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I valori: verso un’etica no collar?

È con il tema dei valori che si chiude questa esplorazione sull’identità dei lavoratori autonomi della creatività. Ai rispondenti si sono proposti dieci item corrispondenti ad alcune delle dimensioni valoriali utilizzate in psicologia sociale.4

Come si può evincere dai risultati di seguito illustrati, le variabili che indicano aper-tura al cambiamento (indipendenza, edonismo, innovazione) emergono con mag-giore evidenza rispetto alle variabili che denotano conservazione (seguire le regole, rispettare la tradizione); in subordine, la dimensione dell’universalismo (essere utili agli altri, dare le stesse opportunità) appaiono prevalere su quella dell’autoafferma-zione (successo, potere).

4 Il modello è quello utilizzato dalla Schwartz Values Survey. Il riferimento alle scale di Schwartz (1992) non è letterale. Lo schema valoriale individuato dallo psicologo sociale è stato rispettato nella sua interezza, ma gli item sono stati parzialmente modificati in rapporto agli scopi di una ricerca limitata ad una popolazione molto specifica come quella oggetto di questo lavoro.

NON

IMPORTANTE IMPORTANTEPOCO ABBASTANZAIMPORTANTE IMPORTANTEMOLTO

Vivere in una città sicura 3,4 14,0 50,2 32,5

Avere una vita piena

di novità e cambiamento 1,8 11,8 36,2 50,2

Essere utili agli altri 0,0 8,5 49,4 42,1

Soddisfare i propri desideri 0,0 6,3 51,5 42,2

Seguire le regole 5,9 15,4 47,4 31,3

Essere indipendenti 0,7 0,4 23,3 75,6

Dare a tutti le stesse

opportunità nella vita 2,2 7,7 34,2 55,9

Avere rispetto per la tradizione 11,4 25,5 41,0 22,1

Avere successo nella vita 4,8 25,9 50,4 18,9

Raggiungere una posizione

importante 13,2 37,6 36,5 12,5

Anche questa analisi appare coerente con la rappresentazione dei lavoratori della conoscenza creativi elaborata da più ricerche effettuate su questa popolazione. Pri-ma ancora che alle tesi elaborate da Florida, risulta prezioso il contributo dello stu-dioso americano Andew Ross (2002), esito di una approfondita ricerca etnografica tra i lavoratori della Silicon Alley newyorkese all’inizio del decennio. Andrew Ross parla di un’emergente mentalità no collar, composta da una miscela di cooperazione e individualismo, etica libertaria e identificazione nel lavoro. Tale stile trova il suo background nella figura idealtipica del bohemien, a lungo sinonimo di stravaganza ed eccentricità rispetto ai canoni della vita produttiva, oggi paradossalmente dive-nuto modello per comprendere l’habitus di designer, creativi, lavoratori delle ICT. Sarebbe tuttavia un errore riferire tale prototipo concettuale all’intera composizione del lavoro indipendente creativo, senza considerare le striature del discorso e rinun-ciando a leggerne l’articolazione interna. Come per le dimensioni relative al lavoro, anche per quanto attiene ai valori si è proceduto a realizzare un’analisi multivaria-ta, che ha consentito di estrarre tre componenti principali e proporre una tipologia valoriale.

‡ Individualismo tradizionale. Risulta dall’associazione tra le dimensioni dell’af-fermazione personale (avere una posizione importante) e del successo nella vita, con la dimensione della sicurezza (vivere in una città sicura). Corrisponde a valori di tipo individualistico relativamente tradizionali (ben poco no collar, si potrebbe affermare), che non appaiono incongruenti anche con il tema della “città sicura” (nel discorso pubblico odierno tale claim riecheggia infatti la pro-spettiva law&order della “tolleranza minima”).

‡ Modello regolativo/democratico/nostalgico. Il secondo fattore deriva dalla combi-nazione tra alcuni valori di tipo “conservatore” (rispettare le regole e la tradi-zione) e di tipo democratico (dare a tutti le stesse opportunità). Apparentemente contraddittoria, l’associazione tra queste dimensioni è da interpretare: più che a una visione conservatrice classica, infatti, l’appello alle regole e alla tradizione potrebbe semmai rinviare a valori “nostalgici” nei confronti dell’ordine “fordi-sta”, di un modello di società in altri termini idealizzata per i suoi elementi di regolazione e ritenuta in grado di assicurare maggiori opportunità di eguaglian-za ai suoi membri.

‡ Modello senza colletto. Il terzo fattore, infine, combina le dimensioni dell’orien-tamento al cambiamento, dell’indipendenza, dell’edonismo e dell’utilità nei confronti del prossimo. Elementi di universalismo che si coniugano con esigen-ze di affermazione individuale che tuttavia, più che rivolgersi all’ottenimento di obiettivi di carriera o a ricompense materiali, insistono sull’utopia di una vita gratificante e “liberata”, anche grazie al lavoro. L’etica no collar è da rintracciare precisamente nello spazio delimitato da questi elementi valoriali.

Come già rilevato per gli atteggiamenti inerenti al lavoro, dunque, anche l’analisi dei valori diffusi all’interno di questa composizione sociale, sebbene sia da struttu-rare intorno alla centralità del modello no collar, deve considestruttu-rare la compresenza di modelli reciprocamente idiosincratici e di un’articolazione non appiattibile su un’unica dimensione culturale.

Al fine di proporre una tipologia esplorativa che tenga presente sia le dimensioni attinenti al lavoro sia quella dei lavori sopra illustrata, si è proceduto a verificare l’esistenza di relazioni significative tra i tre fattori estratti in relazione alla dimensio-ne dei valori e i quattro fattori relativi all’importanza attribuita alle diverse dimen-sioni del lavoro, precedentemente illustrate.

L’analisi delle correlazioni tra i due gruppi di variabili fa emergere in modo netto due polarità:

‡ L’identità “senza colletto” è in forte relazione con la dimensione dell’autono-mia creativa, ossia con l’importanza attribuita – nella sfera lavorativa - al tema dell’autonomia, dello sviluppo professionale e dell’apprendimento; significativa anche la relazione con la dimensione della qualità ambientale (dei rapporti rela-zionali sul lavoro e dell’ambiente urbano).

‡ Quello che si è definito individualismo tradizionale è viceversa in forte relazio-ne con l’importanza attribuita alle gratificazioni di status (carriera, prestigio) e, in subordine, a quelle retributive.

Emerge poi un terzo tipo, dai tratti più sfumati, che combina il secondo profilo valo-riale (il modello nostalgico di tipo regolativo/democratico), sia con la dimensione della qualità ambientale sia con quella attinente alle ricompense materiali (retribu-zione e stabilità occupazionale).

Nell’ambiente del lavoro creativo sembrano dunque convivere culture del lavoro e visioni della società che alludono a differenti modelli d'azione; oltre gli stereotipi della bohème metropolitana e dell’individualismo radicale, emerge infatti il ritratto di una composizione più complessa, la cui articolazione riflette probabilmente la molteplicità delle posizioni ricoperte sul mercato, ma anche una tendenziale strati-ficazione in termini di opportunità e prestigio sociale. L’osservazione degli impal-pabili confini interni a questi gruppi, dunque, potrebbe fornire ulteriori spunti di riflessione sul futuro dei professionisti creativi e sul loro ruolo nelle città del prossi-mo futuro.

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