unitario. La distinzione è stata definita da Robin Walker nei seguenti termini: «Spatial neglect is indicated by a tendency to omit stimuli located on the contralesional side of space. In these cases space is defined in egocentric co-ordinates, i.e. with respect to a retinotopic, head or body-centred frame of reference. Neglect can also occur in allo- centric coordinates and affects the contralesional side of an individual object regardless of the spatial position of that object. This form of neglect has been termed object-based neglect»152.

I primi casi descritti di consapevolezza inconscia degli stimoli controlaterali si ebbero proprio nel contesto degli studi sull’estinzione visiva. Nell’articolo di Bruce Volpe, Joseph Ledoux e Michael Gazzaniga del 1980153, per esempio, lo scopo era di mostrare come gli stimoli che non venivano percepiti dal paziente potevano comunque essere utilizzati da essi per un compito che dovevano svolgere. L’esperimento condotto dagli autori consisteva nel presentare a quattro pazienti affetti da estinzione visiva un oggetto sia nella parte sinistra che in quella destra del punto di fissazione; i pazienti

151 Ivi, p. 54.

152 Walker, R. (1995) Spatial and Object-based neglect, Neurocase. The neural basis of cognition, 1(4), pp. 371-383; cit. p. 372.

153 Volpe, B. T., Ledoux, J., Gazzaniga, M. S. (1980) Information processing of visual stimuli in an “extinguished” field, Nature, 282, pp. 722-724.

dovevano successivamente tentare di identificare gli oggetti in questione e affermare la loro uguaglianza o diversità. I pazienti numero uno e due sostennero di non poter effettuare alcuna comparazione perché nel campo visivo sinistro non era stato presentato alcuno stimolo; tuttavia, quando furono incoraggiati a tentare una risposta, questa si rivelò essere esatta anche se non riuscirono a dare un nome all’oggetto controlesionale. Ciò dimostra che i pazienti non erano consapevoli di avere visto qualcosa nel campo controlaterale e che, tuttavia, l’informazione inconscia era stata percepita ed usata nel giudizio sull’uguaglianza:

Yet, it is clear that some features of the extinguishes stimuli were attended to and perceived, for the “same/different” judgments were accuratley made on the basis of these stimuli. It thus becomes difficult to assert that the so-called extinguished stimulus is extinguished at all. Rather, this disturbance seems to involve a selective break-down in a mechanism through which information which is attended to and perceived reaches some level of neuronal processing which allows for verbal description, if not conscious awareness154.

Questo esperimento può essere paragonato a quelli, precedentemente discussi, condotti con l’utilizzo della tecnica dell’ascolto dicotico, in quanto si propone di verificare l’esito delle informazioni escluse dall’attenzione, anche se in questo caso si tratta di un’esclusione patologica e non dettata dalla volontà di selezionare alcune informazioni piuttosto che altre. L’esito di tale test fece emergere tutte quelle problematiche che abbiamo già esaminato, tra cui quella riguardante il livello di

elaborazione dell’informazione inconscia. Infatti, nonostante sia evidente dall’esperimento di Volpe, Ledoux e Gazzaniga che vi sia «[…] a dissociation between phenomenal experience of the visual stimuli (absent) and their neural processing (present)»155, in quanto l’informazione inconscia risulta comunque capace di guidare le scelte e i comportamenti dei pazienti, risulta poco chiaro se tale informazione rimane al livello dell’elaborazione sensoriale o raggiunge quello dell’analisi semantica. Nel caso sopra descritto, infatti, potremmo benissimo sostenere che la decisione presa dai pazienti sull’uguaglianza o differenza dei due stimoli si sia basata su un’analisi delle sole caratteristiche fisiche.

Quello che risulta da altri esperimenti, invece, rivelerebbe la capacità di estrarre inconsciamente anche il significato di un target controlesionale. Un esempio è fornito dal test condotto da Peter Halligan e John Marshall nel 1988156 nell’ambito dello studio del neglect. Esso consisteva nel mostrare ad una paziente due immagini, separate verticalmente, rappresentanti una casa, con l’unica differenza che in una di essa la casa era circondata da fiamme nel suo lato sinistro, corrispondente al campo visivo controlesionale della paziente. Quando le fu chiesto di identificare le due immagini rispose in entrambi i casi che si trattava di una casa, quando le domandarono se ci fosse qualcosa di strano in quelle rappresentazioni disse di no e quando dovette dare un giudizio sulla loro uguaglianza sostenne che le due immagini erano identiche. Infine, le fu chiesto in quale delle due case avrebbe preferito vivere: «She thought this a silly question (“because they’re the same”), but when forced to make a response, chose the

155 Berti, A. (2002) Unconscious processing in neglect, In Karnath, H., Milner, D., Vallar, G. (eds.), The

cognitive and neural bases of spatial neglect, Oxford: Oxford University Press, pp. 313-326.

156 Halligan, P. W., Marshall, J. C. (1988) Blindsight and insight in visuospatial neglect, Nature, 336(6201), pp. 766-767.

non-burning house on 9/11 trials»157. In questo caso risulta chiaro come l’informazione costituita dalle fiamme sulla parte sinistra dell’immagine venga analizzata preattentivamente non solo da un punto di vista sensoriale. Infatti, a differenza dell’esperimento precedente, non si trattava semplicemente di tentare una risposta su quale delle due case fosse affiancata dalle fiamme, bensì di operare una decisione, come quella su quale casa si preferirebbe vivere, che implica la conoscenza di cosa comportano delle fiamme vicino ad una casa e, quindi, del significato di quell’immagine.

Per quanto riguarda la questione dell’elaborazione inconscia il neglect può essere paragonato ad un altro disturbo neuropsicologico, ossia il blindsight (visione cieca), che è causato da una lesione alla corteccia visiva primaria. Il fenomeno venne descritto per la prima volta nel 1973158 da Ernst Pöppel, Richard Held e Douglas Frost; ma il termine

blindsight fu coniato dallo psicologo inglese Lawrence Weiskrantz che negli anni '80

condusse degli esperimenti che consistevano nell'inviare stimoli visivi nella zona cerebrale compromessa dei pazienti, i quali dovevano provare ad indicare con il dito la posizione del target visivo, nonostante affermassero di non avere visto niente. I risultati furono positivi, ed evidenziarono una stretta correlazione tra la posizione dello stimolo e l'indicazione dei pazienti. Gli esperimenti di Weiskrantz avvalorarono l'ipotesi, che vedremo meglio in seguito, circa l'esistenza di due percorsi visivi: uno “dorsale”, impiegato nella localizzazione degli oggetti e nei movimenti, filogeneticamente più arcaico (via del “dove”); uno evolutosi più recentemente, quello “ventrale”, addetto

157 Ivi, p. 766.

158 Pöppel, E., Held, R., Frost, D.O. (1973) Residual visual function after brain wounds involving the central visual pathways in man, Nature, 243(5045), pp. 295-296.

all'identificazione e categorizzazione degli stimoli (via del “cosa”). La lesione di quest'ultima via comporterebbe, come abbiamo già visto, la perdita della visione cosciente.

Ciò che permette di paragonare il neglect con il blindsight è il fenomeno per cui in entrambi i casi i pazienti non sono coscienti degli stimoli controlaterali ma, come abbiamo visto, si verifica comunque una loro elaborazione e analisi. Ciò che distingue, tuttavia, le due patologie e l’approccio degli psicologi al loro studio deriva dalla natura delle lesioni che le provocano. Infatti, nel caso del blindsight il danno è collegato ai centri visivi primari, per cui il danneggiamento parziale della visione risulta essere una conseguenza piuttosto ovvia; così non è, invece, nei pazienti neglect, dove le aree visive primarie rimangono perfettamente intatte. Ciò che rende interessante il fenomeno del

blindsight sono proprio i residui inconsci di visione, mentre per quanto riguarda il neglect la vera sfida sta nel capire come sia possibile non avere visione controlaterale

nel momento in cui i centri sensoriali dedicati alla vista funzionano. Ossia: «[…] while the challenge in blindsight is that of explaining the possibility of processing (unconsciously) visual stimuli despite the well-documented visual field defect, in neglect the question is why patients do not report stimuli that can be physiologically processed, at least by visual occipital areas»159.

Secondo alcuni autori il fenomeno del neglect dovrebbe essere considerato come un disturbo della consapevolezza spaziale: le aree cerebrali danneggiate in tali pazienti sono, come abbiamo visto, quelle parietali dove risiederebbe la cosiddetta via dorsale, o via del “dove”, mentre la via ventrale rimane illesa. Questo permetterebbe ai pazienti

che soffrono di questo disturbo di riuscire a percepire, seppure in modo inconscio, le forme degli oggetti controlesionali e di categorizzarli: «[…] the demonstration that neglect patients can process visual shape presented to the neglected side to a very high level of elaboration is not surprising when one considers the functional-anatomical organisation of the visual cortical system»160. L’impossibilità, invece, di orientare i propri movimenti verso quella porzione di spazio e di collocare in senso spaziale quegli oggetti impedirebbe al soggetto di averne coscienza, ponendo, quindi, la localizzazione spaziale dello stimolo come condizione necessaria per la consapevolezza. Quest’ultima dipenderebbe dall’attività congiunta di una serie di mappe percettive e motorie che hanno luogo nella via dorsale dell’elaborazione visiva; pertanto un danno ad una o ad alcune di queste mappe causerebbe la mancata attivazione della rappresentazione ventrale dello stimolo nella coscienza.

Tuttavia, neppure la localizzazione spaziale da sola può garantire al soggetto la