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La "via italiana" verso l'integrazione scolastica

Nel documento Insegnare con allievi stranieri (pagine 75-78)

LE SCELTE PROGRAMMATICHE DELL'ITALIA

2. La "via italiana" verso l'integrazione scolastica

Le informazioni riferite, pur nella estrema sintesi, offrono un'idea del quadro complessivamente contraddittorio che caratterizza la situazione italiana, in merito all'integrazione degli stranieri e dei loro figli. La questione che qui interessa è quanto questa stessa contraddizione sia presente nella scuola italiana.

Come si è già osservato, le leggi e le circolari specifiche emanate finora hanno confermato, o almeno non hanno mai smentito la scelta interculturale: l'inasprimento della normativa, nei confronti degli stranieri, di cui la legge Bossi-Fini o il "Decreto Sicurezza" sono espressioni, infatti, non modifica le norme contenute nel Regolamento attuativo del Testo Unico per ciò che concerne il diritto allo studio, norme ispirate ai principi affermati dall'Unione Europea, così come lo è il documento intitolato La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni

stranieri pubblicato dal Ministero della P.I. nell'ottobre 2007, nel quale è sintetizzata

in modo chiaro ed articolato la filosofia ufficialmente adottata in relazione alla questione in oggetto.

Leggendo le linee programmatiche in esso indicate, si ha l'inequivocabile impressione che per le autorità scolastiche italiane la prospettiva interculturale costituisca un traguardo irrinunciabile. Nella lettera che il Ministro Giuseppe Fioroni invia ai dirigenti scolastici e agli insegnanti, che precede il testo della pubblicazione, si indica tale scelta distinguendola con chiarezza da qualunque strategia puramente empirica di inserimento il più possibile indolore in un contesto scolastico estraneo:

Adottare la prospettiva interculturale, la promozione del dialogo e del confronto fra culture, significa non limitarsi soltanto ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale. Insegnare in una prospettiva interculturale vuol dire piuttosto assumere la diversità come paradigma dell'identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze.103

Dunque la presenza degli stranieri dovrebbe essere considerata non tanto come un problema ma come un'opportunità per tutti, comunità ospitante compresa, al fine dello sviluppo di nuove categorie di interpretazione e di organizzazione della realtà 103Ministero della Pubblica Istruzione, La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni

stranieri, cit., p. 3.

scolastica (e non solo). Più avanti, il testo riprende le parole del Ministro, aggiungendo infatti significative precisazioni:

Si tratta […] di assumere la diversità come paradigma dell'identità stessa della scuola, nel pluralismo, come occasione per aprire l'intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione. Prendere coscienza della relatività delle culture, infatti, non significa approdare ad un relativismo assoluto, che postula la neutralità nei loro confronti e ne impedisce quindi le relazioni. Le strategie interculturali evitano di separare gli individui in mondi culturali autonomi ed impermeabili, promuovendo invece il confronto, il dialogo ed anche la reciproca trasformazione, per rendere possibile la convivenza ed affrontare i conflitti che ne derivano.104

La posizione ufficiale adottata dall'istituzione scolastica non potrebbe essere espressa più chiaramente: pluralismo, relatività delle culture, dialogo, reciproca

trasformazione sono parole-chiave che esprimono una concezione precisa

dell'integrazione, intesa come processo dinamico che coinvolge tutti i gruppi, sia quello che viene accolto sia quello che accoglie, e che produce arricchimento e modificazioni in entrambi.

Tale concezione deve orientare l'azione didattica e le scelte dei contenuti disciplinari e dei metodi da parte degli insegnanti; a questo aspetto è dedicata un'ampia parte del documento, nella quale vengono individuate dieci linee di azione:

pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola: il momento

dell'accoglienza appare cruciale per un proficuo percorso scolastico, pertanto andrà predisposto con cura dalle scuole, attraverso una ricostruzione della storia personale dell'alunno straniero, l'istituzione di un patto educativo con la famiglia, la definizione di un piano di lavoro individualizzato e la predisposizione di dispositivi di aiuto allo studio anche in tempo extrascolastico;

italiano seconda lingua: dal momento che l'apprendimento dell'italiano

rappresenta una componente essenziale dell'integrazione, appare opportuno articolare gli interventi attraverso una fase organizzativa che prevede, in primo luogo, l'attivazione di laboratori di "Italiano 2" e l'individuazione di facilitatori linguistici esterni (in collaborazione con enti locali, associazioni, università) ed interni alla scuola e, in secondo luogo, una fase glottodidattica che riguarda, tra l'altro, l'elaborazione e la diffusione di modelli operativi e la formazione dei docenti;

104Ivi, p. 9.

valorizzazione del plurilinguismo: oltre alle lingue comunitarie, inglese,

francese, tedesco, spagnolo e al russo, che vengono già insegnate nelle scuole secondo una prassi normale, pare opportuno ripensare l'offerta generale, includendo le lingue parlate dalle collettività di immigrati più consistenti nelle varie aree del paese, in considerazione del fatto che “il mantenimento della lingua di origine è un diritto dell'uomo ed è uno strumento fondamentale per la crescita cognitiva”;

relazione con le famiglie straniere e orientamento: per favorire una scelta

consapevole da parte delle famiglie immigrate, è necessario fornire informazioni adeguate, ricorrendo anche all'intervento di mediatori linguistico-culturali;

relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico: la prospettiva interculturale

respinge gli atteggiamenti assunti in passato da “molti insegnanti”, ispirati o ad una concezione culturalista, che rischia di assolutizzare l'appartenenza etnica degli alunni, o ad una concezione personalista, che sottolinea l'unicità e l'irripetibilità del vissuto identitario. La classe deve diventare invece una zona di mediazione tra le culture e di socializzazione, in cui si opera non solo attraverso una comunicazione fondata sui contenuti, ma anche mediante strategie centrate sulla relazione;

interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi: senza approdare ad un

relativismo assoluto, appare fondamentale sottolineare la necessità di mostrare la varietà dei punti di vista sulla realtà, per combattere l'etnocentrismo. Inoltre, dal momento che il pregiudizio comprende una componente emotiva che non si lascia smentire facilmente da evidenze contrarie, occorre agire sul piano affettivo e relazionale attraverso il contatto degli uni con gli altri, la condivisione di esperienze su un piano paritario, il lavoro per scopi comuni;

prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze: i contenuti di

insegnamento, nelle varie discipline, dovranno essere presentati in modo da favorire la consapevolezza dell'esistenza di strutture e modi di pensare differenti attraverso una contestualizzazione delle tematiche affrontate, evitando l'essenzialismo e l'oggettivizzazione delle culture. Ad esempio, occorrerà “superare le proposte marcatamente identitarie e eurocentriche nel campo dell'insegnamento della storia” e “allargare lo sguardo degli alunni in chiave multireligiosa, consapevoli del pluralismo religioso che caratterizza le nostre società”;

autonomia e reti tra istituzioni scolastiche, società civile e territorio: per evitare

il rischio di una sorta di “localizzazione dei diritti”, implicito nell'esercizio 77

dell'autonomia scolastica, è opportuno diffondere la conoscenza di esperienze positive realizzate dalle scuole in merito alla elaborazione di materiali didattici, al coinvolgimento di associazioni ed enti locali, alla costituzione di reti di scuole, nella consapevolezza che l'integrazione scolastica è solo una parte importante, ma non esaustiva, dell'integrazione complessiva;

ruolo dei dirigenti scolastici: è evidente la funzione strategica svolta in questo

contesto dai dirigenti scolastici, i quali devono farsi carico di una “leadership riconosciuta e autorevole, capace di promuovere un ethos basato sull'apertura e sul riconoscimento reciproco e un'assunzione collettiva di responsabilità rispetto ai temi dell'integrazione, dell'educazione interculturale, delle nuove prospettive della cittadinanza”;

ruolo dei docenti e del personale non docente: risulta parimenti evidente

l'importanza del ruolo dei docenti e di un serio impegno di essi nel rinnovamento della didattica delle singole discipline e nella adozione di metodologie mirate, che privilegino un atteggiamento critico nei confronti della propria cultura e stimolino la scoperta di altri universi culturali, uscendo dai canoni di una trasmissione lineare. Infine, non va trascurato il ruolo svolto dagli operatori amministrativi, tecnici ed ausiliari, i quali spesso costituiscono la prima interfaccia dell'istituzione scolastica con cui i nuovi arrivati si confrontano e che pertanto necessitano anch'essi di una formazione tale da consentire loro di sviluppare adeguate competenze.

Nel documento Insegnare con allievi stranieri (pagine 75-78)