Ai titolari d’imprese e studi creativi si è richiesto di indicare il grado d’importan-za attribuito a dieci variabili inerenti l’auto-rappresentazione del lavoro,2 attinenti a più dimensioni, dallo status alle gratifiche materiali, dall’autonomia al contenu-to intrinseco dell’attività. Tutte le dimensioni proposte sono risultate rilevanti (la media dei giudizi oscilla tra il valore massimo di 9,06 e quello minimo di 7,11), ma è indicativo che il grado d’importanza maggiore si sia riscontrato intorno al tema dello sviluppo professionale (in altre parole, alle motivazioni legate alla possibilità di sviluppare apprendimento e nuova conoscenza) e al contenuto intrinseco del lavoro. Le gratificazioni e gli incentivi di tipo materiale, sia di tipo economico sia di status, sono naturalmente importanti, ma risultano posposti ad altre dimensioni attinenti la qualità ambientale, la possibilità di creare, il senso di sfida, l’autonomia e (come detto) l’opportunità d’incrementare il proprio capitale di conoscenze.
Tali indicazioni appaiono coerenti con le acquisizioni di numerose ricerche sui lavo-ratori creativi e più in generale sui knowledge workers. È opinione condivisa, in genere, che nell’ambito di queste professioni i benefici intangibili costituiscano una motivazione anteposta alle stesse opportunità di guadagno e di carriera.
L’importanza attribuita alle dimensioni elencate non sembra peraltro in relazione con le caratteristiche o il profilo dell’azienda o dello studio, né con l’origine sociale del rispondente.
2 Le componenti individuate riprendono in parte, sia pure con elementi di personalizzazione e adattamento agli scopi di questa indagine, gli item utilizzati da R. Florida (2003)
Al fine di ridurre le dimensioni analizzate a un numero limitato di variabili è stata eseguita un’analisi multivariata,3 con estrazione di quattro componenti:
Autonomia creativa. Il primo gruppo individuato è fornito dalla combinazio-ne dei valori sfida-responsabilità, autonomia, sviluppo professionale, contenuto stimolante delle mansioni; corrisponde ai valori distintivi dei knowledge wor-kers “senza colletto” descritti in modo efficace da Florida nel suo best seller sulla classe creativa e più in generale da altri studi sui lavoratori della conoscenza che operano nell’area dei servizi innovativi, nei media, nella cultura, ecc.
Qualità ambientale. Il secondo fattore è fornito dalla combinazione tra le varia-bili clienti/superiori stimolanti e caratteristiche ambientali della città, che rinvia alla dimensione della qualità ecologica dell’ambiente di lavoro e delle relazioni che lo attraversano, ma anche alla qualità del contesto urbano di riferimento. Gratifiche materiali. Il terzo fattore è determinato dalla combinazione tra le
dimensioni della retribuzione e della sicurezza dell’occupazione (in questo caso, poiché ci si riferisce a lavoratori indipendenti, da intendersi come continuità/ stabilità).
Gratifiche di status. Le ultime variabili tra loro positivamente correlate sono la dimensione della carriera/ruolo/posizione e della reputazione, che delineano un’area di valori definita dalle aspettative legate allo status e al prestigio sociale. Questa tipologia evidenzia la compresenza, all’interno della popolazione indagata, di motivazioni e aspettative eterogenee che tagliano trasversalmente il campione. Come si è detto, i rispondenti hanno mediamente attribuito un’importanza elevata a tutte le variabili proposte; le singole componenti non sono peraltro attribuibili in modo univoco a specifici target di rispondenti, per quanto indubbiamente la combi-nazione che si è definita autonomia creativa assuma un rilievo particolare nell’eco-nomia della riflessione condotta.
In relazione alle stesse dimensioni analitiche si è successivamente richiesto d’indi-care, sempre attraverso lo strumento della scala autoancorata, il grado di soddisfa-zione. I giudizi forniti mostrano come nel complesso i lavoratori autonomi della creatività ricavino dal lavoro sufficienti gratificazioni. In particolare, si riscontra un’elevata soddisfazione per quanto attiene alla dimensione dell’autonomia nella gestione del tempo e a quella che si è definita sfida e responsabilità, che attiene agli aspetti motivazionali legati al contenuto del lavoro svolto.
Nel quadro di una composizione mediamente soddisfatta emerge però un’area di disagio corrispondente alla dimensione delle ricompense materiali e alla sicurezza della posizione sul mercato. Proprio l’aspetto della retribuzione costituisce, in questo senso, un elemento d’incertezza che per una parte dei creativi bilancia le soddisfa-zioni acquisite sul versante delle gratificasoddisfa-zioni immateriali.
AREA
MILANESE TORINESEAREA TOTALE Autonomia di orari e gestione del proprio tempo 8,09 8,05 8,07
Sfida e responsabilità 7,63 7,95 7,73
Reputazione, apprezzamento dei pari 7,40 7,54 7,44
Contenuto stimolante delle mansioni 7,26 7,87 7,44
Sviluppo professionale (apprendimento, ecc.) 7,06 7,73 7,26
Superiori, clienti stimolanti 6,49 6,95 6,63
Ruolo, posizione, carriera 6,42 6,88 6,55
Caratteristiche della città 5,93 7,75 6,48
Sicurezza occupazione 5,54 6,56 5,85
Retribuzione 5,27 5,73 5,41
TAB.19 GRADO DI SODDISFAZIONE IN MERITO ALLE DIFFERENTI DIMENSIONI INERENTI IL LAVORO (MEDIA)
AREA
MILANESE TORINESEAREA TOTALE
Il lavoro è fonte di stress Per niente 0,0 0,0 0,0
Poco 5,9 2,4 4,8
Abbastanza 34,0 38,6 35,4
Molto 60,1 59,0 59,8
Il lavoro comporta compiti complessi Per niente 0,0 0,0 0,0
Poco 16,3 15,5 16,1
Abbastanza 45,8 46,4 46,0
Molto 37,9 38,1 38,0
Il lavoro può essere facilmente svolto
da altri nell'impresa Per niente 24,7 12,2 20,8
Poco 29,1 30,5 29,5
Abbastanza 35,2 39,0 36,4
Molto 11,0 18,3 13,3
Il lavoro in un ambiente competitivo Per niente 0,0 0,0 0,0
Poco 1,1 1,2 1,1
Abbastanza 10,6 15,7 12,1
Molto 88,4 83,1 86,8
TAB.20 GRADO DI ACCORDO INERENTI AL CONTENUTO E ALL’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO (%)
Il grado di soddisfazione non evidenzia relazioni significative con le caratteristi-che socio-demograficaratteristi-che dei rispondenti, ma per alcune dimensioni (ruolo, prestigio, sviluppo professionale, retribuzione, sicurezza) appare in diretta relazione con le dimensioni aziendali. I titolari degli studi più solidi e delle organizzazioni maggior-mente strutturate, in altre parole, riescono più frequentemaggior-mente a coniugare reddito, senso, riconoscimenti di status, dimensioni che viceversa sono talvolta incongruenti
Anche la sovrapposizione tra dimensioni temporali che in passato erano maggior-mente segregate appartiene alla narrazione ormai acquisita dalla ricerca sul lavoro nei settori innovativi, nell’industria dei media, nelle ICT e nei servizi creativi. In sé, nuovamente, ciò non costituisce “prova” della illusorietà dei percorsi di liberazio-ne attraverso il lavoro sperimentata ormai da due geliberazio-nerazioni di auto-imprenditori gelosi della propria autonomia e alla perenne ricerca di occasioni di crescita e appren-dimento, quanto porta semmai a evidenziare la dimensione di forte ambivalenza dei processi indagati: i confini tra auto-valorizzazione e precarietà, tra umanizzazione del lavoro e auto-sfruttamento, risultano in definitiva piuttosto permeabili.
Identità e appartenenza
In secondo luogo, si è inteso indagare il tema dell’appartenenza sociale soggettiva-mente percepita dei lavoratori creativi, cui si è richiesto d’indicare il grado d’identi-ficazione con dieci gruppi sociali. Più nel dettaglio, agli intervistati si sono proposte: Quattro possibili appartenenze, di classe o di ceto, di tipo tradizionale (ceti
popolari, classe operaia, ceto medio, borghesia/upper class).
Tre possibili appartenenze sociali corrispondenti a gruppi affermatisi, nel dibat-tito e nella riflessione pubblica, negli ultimi venti anni (classe creativa, lavoratori della conoscenza, precariato).
AREA
MILANESE TORINESEAREA TOTALE
Mai 8,3 2,4 6,5
Qualche volta 22,4 34,9 26,2
Accade di frequente 35,9 33,7 35,3
È la normalità 33,3 28,9 32,0
Totale 100,0 100,0 100,0
TAB.21 FREQUENZA DI SITUAZIONI EXTRALAVORATIVE PERCEPITE COME SITUAZIONI DI LAVORO (%) nell’esperienza di una parte dei free lance. Una parziale conferma della diffusione di situazioni di relativo disagio si può riscontrare anche osservando le risposte fornite ai quesiti illustrati nella (TAB 20).
Per quanto affermazioni come «il mio lavoro è fonte di stress» (la quasi totalità dei rispondenti si trova d’accordo con questa proposizione) e «lavoro in un ambiente competitivo» non denotino necessariamente una situazione di disagio, esse lasciano tuttavia trapelare gli elementi di pressione cui il lavoro creativo è sottoposto nella dimensione quotidiana.
L’orario di lavoro medio settimanale è attestato, per quasi tutti e senza distinzioni determinate da tipo di organizzazione, età, titolo di studio, sesso, intorno alle cin-quanta ore settimanali. È probabile oltre tutto che questa indicazione sia approssi-mata per difetto, se è vero che per oltre il 70% dei rispondenti lavoro e tempo libero sono frequentemente o strutturalmente intrecciati e sovrapposti.
NESSUNA SCARSA BUONA FORTE
Ceti popolari 54,1 27,4 15,9 2,6
Classe operaia 57,0 33,0 7,8 2,2
Ceto medio 20,7 17,0 54,8 7,4
Borghesia, classi superiori 23,0 27,8 41,9 7,4
Classe creativa 2,6 5,9 39,3 52,2
Lavoratori della conoscenza 12,6 14,4 44,8 28,1
Precariato 44,4 28,5 17,4 9,6
Libera professione 3,3 4,4 33,0 59,3
Artigiani 29,6 22,2 33,3 14,8
Imprenditori 17,4 17,4 38,1 27,0
TAB.22 GRADO DI APPARTENENZA/IDENTIFICAZIONE CON I SEGUENTI GRUPPI SOCIALI (%)
Tre possibili appartenenze “professionali”: imprenditore, artigiano, libero pro-fessionista.
I risultati sono proposti nel prospetto sottostante. Come si può osservare i tre tipi di appartenenza più diffusi sono la classe creativa e la libera professione, seguite dal gruppo dei lavoratori della conoscenza.
Gli aspetti su cui intendiamo richiamare l’attenzione sono così riassumibili:
In generale, le appartenenze più rilevanti non rimandano alla tradizionale stra-tificazione di classe; l’appartenenza, fortemente sentita, alla classe creativa e ai lavoratori della conoscenza non viene re-inscritta all’interno di classi o ceti più ampi; tra i gruppi tradizionali, l’appartenenza maggiormente percepita è al ceto medio.
Tra le identità professionali, quella della libera professione (oltre che material-mente fondata, almeno nel caso dei free lance) prevale sulle alternative proposte; molti rispondenti si sentono tuttavia anche imprenditori e/o artigiani.
L’analisi delle correlazioni tra le diverse appartenenze lascia emergere due gruppi di variabili tra loro fortemente associate: i) l’associazione classe creati-va/lavoratori della conoscenza/libera professione, che corrisponde al nucleo più ampio dei rispondenti; ii) l’associazione classe operaia/ceti popolari/precariato/ artigiani.
L’appartenenza è in parte influenzata dall’origine sociale del rispondente, ma tale relazione appare perlopiù debole – la destinazione, in altre parole, sembra “contare” più dell’origine.
Queste considerazioni si possono ricondurre anche al tema della rappresentanza. Le appartenenze plurime e l’identificazione con categorie che non trovano rispondenza nel sistema della rappresentanza, infatti, testimoniano come questo appaia
inade-guato ad intercettare una composizione produttiva che da tempo non si basa più su categorie generali (industria, artigianato, commercio, ecc.), ma su identità specifiche, “di filiera” o – non casualmente si è parlato di “comunità di sentimento” – di tipo socio-culturale. Nozioni come classe creativa, ma a ben vedere anche lavoratori della conoscenza e finanche “precariato”, ben poco hanno a che vedere con la posizione ricoperta sul mercato del lavoro (non sono identità economiche tout court), quanto piuttosto rinviano a variabili culturali e sistemi di valori che, per quanto dai confi-ni incerti e mutevoli, sono molto distanti dai sigconfi-nificati normalmente associati alla nozione di industria, artigianato, lavoro subordinato, e via di seguito.