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Strategie e politiche per il sistema-Piemonte

ROBERTO VERGANTI

Politecnico di Milano, Harvard Business School

Questo studio è stato svolto, nell’ambito delle ricerche promosse dall’Associazione Torino Internazionale sul tema Innovazione, Design e Creatività. Strategie e Politiche tra Torino e Milano. Ha beneficiato di un più ampio percorso di ricerca, svolto a cavallo tra Italia e contesto internazionale, e quindi del supporto e della collaborazione di numerosi colleghi, senza i quali la raccolta di dati e le riflessioni qui contenute non avrebbero potuto prendere forma. Desidero in particolare ringraziare Claudio Dell’Era del Politecnico di Milano, per quanto concerne il contesto taliano e Marco Iansiti, Alan MacCormack e Gary Pisano, della Harvard i Business School, per quanto concerne il contesto internazionale. Desidero inoltre ringraziare Mario Calderini per aver creato l’opportunità di approfondire i contenuti delle mie ricerche nell’ambito delle iniziative promosse dall’Associazione Torino Internazionale.

Le riflessioni qui illustrate si rifanno a una ampia documentazione, sia teorica che empirica, sviluppata in tale percorso di ricerca, redatta in lingua inglese. Si rimanda a tale documentazione per ulteriori riferimenti e per un approfondimento della base scientifica.

Introduzione

L’ambito e le domande di ricerca

In un periodo di difficoltà nella capacità competitiva delle nostre imprese e del nostro sistema paese, molti osservatori, soprattutto locali, indicano nel design una delle possibili chiavi su cui investire. Il design italiano ha infatti rappresentato un fenomeno unico a livello internazionale, un punto di forza indiscutibile, e, soprat-tutto, si è affermato in modo autonomo, senza l’iniezione di risorse pubbliche. Un fenomeno robusto quindi, basato su solide capacità locali, strettamente legato al ter-ritorio, spesso all’imprenditorialità della piccola industria e alla creatività dei pro-gettisti. La nomina di Torino quale capitale internazionale del design nel 2008, oltre che la riconosciuta eccellenza del design milanese, ne sono una testimonianza. È quindi spontaneo pensare al design come possibile via di uscita rispetto alle difficoltà attuali. Con l’arrivo dell’euro, e quindi l’impossibilità di giocare sulla svalutazione monetaria, e più recentemente con l’emergere di nuovi paesi agguerriti nella compe-tizione e che possono vantarsi di un costo di lavoro estremamente contenuto (Cina, Asia, Brasile, Tailandia, ecc.), unico modo per competere a livello globale è quello di puntare sull’innovazione. E il design è uno dei motori dell’innovazione. Eppure, si tratta spesso di pensieri dettati da una scarsa conoscenza sia delle dinamiche dell’in-novazione a livello internazionale, sia delle basi del successo del design locale e della sua portata. Una scorciatoia estremamente pericolosa, se non ben conosciuta. Da un lato il design costituisce una delle possibili fonti di innovazione, ma non l’uni-ca. Ad esso si affianca l’innovazione tecnologica, e quella nei sistemi manageriali. Senza queste ultime, il design perde rapidamente di valore. Di fatto, il successo del design italiano è storicamente accompagnato da significativi sviluppi nelle tecnolo-gie i pensi alla ricerca sui materiali innovativi nel settore del legno-arredo, dove . S primeggiamo globalmente nonostante la scarsa presenza di materia prima – il legno – e viceversa investendo continuamente su nuovi materiale, in particolare polimeri; si veda a questo proposito il caso Kartell. Oppure al design nel settore dell’auto, dove stile, ingegneria e organizzazione non posso che convivere al massimo livello. Investire quindi solo sul design, trascurando gli altri due aspetti, implica il rischio di non valorizzare gli investimenti fatti. Il design inoltre assume molteplici forme. Cosa significa quindi investire in design? Con quali modalità?

Dall’altro lato i territori internazionali si stanno muovendo rapidamente, colmando il gap con il design italiano. San Francisco, Boston, Seattle, Londra, Copenhagen, Barcellona, Helsinki, Seul, Tokyo, Sidney, Auckland, stanno rapidamente conqui-stando posizioni di rilievo nel design internazionale, e anche nei paesi emergenti, il design si sta rapidamente diffondendo, da Hong Kong, a Mumbai, a Buenos Aires. E si tratta di paesi con vantaggi addizionali (tecnologici e infrastrutturali i primi, di produttività i secondi) e che quindi possono affiancare al design altre armi altrettan-to pungenti.

Il Piemonte e il territorio torinese, così come quello milanese, si trovano esposti a queste sfide, in un momento di passaggio nell’organizzazione industriale tra un design visto come fenomeno fortemente radicato nel territorio a un design basato su flussi globali. Questa ricerca ha voluto affrontare queste sfide secondo una prospetti-va ben precisa: quella delle imprese. Si tratta di un focus perfettamente complemen-tare rispetto alle altre ricerche promosse dall’Associazione Torino Internazionale, proprio in quanto costruito attorno a strumenti di lettura specifici: quelli dello stu-dio dei processi di innovazione promossi dalle imprese in collaborazione con i pro-gettisti e con il mondo della creatività. Strumenti che sul piano teorico si basano sulle discipline del management strategico e del management dell’innovazione, e che sul piano empirico si basano sullo studio di casi di innovazione promossi da imprese. Questo taglio ha permesso di affrontare alcune precise domande che concernono le sfide delle imprese locali e le loro possibili soluzioni:

‡ I punti di forza. Il primo set di domande è stato volto a comprendere in profon-dità, nella prospettiva delle imprese, quali sono le basi del successo del design locale. Soprattutto, in che misura queste basi si fondano su competenze e capa-cità delle imprese locali. Quali sono i fattori di successo delle imprese locali nel promuovere il design come elemento di innovazione e competizione?

‡ Le sfide. Il secondo set di domande è stato volto a comprendere in profondità, sempre nella prospettiva delle imprese, le sfide alla luce del nuovo scenario com-petitivo. I punti di forza tradizionali sono ancora validi? Come vanno ripensati per poter competere a livello globale nei prossimi anni?

‡ Le possibili soluzioni. Il terzo set di domande prende spunto dalle sfide per com-prendere come alcune selezionate realtà a livello internazionale hanno affron-tato tali sfide. Ci concentreremo soprattutto sull’intreccio tra design, tecnologia e management. Come alcune imprese di successo hanno affrontato, all’estero, le sfide che colpiscono ora le imprese italiane che fanno del design un’arma com-petitiva?

‡ Le implicazioni per le politiche locali. Infine, le risposte sopra fornite vengono rilette con la chiave di lettura delle politiche locali. Una chiave di lettura non onnicomprensiva (come peraltro raramente la complessità delle politiche con-cede), ma, appunto, con una prospettiva preziosa per i policy maker: le esigenze di supporto pubblico che potranno emergere dalle imprese. Elemento centrale, saranno le implicazioni per il sistema formativo, e in particolare sulle politiche per l’higher education.

I risultati

In estrema sintesi i risultati della ricerca illustrano che:

‡ Punti di forza. Il potere competitivo delle imprese locali è connesso alla capacità di realizzare innovazioni radicali nel significato dei prodotti (innovazioni design-driven), rispetto all’approccio diffuso a livello internazionale orientato a un uso più incrementale del design (guidato dallo stile e dall’inseguimento dei bisogni dei clienti). Le imprese locali eccellenti hanno capacità di anticipare e creare i bisogni dei clienti, attuando processi di vera e propria ricerca ed esplorazione (e non semplice creatività estemporanea) dei possibili mondi di significati a cui le persone potrebbero aspirare. Dal punto di vista organizzativo, questa capacità risiede nell’efficacia che queste imprese anno (in particolar modo i loro imprenh -ditori) nel sviluppare relazioni privilegiate, cioè prima e meglio dei competitor, con una serie di interpreti (designer, ma non solo) delle possibili evoluzioni dei significati.

‡ Le sfide. Gli elementi di sfida per le nostre imprese sono duplici: i) la difficoltà a dispiegare tali processi in contesti organizzativi più complessi, in particolare a più grande dimensione; ii) le difficoltà a integrare design e tecnologia, soprattut-to per quansoprattut-to concerne le ICMT (information, communication and media techno-logies). Sfide che limitano la crescita, la penetrazione internazionale e l’ingresso in settori a dinamiche promettenti.

‡ Le possibili soluzioni. L’esame dei casi internazionali eccellenti mostra come uno degli spazi competitivi più promettenti, e tuttora poco esplorati, è quello delle technology epiphanies (epifanie tecnologiche), cioè dell’utilizzo del design per individuare il significato nascosto e a maggiore potenziale di una nuova tecnologia. Come nel caso della Wii, in cui Nintendo ha utilizzato componenti MEMS per cambiare il significato delle game console (da prodotti per teenager esperti che vogliono entrare in un mondo virtuale a un gioco socializzante per tutti coloro che vogliono divertirsi svolgendo attività fisica nel mondo reale). Le technology epiphanies uniscono cambiamenti radicali sia nelle tecnologie che nel significato (design) dei prodotti, generando vantaggi competitivi di lungo termine. Dal punto di vista organizzativo, queste imprese, analogamente al con-testo italiano, sono guidate da una figura imprenditoriale o un top manager accentratore con forte visione. Pertanto, la criticità delle imprese italiane non è connessa tanto alla loro configurazione imprenditorial-centrica, ma dall’assen-za, come invece avviene nei casi esaminati, di uno strato manageriale con forti competenze e conoscenze sia tecnologiche che di design che possa affiancare l’imprenditore assumendo responsabilità di progetti complessi.

‡ Le implicazioni per le politiche locali. Le imprese locali hanno la potenzialità di occupare con successo lo spazio delle technology epiphanies, cioè di combina-re con successo innovazione radicale nel design (di cui già possiedono capacità estremamente avanzate) con un’innovazione radicale nelle tecnologie, in

con-testi di progetto complessi. Le politiche locali possono supportare questo pro-cesso unendo le politiche per il design e le politiche per la ricerca/innovazione tecnologica (due filoni spesso autonomi), agendo soprattutto sul sistema dell’al-ta formazione. In particolare stimolando la creazione di progetti formativi che permettano di generare quegli skill interdisciplinari tra management, design e tecnologia osservati nei casi di successo. Questi progetti formativi, costruiti attorno a esperienze di ricerca che coinvolgano le imprese, hanno il potenziale di creare competenze difficilmente replicabili in altri territori e di attrarre talenti e corporation high-tech da tutto il mondo.