La ‘scienza di realtà’ e la tirannia dell’irrazionale tra Weber e Lask
7 Lask, Weber: la tirannia della realtà
La posizione di Lask, nell’affrontare il concetto di Wirklichkeit, è molto netta nel separare questa nozione da quella dell’oggettualità
(Gegenständ-lichkeit) quale «funzione sintetica dell’intelletto». La realtà viene
identi-ficata con la sensazione e di qui ridotta a irrazionale.
Se si prescinde da ogni elemento concettuale, allora la sensazione ri-mane come ciò che non può essere ‘affatto anticipato’ o determinato a priori, come resto irrazionale. […] Casualità e irrazionalità sono anche l’ultima parola che il razionalismo, che perciò stesso diviene ‘antirazio-nalismo critico’, ha da dire sul problema della realtà empirica e
dell’in-dividuale. Quel che viene qui inteso con ‘realtà’ non può esser scambiato
con la ‘dignità’ dell’oggettualità, che significa piuttosto una necessità dell’intelletto.42
Fermo restando che lo sguardo viene qui limitato alla razionalità dell’in-telletto (e, si badi, alle sue necessità di costruire un suo piano oggettuale con una sua logica autonoma stringente), senza sfiorare il tema della necessità di ragione – proprio della Terza Critica –, che vi sia un accordo tra facoltà tale da permettere di determinare i fenomeni in maniera te-leologica, la ‘realtà’ che non ha lo statuto di Gegenständlichkeit è realtà
41 Weber, «Kritische Studien auf dem Gebiet der kulturwissenschaftlichen Logik», in
Ge-sammelte Aufsätze zur Wissenschaftslehre, p. 253; trad. it., p. 245.
42 Lask, Fichtes Idealismus und die Geschichte, in Gesammelte Schriften, vol. 1, p. 42 (= Sämtliche Werke, vol. 1, pp. 31-32).
abbandonata a se stessa («rigida determinatezza e adamantino esser così [Sosein]»), che si pone come datità tout court, non ulteriormente elaborabile. Questa lettura di Kant fornisce la chiave per il passaggio a Fichte e al riconoscimento della separazione incolmabile tra forme e contenuti, tra universale e particolare. La dura sensazione che fornisce la trama della Wirklichkeit resta irrazionale, impossibilitata a diventare ‘fondamento reale’ – ed è curioso come la lettura che Lask fornisce di Kant ricalchi le parole che, lo si è visto, Weber userà a proposito di come si aderisca ai valori nell’esprimere il Werturteil («un ‘sentire’ e un ‘volere’ del tutto concreto, configurato e composto in maniera quanto mai indivi-duale»). Ma se questa è solo un’analogia di usi terminologici, è il margine di movimento che si gioca nella prassi reale che colpisce: c’è un residuo irrazionale in basso (la sensazione), e uno in alto (la sfera valoriale). La razionalità ha agio nel coniugare il fondamento reale della scienza sociale e l’interesse scientifico strutturante che nasce dal rapporto coi valori. Ma il divario resta.
Per la caratterizzazione logica dell’empirico diviene ora decisivo il rico-noscimento dell’abisso insuperabile per il nostro intelletto tra la forma universale e il contenuto specifico. […] L’individuale non è contenuto nelle forme. […] Nell’elemento individualmente determinato della sin-gola datità, nel ‘sentimento’ immediato, nella sensazione egli [Fichte] ravvisa il territorio inaccessibile al concetto; nella ‘realtà’ empirica egli riconosce un resto inderivabile dalle forme dell’io, esaurientemente dedotte e concettualmente costituite, ossia irrazionale, un limite per
ogni spiegazione trascendentale. Così adesso per lui come già per Kant il segreto della realtà empirica [empirische Wirklichkeit] consiste nella contingenza o irrazionalità.43
A giudicare dalla lettura di Lask, questo esito kantiano e post-kantiano mette radicalmente in discussione la potenza del concetto, la sua capa-cità di presa sulla realtà, facendo piuttosto luce sulla sua «manchevolez-za logica».44 La realtà non è impregnata di concetto: la sua costituzione irrazionale ne garantisce la novità inesauribile che mette in discussione ogni tenuta calcolabile della speculazione concettuale. Si tratta di una
Brutalität der Wirklichkeit, un costrutto che occorre tener presente per
cogliere il successo della formula che conclude questo passo, lo hiatus
irrationalis, in un territorio metodologicamente ‘controllato’ come quello
del neokantismo (soprattutto sud-occidentale).
43 Lask, Gesammelte Schriften, vol. 1, pp. 116-117 (= Sämtliche Werke, vol. 1, pp. 84-85).
La brutalità della realtà deve metter fine all’indecisione del nostro pen-siero. La brutalità è la ‘legge’ della realtà, l’unica e assoluta. La bruta-lità ha inoltre come conseguenza che la realtà può essere solo attesa e percepita nella sua incalcolabilità, deve essere sempre ‘nuova’ e sor-prendente. Questo improvviso crollo di tutte le fila della speculazione davanti al fatto della realtà brutale viene chiamato da Fichte lo «hia-tus» assoluto, che nessuna riflessione può colmare, ma proprio l’ultimo elemento, inattingibile del sapere. La realtà pertanto si può pensare sì come una ‘produzione’ dell’io, ma notabene come produzione di un oggetto, «sulla cui genesi non può esser dato conto e di conseguenza
tra la proiezione ed il proiettato vi è l’oscurità ed il vuoto, cosa che io
ho indicato forse un po’ scolasticamente, ma in modo credo efficace con l’espressione projectio per hiatum irrationalem».45
Il celebre riferimento è al Fichte già ‘scavalcato’ nelle gerarchie da Schel-ling, almeno stando alla Differenzschrift di Hegel. Il lemma è infatti tratto dalla Wissenschaftslehre del 180446 e serve a Lask per denotare l’alter-nativa in cui si dibatterebbe il pensiero fichtiano della ‘realtà’ appena percepisce il vuoto che separa l’io dall’empiria, proiezione e proiettato. Se la realtà è bruta, il proiettante deve generarla secondo le sue leggi, dato che l’unica legge della realtà, come visto, è la sua Brutalität. «Sotto prospettive epistemologiche, la realtà va considerata un prodotto di sintesi categoriali. La metodologia conferisce questo punto di vista copernicano alle creazioni dell’attività selettiva delle singole scienze».47
Non a caso è esattamente a questo stesso passo di Fichte che approda l’analisi di Lukács di Storia e coscienza di classe. Non a caso, data l’espli-cita presenza di Lask proprio nel frangente concernente Le antinomie del
pensiero borghese.
45 Lask, Gesammelte Schriften, vol. 1, pp. 171-172 (= Sämtliche Werke, pp. 124-125). Otti-mi spunti, anche sul nesso da una parte con Kuno Fischer e dall’altra con Weber, riguardo all’«orizzonte irrazionalista per il quale reale è solo l’informe Kontinuum eterogeneo» nell’a-cuto studio di Tuozzolo, Emil Lask e la logica della storia, pp. 150-151, e sulle conseguenze biografiche, pp. 144-145.
46 Il riferimento è alla Wissenschaftslehre 1804, ovvero al XV. Vortrag, ora in Fichte,
Gesamt-ausgabe, sez. II, Nachgelassene Schriften, vol. 8, p. 236. L’espressione si ritrova anche alle
pp. 230, 248 sgg., 294, 324 sgg. (come hiatus irrationalis), e alle pp. 224 sgg., 237, 324 sgg. (come projectio per hiatum irrationalem). Si noti la determinazione alla prima occorrenza, a p. 224: «così non si può spiegare come dall’unità, dalla mera unità pura, segua un in sé e un non-in sé; tuttavia, se essa viene presupposta, come unità dell’in sé e del non-in sé; allora però l’inintelligibilità e inspiegabilità è in questa determinatezza dell’unità, ed essa stessa sarebbe solo il projectum per hiatum irrationalem». Sul concetto e sul retroterra neokantiano in cui matura la sua ‘riscoperta’ si sofferma Petrella, La ‘silenziosa esplosione del neokantismo’, pp. 45-55.
47 Lask, «Rechtsphilosophie», in Gesammelte Schriften, p. 308 (= Sämtliche Werke, p. 264); trad. it., p. 51.
In rapporto alla materia dell’essere la ‘generazione’ [Erzeugung] ininter-rotta del contenuto significa qualcosa di completamente diverso che per il mondo della matematica, che è costantemente fondato sulla costruzio-ne: ed inoltre mentre la ‘generazione’ significa qui soltanto intelligibilità dei fatti secondo l’intelletto, nel caso della matematica generazione e intelligibilità coincidono interamente. Tra tutti gli esponenti della filo-sofia classica, chi ha visto meglio questo problema è stato Fichte nel suo periodo di mezzo.48
L’analisi di Lukács riporta correttamente il problema speculativo del neo-kantismo all’istanza concettualizzata da Fichte attraverso il ricorso allo
hiatus irrationalis. Il problema di una ‘scienza di realtà’, a prescindere
dallo specifico utilizzo che ne fa Weber, si configura come l’espressione, sin dall’impossibile genitivo oggettivo espresso nel costrutto, di uno iato incolmabile tra l’io proiettante leggi e il proiettato eslege. La purezza metodologica contrasta con la fatticità (e in ultima analisi la tirannia) di un irrazionale irrecuperabile alle sorti del concetto. Lo strapotere dell’in-telletto si esercita semmai solo su una materia ‘addomesticata’.
Ogni scienza particolare […] lascia il sostrato materiale che in ultima analisi si trova al suo fondo nella sua intatta irrazionalità («ingenerabi-lità», «datità»), così da poter operare senza impedimenti, in un mondo in se stesso concluso e reso metodologicamente puro, con categorie dell’intelletto applicabili senza problemi: anzi, queste categorie non vengono più applicate al sostrato realmente materiale (neppure a quel-lo della stessa scienza particolare), ma ad una materia ‘intelligibile’. E la filosofia […] mette in evidenza l’irrazionalità della materia, in senso logico, come fatto ‘ultimo’ (Windelband, Rickert, Lask).49
Che Weber possa essere in ultima analisi riguardato – d’altronde l’utilizzo weberiano del lemma hiatus irrationalis è esplicito sin dal saggio del ‘ritor-no’, quello su Roscher e Knies50 –, è in qualche modo messo in chiaro da un successivo passaggio di Lukács su Rickert, che individua il lavoro dello storico, e la sua pretesa di Objektivität, come determinato dalle proprie condizioni socioculturali.
48 Lukács, Geschichte und Klassenbewußtsein, p. 297; trad. it., p. 156. La citazione è ripresa in Lukács, Die Zerstörung der Vernunft, p. 76, con esplicito riferimento a Lask («solo in Lask può trovarsi un più profondo influsso del tardo Fichte»).
49 Lukács, Geschichte und Klassenbewußtsein, p. 298; trad. it., pp. 157-158.
50 Weber, «Roscher und Knies und die logischen Probleme der historischen Nationalökono-mie», p. 15 e p. 35; trad. it., p. 19 («lo hiatus irrationalis tra concetto e realtà») e p. 37 («lo
hiatus irrationalis tra la realtà che è sempre data concretamente e individualmente e i concetti
Indicando nei «valori culturali», non riconosciuti nella loro materia e validi soltanto nella loro forma, gli elementi su cui si fonda l’oggettività «riferita al valore» (wertbeziehend) della storia, si elimina in apparenza la soggettività dello storico nel momento in cui giudica: ma solo per assegna-re ad essa, come criterio dell’oggettività, come guida verso l’oggettività, la fatticità dei «valori culturali che valgono per la sua comunità [cioè per la sua classe]». L’arbitrio e la soggettività si spostano così dalla materia dei fatti particolari e dal giudizio su di questi al criterio stesso, ai «valori culturali validi» (geltenden Kulturwerte).51
Per quanto Weber non sia l’oggetto esplicito dell’attacco, l’intero appa-rato gnoseologico che lo supporta, nonché l’intera sua terminologia può dirsi inclusa in questa obiezione (che da Fichte e dal suo concetto di nazio-ne – esito di Fichtes Idealismus und die Geschichte – muove implicitamente fino allo slancio bellicista che vede Lask arruolarsi, e morire nel 1915, con annessa commozione dei Weber).52 Quel che conta, a prescindere dalla critica mossa, è l’interpretazione che vede nel neokantismo, sulla base di una lettura tanto radicale quanto nettamente parziale di Kant e Fichte, una realtà ridotta a Faktizität.