Esaurito lo scambio degli atti introduttivi il procedimento potrebbe sarebbe già, teoricamente, idoneo a concludersi senza che sia necessario lo svolgimento di ulteriori fasi.
Il giudice potrebbe, infatti, ritenere la causa matura per la decisione a
seguito della sola trattazione scritta ed emanare la sentenza nei trenta giorni279
successivi alla ricezione della replica del convenuto ovvero, nell’ipotesi di proposizione di una domanda riconvenzionale da parte dello stesso, entro trenta
giorni dalla ricezione della replica dell’attore280
.
Ulteriori ipotesi di decisione “immediata” si hanno nel caso di mancata replica, entro i termini, del convenuto alla domanda introduttiva dell’attore e dell’attore alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto. In tali
contestazione del controcredito da parte dell’attore fa dunque sorgere una causa pregiudiziale che, dovendo essere decisa con efficacia di giudicato, determina uno spostamento di competenza a favore del giudice superiore. Diversamente, a norma di quanto prescritto nel considerando n. 17, anche in caso di contestazione da parte dell’attore non si procederebbe con l’accertamento ma il controcredito dovrebbe essere fatto valere sempre in via di eccezione. Sul tema cfr., amplius, D’ALESSANDRO, op. cit., pp. 38-42, la quale rappresenta, altresì, la conseguenza connessa al ritenere non esaustiva la disciplina contenuta nel considerando n. 17. In tal caso verrebbe ad applicarsi l’art. 19 del Regolamento in esame, in base al quale, per quanto non disposto in via regolamentare, al rito europeo si applica il diritto processuale dello Stato membro in cui si svolge il processo. La conseguenza che l’autrice ne ricava è che «quando il processo si svolga in Italia, in
caso di contestazione del controcredito e di mancato assorbimento dell’eccezione di compensazione, dovrebbe applicarsi la previsione dell’art. 35 c.p.c., con la consequenziale e necessaria trasformazione dell’eccezione di compensazione in domanda».
279 Il termine ha carattere ordinatorio, considerata la clausola di cui all’art. 14, par. 3, che fa riferimento all’impossibilità dell’organo giurisdizionale di rispettarlo e prevede, in tale ipotesi, che egli debba comunque adottare «nel minor tempo possibile» il provvedimento richiesto dalla norma.
280
Il regolamento nulla dice riguardo ai criteri di giudizio che il giudice deve applicare nella decisione sulle small claims, ossia se egli debba decidere secondo diritto oppure secondo equità e, nel silenzio delle norme, è verosimile ritenere che la questione vada risolta in base alla lex fori. Per quel che concerne l’ordinamento italiano verrebbe, dunque, in rilievo l’art. 113, 2° comma, c.p.c. in base al quale il giudice di pace decide secondo equità le cause il cui valore non eccede 1.100,00 euro. Pertanto, le controversie transfrontaliere sottoposte al rito europeo potranno essere decise con giudizio equitativo solo qualora il loro valore si mantenga entro il menzionato limite.
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circostanze il giudice dovrà pronunciarsi con sentenza, rispettivamente, sulla
domanda principale o sulla domanda riconvenzionale281.
Nel caso in cui l’organo giurisdizionale ritenga di non poter decidere allo stato degli atti potrà disporre l’espletamento di attività integrative, ossia: a) richiedere alle parti ulteriori dettagli in merito alla controversia entro un periodo di tempo determinato, non superiore a trenta giorni; b) assumere le prove ai sensi dell’art. 9 del regolamento; c) ordinare la comparizione delle parti ad un’udienza nei successivi trenta giorni.
Tale ventaglio di possibilità rimesso alla discrezionalità dell’autorità giurisdizionale rappresenta, con tutta evidenza, un elemento di flessibilità del procedimento, il quale può modularsi a seconda delle circostanze del caso, contemperando le esigenze, spesso configgenti, di una giustizia rapida e, ciò
nondimeno, equa282.
Nonostante la regola sia rappresentata da un processo che si svolge in
forma scritta, il giudice può, dunque, decidere di tenere un’udienza283
e la dispone o motu proprio, ritenendola necessaria, oppure su richiesta di una delle parti.
Occorre, tuttavia, precisare che, anche in tale ultima ipotesi, egli comunque mantiene un autonomo potere decisionale.
Infatti, allo scopo di prevenire finalità meramente dilatorie delle parti, è espressamente previsto che il giudice possa disattendere la volontà da loro
espressa fissando l’udienza solo se non manifestamente superflua284 per l’equa
281 Cfr. art. 7, par. 3, Regolamento n. 861/2007. Sul punto cfr., inoltre, ASPRELLA, op. cit., p. 39 e KRAMER, op. cit., p. 113.
282 SALOMONE, Il regolamento CE n. 861/2007 sul procedimento per le controversie di
modesta entità e le ADR in ambito comunitario, in BIAVATI-LUPOI (a cura di), Regole europee e
giustizia civile, Bologna, 2008, p. 140, riconnette alla flessibilità del procedimento «una garanzia di adeguata trattazione della causa e di celere svolgimento del giudizio».
283 Lo svolgimento di un’udienza nell’ambito dei procedimenti relativi a controversie di modesto valore economico è prevista, come si è già avuto modo di osservare, in diversi Stati membri, tra i quali la Spagna (ove la vista assume un ruolo centrale nell’iter processuale, in quanto è in quella sede che si definiscono thema decidendum e thema probandum) e l’Italia (ove non è insolito che avanti il giudice di pace si svolgano anche diverse udienze).
284 POZZI, op. cit., p. 623, lamenta la poca chiarezza del criterio, sostenendo che, in ogni caso, la superfluità non potrà essere rapportata al valore della lite che è sempre modesto; piuttosto il giudizio dell’autorità giurisdizionale dovrà tenere conto di altre circostanze, quali la complessità
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trattazione del procedimento285. Il rigetto della richiesta deve essere motivato
dall’autorità giurisdizionale per iscritto, con un provvedimento non
autonomamente impugnabile286.
È interessante osservare come, solo in caso di svolgimento dell’udienza, sia data al giudice l’effettiva possibilità di applicare il disposto di cui all’art. 12, par. 3, del Regolamento in virtù del quale l’organo giurisdizionale ha l’opportunità di tentare la conciliazione tra le parti. Tale attività non sarà invece concretamente attuabile laddove, come dovrebbe fisiologicamente accadere, non si tengano udienze e il processo si svolga solo con uno scambio di memorie scritte
e l’ingresso in causa di prove precostituite287
.
Al fine di contenere costi e tempi del procedimento, il regolamento
prevede288 che l’udienza eventualmente disposta possa essere tenuta tramite
videoconferenza o altri mezzi tecnologici di comunicazione, ove disponibili. La previsione sconta un evidente ostacolo di carattere pratico, atteso che gli Stati membri, almeno in via generale, non sono ancora dotati di strumenti che consentano ai soggetti coinvolti nel procedimento di non presenziare fisicamente alle discussioni orali289.
Il rischio, intuibile, è quello di depotenziare l’efficacia delle previsioni
della controversia e «il particolare bisogno di aiuto che abbia una delle parti, specie se non sia
assistita da un legale».
285 Sulla proposta originaria del Consiglio, orientata ad ascrivere in capo al giudice il dovere di fissare un’udienza se richiesta dalle parti, cfr.KRAMER, op. cit., p. 112.
286 Sulla precisazione che il rigetto potrà essere impugnato solo insieme alla sentenza che definisce la controversia, cfr. ASPRELLA, op. cit., p. 38.
287
Cfr. in argomento, D’ALESSANDRO, op. cit., p. 88. 288 Cfr. art. 8 del Regolamento n. 861/2007.
289 Il problema dimostra di essere noto alle istituzioni dell’Unione europea che, non a caso, nel
considerando n. 20 del regolamento in esame, auspicano che gli Stati membri incoraggino l’uso di
moderne tecnologie di comunicazione.
Muovendo dalla considerazione che l'uso di un sistema elettronico in questo settore permette di ridurre i tempi delle procedure e i costi di funzionamento, a vantaggio dei cittadini, delle imprese, degli operatori di giustizia e dell'amministrazione della giustizia, le istituzioni sono intervenute adottando il Piano d’azione pluriennale 2009-2013 in materia di giustizia elettronica europea (GUUE n. C 75/1 del 31 marzo 2009). Tale piano prevede il miglioramento dell’utilizzo delle tecnologie di videoconferenza, in particolare per quel che concerne l’assunzione delle prove, e fa esplicito riferimento a iniziative atte ad incidere nell’ambito della procedura di ingiunzione di pagamento e del procedimento per la composizione delle controversie di modesta entità.
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regolamentari in termini di economicità e celerità del procedimento, costringendo le parti a sopportare le prevedibilmente gravose spese delle trasferte, di certo sproporzionate rispetto al valore della lite.
Per quanto riguarda l’eventuale fase di istruzione probatoria, il
Regolamento dispone, all’art. 9, un rinvio alla lex fori290
per quel che concerne l’ammissibilità (e l’assunzione) delle prove, le quali devono essere determinate in base alle regole processuali degli Stati membri dove si svolge il giudizio.
Ciò nondimeno la normativa europea prevede alcuni principi generali da osservare in materia.
Innanzitutto, essa attribuisce un importante ruolo direttivo al giudice, alla cui discrezionalità è rimessa l’individuazione delle prove «indispensabili» ai fini della sentenza.
Tale concetto appare, invero, diverso e più “restrittivo” rispetto a quello di
rilevanza che trova applicazione nel nostro ordinamento. Secondo un’opinione per
lo più condivisa291 in dottrina292 e giurisprudenza293 una prova è indispensabile
quando è, di per sé sola, idonea a definire la controversia ed ha «un’influenza
causale più incisiva rispetto alle prove semplicemente rilevanti».
290 Sulla necessità di prevedere norme uniformi a livello europeo relativamente ai mezzi di prova e alla loro ammissibilità, cfr. TARZIA, L’ordine europeo del processo civile, in Riv. dir.
proc., 2001, p. 933.
291 In senso contrario ad una distinzione tra prove indispensabili e rilevanti, cfr. PROTO PISANI,
Lezioni di diritto processuale civile, 5^ ed., Napoli, 2006, p. 49; CAVALLONE, Anche i documenti
sono “mezzi di prova” agli effetti degli artt. 345 e 437 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2005, p. 1072 ss. 292 CONSOLO, Le impugnazioni delle sentenze e dei lodi, Padova, 2008, definisce una prova “indispensabile” soltanto quando, anche isolatamente considerata, sia in grado di consentire di addivenire alla definizione della controversia.
293 Cfr. Cass., sent. 21 giugno 2011, n. 13606, la quale, interpretando l’art. 345, 3° c., c.p.c., definisce come indispensabili quelle prove che, rispetto alle rilevanti, sono «suscettibili di
un’influenza causale più incisiva». In definitiva, si sostiene, l’indispensabilità «deve essere intesa come capacità di determinare un positivo accertamento dei fatti di causa, decisivo, talvolta, per giungere ad un completo rovesciamento della decisione». In senso analogo, cfr. Cass., sent. 20
giugno 2006, n. 14133, Cass., sent. 19 aprile 2006, n. 9120, in base alle quali un mezzo di prova nuovo è, non soltanto rilevante, ma indispensabile ai fini della decisione, laddove abbia attitudine a dissipare un perdurante stato di incertezza e quindi sia caratterizzato per l’influenza causale più incisiva rispetto alle prove semplicemente rilevanti.
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Sempre sotto un profilo generale, il regolamento in esame si preoccupa di garantire l’economicità della procedura, prescrivendo che l’organo giurisdizionale debba ricorrere al metodo di assunzione delle prove «più semplice e meno
oneroso»294.
Ed in ossequio a tale precetto, la norma in commento, espressamente stabilisce che le perizie o l’escussione di testi, particolarmente dispendiosi anche in termini di durata del procedimento, potranno avere luogo «soltanto se ciò è
necessario ai fini della sentenza» e tenendo conto, nella decisione sul punto, delle
relative spese295.
Ampio spazio viene riservato alle prove atipiche, atteso che si attribuisce al giudice la facoltà di assumere prove tramite dichiarazioni scritte di testimoni, di esperti o delle stesse parti, oppure ancora tramite videoconferenza o altre tecnologie di comunicazione se tali mezzi sono disponibili.
Tale previsione merita qualche riflessione per quanto attiene al rapporto con la nostra legge processuale, atteso che l’attribuzione in capo all’organo giurisdizionale della discrezionalità in ordine all’assunzione delle appena citate prove non può comunque tradursi in una violazione dei principi inviolabili del nostro ordinamento, con la conseguenza che dovrà, in ogni caso, valere «il limite
del corretto impiego delle forme atipiche296».
In altre parole, il giudice non potrà utilizzare come atipiche prove tipiche illegittime perché viziate nella formazione o escluse dalle norme di legge.
I problemi maggiori, in termini pratici, si erano posti nel nostro ordinamento, al momento dell’entrata in vigore dell’atto europeo, in relazione alla possibilità di ricorrere a testimonianze scritte, poiché l’istituto era sconosciuto al
294 Cfr. art. 9, par. 3, Regolamento n. 861/2007, che sul punto richiama il principio espresso dal
considerando n. 20, ove si legge che« l’organo giurisdizionale dovrebbe utilizzare le modalità più semplici e meno costose per l’assunzione delle prove».
295 Una ponderazione con riferimento alle spese, circa l’effettiva esigenza di assumere prove testimoniali e perizie, è richiesta al giudice sulla base della considerazione che l’espletamento di tali prove comporta spesso per la parte soccombente oneri economici rilevanti e di certo sproporzionati in controversie di modesta entità.
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sistema processuale nostrano297, eccezion fatta per quanto prescritto dall’art. 816
297 L’istituto è conosciuto, seppur con caratteristiche che lo rendono sensibilmente diverso da un Paese all’altro, anche in diversi Stati membri.
L’applicazione probabilmente più “compiuta” della testimonianza scritta si riscontra in Francia ove la attestation, regolata dagli artt. 200-203 CPC, si pone come modalità alternativa di assunzione della testimonianza, introdotta al fine di accelerare i tempi del processo. A differenza di quanto accade in altri ordinamenti (come ad esempio quello inglese) ove la testimonianza scritta viene assunta sempre e comunque all’interno del processo, nel sistema francese essa può essere rappresentata anche da una dichiarazione resa fuori o, addirittura, prima del processo. Non a caso, infatti, l’art. 200 CPC prevede che le attestations siano prodotte o direttamente dalle parti o su richiesta del giudice («Les attestations sont produites par les parties ou à la domande du juge»), e contempla l’ipotesi che l’iniziativa venga intrapresa dallo stesso testimone, tanto che il secondo comma di detta norma stabilisce che il giudice deve comunicare alle parti le attestations che siano state inviate direttamente a lui («Le juge communique aux parties celles [attestations] qui lui sont
directement adressés»). Molto deformalizzata è la modalità di assunzione di tale prova, che può
consistere anche in dichiarazioni rese spontaneamente da terzi, non è vincolata a quesiti previamente dettati dalle parti o dal giudice, essendo richiesto unicamente che il testimone renda la propria dichiarazione con riferimento a fatti che ha constatato personalmente («L’attestation
contient la relation des faits auxquels son auteur a assisté ou qu’il a personnellement constatés»,
art. 202, 1° comma, CPC). Al giudice è comunque riservato un potere di controllo, atteso che egli può, dopo aver letto l’attestation, convocare il testimone per assumerne oralmente le dichiarazioni. In Germania l’iniziativa di assumere la testimonianza scritta, disciplinata dal § 377 ZPO, spetta unicamente al giudice e non subisce particolari limitazioni al proprio ambito di applicazione. Tuttavia il terzo comma della norma citata impone all’organo giurisdizionale di valutare, nella scelta di adottare l’istituto in esame, la natura della causa e la persona da interrogare, così ponendo un limite alla sua discrezionalità. In sostanza il giudice dovrà valutare quale, tra la testimonianza orale e quella scritta, sia, nel caso concreto, la modalità migliore di assunzione della prova, sia con riferimento ai fatti oggetto della deposizione, sia alla persona che deve renderla. Abbastanza semplificata è la modalità di assunzione della prova, atteso che il teste si limita a formulare la
schriftliche Beantwortung (risposta scritta) alla Beweisfrage (richiesta di prova) disposta dal
giudice; quest’ultimo deve avvertire il teste della possibilità di citarlo a comparire per rendere in giudizio una deposizione orale.
L’istituto della testimonianza scritta non è espressamente previsto in Spagna ma l’art. 381 LEC prevede un particolare mezzo di prova, le cd. respuestas escritas a cargo de personas jurídicas y
entidades pública (risposta scritta a carico delle persone giuridiche e degli enti pubblici), che
presenta elementi di affinità con esso. Tale prova, che si forma su iniziativa della parte interessata, deve comunque essere ammessa dal giudice il quale, come stabilito dal secondo comma della menzionata norma, determina e individua le questioni che devono essere oggetto delle dichiarazioni della persona giuridica o dell’ente pubblico.
In Inghilterra la testimonianza scritta è largamente utilizzata e viene assunta, a differenza di quanto si è visto accadere in Francia, sempre all’interno del processo, sebbene unicamente nella fase di pre-trial – ove assurge a forma tipica di assunzione della testimonianza – rimanendo invece esclusa nel trial (il giudizio vero e proprio) che è fortemente improntato all’oralità. La Part 32 delle CPR stabilisce, infatti, espressamente che «The general rule is that any fact which needs to be
proved by the evidence of witness is to be proved – a) at trial, by their oral evidence given in public; and b) at any other hearing, by their evidence in writing». Ne consegue che la
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ter c.p.c. in materia di procedimento arbitrale298. In virtù dei principi espressi dal nostro codice di rito la testimonianza doveva, infatti, essere assunta in contraddittorio con la controparte e solo tramite audizione del teste in udienza.
L’impasse è stato superato con la recente riforma del processo civile ad opera della legge n. 69 del 18 giugno 2009, che ha introdotto l’istituto della
testimonianza scritta come mezzo di prova all’interno del procedimento civile299
.
prova, quanto piuttosto un elemento propedeutico alle contestazioni in sede di cross-examination della testimonianza assunta oralmente nel trial. Molto articolata, soprattutto sotto l’aspetto formale, è la disciplina inglese di assunzione del cd. witness statement, stabilita dalla Practice
Direction 32 CPR (che regola persino il formato della carta e i margini da utilizzarsi). Al testimone è fatto obbligo di indicare le fonti del proprio convincimento e di apporre, alla fine della dichiarazione, il cd. statement of truth, con cui egli dichiari la veridicità dei fatti descritti nel
witness statement.
Istituto sui generis, ben distinto dalla testimonianza scritta assunta all’interno del giudizio, è il cd. affidavit, ossia una dichiarazione stragiudiziale, scritta e volontaria, resa sotto giuramento e sottoscritta alla presenza di un pubblico ufficiale in grado di autenticare la firma dell’affiant, circa la verità di determinati fatti. Sull’argomento cfr. DE VITA, voce Affidavit, in Dig., IV ed., disc.
priv., sez. civ., Torino, 2004.
298 Introdotto inizialmente all’art. 819 ter con la legge n. 25 del 1994, l’istituto della testimonianza scritta in materia arbitrale è oggi disciplinato dall’art. 816 ter, il quale dispone che gli arbitri possono decidere di assumere la deposizione richiedendo al testimone di fornire per iscritto la risposta a determinati quesiti nel termine stabilito dagli arbitri stessi. La novità legislativa era stata criticata da una parte della dottrina (cfr. RICCI-RUOSI, Assunzione delle
testimonianze, in TARZIA-LUZZATO-RICCI, Legge 5 gennaio 1994, n. 25, Padova, 1995, p. 517 ss.) che aveva ritenuto la norma in contrasto con l’art. 24, 2° comma, Cost., poiché l’assunzione della prova con tali modalità, oltre a violare i principi dell’immediatezza e dell’oralità, viene sottratta al contraddittorio. Secondo altra parte della dottrina (cfr. CARPI, Il procedimento dell’arbitrato
riformato, in Riv. arb., 1994, p. 659; CECCHELLA, Disciplina del processo dell’arbitrato, in Riv.
arb., 1995, p. 213) la disposizione arbitrale non configgeva con i principi costituzionali poiché alla
testimonianza scritta doveva riconoscersi valore di prova atipica o di argomento di prova. In generale, sull’art. 816 ter c.p.c., cfr. RUBINO-SAMMARTANO, Il diritto dell’arbitrato, Padova, 2006, p. 766; DANOVI, L’istruzione probatoria nella nuova disciplina dell’arbitrato rituale, in Riv.
dir. proc., 2008, p. 31 ss.; COMOGLIO, Le prove civili, Torino, 2004, p. 150.
299 La disciplina contenuta all’artt. 257 bis, completata per gli aspetti formali dall’art. 103 bis disp. att. c.p.c., prevede due condizioni di ammissibilità per la testimonianza scritta: l’accordo delle parti e l’assenso, discrezionale, del giudice, «tenuto conto della natura della causa e di ogni
altra circostanza». In sintesi, la norma prevede che il giudice – con il provvedimento con cui ha
ritenuto di assumere la deposizione – disponga che la parte che ha richiesto l’assunzione della prova scritta predisponga il modello di testimonianza in conformità ai capitoli ammessi e lo notifichi al teste. Il testimone dovrà compilare tale modello «in ogni sua parte, con risposta
separata a ciascuno dei quesiti». Egli dovrà, inoltre, eventualmente specificare quali sono i quesiti
cui non è in grado di rispondere, indicandone la ragione e potrà anche esercitare la facoltà di astensione, con obbligo di compilazione del modello contenente le sue generalità e i motivi dell’astensione. La deposizione dovrà essere sottoscritta dal testimone (e la sottoscrizione
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Rimangono, invece, le perplessità connesse se non addirittura alla mancanza, quanto meno all’esistenza di un contraddittorio attenuato o posticipato nell’assunzione di tale tipologia di prove.
Nulla quaestio ab origine, invece, con riferimento alle altre due forme di
assunzione delle prove contemplate dall’art. 9, par. 1, del Regolamento n. 861/2007: le dichiarazioni degli esperti possono essere, di fatto, equiparate ad una perizia stragiudiziale oppure ad una relazione ex art. 195 c.p.c.; mentre quelle fornite dalle parti possono valere quali semplici allegazioni contenute negli atti