Un percorso dialettico nella Francia illuminista Dino Costantini
3 I rischi del liberalismo: i fisiocratici
La difesa del principio di legalità di contro all’arbitrio dell’operare ti-rannico sfocia in Montesquieu in un pragmatismo moderato e tollerante.
31 Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, pp. 137.
32 Cfr. Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, p. 47; cfr. anche Montesquieu, Lettere
persiane, in particolare la Lettera XIV.
33 Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, p. 89.
34 Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, p. 104.
35 Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, p. 115.
36 Ossia per la capacità delle leggi di difendere o generare eguaglianza. Cfr. Montesquieu,
Lo spirito delle leggi, vol. 1, pp. 116 sgg. Lo spirito di eguaglianza è tipico delle repubbliche
democratiche, laddove quelle aristocratiche si fondano sullo spirito di moderazione, che per-mette – ristabilendo «quell’eguaglianza che la costituzione dello Stato toglie necessariamen-te» (Montesquieu, Lo spirito delle leggi, vol. 1, p. 127) – di conservare l’unità di governanti e governati.
37 Secondo Domenico Felice e Thomas Casadei «l’idea di limite è la cifra di tutto il pensiero filosofico-politico di Montesquieu e di Arendt» (Felice, Casadei, «Per una filosofia del limite»). Si veda anche Casadei, «Il senso del ‘limite’».
Tutt’altro spirito assume invece, nella riflessione fisiocratica,39 la difesa di ciò che François Quesnay chiama droit légitime.
Con l’espressione droit légitime il capostipite del movimento fisiocra-tico allude ad un diritto positivo perfettamente conciliato con il diritto naturale, e per ciò scevro da ogni residuo di arbitrarietà.40 Portando l’im-postazione giusnaturalista alle sue conseguenze più estreme, Quesnay sostiene che le leggi positive siano legittime solo nella misura in cui sono capaci di «faire observer régulièrement les lois naturelles».41 L’idea dei fisiocratici è dunque che la società umana possieda per necessità fisica un suo ordine naturale, un ordine che le leggi positive non possono fare a meno di assecondare se vogliono presentarsi come utili e razionali. Poiché per i fisiocratici la legittimità del diritto dipende dalla sua confor-mità all’ordine naturale piuttosto che a quello politico, le leggi positive si riducono – come afferma Quesnay – a «des lois de manutention relatives à l’ordre naturel évidemment le plus avantageux au genre humain».42 In questo modo la politica finisce per perdere la centralità che la stessa tradizione giusnaturalistica le aveva riconosciuto. Secondo Dupont de Nemours, discepolo e amico di Quesnay, la politica deve essere pensata come un potere secondario e derivato, una mera autorità tutelare, ovvero una «puissance établie dans la société pour faire observer et exécuter la loi de l’ordre naturel».43
Quest’ordine deriva dall’imperativo razionale dell’autoconservazione, che impone di agli uomini di entrare in un rapporto metabolico con la na-tura che i fisiocratici descrivono – riprendendo qui quasi letteralmente la speculazione di Locke – come un movimento di appropriazione. La proprie-tà – ed in particolare la proprieproprie-tà fondiaria – è dunque per tutti i fisiocratici l’architrave dell’ordine naturale e dell’unità politica degli Stati. Sulla sua difesa si fonda la libertà sociale, poiché da essa proviene l’interesse che gli individui hanno in comune con gli altri membri della società. Ogni attacco alla proprietà è un attacco al droit légitime, ossia un’offesa alla ragione e un danno comminato al comune interesse della società e alla libertà di tutte le sue parti.44
39 Una selezione di scritti è disponibile al lettore italiano tramite l’antologia curata da Mi-glio, I fisiocratici; Fox-Genovese, The Origins of Physiocracy; Fiorot, La filosofia politica dei
fisiocrati; Weulersse, Le mouvernent physiocratique en France (de 1756 à 1770).
40 Cfr. il secondo capitolo di Quesnay, «Le droit naturel».
41 Quesnay, «Le droit naturel», p. 53.
42 Quesnay, «Le droit naturel», p. 53.
43 Dupont de Nemours, «Abrégé des principes de l’économie naturelle», p. 378. Cfr. anche, Dupont de Nemours, Physiocratie.
44 Sul ruolo della fisiocrazia nella storia economica Screpanti, Zamagni, Profilo di storia del
La difesa della proprietà operata dalla fisiocrazia trova la sua più cele-bre volgarizzazione nell’opera di Mercier de la Rivière45 L’ordre naturel et
essentiel des sociétés politiques (1767). È qui che l’intransigente difesa
fisiocratica del diritto naturale si converte, nella teorizzazione di una nuova forma di governo: il despotisme légal.46
Per Mercier come per tutta la fisiocrazia, «le leggi costitutive dell’ordine sociale» fanno «parte delle leggi generali ed immutabili della creazione».47 Si tratta di leggi così semplici che la loro eventuale violazione dovrebbe apparire evidente ad ogni essere dotato di ragione. Se ciò non avviene la causa va rintracciata nell’ignoranza, «il principio necessario di tutti i mali che hanno afflitto la società».48 Ogni male sociale deriva infatti dall’ignora-re o dal trascuradall’ignora-re queste leggi immutabili che danno luogo ad un ordine
necessariamente buono, «dove tutti gli interessi sono così perfettamente
combinati, così inseparabilmente uniti gli uni agli altri, che dai Sovrani sino all’ultimo dei loro sudditi, la felicità degli uni non può accrescersi che attraverso quella degli altri».49
Trovando il proprio fondamento nella natura, il potere fondato sull’evi-denza dell’ordine naturale non ammette alcuna possibile forma di
resisten-za legittima alle proprie decisioni. Si apre così la strada all’immaginazione
di una forma di dispotismo del tutto nuova: non il dominio di un sovrano il-legittimo, né la mera tirannia di un arbitrio personale, ma il potere assoluto e irresistibile di una legge necessaria ed eterna che incarnando la ragione universale non ammetterà opposizioni né eccezioni al proprio comando.
Il «dispotismo naturale dell’evidenza dell’ordine»50 – per i fisiocratici il
45 May, Le Mercier de La Rivière; Gauthier, «Le Mercier de la Rivière et les colonies d’Amé-rique».
46 Per quanto sia Mercier a coniare il termine di dispotismo legale, il suo concetto è già interamente contenuto nelle conclusioni dello scritto fondatore di Quesnay sul diritto naturale: «L’homme ne peut se refuser raisonnablement à l’obéissance qu’il doit à ces lois; autrement, sa liberté ne serait qu’une liberté nuisible à lui-même et aux autres; ce ne serait que la liberté d’un insensé qui, dans un bon gouvernement, doit être contenue et redressée par l’autorité des lois positives de la société» (Quesnay, «Le droit naturel», p. 55).
47 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques. Il passo citato è nel Discours Préliminaire, p. XIII. È in questo senso che Mercier, dopo aver sostenuto che «il primo autore delle leggi positive» è Dio stesso, arriva in conclusione a sostenere che esse debbano divenire l’oggetto di una vera e propria fede (cfr. cap. XV).
48 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques, p. 105.
49 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques, p. XV; «non crediate che per istituire quest’ordine essenziale sia necessario cambiare gli uomini e snatu-rare le loro passioni; bisogna al contrario interessare le loro passioni, e associarle a questa istituzione; e per riuscirvi è sufficiente che siano messi nelle condizioni di vedere
evidente-mente che è solo all’interno di un tale ordine che essi possono trovare la più grande somma
possibile di piaceri e di benessere» (p. 83).
solo governo non arbitrario, e dunque non tirannico – viene direttamente contrapposto da Mercier al dispotismo «fattizio e sregolato»51 che la tra-dizione filosofica e politica aveva lungamente condannato. Quella di Mer-cier vorrebbe essere una vera e propria trasvalutazione di una forma di governo misconosciuta, poiché collegata alla parzialità della volontà di un tiranno piuttosto che all’evidenza naturale della ragione e alla sua
pubbli-cità. Il risultato è la teorizzazione di una nuova forma di governo, che per
essere distinta dal dispotismo arbitrario condannato da tutta la tradizione, Mercier definisce dispotismo legale, facendolo coincidere appunto con la «forza naturale ed irresistibile dell’evidenza».52
Di contro alla preoccupazione liberale di Montesquieu – anche se proprio allo scopo di salvaguardare quella proprietà la cui difesa è da Locke in poi per tutta la tradizione liberale la ragione stessa di esistenza delle istituzioni politiche – Mercier ritiene che la separazione dei poteri non solo non sia necessaria alla realizzazione del buon ordine sociale, ma addirittura la im-pedisca, nullificando l’efficacia della volontà del legislatore una volta che questa sia sottomessa alla discrezione applicativa dell’esecutivo. Il buon governo, nella misura in cui si basa sulla necessità ed evidenza della legge naturale, scopre così di dover essere necessariamente il governo dispotico di un solo uomo:
Il dispotismo naturale dell’evidenza porta con sé il dispotismo sociale: l’ordine essenziale di ogni società è un ordine evidente; e poiché l’evi-denza ha sempre la medesima autorità, non è possibile che l’evil’evi-denza di quest’ordine sia pubblica e manifesta senza che essa governi dispo-ticamente.53
La natura non ammette per Mercier nulla di simile ad una sovranità distri-buita nel corpo di un’intera nazione: essa deve essere esercitata da una sola persona, alla quale ci si potrà affidare totalmente, senza bisogno di far sopravvivere alcun contropotere.54 A chi dubitasse di questa conclusione Mercier offre una risposta folgorante:
51 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques, p. 279.
52 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques, p. 283.
53 Le Mercier de la Rivière, L’ordre naturel et essentiel des sociétés politiques, p. XV.
54 Già Quesnay, in ogni caso, aveva ritenuto preferibile a ogni forma di governo rappresenta-tivo il governo di un unico sovrano. Cfr. in particolare la prima delle Maximes du gouvernement
d’un royaume agricole, secondo la quale l’autorità sovrana deve essere «unique et supérieure
à tous les individus de la société et à toutes les entreprises injustes des intérêts particuliers». La teoria della divisione del potere, e i sistemi di bilanciamento per pesi e contrappesi dello stesso appaiono al furore razionalista di Quesnay come «une opinion funeste qui ne laisse appercevoir que la discorde entre le grands et l’accablement des petits».
Euclide è un vero despota e le verità geometriche che ci ha trasmesso sono delle leggi veramente dispotiche: il loro dispotismo legale ed il di-spotismo personale di questo legislatore compongono una inseparabile unità, quella della forza irresistibile dell’evidenza: con questi mezzi il despota Euclide regna da secoli senza contraddizione su tutti i popoli illuminati.55