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I lavoratori e il progresso tecnico

Il convegno I lavoratori e il progresso tecnico è indetto, su iniziativa di Aldo Natoli, dalla Sezione per il lavoro di massa del Pci e si svolge presso l’Istituto Gramsci di Roma dal 29 giugno al 1° luglio 1956. L’impostazione del convegno è decisamente efficace, perché Natoli sceglie di coinvolgere tecnici ed esperti, i quali condividono le informazioni scientifiche e l’aggiornamento sui dati disponibili con la platea politico-sindacale, ricostruendo nel dettaglio i processi di mutamento occorsi nelle principali realtà produttive italiane dal 1948 al 1956: si rovescia, empiricamente, il paradigma dell’egemonia della classe operaia, che aveva contraddistinto la linea politica del Pci a partire dalla ricostruzione postbellica.

Natoli, nel tirare le conclusioni delle tre giornate di studio, valuta positivamente l’approccio tecnico, utile a “meglio comprendere certi aspetti nuovi che vanno assumendo talune strutture economiche, nel nostro Paese, in particolare, nelle grandi fabbriche e in vasti settori dell’apparato produttivo industriale”.6 L’iniziativa ha infatti lo scopo principale di affrontare la questione cruciale della modernizzazione economica: l’automazione degli impianti di fabbrica e le conseguenti trasformazioni nell’ambito dell’organizzazione del lavoro. Il processo di automazione è una condizione nuova che, pur avendo avuto rilevanti conseguenze per quanto riguarda le battaglie rivendicative del movimento operaio, sembra cogliere di sorpresa sia il mondo sindacale che quello politico. I problemi trattati, in particolare modo nella relazione di apertura affidata a Silvio Leonardi7, riguardano il cambiamento degli strumenti di produzione, dell’organizzazione della produzione, dei rapporti tra l’uomo e la macchina, dei rapporti tra l’uomo e l’organizzazione aziendale. Leonardi tratta in particolare di due principali innovazioni, che hanno cambiato alla radice il sistema di produzione. La prima è costituita dalla progressiva meccanizzazione

6 I lavoratori e il progresso tecnico, Atti del Convegno sui problemi della tecnica e dell’organizzazione delle fabbriche italiane, Editori riuniti, Roma, 1956, p. 410.

7 S.LEONARDI (Torino 1914-ivi 1990), ingegnere, economista, ha molto contribuito, dagli anni Sessanta in avanti, al progressivo superamento delle pregiudiziali ideologiche che da sempre avevano caratterizzato l’azione del Partito comunista italiano sui temi dello sviluppo economico, dell’integrazione europea e delle politiche comunitarie. Eletto deputato nel 1963, 1968, 1972, 1976, dal 1969 è membro della delegazione parlamentare italiana al Parlamento Europeo del quale farà parte, come deputato elettivo, dal 1979 al 1984.

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applicata all’intero processo produttivo: le nuove macchine, polivalenti o monouso, hanno consentito di superare la fase di segmentazione del lavoro, sgravando così i lavoratori dalle azioni più ripetitive. Conseguentemente, l’organizzazione aziendale ha affidato agli operai nuovi compiti nell’ambito dell’organizzazione, del controllo e del comando delle macchine. Il secondo elemento di novità è costituito dall’introduzione del sistema Mtm (Misurazione dei Tempi e dei Metodi), finalizzato all’organizzazione del lavoro, fondato sul tempo quale unità di misura per scegliere il metodo più efficace per compiere una determinata operazione. La misurazione dei tempi e dei metodi, Mtm, è definita più esattamente come “un procedimento che scompone ogni operazione manuale o metodo nei movimenti base necessari alla sua esecuzione ed assegna a tutti i suddetti movimenti un tempo standard predeterminato che viene stabilito secondo la natura di essi e le condizioni nelle quali essi vengono compiuti”.8 La razionalizzazione tayloristica è considerata da Leonardi come uno dei punti più critici della nuova organizzazione del lavoro, dal momento che, privando il singolo lavoratore della libertà di scegliere i movimenti, i tempi di esecuzione e gli attrezzi necessari, trascura completamente la complessità dell’uomo, costringendolo a diventare un mero esecutore di un’azione automatizzata, in funzione dell’applicazione della matematica all’organizzazione industriale.

Leonardi sottolinea come, nonostante l’automazione sia stata introdotta in Italia a partire dal 1948, consentendo di raddoppiare la produzione manifatturiera poco meno di un decennio dopo, non ci sia stata, né in ambito politico, né in quello sindacale, una lettura dei mutamenti del mondo della fabbrica, provocando un duplice ordine di conseguenze: da una parte, ha provocato il distacco crescente con la massa di operai non qualificati, acuito anche dalla morsa repressiva del centrismo; dall’altra, ha impedito una benefica alleanza con i tecnici, per avviare tempestivamente uno studio delle dinamiche in atto.

Il dato sorprendente è che dal convegno emerge un bilancio positivo dell’automazione, ribadito anche da Aldo Natoli. Non solo, quindi, si è lontani da una condanna aprioristica dello sviluppo tecnologico, ma l’automazione è piuttosto

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considerata in relazione alla potenziale liberazione dell’uomo dalla schiavitù del lavoro standardizzato. La modernizzazione delle macchine può, e deve, essere progettata a favore della riorganizzazione del lavoro, con l’obiettivo di definire nuovi e più stimolanti compiti del lavoratore nell’ambito dell’organizzazione, del controllo e del comando della macchina. È Aldo Natoli, nelle riflessioni conclusive, a portare a sintesi la questione in un solo interrogativo, che costituisce il cuore della riflessione di questa stagione politica: l’automazione è sinonimo di alienazione o consente la liberazione dell’uomo?

Natoli afferma esplicitamente che l’obiettivo politico principale è quello di sottrarre il progresso tecnologico al monopolio esclusivo del profitto, per farne uno strumento al servizio dei lavoratori. In una sua lunga riflessione che sarà pubblicata sulle pagine di Rinascita l’anno successivo, egli riprende questo tema, denunciando l’assenza di interesse da parte dei partiti operai per gli sviluppi del processo di modernizzazione dell’apparato produttivo industriale in Italia. Secondo il dirigente romano, le lotte rivendicative o incentrate su questioni di principio sono state una delle principali cause della sconfitta politica e sindacale nel corso degli anni Cinquanta, dal momento che non è stato stabilito alcun legame con i processi di innovazione9: la svolta tecnologica coincide con l’apertura di una nuova era del mondo del lavoro, dalla quale, al momento, i partiti riconducibili al marxismo sembrano essere esclusi. Natoli indica quale priorità l’avvio di un inedito sforzo di studio e di elaborazione per identificare esattamente i nuovi processi in atto all’interno della fabbrica – il riferimento ad Antonio Gramsci è più che evidente in questa sorta di richiamo all’hic

et nunc- al fine di incidere, attraverso una serie di riforme strutturali, sui rapporti di

produzione. Il tentativo proposto da Natoli è quello di riorientare la linea politica del movimento operaio sulla gestione della produzione, abbandonando un atteggiamento di aprioristico rifiuto della tecnologia. Egli indica due obiettivi primari: da una parte, è necessario promuovere una conoscenza approfondita dell’argomento tra la classe operaia e i suoi rappresentanti; dall’altra, ridefinire compiutamente la piattaforma rivendicativa sia dal punto di vista politico che sindacale. La speranza di Natoli è di

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riuscire a incidere sulla definizione del rapporto uomo-macchina attraverso lo strumento della politica e della contrattazione sindacale, distinguendosi nettamente da chi invece nutre il timore che, in realtà, la battaglia per la liberazione dell’uomo fosse già perduta.